GONCOURT, Edmond e Jules Huot de

Enciclopedia Italiana (1933)

GONCOURT, Edmond e Jules Huot de

Arrigo Cajumi

Da un ex-ufficiale di Napoleone e da Annette-Cécile Guérin, Edmond nacque a Nancy il 26 maggio 1822, e morì a Champrosay nella notte dal 15 al 16 luglio 1896; Jules, nacque il 17 dicembre 1830 a Parigi, dove morì il 20 giugno 1870. Perduto il padre nel 1843, furono allevati con cura amorosa dalla madre, e quando anch'essa si spense, nel 1848, rimasti in possesso di una discreta fortuna, i due fratelli poterono dedicarsi interamente alle lettere (Edmond aveva avuto per breve tempo un impiego al Ministero delle finanze).

I G. speravano che la posterità avrebbe loro riconosciuto tre meriti principali: quello di avere perseguito la verità in letteratura, suscitato il gusto per il Settecento, creata la sensibilità propria a far comprendere l'arte giapponese. In realtà, la loro fama è affidata a pochi romanzi, a un problema di stile, e al semi-inedito Journal.

Giunti alla letteratura attraverso le loro esperienze di collezionisti, i G. vollero mettere in rilievo la modernità del secolo decimottavo e della vita quotidiana, cercarono di trasportare sulla carta le impressioni e le sensazioni più sfumate. Ma non c'è nulla di meno storico delle loro biografie, e saggi storici: non perché i particolari siano arbitrarî, ché anzi spesso gli autori si valgono di documenti inediti o poco noti; ma perché la mentalità dei G. ripugna alle idee generali, alle prospettive politiche e sociali che permettono d'inquadrare le indagini psicologiche e di ambiente. La Histoire de Marie Antoinette, che passa per il loro capolavoro in questo genere, è fatta con nuovi fronzoli su vecchi schemi legittimisti, e la preoccupazione di descrivere la vita di corte va a scapito di un esame complessivo della situazione che provocava determinati fatti e muoveva da cause profonde. Gli studî su La duchesse de Châteauroux et ses søurs, Madame de Pompadour, La Du Barry, Sophie Arnould, i Portraits intimes du XVIIIe siècle, La femme au XVIIIe siècle, mettono in risalto i tratti caratteristici intimi, ma la descrizione pittorica sopraffà la psicologia. E la Histoire de la Société française pendant la Révolution, come la Histoire de la Société française pendant le Directoire non sono molto più di utili raccolte di notizie private, di particolari di costumi, di spogli di effemeridi. Se ne L'art du XVIIe siècle i G. descrivono con grande aderenza i quadri, e profilano con simpatia gli artisti, non si può tuttavia chieder loro di seguire e ritrarre il movimento generale delle idee, di tracciare le correnti spirituali e sociali altro che con le luci e gl'indizî delle memorie, degli epistolarî, delle mille inezie salottiere. Davanti ai libri cospicui del tempo, alle ideologie, i G. perdono piede, ed escono in giudizî avventati: la loro educazione letteraria era poco equilibrata, spesso la loro curiosità appariva frivola o ingenua. Questa mancanza del senso delle proporzioni e delle prospettive si aggravò con la scomparsa di Jules: le monografie da Edmond dedicate a Les actrices du XVIIIe siècle: M.me Saint-Huberty, M.lle Clairon, La Guimard mostrano che nella ricerca dei "documents nouveaux et jusqu'ici ignorés, de l'histoire morale, et sociale" da aggiungere agli "éléments usuels" della storia, la mania dell'inedito faceva stampare il superfluo.

Con eguale insistenza e fiducia nel "documento", i G. si volsero alla riproduzione della realtà contemporanea, in una serie di romanzi pubblicata sempre in collaborazione, tra il 1860 e il 1870, e proseguita poi, come gli studî storici, dal solo Edmond. Dopo il giovanile e trascurabile En '18, uscito proprio il giorno del colpo di stato del 2 dicembre 1851, e subito dimenticato, i G. diedero infatti, nel 1860, Les hommes de lettres (primo titolo di Charles Demailly), scene della vita letteraria contemporanea, con ritratti a chiave e fondo autobiografico; e l'anno seguente apparve Søur Philomène, idillio d'ospedale tra una suora e un medico, redatto su di una storia vera narrata agli autori da Louis Bouilhet. Nel 1864, Renée Mauperin, narrando il contrasto di una giovinetta col fratello, che involontariamente trae a morte, spegnendosi poi per il rimorso, voleva tracciare un quadro della vita borghese; nel 1865, Germinie Lacerteux, descriveva invece le classi popolari attraverso la rappresentazione dell'ossessione sessuale di una serva, che l'istinto trascina al vizio, alla degradazione; nel 1867, Manette Salomon, imperniata su di un matrimonio sbagliato, consentiva ai G. di ritrarre l'ambiente artistico; nel 1869, Madame Gervaisais era lo studio di una progressiva, e mortale, infatuazione mistica. Tutti questi libri sono fatti unicamente con osservazioni dirette, esperienze personali, dati presi dalla realtà, "documents relévés d'après nature". La prefazione di Germinie Lacerteux è il vero manifesto del naturalismo: il libro è detto "la clinique de l'Amour", poichè il "Roman commence à être la grande forme sérieuse, passionnée, vivante, de l'étude littéraire et de l'enquête sociale, devient, par l'analyse et la recherche psychologique, l'Histoire morale contemporaine" essendosi "imposé les études et les devoirs de la Science". I G. non cercano più l'arte, ma l'Art et la Vérité", vogliono che il loro romanzo abbia "cette religion que le siècle passé appelait de ce large et vaste nom: Humanité".

Questi propositi teorici, e il temperamento letterario dei G., li condussero a darci dei romanzi in cui l'intreccio è secondario, e l'ambiente passa in primo piano. I personaggi sono "tipi", casi patologici, il mondo in cui si muovono è riprodotto con procedimenti giornalistici, impressionistici. Dall'annotazione quasi stenografica dei discorsi, al vocabolario più composito, distorto e arbitrario, i G. nulla hanno trascurato per risuscitare gli elementi caratteristici dei paesaggi e degli sfondi, i tratti originali dei personaggi. Il risultato dei loro sforzi di stile variopinto e di annotazioni fotografiche, è mediocre: si ha una raccolta di documenti, di episodî, di figure, di seene, non una visione complessiva, un protagonista indimenticabile. Neppure Germinie Lacerteux - eroina del romanzo più folto, nuovo e ambizioso, di quello che più degli altri fece scuola - sopravvive. E sebbene il loro stile abbia ogni tanto dei risvegli di fortuna (l'ultimo, con Paul Morand) conserva scarsa consistenza e durata.

Rimasto solo, E. de G. pubblicò nel 1877 La fille Elisa (già abbozzata con il fratello), storia di una prostituta, e Les frères Zemganno (1879), che, acrobati, hanno un destino che simboleggia quello dei due scrittori. La Faustin (1882) è invece un ritratto, assai studiato, d'attrice, mentre Chérie (1884) è addirittura una specie di monografia di una giovinetta "du monde officiel sous le second Empire". E. de G. non rinunciava dunque allo stile sempre più impressionistico, e al documento accanitamente umano, pur avvertendo che - specie con l'Assommoir - altri avevano saputo utilizzare con maggior vigore e potenza creatrice, e successo di pubblico, la formula dei G. La preoccupazione costante della modernità, l'interesse spasmodico per la vita e il mestiere letterario, un progressivo senso d'irritazione e delusione per il tardo e scarso riconoscimento della loro opera, sono evidenti nel Journal des G. (la morte di Jules è al termine del III tomo) che, nei nove volumi pubblicati, va dal 1851 al 1895. Il diario è documento prezioso non per ciò che riferisce (né Taine, né altri testimoni attendibili, come il Troubat per il Sainte-Beuve, hanno riconosciuto l'esattezza delle conversazioni riportate; e la partigianeria, i rancori, la ipersensibilità di maniaci degli autori sono palesi) ma per quanto suggerisce e rivela circa i G. stessi. Nel Journal si vede che l'abitudine di dare la caccia alla frase, alla scenetta, alla battuta, all'aneddoto, finiva per falsare l'osservazione, per far vedere ogni cosa sotto l'aspetto letterario, riducendo il mondo intero a materiale da scrittoio. Cosicché, nulla di meno scientifico ci fu dell'osservazione di questi "naturalisti", e la loro opera rimane a testimoniare di alcuni degli aspetti più curiosi della nevrosi letteraria del sec. XIX.

Accademia Goncourt è il nome con il quale comunemente è nota la Société litteraire des Goncourt fondata da Edmond d. G. col suo testamento (16 luglio 1896) e a cui lasciò tutto il suo patrimonio, per assicurare l'indipendenza economica di un certo numero di letterati: i quali dovevano inoltre assegnare un premio annuo di 5000 franchi alla più notevole "opera di immaginazione" in prosa. I componenti, a cui è assegnato un vitalizio di 6000 franchi annui, sono dieci; il testatore ne designò solo otto: A. Daudet, G. Geffroy, L. Hennique, J.-K. Huysmans, P. Margueritte, O. Mirbeau, i fratelli J. H. Rosny. Dopo lunghe vicende giudiziarie, la società fu costituita il 9 gennaio 1903; L. Daudet sostituiva il padre morto, e l'accademia fu completata con la nomina di L. Descaves, ed É. Bourges.

Ediz. - L'edizione definitiva delle opere, a cura dell'Accademia Goncourt, è in corso di pubblicazione presso gli ed. Flammarion e Fasquelle, associati per tale scopo. ll Journal (ed. Fasquelle) è esaurito e fuori commercio.

Bibl.: A. Delzant, Les G., Parigi 1889; E. Zola, Les romanciers naturalistes, 2ª ed., Parigi 1881; id., Une campagne (su Edmond), Parigi 1882, pp. 205-217; Sainte-Beuve, Nouveaux Lundis, X, 6ª ed., Parigi 1883 e segg.; P. Bourget, Nouveaux essais de psychologie contemporaine, 5ª ed., Parigi 1888; J. Lemaître, Les contemporains, III, Parigi 1886 e segg., pp. 37-90; P. Martino, Le roman réaliste sous le second Empire, Parigi 1913, pp. 226-254; id., Le naturalisme français, Parigi 1923, pp. 17-21 e 161-67; A. Thérive, Du siècle romantique, Parigi 1927, pp. 59-70; L. Dimier, Les maîtres de la Contre-Révolution, Parigi 1917, pp. 259-278; P. Sabatier, L'esthétique des G., Parigi 1920; L. Daudet, Les øuvres dans les hommes, Parigi 1922, pp. 245-291; E. Seillière, Les G. moralistes, Parigi 1927; Ch. Du Bos, Approximations, II, Parigi 1927, pp. 59-65; J. H. Rosny ainé, Torches et lumignons, Parigi 1921, pp. 27-114 (ricordi personali sul "Grenier Goncourt"); id., Mémoires de la vie littéraire: l'Académie G., Parigi 1927, pp. 1-88 (sulla fondazione dell'Accad. G., e sull'impubblicabilità del Journal); M. Praz, La carne, la morte, il diavolo nella lett. rom., Milano-Roma 1930; M. Sauvage, J. et E. de G., Parigi 1932.