DURA-EUROPO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

DURA-EUROPO (XIII, p. 290)

Michaell Rostovtzeff

La città, che portava il nome semitico di Dura e quello macedonico di Europo, e che era distinta da altre dello stesso nome per mezzo dell'indicazione πρὸς 'Αραβίᾳ ovvero ἐν Παραποταμίᾳ, è stata oggetto di altre campagne di scavi, eseguiti dalla missione della Yale University (New Haven, U. S. A.), i quali hanno condotto a importanti risultati.

Appare sempre più certo che la colonia macedonica era fino dal principio una città abbastanza grande, circondata da mura il cui percorso era press'a poco identico a quello delle mura ora esistenti.

La storia della cinta fortificata di Dura è nelle grandi linee la seguente. La cinta primitiva consisteva di un muro solido e alto, formato di una base di pietra tagliata con una soprastruttura di mattoni crudi; essa circondava tutta la città ed era rafforzata qua e là da torri, costruite nella stessa maniera. Sul lato est della città era costruita una cittadella oblunga in pietra tagliata. Nella cinta si aprivano quattro porte: due principali, di cui una sul lato del deserto: la cosiddetta porta di Palmira (n. 9 sulla pianta; cfr. XIII, tav. LI, in basso a sin.), e l'altra (ora distrutta) sul lato opposto, il lato del fiume, all'estremità est della stessa strada; e due sussidiarie: una sul lato del deserto al sud della porta principale che venne poi chiusa, e una quarta più piccola sul lato nord (n. 13 sulla pianta). Le mura di cinta furono gradualmente ricostruite usando la pietra tagliata anche per la parte superiore del muro e delle torri. L'opera di fortificazione non fu mai ultimata. Entro la cittadella fu costruito un palazzo, non però i progettati alloggi militari, e delle mura non fu toccata la parte NE., che rimase nello stato originario fino all'occupazione romana.

Del periodo seleucidico sappiamo poco. Ma pare certo che la pianta della città, quale l'abbiamo oggi, sia stata opera di architetti dei Seleucidi, i quali adattarono alla topografia del luogo lo schema d'Ippodamo di Mileto. Edifizî monumentali coronavano le due colline dominanti la città. Su quella della cittadella stava un palazzo, probabilmente il palazzo del governatore della provincia seleucidica di Parapotamia; su quella della "ridotta" (n. 14, cfr. XIII, tav. LI, in alto a d.) che certamente era l'acropoli di Europo, era probabilmente lo stratÿgion e dietro di esso un tempio dedicato, probabilmente, a Giove Olimpio (più tardi ricostruito parecchie volte al modo orientale e dedicato a Zeus Mégistos). Il centro della città fu occupato da un mercato e dall'altro lato della strada principale stava un tempio dedicato ad Apollo e Artemide, divinità dinastiche dei Seleucidi: In epoca partica esso fu ricostruito al modo orientale e dedicato ad Artemide Nanaia (n. 18).

Il periodo più brillante della storia della città fu quello della dominazione partica, durante il quale Dura fu una fortezza importantissima sul confine settentrionale dell'impero dei Parti e in pari tempo città carovaniera, luogo di transito e di riposo per le carovane che andavano e venivano tra Palmira e la bassa Mesopotamia. In questo periodo tutta la città venne ricostruita. Nella cittadella fu edificato un sontuoso palazzo di tipo partico (n. 2); lo Stratÿgion dell'acropoli fu ingrandito (cfr. XIII, tav. LII in basso) e dietro di esso fu costruito un edificio occupato nel basso periodo partico dallo stratego della città. Importantissimi santuarî di tipo babilonese vennero costruiti nel sec. I d. C. e all'inizio del II da ricchi cittadini: uno di Artemide Nanaia e vicino a questo uno dedicato a Hadad e Atargatis, nel centro della città (nn. 18 e 16); un altro di Zeus Mégistos; uno di Artemide Azzanathkona, una divinità probabilmente locale, presso le mura occidentali (n. 6); e nei due angoli SO. e NE. della cinta murale due templi di divinità militari, dedicati, l'uno a Bel, l'altro ad Aphlad, figlio di Hadad, il dio protettore della grande città vicina del medio Eufrate, Anah (n. 12). Presso le mura verso il deserto, fu costruito un tempio ad Adone (n. 24). Altri due servivano al culto di due divinità identificata con Zeus; uno, presso le mura verso il deserto, era dedicato a Zeus Kýrios, il palmireno Baalshamin, un altro nella parte nord della città a zeus, con l'epiteto di Theós. Finalmente nel centro della città sorse un santuario costruito dai Palmireni e dedicato nel primo periodo della sua esistenza agli dei protettori di Palmira. Più tardi fu ricostruito e dedicato agli dei protettori di Palmira e di Dura, loro "genî", Fortune o Gaddé. Il Gad di Dura era il dio dinastico di Alessandro e dei Seleucidi, Giove Olimpio. Era rappresentato sul bassorilievo di culto, con vicino il fondatore della città, Seleuco Nicatore in atto di coronarlo. Il tempio dei Gaddé era unito ad una casa privata che serviva da fonduq ai mercanti di Palmira residenti nella città.

Tutta l'area inclusa nelle mura era occupata da case private, di tipo orientale, babilonese, talune assai grandi e sontuose (p. es., nn. 15 e 21). E finalmente, presso il mercato ellenistico, sorgeva un vero e proprio mercato orientale: una serie di strade con portici, che davano accesso a botteghe, grandi e piccole, dove si fabbricavano e vendevano gli oggetti richiesti dagli abitanti della città e dei villaggi vicini, dal personale delle carovane, dai beduini del deserto siriaco e mesopotamico. Dura era in questo tempo certamente non solo un centro amministrativo e militare dell'impero partico e una città carovaniera, ma anche, come dimostrano parecchi documenti scritti su pergamena trovati a Dura, una città con un territorio fertilissimo, che produceva grano e vino in abbondanza, e un mercato per il bestiame (incluse le bestie da soma, asini e cammelli) e la lana dei beduini del territorio desertico e semidesertico confinante con la zona coltivata, sita lungo l'Eufrate.

Ricchissima e bellissima era anche la necropoli della città che si stendeva nel deserto davanti alle mura. Constava di varî monumenti sepolcrali. I più originali erano mausolei di tipo probabilmente iranico: torri monumentali, coronate da una piattaforma. Torri funebri dello stesso tipo non sono conosciute che nella regione mesopotamica. Le più celebri sono quelle di Palmira, di tipo un po' differente dalle torri di Dura.

Dopo due secoli di dominazione partica, Dura fu incorporata nell'impero romano. Fu presa prima da Traiano, in onore del quale i soldati della legione III Cirenaica eressero, vicino a Dura, sulla strada militare dell'Eufrate, un vero e proprio arco di trionfo, con iscrizione latina; poi Marco Aurelio e Lucio Vero l'incorporarono definitivamente nella provincia di Siria, nel 165 d. C. Da allora, e fino a quando non fu presa dai Sāsānidi, Dura fu uno dei praesidia romani del limes eufratico, probabilmente la fortezza più importante, sita a circa 100 km. dal confine romano-partico. Ebbe una guarnigione romana che nel tempo degli Antonini, constava probabilmente di una coorte ausiliaria (II Ulpia). Nel tempo di Severo e di Caracalla il presidio di Dura acquistò un'importanza abbastanza grande; divenne luogo di concentramento di forze per le spedizioni contro i Parti. In questo tempo la parte N. della città fu trasformata in un vero e proprio accampamento romano, con un pretorio monumentale (n. 5), una grande casa per il comandante, alloggiamenti per la truppa (n. 28), terme sontuose (nn. 4 e 10), un anfiteatro castrense (n. 27), un campo di Marte e varî santuarî militari, tra cui quello di Mithra (n. 25), scavato di recente, e riccamente dipinto, e quello di Giove Dolicheno erano probabilmente i più importanti. Presso il pretorio, il tempio di Artemide Azzanathkona fu in parte trasformato dai Romani in un annesso del pretorio, il centro amministrativo delle coorti ausiliarie. In una delle stanze che circondavano il cortile del tempio venne trovato l'archivio militare di queste coorti, con parecchi documenti in latino, che illustrano la vita dell'esercito romano. La guarnigione di Dura in questo tempo fu rinforzata. Una coorte miliaria (XX Palmyrenorum) e parecchie vexillationes legionariae formarono il nucleo della forza.

Più importante ancora dal punto di vista militare fu Dura nel tempo quando i Sāsānidi cominciarono i loro attacchi contro la provincia di Siria, cioè al tempo di Alessandro Severo e dopo Dura divenne la sede del dux ripae dell'Eufrate. La guarnigione fu rinforzata nuovamente e un gran palazzo pretorio fu costruito per il dux nell'angolo nord-est della città.

Nel periodo partico poco venne fatto per le fortificazioni della città. La cittadella non fu finita e la parte non terminata delle mura fu lasciata nello stato nel quale era nel basso periodo ellenistico.

Padroni della città, i Romani diedero grande importanza alla cinta murale di Dura. Le torri vennero rafforzate e la parte più debole delle mura, quella a NE. dal lato del deserto, fu ricostruita. Ma questi lavori non bastavano. In previsione di un assedio da parte dei Persiani sāsānidi (256 d. C.), i Romani provvidero a rinforzare la cinta murale per mezzo di due terrapieni a scarpata, uno più basso verso la campagna, e uno, alto e forte, all'interno della città, sacrificando la bella strada che correva lungo le mura dal lato del deserto: gli edifici prospicienti la strada furono in parte distrutti, in parte sepolti.

Ma i Sāsānidi, assediata la città, riuscirono a prenderla, per mezzo di tre gallerie sotterranee; le quali rovinarono due torri della cinta, e di un vallo alto e forte, perpendicolare al muro di cinta e più alto di esso. Il vallo, tuttora esistente, diede accesso agli assedianti alla parte SO. delle mura. Tutte le gallerie sono state ritrovate, quasi intatte. Contro due di esse, i Romani scavarono contromine; in una furono rinvenuti gli scheletri di soldati romani e persiani caduti combattendo accanitamente nell'oscurità.

Sotto la dominazione romana Dura rimase un importante centro agricolo commerciale e industriale, ma non fu più un'importante città carovaniera. Il commercio carovaniero di Palmira preferì in questo periodo, alla via dell'Eufrate, quella lungo il deserto, la quale conduceva direttamente alla bassa Mesopotamia. Parecchi documenti privati su papiro, trovati a Dura, e parecchi graffiti di case private ci dànno un'idea della vita economica della città in questo tempo. Risulta dai documenti che i cittadini erano in gran parte commercianti, prestatori di denaro e mercanti di campagna, come i loro discendenti che risiedono nella vicina città moderna di Deir ez-Zōr. Ma l'antica ricchezza era assai scemata; mancavano ormai i mezzi per costruire templi ricchissimi, adorni di pitture e sculture, pieni di doni votivi d'oro e d'argento, e sontuose case private; e ci si contentava ormai di ricostruire e modificare gli edifici esistenti. L'attività edilizia si limitava alle costruzioni militari e a qualche edificio di culto. In questo periodo, una casa privata della via lungo le mura fu trasformata in chiesa cristiana (n. 11) e altre nella stessa strada vennero in parte distrutte per fare posto a una sinagoga (n. 26).

Presa e distrutta dai Persiani sāsānidi poco dopo il 256 d. C., Dura non fu più rioccupata dai Romani. Forse subito dopo la presa della città essa servì per qualche anno come posto militare sāsānide. Forse a questo periodo appartiene una pittura trovata in una casa privata (n. 19), che rappresenta una battaglia tra Persiani sāsānidi e Romani, battaglia vittoriosa per i Persiani. Ma la completa mancanza di monete posteriori al 256 dà la prova definitiva che Dura in questo tempo non fu se non un posto militare abbandonato dalla popolazione civile. Al tempo di Giuliano l'Apostata, la città era già un tratto di deserto.

Lo scavo sistematico di Dura, i ritrovamenti fatti nelle rovine dei templi, degli edifici pubblici e privati e delle torri delle mura, specialmente le numerosissime iscrizioni, sia monumentali sia dipinte a graffito sull'intonaco, varî documenti su pergamena e su papiro e migliaia di monete, moltissimi affreschi che adornavano edifici privati, religiosi e pubblici, parecchie opere di scultura e prodotti d'arte industriale (specialmente importante è la serie di oggetti militari: scudi dipinti, corazze di uomini e di cavalli, frammenti e proiettili di catapulte, ecc.) permettono di renderci conto non solo delle vicende politiche e della vita economica della città, ma anche della costituzione cittadina e della vita sociale, militare, religiosa e artistica.

Dura è la prima città greca della Mesopotamia di cui possiamo formarci un'idea più o meno chiara. Pare che essa fosse una città tipica del suo genere, cioè una tipica colonia macedonica, trasformatasi poi gradualmente in un centro commerciale e industriale d'una certa importanza, di popolazione e cultura miste, greco semitiche, con parecchi elementi iranici e anatolici. Il nucleo della popolazione era formato dai discendenti dei coloni macedoni che, fieri della loro origine, costituivano l'aristocrazia cittadina. Parlavano greco, ricevevano un'educazione greca e mantenevano ufficialmente i culti della colonia macedone, quelli di Zeus e di Apollo, del fondatore della città Seleuco Nicatore e dei suoi antenati (πρόγονοι). Quasi tutti i documenti pubblici, religiosi e privati trovati a Dura sono in greco e datati in base all'era seleucidica (con l'aggiunta di una data dell'era partica, nel periodo della dominazione dei Parti); alla data si aggiungono talvolta i nomi dei sacerdoti eponimi cittadini delle divinità greche già ricordate. Ma questi aristocratici durani si dicevano, non erano, greci. Già nell'epoca partica, mentre gli uomini portavano nomi greci, le donne quasi senza eccezione avevano nomi semitici. Accanto all'aristocrazia macedonica ne è sorta una semitica, formata di immigrati che, presto mescolatisi con i Greci, li semitizzarono. È un fatto caratteristico che, mentre i culti ufficiali erano greci, tutti i templi finora scavati, a eccezione dei santuarî dei soldati romani, erano dedicati a divinità orientali e, come apprendiamo da parecchie iscrizioni, frequentati da quell'aristocrazia greco-macedonica che ufficialmente si proclamava devota ai culti greci. Tanto meno si curavano del culto ufficiale della città le famiglie semitiche e iraniche. Esse hanno subito un certo influsso greco e si sono anche ellenizzate in certa misura, ma conservando la loro religione, imponendola anzi alla popolazione greca.

È probabile che nelle epoche ellenistica e partica soltanto i membri dell'aristocrazia greca avessero diritto di cittadinanza e di chiamarsi Europei" (Εὐρωπαῖοι). Essi ricoprivano le magistrature cittadine, ed erano membri della bulè e dell'ecclesía, se tali istituzioni esistevano a Dura nell'epoca partica. Gli altri abitanti erano residenti, non cittadini, e, in contrasto con gli "Europei", si chiamavano Durani (Δουπανοί). Il magistrato supremo era lo stratego epistate; gli altri magistrati inferiori erano gli agoranomi, i chreophýlakes e forse un tesoriere (tamías). Questa costituzione si conservò immutata sotto la dominazione romana. Dapprima probabilmente municipio, Dura sotto Caracalla o Alessandro Severo divenne colonia romana (colonia Aurelia Antoniniana Europaeorum). A quel tempo, aveva certo una bulè che si riuniva in un piccolo teatro, costruito probabilmente sotto Caracalla o dopo di lui, nel cortile del tempio di Artemide Nanaia (cfr. XIII, tav. LII in alto). Ma, nonostante le apparenze, Dura non era una città greca vera e propria. L'ufficio dello stratego, nelle epoche partica e romana, più che alla magistratura greca di cui aveva il nome, assomigliava a quello semitico di uno sceicco ereditario. Due iscrizioni del mitreo ci mostrano, nell'epoca romana, uno stratego speciale palmireno come comandante di una milizia locale, un corpo di sagittarî (τοξόται), probabilmente Arabi, organizzato alla palmirena, vestito e armato come i celebri arcieri partici. Questa milizia faceva la polizia del deserto e proteggeva le carovane sulle strade che conducevano, lungo l'Eufrate e attraverso il deserto, verso Palmira. Nell'epoca di Severo fu sostituita dai cavalieri della cohors XX Palmyrenorum. Soldati di questa milizia e cavalieri della coorte Palmirena si trovano probabilmente rappresentati talvolta in disegni graffiti sulle mura di varî edifici. Non è improbabile che una milizia dello stesso genere esistesse già nell'epoca partica, accanto alla guarnigione partica e alla milizia cittadina di opliti armati e vestiti alla guisa macedonica.

Anche la struttura sociale di Dura ha subito, nell'epoca partico-romana, una forte influenza semitica. Gruppi di famiglie, anche di origine greca, hanno adottato l'organizzazione semitica di tipo eminentemente tribale. E anche nella vita privata e domestica di questo periodo Dura aveva assunto un aspetto più orientale che greco. Gli abitanti di Dura dimoravano in case di tipo orientale, con una parte riservata alle donne. Vestivano ed erano armati alla maniera orientale, partico-semitica, e usavano più i prodotti dell'arte locale che della greca.

Certo nel periodo partico e romano Dura era città molto amante dell'arte, specialmente della pittura. Tutti i templi di Dura erano decorati con pitture, e così anche gli edifici pubblici e privati. Le rovine di Dura ci hanno conservato più pitture murali che tutte le città del mondo romano e orientale, eccettuate Pompei ed Ercolano. I pittori di Dura erano fieri della loro arte. Abbiamo parecchie firme di pittori che hanno decorato case private ed edifici religiosi e pubblici, tutti semiti; certo appartenevano a una scuola che ha creato un suo proprio stile pittorico, non greco né semitico, e che si potrebbe forse definire greco-semitico con forti elementi iranici. Di questo stile si sono valsi per decorare edifici di carattere e destinazioni svariati. Appare naturale di trovarlo nella decorazione dei templi di divinità locali o orientali, palmirene, fenicie, ecc., trasportate a Dura, e nella decorazione di case private; sorprende di più il trovarlo, mescolato con altri elementi, nella decorazione del piccolo battistero cristiano, della sinagoga, tutta rivestita di pitture, e del mitreo. Pare che in questa parte del mondo antico la tradizione greco-iranico-semitica sia stata la più forte. L'importanza della pittura di Dura consiste appunto in questo suo carattere greco-iranico-semitico. Assistiamo qui al formarsi dell'arte sāsānide, intravvediamo per mezzo di questi dipinti il lungo svolgimento dell'arte iranica postachemenide, che non ha subito interruzioni nel periodo partico, anzi si formò in quell'epoca; e per la prima volta abbiamo materiali che ci fanno sentire l'influsso che quest'arte greco-iranico-semitica ha avuto sullo sviluppo dell'arte cristiana. Sotto questo rispetto, gli affreschi del tempio di Bel (generalmente chiamato tempio degli dei palmireni), e del tempio di Zeus Theós, quelli del mitreo, e specialmente quelli della chiesa cristiana e della sinagoga hanno un'importanza capitale; la loro scoperta inaugura una nuova epoca nello studio dell'arte orientale e occidentale del basso impero romano e del Medioevo.

Non meno importante è Dura per lo studio delle religioni orientali nelle epoche partica e romana, quando si sono formati i culti universalistici e proselitistici che hanno invaso l'impero romano e che per un certo tempo ne hanno formato la religione ufficiale. Dura ci ha fornito templi, oggetti di culto, rappresentazioni sacre di quasi tutti i più importanti culti orientali dell'epoca greco-romana: la dea Siria, Mithra, Giove Dolicheno, il grande dio solare di Aureliano, Yahribol-Sol Invictus, tutti avevano a Dura i loro santuarî e i loro devoti. E, infine, Dura ci ha fornito il più antico esempio di una chiesa cristiana adorna di pitture con soggetti tratti dall'Antico e dal Nuovo Testamento (ora ricostruita nel museo della Yale University), e l'unica sinagoga sulle cui pareti vediamo dipinti i più importanti episodî della storia del popolo eletto nei suoi rapporti con Jahvè, episodî che illustrano le idee più care agli Ebrei del periodo ellenistico e romano (ricostruita nel nuovo Museo archeologico di Damasco).

Bibl.: The Excavations at Dura-Europos, Preliminary Report, New Haven (voll. 7 dal 1929 al 1938; nel 5° è pubblicata la chiesa cristiana, nel 6° la sinagoga, nel 7°-8° il mitreo; in preparazione i volumi 9° e 10° dove si parlerà del palazzo ducale). Bibliografia completa nei due lavori di carattere generale: M. Rostovtzeff, Dura and the Problem of Parthian Art, 1935 (Yale Classical Studies, V); id., Dura-Europos on the Middle Euphrates and its Art, 1938.

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