MASCHERONI, Edoardo Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MASCHERONI, Edoardo Antonio

Daniele Carnini

– Nacque a Milano il 4 sett. 1852 da Francesco e Felicita Dossena. Studiò nella sua città natale presso il liceo C. Beccaria. Con G. Mazzucato, C. Borghi, G. Pozza ed E. De Marchi – cui fu legato da amicizia duratura –, fu tra i fondatori, nel 1876, del periodico letterario La Vita nuova. Ben presto, tuttavia, abbandonò ogni altra attività (sembra contro il volere paterno) in favore della musica e segnatamente della composizione. Mentre si guadagnava da vivere facendo il copista da Ricordi, studiò privatamente armonia, contrappunto e fuga con R. Boucheron. Debuttò come direttore d’orchestra al teatro Goldoni di Livorno nel 1883 con Carmen di G. Bizet (o forse già nel 1880 al teatro Grande di Brescia, con Macbeth e Ballo in maschera di G. Verdi). Fu probabilmente l’interpretazione di Carmen a Bologna, sempre nel 1883 (teatro Brunetti), a garantirgli l’ingaggio per Roma in due teatri – Argentina e Apollo –, per il tramite dell’editore Sonzogno.

L’attività del M. si concentrò soprattutto intorno al teatro Apollo (prossimo a essere soppresso nel 1888 per fare luogo ai muraglioni del Tevere), in cui provvide alla riorganizzazione dell’orchestra e all’adozione del diapason normale di Vienna (1886). All’Argentina cercò di risollevare una stagione poco fortunata (1888-89), ma con scarso esito. Nei sei anni trascorsi a Roma fu attivo in tutti i teatri della città (oltre all’Apollo e all’Argentina, al Costanzi e poi al Nazionale). All’Apollo diresse la prima romana di Fidelio (4 febbr. 1886: una fra le primissime rappresentazioni in Italia dell’opera beethoveniana), del Tannhäuser (18 apr. 1886) e del Vascello fantasma (3 apr. 1887) di R. Wagner, nonché dei Lituani di A. Ponchielli (2 febbr. 1887). Nel 1884 si iscrisse alla Società musicale romana, di cui divenne presidente, dopo le dimissioni di D. Mustafà, il 26 giugno 1885; si fece quindi promotore di una memorabile esecuzione (prima in Italia) dell’Olimpia di G. Spontini in forma di concerto (12 dic. 1885). Al periodo romano risale anche l’esecuzione di una delle sue composizioni principali, la Messa da requiem (gennaio 1888), commissionata dall’Accademia filarmonica romana per il decennale della morte di Vittorio Emanuele II.

La messa fu salutata da ampio consenso e ricevette anche la considerazione di G. D’Annunzio (Il Duca Minimo): «Una delle più forti e preziose qualità del Mascheroni direttore è lo slancio, la foga, il calore ch’egli sa imprimere a tutta la massa orchestrale […]. Si può dire che il maestro Mascheroni abbia vinta una bella battaglia. Questa messa è, nell’insieme, un lavoro assai notevole» (D’Annunzio, p. 1034).

La carriera del M. ebbe una svolta quando – vinta la concorrenza, grazie anche all’appoggio indiretto di Verdi – successe a F. Faccio come direttore della Scala di Milano.

Verdi, tuttavia, aveva espresso nel 1887 alcune riserve sul M. (Abbiati, pp. 341 s.): pur senza averlo potuto valutare di persona, gli era stato riferito (da un conoscente di fiducia a noi rimasto ignoto) che il M. fosse presuntuoso, e che preferisse lavorare con l’orchestra piuttosto che con i cantanti. Nel 1891, al momento della scelta, il giudizio del compositore era evidentemente mutato: quando A. Boito scrisse a Verdi per avere un parere su quale direttore egli ritenesse opportuno per la Scala, questi, anche pensando al venturo Falstaff, e saputo che L. Mancinelli non sarebbe stato disponibile, rispose additando il fratello di Mancinelli, Mariano, e lo stesso M.: definito ora coscienzioso, lavoratore, senza antipatie o simpatie. Boito, che evidentemente inclinava per il M., chiese a Verdi di poter leggere stralci della sua lettera davanti alla commissione deputata alla scelta (in cui figuravano, oltre allo stesso Boito, anche A. Bazzini, A. Catalani e G. Martucci).

Il M. restò alla Scala tre anni e mezzo (1891-94). Vi diresse in prima assoluta La Wally di Catalani (20 genn. 1892, di cui aveva già diretto Loreley in prima assoluta al Regio di Torino nel 1890), Fior d’Alpe di A. Franchetti (15 marzo 1894) e naturalmente Falstaff di Verdi (9 febbr. 1893), performance che rappresentò il culmine della carriera del Mascheroni.

La fama del M. è infatti indissolubilmente legata all’ultima opera di Verdi, di cui non solo fu il primo direttore, ma che portò in tournée in vari teatri italiani (Roma, Venezia, Trieste, Brescia) ed esteri insieme con la troupe della Scala.

Verdi lo soprannominò «Farfarello» (come se fosse uno degli spiriti evocati nel terzo atto della sua opera) e lo onorò col nome di «terzo autore» del Falstaff, scrivendogli, alla notizia del buon successo berlinese dell’opera, che si meritava «dieci punti» (Abbiati, p. 512).

Il carattere non proprio accomodante del M. si palesò nelle liti avute con alcuni membri del cast durante la tournée di Falstaff, tra cui V. Maurel, interprete del ruolo principale.

Durante la tournée il M. ricevette offerte di lavoro da Paesi di lingua tedesca; Verdi in questo come in altri casi (nel 1897 gli avrebbe consigliato di rifiutare le offerte di Milano per pensare a Firenze e all’America) ne indirizzò la scelta. Il M. non si trasferì in Germania, ma era evidente che il suo tempo sul podio della Scala, probabilmente anche per le difficoltà dell’impresa, volgeva ormai al termine.

Negli anni scaligeri il M. fu anche campione wagneriano, dirigendo dapprima Tannhäuser (1892) e quindi La Valchiria (26 dic. 1893), in una esecuzione aspramente contrastata dalla critica. Da ricordare ancora la ripresa del Figliuol prodigo di Ponchielli (1892) e, nello stesso anno, la seconda assoluta del Cristoforo Colombo di Franchetti.

Conclusa l’esperienza alla Scala, nel 1896-97 il M. si trasferì a Genova, dove diresse tra l’altro Asrael di Franchetti. In seguito, ammalatosi seriamente di tifo, trascorse la convalescenza in Liguria. Nel 1897-98 si trovava a Roma, dove in giugno inaugurò con La Gioconda di Ponchielli il nuovo teatro Adriano. Negli anni seguenti fu in Spagna e in Sudamerica; si trovava sicuramente nel continente americano nel corso del 1899.

Al 1901 risale il primo e più fortunato lavoro teatrale composto dal M.: Lorenza (Roma, Costanzi, 13 apr. 1901), su libretto di L. Illica. L’opera, più volte rivisitata negli anni successivi dallo stesso M., ebbe un più che discreto successo, e circolò anche su diversi palcoscenici stranieri (una ripresa ancora del 1920 a Gand, in francese, fu molto applaudita). Minor plauso ottenne l’opera successiva, La Perugina (Napoli, S. Carlo, 24 apr. 1909), sempre su libretto di Illica.

Nel 1913 fu magna pars nelle celebrazioni verdiane di Parma e Busseto in occasione del centenario della nascita del compositore.

Da un punto di vista complessivo, nel corso del Novecento il M. sembra aver diretto molto in Italia, sebbene in città di provincia, e in opere del repertorio ottocentesco, indice di una sua certa qual marginalizzazione dal gusto corrente.

Nel 1923 fece ritorno all’Adriano di Roma per celebrarne il venticinquennale. Vi diresse Norma di V. Bellini e La traviata di Verdi, concludendo il ciclo con Otello di Verdi nel giorno stesso (20 giugno) in cui aveva diretto la Gioconda dell’inaugurazione nel 1898. L’accoglienza del pubblico e le recensioni furono estremamente favorevoli. Tra il 1923 e il 1924 fu a Bari (ove diresse Aida e Rigoletto di Verdi e Dejanice di Catalani); nel 1925 diresse Aida a Torino (all’aperto) e a Genova, e La Gioconda a Venezia.

Ritiratosi proprio in quell’anno nella sua villa di Ghirla di Valganna, presso Varese, vi morì alcuni anni dopo, il 4 marzo 1941.

Il M. fu membro dell’Accademia di S. Cecilia, della Filarmonica romana, dell’Istituto musicale di Firenze, del Beethoven-Verein di Bonn. Se Verdi – probabilmente – apprezzava il suo temperamento di esecutore scrupoloso e attento, meno felice fu il rapporto del M. con la Giovane scuola e con i compositori coetanei o più giovani. In particolare il giudizio di Puccini non fu lusinghiero, nonostante il successo della prima milanese di Manon Lescaut diretta dal M. nel 1894. In una lettera a Tito Ricordi, memore di una infelice Bohème romana diretta dal M., Puccini manifestò il timore che l’allestimento della Fanciulla del West a Barcellona con il M. direttore avrebbe potuto «rovinarci la Spagna», perché «con Masch[eroni] solo è disastro» (Carteggi pucciniani, p. 435). Non a caso Puccini compare molto saltuariamente – con l’eccezione di Manon Lescaut, Bohème e Madama Butterfly – nel repertorio del Mascheroni.

Nel 1898 avrebbe dovuto essere il primo direttore dell’attesa Iris di P. Mascagni, ma si vide costretto a rinunciare per divergenze con l’autore (che poi salì sul podio in prima persona). Tali divergenze dovettero essere probabilmente appianate nell’estate del 1920, quando il M. eseguì Iris a Livorno, al teatro degli Avvalorati, presente l’autore. Senza dubbio il M. predilesse, rispetto al verismo, altri compositori, fra cui Verdi, Wagner, A. Boito, Bizet, Ponchielli, Franchetti, che tornano sovente nel suo repertorio; tra le eccezioni anche U. Giordano, di cui diresse Andrea Chénier.

Il M. fu uno dei maggiori «primi esecutori» del suo tempo; oltre a quelle già nominate, tenne a battesimo numerose opere: tra esse Il veggente di M.E. Bossi (Milano, teatro Dal Verme, 1890), Editha di E. Pizzi (ibid., maggio 1890), Il voto di P. Vallini (Roma, Costanzi, 1894), Il trillo del diavolo di S. Falchi (ibid., Argentina, 1899), Maria Dulcis di A. Bustini (ibid., Costanzi, 1901), La fiamminga di S. Donaudy (Napoli, S. Carlo, 1922).

Il M. non abbandonò mai del tutto l’attività compositiva. Oltre alle due opere citate (Lorenza e Perugina) si contano anche un Salve Regina (1898; dedicato alla figlia Alice); un’altra messa, oltre a quella del 1888; un Walzer passo a 12 per il balletto Gretchen di L. Danesi; inoltre composizioni cameristiche e vocali.

Il fratello del M., Angelo (Bergamo 1855 - ibid. aprile 1905), fu anch’egli direttore d’orchestra e compositore. Dopo gli studi nella città natale, si perfezionò a Parigi sotto la guida di L. Delibes. Attivo a Londra e nella capitale francese, diresse per oltre un decennio le tournée di Adelina Patti. Compose liriche e romanze (fra cui For all Eternity) apprezzate soprattutto in Inghilterra e la commedia musicale Mal d’amore (libretto di F. Fontana; Milano, teatro Filodrammatici, 30 apr. 1898).

Fonti e Bibl.: Necr., in Musica d’oggi, XXIII (1941), pp. 95 s.; A. Labronio, E. M., in La Nazione, 4 apr. 1941; [A. Della Corte], Verdi e Boito inediti nei ricordi di E. M., in Musica d’oggi, VII (1925), pp. 241-243; E. M. ed il «Falstaff», ibid., XXIII (1941), pp. 175 s.; G. Roncaglia, Mascheroniana, in La Scala, VIII (1950), pp. 26 s.; Carteggi pucciniani, a cura di E. Gara, Milano s.d. [ma 1958], p. 435; F. Abbiati, G. Verdi, Milano 1959, IV, pp. 341 s. e passim; Carteggio Verdi-Boito, a cura di M. Medici - M. Conati, Parma 1978, pp. 183-186, 221; M. Simonetta, E. M., il «terzo autore» del Falstaff», in La Riv. illustrata del Museo teatrale alla Scala, XIX (1993), pp. 18-22; Il Duca Minimo, La Messa di «Requiem», in La Tribuna, 27 genn. 1888, poi in G. D’Annunzio, Scritti giornalistici, I, 1882-1888, a cura e con introd. di A. Andreoli, Milano 1996, pp. 1033-1036; A. de Angelis, Diz. dei musicisti, pp. 313-315; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 445; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 246 s.

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