Elettra

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Elettra

Massimo Di Marco

La vendetta di una figlia

Elettra è la figlia di Agamennone, re di Micene, ucciso dall'infedele Clitennestra. L'assassinio del padre segna la vita della fanciulla e scava un abisso d'incomunicabilità tra lei e la madre. Il suo desiderio di vendetta si realizza con il ritorno in patria del fratello Oreste. Insieme, i due uccidono Clitennestra e il suo amante Egisto

Un personaggio tragico

Durante l'assenza di Agamennone, impegnato nella guerra contro Troia, sua moglie Clitennestra ha intrecciato una relazione con Egisto. Al suo ritorno Agamennone viene ucciso da Clitennestra, ed Egisto usurpa il trono.

Elettra, chiusa nel suo dolore, vive nel ricordo del padre e medita vendetta; ma, sola e indifesa com'è, non ha i mezzi per realizzarla. L'unica speranza è che torni suo fratello Oreste, che nel giorno dell'uccisione di Agamennone è riuscito a fuggire.

Il mito più antico non assegna un ruolo a Elettra nell'esecuzione della vendetta. Ad attuarla è, come la norma arcaica prevede, il figlio maschio. È Oreste che uccide l'usurpatore Egisto, riaffermando così il principio dinastico della famiglia di Agamennone; e il matricidio è l'atto con cui punisce colei che ha ucciso il marito.

La figura di Elettra acquista un rilievo centrale solo nel teatro tragico del 5° secolo a.C. Le tragedie giunte fino a noi ci offrono la possibilità di esaminare come i tre tragediografi greci più grandi ‒ Eschilo, Sofocle ed Euripide ‒ hanno trattato lo stesso personaggio.

Elettra sulla scena

Secondo Eschilo. Nelle Coefore di Eschilo figura principale è ancora Oreste. Elettra, che si è recata a portare offerte alla tomba di Agamennone, riconosce la presenza del fratello ‒ da tempo lontano ‒ dal ricciolo che ha deposto sul sepolcro e dalle impronte dei suoi piedi. Insieme promettono vendetta al padre; ma l'azione concreta è affidata al solo Oreste, aiutato dall'amico Pilade.

Secondo Sofocle. Sofocle e Euripide pongono invece Elettra al centro dei loro drammi. In Sofocle la fanciulla vive nella reggia in assoluto e volontario isolamento, sfidando con il suo rancore e il suo disprezzo la madre assassina e il suo amante. Invano la sorella Crisotemide la esorta alla prudenza: con la sua sofferenza Elettra vuole dare testimonianza dell'odio che cova per loro. Non ha altra ragione di vita che la vendetta, e per questo aspetta con ansia il ritorno di Oreste. Quando le giunge la notizia che Oreste è morto si dispera, ma è comunque pronta a compiere la vendetta da sola. In realtà la notizia è falsa ed è stata diffusa dallo stesso Oreste per potere accedere alla reggia senza dare sospetti. Così i fratelli possono riabbracciarsi. Oreste uccide Clitennestra nel palazzo e, nel sentire le grida della madre, Elettra grida al fratello, con ferocia: "Colpisci due volte!". Stessa sorte tocca a Egisto.

Secondo Euripide. Euripide ha trasferito la scena dell'azione in campagna. Elettra è stata allontanata dal palazzo e data in sposa a un contadino: un'onesta persona, che la rispetta e non osa neppure toccarla, ma che può offrirle solo una vita di sacrifici. All'odio per l'uccisione del padre la fanciulla aggiunge ora il risentimento per l'umiliante condizione in cui lei, figlia di un re, è ormai costretta a vivere. Per questo trascura la cura della sua persona e non partecipa alle feste del luogo. Quando giunge presso di lei Oreste e si fa riconoscere, i due fratelli elaborano il piano della vendetta. Oreste elimina Egisto sorprendendolo durante un sacrificio nei campi. Quanto a Clitennestra, Elettra la fa venire alla sua umile dimora fingendo di aver partorito, e qui Oreste, spronato dall'incitamento della sorella, la uccide.

Fortuna del personaggio nel Novecento

Tra le riprese moderne del mito vanno ricordate: Elettra del poeta austriaco Hugo von Hofmannsthal (1903; e con musica di Richard Strauss, 1909), la trilogia del drammaturgo americano Eugene O'Neill Il lutto si addice a Elettra (1931), Elettra dello scrittore francese Jean Giraudoux (1937) e infine Elettra o La caduta delle maschere (1954) della scrittrice belga di lingua francese Marguerite Yourcenar.

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