Elena

Enciclopedia Dantesca (1970)

Elena


Personaggio della mitologia greca; figlia di Zeus e di Leda (o, secondo altra versione del mito, di Nemesi), adottata da Leda e da suo marito Tindareo; sorella di Castore e Polluce, secondo l'Iliade, e di Clitennestra.

E., divenuta moglie di Menelao re di Sparta, fuggì con Paride che, recatosi da Troia a Sparta, l'aveva sedotta con l'aiuto di Afrodite. La fuga dei due amanti fu la causa della spedizione dei Greci contro Troia e della distruzione della città. Dopo la morte di Paride E. prese in sposo Deifobo, che venne ucciso da Menelao durante la strage compiuta dai Greci vincitori. Tornata in patria, E. vi ritrovò la figlia Ermione. Secondo altra leggenda, che è in rapporto con la palinodia di Stesicoro e che sarà ripresa da Euripide nella sua tragedia Elena, Paride ed E., fuggendo da Sparta, si sarebbero rifugiati in Egitto presso il re Proteo, e non E. ma un suo simulacro si sarebbe recato a Troia. Più tardi Menelao l'avrebbe raggiunta e riaccompagnata in patria.

D. colloca E. nel secondo cerchio, tra i lussuriosi, e cioè tra le donne antiche e ' cavalieri che peccarono e morirono per amore e che Virgilio addita al poeta: Elena vedi, per cui tanto reo / tempo si volse (If V 64). D. dunque riteneva che E. fosse morta durante la distruzione di Troia, nonostante che in Virgilio (Aen. VI 515-527) leggesse soltanto che E. aveva sottratto la spada di Deifobo e aperto la porta a Menelao, " scilicet id magnum sperans fore munus amanti, / et famam exstingui veterum sic posse malorum " . Nei versi riportati da Servio e che questi afferma vennero cancellati da Virgilio (Aen. II 567-588), Enea incontra E. mentre costei, dopo il tradimento usato a Deifobo, si nasconde nel tempio di Vesta; Enea medita di ucciderla, ma ne è distolto dalla madre Venere.

Come ha dimostrato il Padoan (La D.C., Inferno, canti I-VIII, Firenze 1968, 111), D. non poteva certamente conoscere la leggenda, riferita da Pausania (III 19, 10; cfr. Vaccalluzzo, cit. in bibl.), secondo cui E. sarebbe morta per mano di Polisso, vedova di Tlepolemo, ucciso nella guerra di Troia, " giacché non ne trovò traccia in area medio-latina ".

Non tanto al rapimento di E., ma alla prima causa di esso, e cioè al divieto di Laomedonte di far approdare nel porto Simoenta gli eroi greci della nave Argo e al susseguente rapimento di Esione, figlia di Laomedonte, D. allude con le parole a prima scintillula huius ignis revolvamus praeterita, ex quo scilicet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata, di Ep V 24. V. anche Alena.

Bibl. -F. Vismara, E. - Spigolature greche ad illustrazione del c. V dell'Inferno dantesco, in " Rivista abruzzese " XIV (1901) 146-161; N. Vaccalluzzo, Dal lungo silenzio. Studi danteschi, Messina 1903.

TAG

Inferno dantesco

Clitennestra

Laomedonte

Stesicoro

Tlepolemo