EFORI

Enciclopedia Italiana (1932)

EFORI (ἔϕοροι, ephŏri)

Luigi Pareti

Le tradizioni antiche sull'origine dell'eforato spartano, hanno scarso valore storico: così quella che ne attribuisce l'istituzione a Licurgo (Erod., I, 65; Senof., Resp. Lac., 8, 3; 11, 1); come l'altra che lo considera ad esso posteriore e che, sostenuta la prima volta, a quanto pare, dall'esule re Pausania, in un opuscolo polemico contro il governo di Sparta e rispecchiata anche in un accenno di Platone (Leggi, III, 691 d), fu poi fissata cronologicamente, deducendo dal confronto tra la lista degli efori, iniziantesi al 755-54 a. C., e le genealogie delle case regnanti, che l'eforato fosse stato fondato dal re Teopompo, vincitore della "prima guerra messenica" (Aristot., Pol., 1313; Plut., Lic., 7; Cleom., 10). Per rintracciaie l'origine presumibile dell'eforato si noti: che si ebbero efori eponimi a Eraclea colonia di Taranto, la quale ultima fu abitata da coloni spartani a partire dal principio del sec. VIII a. C.; ed efori con l'eponimia e attribuzioni censorie a Tera, donde a Cirene. Da ciò risulta che nella prima metà del sec. VIII gli efori esistevano già nella madrepatria, Sparta, come magistratura regolare e importante, caratterizzata dall'eponimia e da attribuzioni censorio-poliziesche. D'altra parte il numero dei cinque efori, e la loro rispondenza con le cinque tribù locali (ὠβαί) spartane presuppongono l'esistenza di queste cinque tribù, che non paiono istituite prima della fine del sec. IX a. C. Il che naturalmente non significa ancora che gli efori, in un primo momento, non potessero esistere, anche innanzi che sorgessero le tribù locali, in rapporto con le prime più antiche tre tribù personali: si noti come a Tera gli efori siano precisamente tre.

Gli efori derivano verosimilmente dall'arbitro, ἵστωρ, liberamente eletto dai contendenti nella grecità primitiva, il quale, allorché le tribù personali assunsero una funzione anche per la difesa dei singoli individui, venne a fissarsi in una quasi magistratura entro le tre tribù personali, e in una vera magistratura, anche con carattere eponimo e censorio-poliziesco nelle successive 5 tribù locali, che lo stato istituì dopo una prima estensione territoriale e un primo movimento democratico.

Che la giurisdizione civile fosse il nucleo primigenio delle attribuzioni degli efori risulta anche dalla tradizione antica. Ancora in epoca classica ogni eforo pare soprintendesse alla giurisdizione civile nella propria tribù. La durata della carica era annua, e il presidente, o πρέσβυς, del collegio dava il nome all'anno. Pare che si disponesse, come per altri collegi di magistrati spartani, di aiutanti o συνάρχοντες. Erano eletti dal popolo fra tutti i cittadini di pieno diritto, ed entravano in carica con l'inizio dell'anno spartano.

Il potere censorio-poliziesco degli efori, antico perché già esistente quando da Sparta partì il rincalzo per la colonia di Tera, e quando, verso il 630 a. C. fu fondata Cirene, e che la tradizione considera già in azione ai tempi di Terpandro, si esplicava nella sorveglianza dell'educazione dei giovani, i cui magistrati speciali per ogni ὠβά dipendevano direttamente dagli efori; nella sorveglianza della vita pubblica e privata dei cittadini anche fuori di patria; nell'invigilare la regolare successione delle famiglie regie; nel tener d'occhio, valendosi d'un servizio di polizia segreta, chiamata κρυπτεία, la popolazione soggetta e i forestieri.

Il potere censorio-poliziesco dell'eforato permise e favorì il sorgere e lo svilupparsi di nuove attribuzioni di quella magistratura nel campo politico e militare. E il nuovo potere politico ebbe una delle sue più valide cause, oltre che nelle lotte fra le famiglie regie, e fra la diarchia e la gerusia, nella presidenza dell'assemblea popolare (ἀπέλλα), che dai re, continuamente occupati in guerra, dovette passare agli efori poco dopo l'età di Tirteo, al principio del sec. VI, e forse per opera di Asteropo, come conseguenza di una conciliazione fra il demo e il potere regio. Come presidenti dell'apella gli efori vennero a ingerirsi delle relazioni con gli stati esteri, delle ambascerie, ch'essi ricevevano prima di presentarle al popolo, delle dichiarazioni di guerra, della stipulazione dei trattati; e a partecipare all'attività legislativa, presentando i progetti di legge all'approvazione dell'apella.

Il potere censorio, che, specie da principio, si esplicò anche durante le azioni militari, la corrispondenza del numero degli efori con quello delle tribù locali, base per la leva e per le ripartizioni dell'esercito, la presidenza dell'apella, da cui dipendeva la nomina dei capi militari e navali all'infuori dei re, e le contese fra i re stessi, spiegano come gli efori finissero coll'ingerirsi anche di cose militari, a cominciare dalla metà del sec. VI, allorché si andò formando la lega peloponnesiaca. Pare che questo incremento di attribuzioni vada connesso con l'opera di Chilone, allorché fu eforo. Tale potere militare si esplicò nel reclutamento e nella determinazione dei contingenti annui, nella ripartizione delle truppe fra i varî duci di terra e di mare e nella scelta di costoro per le singole spedizioni: cose tutte che teoricamente dipendevano dall'assemblea popolare, ma che spesso gli efori determinavano tra di loro, a maggioranza di voti, senza convocare preventivamente l'apella, da cui venivano poi ratificate le deliberazioni prese d'urgenza.

Gli efori e l'apella, almeno dal 446 in poi, usarono mandare consiglieri, o σύμβουλοι, ai re durante le spedizioni militari, o di propria volontà, o su richiesta dei re stessi; e altrettanto poterono fare per i navarchi. Se alla metà del sec. V il re spartano, per quanto la sua scelta e l'incarico affidatogli già dipendesse dall'apella e dagli efori, aveva ancora una certa libertà di azione durante le campagne militari, e, tranne casi eccezionali (come per Pausania), si soleva attenderne i rendiconti per agire eventualmente contro di lui, dal principio del sec. IV risulta ch'esso doveva continuamente sentire e accettare la volontà del potere centrale. Altrettanto, e più, si dica degli altri duci. E troviamo che gli efori si occupano del bottino di guerra, e della sorte dei paesi sottomessi.

Alcuno credette che gli efori acquistassero anche - alla fine del sec. V, e durante il IV - l'intera giurisdizione nei processi politici. Ma, nei processi intentati contro re, magistrati e singoli cittadini, vediamo che gli efori non compaiono mai come veri giudici. Essi invece ricevono le denuncie, incarcerano preventivamente, istruiscono i processi, accusano al dibattimento, e fanno eseguire la condanna, pronunciata dal collegio dei geronti e dei re. Tali funzioni si spiegano, parte col loro potere censorio-poliziesco, e parte con l'ingerenza, quali pubblici accusatori, ottenuta come presidenti dell'apella, allorché quest'ultima giudicava ancora quei processi, e poi conservata, allorché il giudizio passò alla gerusia.

Contro l'eforato, che da umili origini era salito a un potere quasi tirannico, si accanì l'opposizione regia. Essa ebbe la sua prima espressione polemica nell'operetta citata sulla costituzione di Licurgo dell'esule re Pausania, affermante l'origine post-licurgica, e quindi spuria, di quella magistratura. Il conflitto divenne violento ai tempi dei re Agide IV e Cleomene III. Nelle lotte tra Agide IV, che voleva rinnovare la costituzione, e Leonida che l'ostacolava con illegalità e violenze, i re, cui occorreva accaparrarsi la cooperazitme degli efori, si arrogarono il diritto di deporli ed eleggerli a loro piacere (244-241 a. C.), traendo le estreme conseguenze della loro teoria, secondo cui l'eforato era emanazione del potere regio, e quindi dipendente di diritto dai re. Nel 227 Cleomene III, trucidati gli efori in carica, sostenne dinnanzi all'apella il diritto dei re di sopprimere e riassorbire la magistratura da essi stessi istituita, e, conservato un solo seggio eforale, vi s'insediò, passando l'eponimia e la giurisdizione civile alla nuova magistratura dei patronomi, in numero di sei, per l'aggiunta della nuova oba dei Neopoliti. Caduto Cleomene, con l'assetto dato a Sparta da Antigono, l'eforato di 5 membri risorse, riprendendo le attribuzioni censorie, militari-politiche, e anche criminali (Polib., IV, 22-24), e lasciando ai patronomi l'eponimia e la giurisdizione civile. Nuove lotte tragiche si ebbero negli anni dal 220 al 217.

Nel periodo romano l'eforato conservò il suo carattere censorio poliziesco, e una qualche parte del potere politico, rimanendo al disotto della patronomia nel cursus honorum.

Le epigrafi e i testi letterari, in ispecie un'interpolazione a Senof., Hell., II, 3, 10 (per gli anni dal 432-31 al 404-03) ci permettono di ricostruire parzialmente i fasti degli efori (cfr. A. Solari, Ricerche spart., Livorno 1907; L. Pareti, St. spartani, Torino 1910; P. Poralla, Prosopogr. der Laked., Breslavia 1913; Inscr. Graecae, V,1, nn. 31-90).

A imitazione degli efori spartani si ebbero efori a Cardamile, a Thuria, a Messene: e in parecchie città della lega degli Eleuterolaconi: Epidauro Limera, Boea, Cotirta, Fanum Apollinis, Gerontre, Giteo, Tenaro, Pirrico, Etilo, Gerenia. Si ebbero efori di confraternite religiose a Sparta e Talame. Gli efori di cui parlano le iscrizioni, relativamente antiche, del tempio di Posidone al Tenaro sembrano quelli spartani.

Bibl.: G. Dum, Die Entstehung und Entwicklung des spart. Eph., Innsbruck 1878; C. Frick, De ephoris Spartanis, Gottinga 1872; U. Kahrstedt, Sparta und seine Symm., Gottinga 1922; K. Kuchtner, Entstehung und ursprüngliche Bedeutung des spart. Ephorats, Monaco 1897; G. Niccolini, I re e gli efori a Sparta, in Riv. st. ant., 1901-1902; L. Pareti, op. cit., id. Storia di Sparta arcaica, Firenze 1917; A. Solari, op. cit.; E. Szanto, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, coll. 2860-64.

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