ELETTROTECNICA

Enciclopedia Italiana (1932)

ELETTROTECNICA

Giovanni GIORGI
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. Si dà il nome di elettrotecnica all'arte di dominare e guidare i fenomeni elettrici e di utilizzarli a beneficio dell'industria e della civiltà umana. L'elettrotecnica si distingue in due rami principali: quello delle correnti intense (in tedesco Starkstromtechnik), cioè delle correnti per trasporto di forza motrice, per illuminazione, per trazione e simili obiettivi, dove il quantitativo d'energia elettrica entra come elemento dominante, e quella delle correnti piccole (in tedesco Schwachstromtechnik), per telegrafia, telefonia, e segnalazioni elettriche in generale, obiettivi tutti nei quali non interessa il quantitativo di energia elettrica, bensì la forma che assume la corrente trasmessa. La seconda di queste due elettrotecniche si è sviluppata per prima con applicazioni importanti; indi la prima ha preso il sopravvento, fino a che nei tempi moderni gli sviluppi della tecnica di trasmissione delle segnalazioni elettriche hanno posto di nuovo in prima linea i problemi della Schwachstromtechnik.

Nel presente articolo diamo notizia del modo come l'elettrotecnica nei suoi varî rami si è sviluppata, dalle origini a oggi, dei quesiti che sono stati affrontati, delle difficoltà superate, e delle ragioni e del modo per cui le industrie fondate sull'elettricità si sono evolute fino alle loro caratteristiche attuali, con speciale riguardo, per quest'ultima parte, all'industria di costruzione di macchinario e materiali elettrici in genere. Per quanto riguarda invece la trattazione specifica della tecnica attuale delle correnti intense si rimanda alle voci: elettrica, energia; ferrovie; tranvie; per quella della tecnica delle correnti piccole, alle voci: radiotrasmissione; telefono; telegrafo. Trattazioni riguardanti la materia in esame si troveranno inoltre alle voci: accumulatore; dinamoelettriche, macchine; elettriche, misure; elettrici, apparecchi, per uso domestico; elettromagnete; lampada; trasformatore.

L'evoluzione dell'elettrotecnica dalle origini fino al 1890. - Questo periodo comprende tutta la serie dei tentativi e della trasformazione incessante dei metodi tecnici attraverso cui dalle prime conoscenze dei fenomeni elettrici si è pervenuti a fissare le linee principali di quella che poi è divenuta l'industria elettrotecnica moderma. È particolarmente importante seguire le fasi di questa evoluzione per comprendere per quali ragioni la tecnica definitiva si è stabilita su certi piuttosto che su certi altri dettami, quali sono le difficoltà incontrate, quale il motivo dei moltissimi tentativi.

Le prime realizzazioni. - Mentre prima di Alessandro Volta le esperienze elettriche formavano oggetto di pura curiosità, dopo la scoperta delle pile e della corrente elettrica i fisici videro la possibilità di trarne partito per risultati d'interesse pratico e si adoperarono con ogni sforzo a questo oggetto.

Sir Humphry Davy nel 1807 riuscì con la corrente elettrica a ricavare dagli alcali il potassio e il sodio liberi e a effettuare un gran numero di decomposizioni che aprirono la via all'elettrochimica. J. F. D. Arago nel 1820 e negli anni successivi mostrò che con la corrente elettrica si poteva magnetizzare il ferro, compì esperienze di elettromagnetismo e costruì apparecchi che costituivano il germe di applicazioni importanti. L. Nobili nel 1825 inventò il galvanometro astatico, che fu il primo apparecchio di misura adatto per la tecnica e dal quale l'industria delle misure elettriche trae la sua origine; più tardi costruì il primo modello di motore elettrico, che è rimasto dimenticato e il cui originale si conserva nel Museo scientifico di Firenze. Pure negli anni fra il 1820 e il 1830 furono ideati da diversi inventori i primi apparecchi di telegrafia elettrica, ma non poterono entrare in uso per la mancanza di generatori elettrici abbastanza permanenti.

Il primo dei generatori adatto per applicazioni fu la pila a due liquidi, con depolarizzante a solfato di rame, inventata da J. F. Daniell nel 1836. Con questa l'americano Samuele Morse l'anno seguente poté far conoscere e funzionare sperimentalmente il suo telegrafo elettromagnetico, del quale aveva concepito l'idea fin dal 1832; contemporaneamente l'inglese sir Charles Wheatstone e il tedesco K. A. Steinheil realizzavano altri telegrafi elettromagnetici, ad aghi e quadranti. L'ultimo di questi inventori ancora nel 1838 mostrava la possibilità di servirsi della terra come conduttore di ritorno. Alla fine del 1838 entrò in funzione un telegrafo elettrico del primo sistema Wheatstone, con sei fili su due chilometri di linea della Great Western Railway, presso Londra; questa fu la prima realizzazione elettrotecnica nel mondo. Poco dopo il Wheatstone trasformò il suo telegrafo in un altro a quadranti, con una linea sola, e ne seguirono applicazioni svariate. Ma fu conosciuto poi universalmente il telegrafo scrivente di Morse, e ne fu apprezzata la superiorità, a partire dalla prima applicazione che ne fu fatta nel 1844 sulla linea Baltimora-Washington. Nel 1845 si costituì la prima società The Electric Telegraph Co. per la costruzione dei telegrafi. Le applicazioni seguirono e si moltiplicarono in tutto il mondo. L'Italia non fu in ritardo, perché nel 1846, per incitamento e sotto gli auspici del fisico C. Matteucci di Pisa, fu inaugurata la linea Pisa-Livorno, presto seguita da altre. Così la telegrafia fu la prima industria elettrotecnica, e impegnò presto molto capitale, prima che qualunque altra applicazione dell'elettricità divenisse industriale.

Gli effetti luminosi della corrente erano stati scoperti fino dal 1801 da H. Davy che per primo ottenne il cosiddetto arco voltaico. Ma occorreva un generatore elettrico di sufficiente potenza per alimentarlo, e neanche la pila di Daniell, che era sufficiente per la telegrafia, bastava per questa applicazione.

Le pile a depolarizzante nitrico, inventate dal W. R. Grove nel 1839, rese pratiche da R. W. Bunsen subito dopo, permisero di fare qualche prova importante; così fu illuminata temporaneamente qualche sala di spettacoli e qualche mostra di esposizione. Il costo della corrente fornita dalle pile rendeva peraltro proibitiva ogni applicazione industriale.

Nello stesso tempo la galvanoplastica sotto varie forme entrava in uso sotto gli auspici di Th. Spencer in Inghilterra e M. H. Jacobi in Russia, che diedero i primi saggi nel 1837. Le batterie di pile Daniell e consimili erano sufficienti per questa applicazione, che non richiede correnti intense e che è rimasta sempre un'industria poco importante.

L'avvenire delle più grandi industrie era preparato dall'evoluzione teorica e pratica delle misure elettriche, attraverso la bussola dei seni e delle tangenti dovuta al francese C.-S.-M. Pouillet, al galvanometro a bobina mobile di J.-A. D'Arsonval e soprattutto ai progressi teorici conseguiti attraverso i lavori di K. F. Gauss, di W. E. Weber e di sir W. Thomson.

La telegrafia poté così entrare in una nuova fase coi cavi sottomarini, di cui il primo fu posato nel 1851 fra Dover e Calais e fu seguito presto da altri nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Un gruppo di capitalisti inglesi, con la consulenza di sir W. Thomson, fece nel 1866 posare il primo cavo telegrafico transatlantico, di circa 4000 km., fra Valentia (Irlanda) e Terranova (America Settentr.). Da principio si ebbero difficoltà di funzionamento; sir W. Thomson riuscì ad averne ragione con lo studio matematico degli effetti di capacità e con l'applicazione del syphon-recorder, galvanometro scrivente derivato da quello del D'Arsonval. Superati questi ostacoli, il primo cavo transatlantico fu seguito presto da altri, tutti di compagnie inglesi. Siccome il costo capitale di ogni cavo transatlantico ammonta a varie centinaia di milioni di lire, si può apprezzare quale importanza commerciale abbia preso questa industria elettrotecnica nell'economia del mondo.

Macchine generatrici. Invenzioni fondamentali. - Per altra via, intanto, doveva svilupparsi la tecnica delle macchine produttrici di corrente elettrica, dalla cui riuscita dipendeva l'elettrotecnica delle correnti intense. Dopo i primi modelli di M. Faraday e di L. Nobili (il quale oltre il motore suaccennato, costruì anche un generatore a induzione), H. Pixii nel 1832 ideò una macchina magnetoelettrica, con un fascio di magneti che rotavano e un indotto in forma di elettromagnete fisso che poté costruire pure commercialmente, per piccole applicazioni. Appena conosciuta questa macchina, gl'inventori cercarono d'aumentarne la potenza. Il Saxton superò le prime difficoltà tenendo fisso il fascio di magneti, facendo rotare l'elettromagnete indotto e aggiungendo un collettore per raccogliere correnti raddrizzate.

In miglior modo, lo stesso principio fu utilizzato nella macchina di Clarke, che dal 1835 in poi è stata costruita per usi medici, e non è ancora uscita dall'uso. Qualche tempo dopo la macchina di Stöhrer, costruttore di Lipsia, la quale era come una Clarke moltiplicata, segnava il passaggio alle macchine industriali. Come primo tentativo di queste, si deve menzionare la grande magneto-elettrica del belga abate Nollet (1850), con 48 fasci di magneti, disposti in 16 corone, e due corone con 16 bobine indotte ciascuna; questa macchina con varie modificazioni fu costruita dal 1855 in poi per opera della società belga L'Alliance e utilizzata industrialmente per l'illuminazione dei fari: essa rese servizî importanti a Parigi durante l'assedio del 1870. Ma mentre queste macchine aumentavano fortemente in dimensioni senza aumentare corrispondentemente in potenza, la casa Siemens & Halske di Berlino, sorta fin dal 1847 ad opera di Werner von Siemens e di J. G. Halske, metteva in pratica l'indotto a doppio T, ideato da Werner von Siemens fin dal 1857, e otteneva effetti intensi con macchine di piccolo peso e volume. Le magneto con indotto Siemens furono impiegate estesamente negli apparecchi di segnalazione ferroviaria e applicazioni consimili; quasi senza modificazione, esse sono ancora in uso per le stazioni telefoniche e per l'accensione dei motori a scoppio. Un passo ulteriore fu compiuto dall'inglese H. Wilde, il quale, nel 1866, comunicò alla Società reale di Londra la descrizione di una sua macchina "duplice", composta di una magnetoelettrica Siemens sovrapposta a una macchina analoga ma molto più grande e avente per induttore un elettro-magnete invece che un magnete permanente; la prima da servire come eccitatrice della seconda. Il Wilde ottenne effetti d'una potenza mai raggiunta fino allora e perciò fu incoraggiato a costruire una macchina triplice, poi usata per illuminazione di stabilimenti industriali. Di qui alla scoperta del principio dell'autoeccitazione e alla costruzione delle vere e proprie dinamo non vi era che un passo, ed esso fu compiuto contemporaneamente, nel gennaio e febbraio 1867, dai fratelli F. S. e S. A. Varley e da sir Charles Wheatstone a Londra e da Werner von Siemens a Berlino. Questi inventori mostrarono che una macchina, avente elettromagnete invece che magnete come induttore, può funzionare come autoeccitatrice, adoperando una frazione dell'energia elettrica ricavata nell'indotto per mantenere eccitato l'elettromagnete. È questo il principio che ha permesso da allora in poi di ottenere macchine generatrici di grande potenza, mentre soltanto per le potenze molto piccole (come è il caso delle macchinette d'accensione dei motori a scoppio) deve preferirsi l'induttore a magnete permanente. Le macchine dinamo - autoeccitatrici con indotto a doppio T. furono costruite da allora in poi, per opera della Siemens & Halske, quali generatori di corrente raddrizzata (che potrebbe dirsi semi-continua); la diffusione che esse incontrarono per trasmissioni di segnali, esploditori di mine e piccole illuminazioni fu così grande da formare una delle prime sorgenti di fortuna di quella casa. Ma un ostacolo all'aumento di potenza era quel particolare tipo di indotto, che imponendo il raddrizzamento della corrente mediante interruzione non permetteva di arrivare a correnti intense; questo ostacolo non fu superato nemmeno con la macchina americana di C. F. Brush, che pure raggiunse qualche voga per l'illuminazione ad arco in serie, né coi motori elettrici di Page, Th. Davenport, Jacobi.

La soluzione definitiva del problema delle macchine elettriche, generatrici e motori, a corrente continua, si deve ad A. Pacinotti; dalla sua invenzione dell'indotto cilindrico dentato ad anello (1864) e indi a tamburo (da lui detto gomitolo), e del commutatore che permette di ricevere correnti continue quasi costanti senza effettuare interruzioni nel circuito, data lo sviluppo vero della grande elettrotecnica. Pacinotti comprese esattamente la ragion d'essere teorica del suo tipo di macchina, la reversibilità di essa e l'importanza tecnica che doveva assumere, di tutto dando un limpido resoconto; ma come è noto, non brevettò né costruì industrialmente la sua macchina.

Il merito della prima costruzione e diffusione industriale si deve al francese Z.-T. Gramme, il quale dal 1870 in poi mise in commercio la dinamo con l'anello Pacinotti, peggiorato però per avere soppressa la dentatura e per modificazioni poco opportune. L'esempio fu seguito subito da altri costruttori con successo; più razionalmente la casa Siemens & Halske addiveniva alla costruzione di dinamo con indotto Hefner-Alteneck a tamburo, derivato dall'avvolgimento a gomitolo di Pacinotti. Da allora in poi si moltiplicarono gli sforzi e l'ingegnosità dei costruttori per rivaleggiare con dinamo di tipi svariatissimi (anelli piatti, macchine con indotto superiore, macchine a poli conseguenti) e l'industria dei generatori di elettricità e della loro applicazione per illuminazione ad arco e per galvanoplastica si andò sviluppando molto rapidamente.

Prime lampade a incandescenza. - Realizzato il modo di generare correnti intense, si presentava agl'inventori il problema di avere sorgenti di luce elettrica frazionata. Fino ad allora si conosceva solo l'arco voltaicoche non consentiva un frazionamento sufficiente. I tentativi di Jablokov, di Lontin, di Werdemann e Napoli, e altri, nell'intervallo fra il 1870 e il 1879, non portarono la soluzione. Ma nell'inverno 1879-1880 l'americano Thomas Alva Edison e l'inglese J. Swan, quasi contemporaneamente, superarono la difficoltà, inventando la lampada a incandescenza, prima con filamento di platino e subito dopo con filamento di carbone. Soprattutto fu ammirevole il genio pratico di Edison nel progettare la organizzazione necessaria per la fabbricazione industriale delle nuove lampade, che implicava difficoltà pratiche grandissime.

Nel 1881, all'Esposizione d'elettricità tenutasi in quell'anno a Parigi, le lampade costruite da Edison, da Maxim, da Swan, da Lane-Fox e altri, suscitarono un grande entusiasmo. Il mezzo per l'illuminazione elettrica domestica era in tal modo trovato.

Nuova tecnica delle macchine produttrici. Prime centrali elettriche. - Subito dopo però occorse perfezionare ancora i mezzi di produzione e distribuzione. Edison si accinse all'opera preconizzando la distribuzione da centrali elettriche per mezzo di reti di distribuzione a potenziale costante, su cui le utenze si inseriscono in derivazione senza arrecare disturbo le une alle altre. È il metodo che, rivaleggiando da principio con la distribuzione in serie e altri metodi misti, è divenuto poi praticamente universale.

Le prime due centrali elettriche Edison per illuminazione pubblica furono quelle di Appleton nel Wisconsin, che alimentava 250 lampadine, e quella di Pearl Street a New York, con 4 motrici a vapore da 125 HP e 4 dinamo che Edison aveva costruito con dettami nuovi per raggiungere la potenza, fino allora inusitata, di 80 kW per macchina. Ambedue queste centrali furono inaugurate nel 1882.

L'armatura, del tipo a tamburo, non era più avvolta con fili, ma con sbarre conduttrici assicurate meccanicamente e solidamente attraverso le perforazioni del nucleo: gl'induttori erano formati con fasci di elettromagneti paralleli, sottili e lunghi.

In quest'ultime innovazioni l'inventore americano era guidato dalla teoria che allora era in auge, la quale cercava di aumentare al massimo il momento magnetico. Ma quella teoria, per quanto elaborata sotto il peso di molte formule matematiche da Fröhlich e da altri Tedeschi, lavorava ancora nel buio. La constatazione che le costruzioni elettromeccaniche di Edison non raggiungevano come potenza, il successo voluto, indusse appunto l'americano Rowland a fondare la nuova dottrina dei circuiti magnetici, e il tedesco G. Kapp e i due inglesi fratelli J. e E. Hopkinson a completarla e fornire dettami razionali per la progettazione delle macchine dinamo. Risultò in evidenza che il sistema induttore doveva avere poca reluttanza magnetica e quindi essere grosso e corto anziché sottile e lungo. L'effetto di queste nuove teorie fu evidente attraverso le costruzioni di Edison: le sue nuove dinamo, massicce e robuste, raggiungevano la stessa potenza con un peso, un volume e un costo di gran lunga minori. Anche gli altri costruttori trassero profitto della teoria, ormai stabilita su basi razionali; le fabbriche si moltiplicarono e produssero su larga scala industriale macchine veramente potenti.

Nel 1890 l'industria di fabbricazione del macchinario elettrico e quella di produzione e di distribuzione dell'elettricità erano ben consolidate, per quanto non "standardizzate": tipi numerosi di macchine dinamo, ad anello piatto, a tamburo allungato, a poli interni, a poli conseguenti, bipolari e più raramente multipolari, si contendevano il mercato con diverso successo; in fatto di sistemi di distribuzione, ben 50 diversi tipi d'impianto con lampade ad arco in serie e misti rivaleggiavano allora sulle colonne di pubblicità dell'Electrical World; ma il sistema con distribuzione in derivazione a voltaggio costante prendeva rapidamente il sopravvento in tutto il mondo.

Al 31 dicembre 1890 la compagnia Edison a New York contava già 5 stazioni produttrici, con una potenza complessiva di 3600 kW, quasi tutta impiegata in illuminazione elettrica a incandescenza. I primi contatori adoperati erano di un sistema elettrochimico ideato da Edison; indi vennero in uso i contatori elettromeccanici, che erano motorini mossi dalla corrente, con rotismo unito.

L'Europa seguì assai da vicino l'America. Si affermarono molte case produttrici di materiale elettrico, di crescente importanza, fra cui: in Germania la Siemens-Halske, la Schuckert, la Allgemeine Elektricitäts Gesellschaft, la Helios; in Inghilterra la Siemens Bros, la Brush, la Crompton; in Ungheria la Ganz; in Svizzera la Oerlikon, la Thury; e molte altre minori. Anche l'Italia ebbe tre costruttori di dinamo, la Compagnia Edison, il Tecnomasio e l'Officina Rivolta. Sotto gli auspici delle maggiori di queste case, il cui nome è legato alle vicende e ai progressi dell'elettrotecnica europea, erano stati iniziati dal 1883 al 1890 gli impianti elettrici nelle principali città europee.

Il sistema stesso a corrente continua a 110 volt, adottato da Edison in America, era stato applicato nella maggior parte degl'impianti. Così Milano, Berlino (che raggiungeva 7000 kW al 1890), Colonia, Amburgo, Hannover, Elberfeld, alcune centrali di Londra, alcuni settori di Parigi, Napoli, ecc. In molti di questi impianti vediamo apparire, quali regolarizzatori ed egualizzatori del carico, le batterie di accumulatori.

Gli accumulatori erano stati inventati da Planté, che li preparò con lastre di piombo immerse nell'acqua acidulata e sottoposte a formazione attraverso numerose serie di cariche e scariche, e perfezionati da Faure, che immaginò di abbreviare il processo di formazione applicando preventivamente uno strato di ossido di piombo; gli accumulatori dopo questa fase non hanno più subito perfezionamenti importanti e si conservano anche attualmente con le primitive caratteristiche.

Sviluppo industriale della tecnica delle correnti alternate. - In altri impianti tuttavia i sistemi a corrente alternata si affermavano quali rivali di quello a corrente continua. Correnti alternate erano state già adoperate nei primordî dell'industria e anzi, come si è detto, esse precedettero quelle continue; tuttavia non sarebbero ritornate in uso senza l'invenzione del trasformatore, originato quale perfezionamento evolutivo del rocchetto d'induzione o rocchetto di Ruhmkorff che da decennî era già conosciuto ed estesamente usato per scopo sperimentale ed elettromedico, come lo è tuttora. I primi suggerimenti per fare il rocchetto d'induzione a nucleo chiuso, e in conseguenza renderlo capace di potenze ragguardevoli e applicarlo a scopo industriale si trovano nei brevetti di varî inventori, a partire da Varley (1856), e venendo fino a Jablokov (1877), a Fuller (1878), a Gordon (1878) e a Marcel Deprez e Carpentier (1881). Ma questi suggerimenti, quantunque correttamente precisati, erano rimasti sulla carta e ignorati. Invece il francese Gaulard e l'inglese Gibbs, guidati da idee erronee e pensando che dal secondario di un trasformatore si potesse ricavare energia senza portarla via dal primario, descrissero e brevettarono anche essi (nel 1882) un tipo di questi apparecchi col nome di generatori secondarî, e ne fecero subito applicazione industriale. Essi ideavano di disporre un numero illimitato di trasformatori coi loro avvolgimenti primarî in serie su un circuito a corrente alternata e di ricavare correnti elettriche dagli avvolgimenti secondarî: lo stato della scienza d'allora poteva indurre nell'illusione che così facendo, il circuito primario non si accorgesse dell'energia prelevata nei secondarî. Con questo presupposto si fecero impianti dimostrativi a Londra e a Torino e un vero impianto industriale per l'illuminazione di Tivoli. Da principio, l'esiguità delle potenze impiegate e la mancanza di misure adeguate potevano far credere giustificata l'illusione; ma fu merito di Galileo Ferraris l'aver precisato come stavano le cose e dato i più importanti dettami sulla tecnica delle misure a corrente alternata, sperimentando sui trasformatori esposti a Torino nel 1883. Risultò da queste ricerche che per avere la potenza trasmessa da una corrente alternata non basta moltiplicare l'amperaggio per il voltaggio, ma bisogna ancora moltiplicare per un coefficiente che è sempre minore di uno, che si chiama fattore di potenza, e nel caso delle correnti sinusoidali si dimostra essere uguale al coseno dell'angolo di fase (cos ϕ). Naturalmente la potenza resa al circuito secondario dei trasformatori Gaulard e Gibbs veniva prelevata dal circuito primario, e con una certa perdita intermedia, perché il rendimento risultava essere del 90% per gli apparecchi da 1 chilowatt, i più grandi fra quelli esibiti.

Nonostante che non si fosse realizzata la creazione di energia dal nulla, l'impianto di Tivoli funzionò con pieno successo, e i tecnici apprezzarono il vero vantaggio del trasformatore - che è anche quello delle correnti alternate - consistente nel poter passare senza difficoltà da un voltaggio a un altro.

Si comprese che questo dava la chiave per la trasmissione o la distribuzione economica dell'elettricità a distanza. Con gl'impianti a corrente continua s'incontra la difficoltà che scegliendo un voltaggio moderato, occorrono conduttori di sezione presto enormi, crescendo essi col quadrato delle distanze; e adottando un voltaggio elevato, diventa pericoloso e non pratico l'impiego di esso negl'impianti utilizzatori. È vero che alcuni inventori avevano creduto o fatto credere di poter ovviare a questi inconvenienti adottando gli impianti a corrente costante in serie; e alcuni di essi, come M. Deprez, avevano anche annunciato di poter realizzare per questa via "il rendimento indipendente dalla distanza"; ma miglior riflessione, e la sorte di molti tentativi così fatti senza pratico successo, provavano che il ragionare così era giocare sull'equivoco, perché disporre in serie gl'impianti utilizzatori significava aumentare il voltaggio tra i conduttori di linea; ed è da questo aumento che dipende il pericolo; gli impianti vanno confrontati a parità della differenza di potenziale massimo esistente fra conduttori estremi o fra conduttori e terra. La corrente alternata permetteva invece di fare le linee di trasmissione a voltaggio elevato quanto si vuole, e mediante i trasformatori di abbassare questo voltaggio localmente nel posto di utilizzazione. Siccome il trasformatore è un apparecchio di costo moderato e di rendimento elevato, che non ha parti in movimento e non richiede sorveglianza, si può anche in una città disporne molti per alimentare le diverse zone della città da centri locali, con raggio di distribuzione non molto grande.

Questi principî furono compresi e apprezzati nel miglior modo dagli ingegneri Zipernowski, Déry e Bláthy della casa Ganz di Budapest: essi, oltre a perfezionare i trasformatori nella loro costruzione, pensarono per primi di disporli in parallelo su una rete primaria a voltaggio costante, e di far partire dai loro secondarî altrettante distribuzioni fatte pure a voltaggio costante, con gli apparecchi utilizzatori in parallelo, come nelle reti a corrente continua; e di questo sistema fu fatta esibizione pratica a Vienna nel 1885. I brevetti presi su questa invenzione non poterono quasi in nessuna parte esser convalidati; ma la casa Ganz rimase pioniera in Europa per tutta la tecnica degl'impianti a corrente alternata compresa la costruzione degli alternatori di grande potenza, come lo fu la casa Westinghouse in America. Col sistema Ganz furono fatti, intorno al 1886, gli impianti di Vienna, di Roma, di Venezia, di Livorno, di Innsbruck; i canapi primarî in queste distribuzioni erano a 2000 volt, e i secondarî a 110 volt. Ma il limite di 2000 volt era già stato oltrepassato a Tivoli (5000 volt massimi) e lo fu a Stoccarda (5000 volt, impianto fatto dalla casa Fein) e anche in qualche altro impianto anteriore al 1890. In Inghilterra fecero epoca gl'impianti di Sardinia Street; in questi fu osservato per la prima volta il "fenomeno Ferranti" consistente nel rialzamento eventuale del voltaggio o dell'amperaggio in arrivo, in confronto a quelli in partenza: la teoria stabilita da Galileo Ferraris condusse a spiegarlo correttamente. In America il macchinario a corrente alternata della casa Westinghouse si presentava come rivale di quello a corrente continua della Edison, e della Sprague; e altro macchinario a corrente alternata era costruito dalla Thomson-Houston, dalla Brush e da altre case minori; ma negli Stati Uniti la corrente alternata non veniva distribuita nelle città agli utenti, bensì quasi sempre veniva prima convertita (poco vantaggiosamente) in corrente continua, per mezzo di sottostazioni con macchinario rotante.

Prime trasmissioni di energia. - Attraverso questi progressi, si discuteva molto per realizzare il trasporto elettrico della forza motrice, come se fosse una tecnica separata dal resto. Le idee sulla questione, anche dal punto di vista economico, erano così poco precise, che l'asserzione di doversi pensare a trasporto di forza solamente nei casi in cui il costo della forza motrice è minore nel luogo di partenza che in quello di arrivo, fu accolta come un teorema inatteso. In quanto ad avere forze motrici a buon mercato, impianti produttori con macchine idrauliche erano stati messi in funzione sin dal 1884, così in Europa come in America. Il motore elettrico a corrente continua era stato realizzato come una cosa sola con le dinamo produttrici, sin da quando Pacinotti aveva messo in chiara luce il principio della reversibilità; di quelli a corrente alternata si costruivano i primi esemplari, poco soddisfacenti, o come motori a collettore di piccola potenza, o come motori sincroni incapaci di avviarsi da sé. Ma a combinare questi elementi con una linea di trasmissione lunga, determinare il voltaggio più opportuno e le dimensioni dei conduttori e le condizioni di applicazione in modo che l'intrapresa fosse proficua, non si riusciva per l'incertezza stessa nel porre i termini del problema. Il francese Fontaine aveva dato nel 1873 una dimostrazione pratica sul principio tecnico del trasporto della forza, all'Esposizione di Vienna, e aveva attratto l'attenzione. Dieci anni dopo M. Deprez e altri facevano propaganda per il trasporto di forza a distanza; e le esperienze fatte nel 1886 dal Deprez, con una trasmissiome di 60 HP fra Parigi e Creil su una linea di 50 km. a corrente continua e quelle simultanee di Fontaine, con caratteristiche analoghe, attrassero pure grande attenzione, e furono molto discusse: una critica severa ne rivelò però il valore negativo. Subito dopo però, con cognizioni più approfondite, la casa Thury di Ginevra studiava il suo sistema per trasmissione a distanza con linee a corrente continua ad alta tensione a intensità costante, e riuscendo a costruire con cautele speciali le dinamo ad alta tensione, poteva prepararsi ad affrontare le prime prove industriali nel 1890. Ma solamente la tecnica delle correnti alternate doveva dare i mezzi per la risoluzione adeguata del problema. Se ne intravide la possibilità quando Gaulard e Gibbs nel 1884, con una linea sperimentale a Lanzo in Piemonte alimentarono un impianto di lampade a 43 km. di distanza dalla sorgente di energia. Negli anni successivi si riconobbe naturale l'utilizzare a distanza l'energia delle cadute d'acqua per alimentare gl'impianti utilizzatori, senza preoccuparsi se questi comprendono piuttosto motori che lampade. Non si parlò più di "trasporto di forza" nel senso ristretto della frase, ma la trasmissione elettrica a distanza divenne un ramo ben definito dell'elettrotecnica. Una delle prime, se non la prima trasmissione in funzione industriale fu quella di Isoverde-Genova, col sistema Thury a corrente continua in serie, che data dal 1889. Ma presto seguirono i progetti a corrente alternata per l'utilizzazione del Niagara, per la trasmissione elettrica Tivoli-Roma, e altri quasi contemporanei che vennero a compimento dal 1891 al 1892.

I primordi della trazione elettrica. - Un'altra industria elettrotecnica che ha preso l'avviamento nel decennio 1880-1890 e che doveva acquistare grande importanza, e costituire una delle utenze notevoli per gli impianti produttori è la trazione elettrica.

La prima realizzazione di trazione elettrica nel mondo fu una minuscola ferrovia sperimentale Siemens & Halske che funzionò per quattro mesi all'Esposizione di Berlino del 1879, attivata da corrente continua a 150 volt, a cui le rotaie servivano da conduttori. Seguirono altre tre ferrovie consimili, una di Egger all'Esposizione di Vienna del 1880, una di Edison a Menlo Park nello stesso anno, e un'altra di Siemens & Halske all'Esposizione di Parigi del 1881. Finalmente nel 1881 una linea per servizio duraturo entrò in funzione a Gross-Lichterfelde presso Berlino, equipaggiata da Siemens & Halske con lo stesso sistema delle precedenti temporanee; e altra analoga seguiva per opera di Magnus Volk a Portrush (Inghilterra) nel 1883. Ma la conduttura per le rotaie obbligava a isolare le ruote degli assi, e impediva di avere carichi forti e voltaggi sufficientemente elevati; limitava quindi la potenza a un valore esiguo. La limitazione era rimossa nella locomotiva elettrica The Judge, costruita da Edison e da Field nel 1883; questa locomotiva armata con motore Weston eccitato in derivazione, prendeva corrente da una terza rotaia, col ritorno di corrente per le rotaie ordinarie, e rimorchiava una vettura con 16 passeggeri. Lo stesso sistema di presa fu applicato alla locomotiva Ampère, costruita da Daft e mantenuta in servizio dal 1883 al 1889 su due linee locali negli Stati Uniti. La prima linea a conduttura aerea, caratterizzata da un tubo fessurato nel cui interno scorreva una navetta, fu costruita da Siemens & Halske a Mödling presso Vienna con voltaggio di 300 volt. Altra linea equipaggiata con lo stesso sistema di presa fu quella costruita dalla medesima casa tra Francoforte e Offenbach, inaugurata nel 1883. La casa consorella, Siemens Bros di Londra, inaugurava un'altra linea a terza rotaia, a 250 volt, a Portrush in Inghilterra. Tutte e tre queste tranvie, poste in esercizio fra il 1883 e il 1884, funzionarono regolarmente. Intanto Daft in America sperimentava con tentativi di conduttura sotterranea, e la casa Bentley-Knight ne faceva un'applicazione sperimentale a una tranvia di Cleveland nel 1884. Altri inventori, in Europa e in America, tentavano senza successo la trazione ad accumulatori. Evidentemente la difficoltà principale che preoccupava gl'inventori, facendo passare in seconda linea le difficoltà vere, era la conduttura, il far pervenire alla vettura in movimento una potenza elettrica rilevante. La terza rotaia fu ancora applicata sulla linea Bessbrook-Newry (Irlanda), armata nello stesso anno dalla casa Mather-Platt con la consulenza di Hopkinson. La conduttura sotterranea fu invece applicata per la prima volta nella linea di Blackpool (Inghilterra) con armamento Holroyd-Smith. Gradualmente divenne evidente che la terza rotaia poteva incontrare successo definitivo solo nelle ferrovie in sede propria e non nelle tranvie, e che la conduttura sotterranea era un sistema molto costoso, da riserbare alle linee interne delle principali metropoli. Varî sistemi di tranvie a conduttura aerea, con presa a carrello superiore, furono sperimentati a Toronto (Canada) e in varie città degli Stati Uniti. Finalmente per opera di Van de Poele e di altri tecnici americani, fu adottata la presa a rotella (trolley).

Nel tempo stesso fu riconosciuto che l'unico motore adatto per trazione tramviaria era il quadripolare a carcassa chiusa, con eccitazione in serie, con spazzole in carbone senza angolo di decalaggio, e con riduzione di velocità 1:5 eseguita per mezzo di rocchetto e ruota dentata senza altra trasmissione. Questi dettami tecnici furono accettati nel 1888, e da quell'anno data lo sviluppo della trazione elettrica industriale. Nell'anno successivo una variante felice al sistema d'equipaggiamento americano fu realizzata dalla Siemens & Halske con la presa di corrente ad archetto strisciante, e col freno elettrico ottenuto chiudendo il circuito dei motori su resistenze e facendoli funzionare come generatori. In quei due anni parecchi impianti di linee tranviarie, con materiale ben provato e prodotto commercialmente, furono fatti in America e in Europa: rimarchevole fu quello di Budapest, con conduttura sotterranea a due conduttori isolati, sotto una delle rotaie; questo impianto progressivamente ampliato e rimasto sempre in funzione con poche varianti, ha servito di modello a molti altri. Nel 1890 la City & South London Railway fu la prima ferrovia metropolitana (in tubo sotterraneo) a trazione elettrica con locomotive: altri progetti ed esperimenti più arditi di trazione ferroviaria non mancarono, ma non ebbero seguito. E attraverso a questi progressi, anno per anno, la tenacia degl'inventori, con sforzi degni di miglior causa, tornava a sperimentare sistemi di trazione ad accumulatori, che uno dopo l'altro dovevano sempre venire abbandonati: l'accumulatore è troppo pesante perché possa essere trascinato con vantaggio su una vettura tramviaria, ma dimostrò invece la sua utilità quale egualizzatore d'energia nelle stazioni e sottostazioni alimentatrici.

Correnti polifasi. - Mentre la corrente continua trovava un così importante campo d'applicazione nella trazione ferroviaria e tranviaria, un'altra tecnica di generazione, trasmissione e utilizzazione si affermava: quella delle correnti polifasi, e dei motori a campo rotante. Predecessori embrionali furono alcuni apparecchi ideati da Pacinotti, da Baily, da Deprez. Ma la vera e completa invenzione del motore a induzione a due fasi, a campo rotante, fu fatta da Galileo Ferraris nel 1885, e pubblicata nel marzo 1888. Il motore Ferraris aveva due induttori ad angolo retto, percorsi da correnti alternanti sfasate fra loro in modo da trovarsi in quadratura, e produrre quindi un campo magnetico rotante: un disco o cilindro centrato in questo campo veniva trascinato in moto per effetto delle correnti indotte, senza richiedere né anelli, né collettore, né spazzole, né altro collegamento con l'esterno. Questi risultati destarono grande impressione e i costruttori furono subito all'opera; primo fra gli altri fu Nicola Tesla in America, il quale nel 1889 trasformò il sistema bifase a quattro conduttori in uno a tre conduttori avendo riunito due di essi in un ritorno comune; e di lì gradualmente è venuto il sistema trifase che è quello usato da tutti attualmente. A Dolivo-Dobrowolski della casa A. E. G. di Berlino, si deve il rotore più perfezionato, a gabbia di scoiattolo, composto di dischi di lamierino magnetico sovrapposti come nell'armatura di una dinamo a corrente continua, e l'avvolgimento fatto di sbarre di rame longitudinali, chiuse in corto circuito alle due estremità. La tecnica del macchinario polifase si affermò subito con le produzioni delle maggiori case costruttrici, e se ne ebbe la visione d'insieme nell'esposizione di Francoforte del 1891, dove i macchinarî di varî tipi si contendevano il primato, e dove la A. E. G. di Berlino e la Oerlikon svizzera avevano cooperato per mostrare in funzionamento una trasmissione trifase dalle cascate d'acqua di Lauffen, distanti ben 170 chilometri; la potenza di 3 turbine da 150 HP attivava tre generatori di un tipo rimarchevole, ad avvolgimento unico e a poli imbricati (tipo dipoi abbandonato); la corrente veniva trasformata da 55 a 8500 volt in partenza, e subiva trasformazione inversa a 65 volt in arrivo, per essere condotta ai motori. Notevole fu l'uso della linea trifase, della trasmissione fatta a così grande distanza e voltaggio così elevato, dei trasformatori elevatori in partenza, oltre a quelli abbassatori in arrivo. Salvo il tipo degli alternatori, era la tecnica che poi ha prevalso; e il successo avuto in un esercizio prolungato rassicurò sulla possibilità di convogliare forti potenze a grandi distanze con voltaggi elevati. Intanto la stessa dimostrazione, ma con correnti monofasi a 6 mila volt, risultava dall'inaugurazione della nuova linea Tivoli-Roma, avvenuta quasi contemporaneamente.

Progressi della telegrafia. Invenzione della telefonia. - Intanto anche l'elettrotecnica delle correnti piccole, quella che si applica alle segnalazioni, aveva compiuto altri passi. Nella telegrafia, impiantata ormai dovunque, il sistema Morse era rimasto dominante, e l'unico applicato in tutte le stazioni minori; ma altri sistemi perfezionati e più complessi, come quello di Hughes stampante in caratteri ordinarî, quelli di Wheatstone e di Baudot a striscia perforata, con le disposizioni in duplex e in quadruplex per trasmettere più di un telegramma sulla stessa linea, avevano preso il sopravvento nelle stazioni maggiori. A lato della telegrafia, intanto, una nuova tecnica di trasmissione del pensiero era stata realizzata. È ormai accertato che l'invenzione del telefono avvenne a New York per opera dell'italiano Meucci, ma fu poi attribuita a Graham Bell, sotto il cui nome una potente società americana si costituì nel 1876 e rapidamente perfezionò gli apparecchi e ne diffuse l'applicazione. Al telefono a induzione, puramente elettromagnetico, si aggiunse il microfono a contatti di carbone, dovuto nella prima sua forma a Hughes, e trasformato e reso pratico da Edison e da altri. I primi passi dell'industria telefonica furono lenti e difficili; nel decennio fra il 1880 e il 1890 si costruirono le prime linee commerciali e i primi nuclei di reti urbane.

Sviluppi dal 1890 al 1914. - L'epoca intorno al 1890-91 alla quale si arrestano i cenni fatti sinora sui passi iniziali dei vari rami dell'elettrotecnica segna il vero passaggio dalla fase eroica dei tentativi molteplici alla fase di sviluppo e di progresso regolare delle diverse utilizzazioni, la specializzazione delle quali da quel momento si afferma con demarcazioni diverse da quelle che erano apparse da principio. A quel momento la tecnica è avviata, e diventa industria regolare. Onde conviene dar conto, per ogni singolo campo, dell'evoluzione compiuta dall'elettrotecnica nel periodo che va dal 1890 fino all'inizio della guerra mondiale.

Centrali elettriche produttrici. - Fino al 1890-1895 si diceva d'impianti produttori per applicazioni singole: impianti per luce, per trazione elettrica, e così via. Ma gl'impianti divennero presto grandi e con raggio d'azione vasto. Ragioni economiche condussero a produrre in grande, non per una o per un'altra applicazione, ma per alimentare città e indi provincie intere, e vaste zone, la cui utenza comprende applicazioni svariate. La tecnica della produzione diventa cosa a sé, indipendente dall'utilizzazione. Molte volte il produttore vende l'energia elettrica all'ingrosso ad altri enti che s'interessano della distribuzione. Continuano solo a formare qualche eccezione a questa regola alcune centrali alimentatrici di ferrovie elettriche; lì l'importanza dell'applicazione e le caratteristiche con cui si deve fare il prelevamento della corrente giustificano talvolta la centrale separata.

In quanto a sistema di forza motrice, si è pensato per qualche tempo che dove esiste forza idraulica, la produzione a vapore non avesse ragione di venire impiantata. Si è accertato però meglio che l'economia massima si ha utilizzando i due sistemi in modo concomitante: la forza idrica è più conveniente per le utilizzazioni lunghe, con molti chilowattora e relativamente pochi chilowatt; quella termica, in quanto richiede minor capitale d'impianto e maggiore spesa di consumo, conviene per "fare le punte", cioè per superare tutti i sovraccarichi intensi e di durata non grande (al disotto di 1000 o di 1500 ore d'utilizzazione annue). Così il produttore esamina il diagramma di consumo di una zona vasta, ove tutte le utenze sono sommate; e se nella regione vi sono forze idrauliche ricorre a queste per sopperire a tutta la base del diagramma; e impianta presso ai principali centri di consumo stazioni produttrici a vapore destinate a fornire potenze grandi funzionando per un numero limitato di ore all'anno.

Le centrali idriche sono state impiantate da principio là dove erano cascate d'acqua appariscenti e importanti; così al Niagara, a Tivoli, a Terni, ecc. Indi sono stati utilizzati quei tronchi di fiume dove una sufficiente portata d'acqua va unita a una pendenza sufficiente, per avere ancora una forza motrice abbastanza concentrata e quindi economicamente utilizzabile. E in questa ricerca di forze idriche, la vicinanza ai centri di consumo divenne un fattore tanto meno importante quanto più progredì la tecnica delle trasmissioni a distanza. La captazione della forza idrica di un tratto di fiume si fa mediante un canale derivatore che, prendendo l'acqua a una quota elevata, la trasporta con piccola perdita di livello fino a un luogo sovrastante al punto del fiume dove si fa la presa: di lì mediante condotte metalliche forzate si conduce l'acqua al livello inferiore ove s'impianta la centrale e si scarica l'acqua. La trasformazione in energia meccanica si fa in centrale mediante turbine per i dislivelli non grandissimi, mediante ruote Pelton per quei dislivelli che raggiungono centinaia di metri. Le potenze delle singole macchine, da qualche decina o centinaio di HP quali erano nelle prime centrali, sono salite a migliaia di HP e nel periodo che ora consideriamo non mancano esempî di macchine con decine di migliaia di HP. Dai primordî in poi, queste macchine motrici, abbandonate presto le trasmissioni a cinghia, sono state costruite conassiche coi generatori elettrici. Questi generatori sono ora quasi sempre alternatori trifasi, perché la corrente trifase è quella che consente la più economica trasmissione e distribuzione; ma anche centrali idriche monofasi si sono costruite localmente e sono rimaste in opera a lungo, mentre invece il sistema a corrente continua ad alta tensione, preconizzato dal Thury e da lui continuato ad applicare anche dopo il 1900, non è prevalso. Gli alternatori hanno le loro eccitatrici, conassiche o mosse da turbine separate. Raramente la corrente viene generata direttamente al voltaggio della linea: generalmente viene prodotta a potenziale relativamente basso, ed elevato mediante trasformatori elevatori. L'apparecchiatura da complicata e bizzarra nelle vecchie centrali si è fatta semplice e potente nelle nuove.

Le centrali con forza motrice termica, dal 1890 fino alla guerra mondiale, sono state impiantate sempre a vapore (salvo i piccoli impianti a gas luce o a gas povero, che gradualmente sono poi andati scomparendo), con caldaie e macchine motrici. Come tipo di caldaie, quelle a tubi di acqua si sono imposte fino dai primordî; e il progresso ha portato a renderle più potenti, a perfezionarle negli accessorî e soprattutto a munirle d'impianti automatici per raccogliere e convogliare il carbone e distribuirlo sulle griglie. In quanto a motrici, da principio si sono avuti tipi svariati di macchine a stantuffo: fra il 1903 e il 1910 le turbine a vapore sono venute in concorrenza; e siccome sono più economiche nel consumo, e molto meno ingombranti come impianto, hanno preso di lì in poi il sopravvento. Dopo il periodo iniziale, tutti gl'impianti sono stati fatti con condensazione, il che è necessario per l'economia di funzionamento, e richiede disponibilità di acqua corrente. Quindi le centrali termiche s'impiantano lungo l'acqua. Relativamente raro è il caso di centrali con motrici a combustione interna (Diesel e simili).

Nel macchinario elettrico e nell'apparecchiatura, la centrale elettrica a vapore ha preso lo stesso carattere di quella idrica, perché il raggio di distribuzione aumentato e la potenza aumentata hanno imposto gli stessi requisiti: alle trasmissioni a cinghia, frequenti prima del 1890 e dopo, sono succeduti anche nelle centrali a vapore i generatori accoppiati direttamente alle motrici, e spesso generatori trifasi, con la variante però che i trasformatori elevatori non si ritengono necessarî quando l'energia viene trasmessa a reti locali sotterranee il cui voltaggio non supera generalmente i 10.000 volt. Nonostante questo, molte centrali a corrente continua si sono costruite e tenute in funzione, sia per quelle città (specialmente fuori d'Italia) ove l'uso di distribuire corrente alternata ai clienti ha tardato a prevalere, sia per alcuni grandi impianti di trazione elettrica; specialmente per le reti di ferrovie metropolitane di Berlino, Parigi, Londra, New York.

Fino dal 1900 alcune centrali a vapore hanno raggiunto potenzialità assai ragguardevoli, anche al disopra dei 100.000 HP; e in tutte, le manovre sono pervenute al colmo della meccanicità e dell'automatismo. Le centrali elettriche per ferrovie metropolitane hanno dovuto risolvere il problema della sicurezza assoluta contro ogni pericolo d'interruzione; e hanno ottenuto il risultato a perfezione.

Trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica. - La tecnica della trasmissione a distanza ha preso rapido sviluppo dal 1891 in poi. A quella data, le linee di trasmissione negl'impianti industriali effettivi raggiungevano 30 e 40 km., monofasi, con potenziali di 6000 e 5000 volt, e potenza di trasmissione da 1000 a 10.000 kW. Il rendimento delle linee di trasmissione raggiungeva valori elevati, dal 90 al 95%; e i trasformatori elevatori in partenza e abbassatori in arrivo non diminuivano questo rendimento più che del 4 a 7%. Arrivare a distanze di trasmissione più grandi era un problema economico dipendente a sua volta da uno tecnico: l'uso di voltaggi sempre più elevati. Lord Kelvin insegnò a impostare un problema di massima economia calcolando la sezione del rame in modo che la somma annua degli interessi del capitale rame e del valore dell'energia perduta nella linea risultasse minimo: pur adottando questa soluzione, si raggiunge per ogni voltaggio un limite di distanza di là dal quale la somma di questi due costi rende improficua la trasmissione.

Inoltre, sino dai primi anni del periodo che consideriamo, si riconobbe che la corrente trifase risolve il problema economico meglio della monofase. In un impianto monofase il flusso di energia è pulsante, e passa per zero a ogni pulsazione, quindi vi è una frazione del tempo, in cui il rame resta inattivo o poco attivo: questo fatto, unito allo spostamento di fase fra energia e corrente, grava sull'economia della trasmissione. Invece in una linea trifase, con tre fili, uno per fase, il flusso d'energia è continuo con lieve fluttuazione, e il rame lavora con utilizzazione migliore. Il vantaggio sarebbe massimo sulle linee a corrente continua, ove i conduttori lavorano in pieno, e ove non esiste lo spostamento di fase; ed è per questo che, sotto l'abile guida del Thury, l'omonima casa di Ginevra difendeva il suo sistema di trasmissione a corrente continua; ma, come si è detto già, i voltaggi elevati a corrente continua divengono assai pericolosi e malagevoli. Quindi la tecnica universale si è rivolta all'uso delle correnti trifasi, abbandonando presto anche quelle bifasi e monocicliche che apparvero soltanto come casi di transizione. La prima grande trasmissione trifase fu quella Paderno-Milano, inaugurata nel 1898, con 14 mila volt tra fase e fase. La tecnica si perfezionò tanto, per ciò che riguarda stazioni di trasformazioni e costruzioni di linee, da rendere comuni dopo pochi anni le trasmissioni a 20.000 e 25.000 volt; e verso il 1900 si arrivava a 30.000 e 40.000 volt abbastanza frequentemente, finché fra il 1910 e il 1914 la tecnica delle trasmissioni a 80.000 e anche 100.000 volt era divenuta corrente. Le distanze superate arrivarono presto ai 100 e i 50 km., e nel 1910 una trasmissione di 40 km. si considerava già come modesta. Un esempio assai notevole in Italia fu la trasmissione dalla centrale del Pescara a Napoli, non solamente interprovinciale, ma interregionale, la quale superava le catene degli Appennini.

Queste trasmissioni a grande distanza, realizzando collegamenti fra centrali produttrici di diverse provincie, hanno modificato molto la funzione economica degl'impiantì produttori, i quali alimentando tutte linee fra loro collegate, si organizzano in modo da completarsi a vicenda e non si indirizzano a un determinato gruppo locale di utenze, ma ai consumi generali di zone vaste. Come tecnica esecutiva, i voltaggi massimi non sono stati usati indiscriminatamente senza riguardo alle distanze; perché l'aumento del voltaggio porta economia nel rame, ma maggiore impiego di materiale d'isolamento e di protezione; e quindi si sono usati i 10÷15 mila volt per le linee di piccola lunghezza e piccola potenza, così per tutte quelle linee che frazionano l'energia dei grandi impianti; i 30.000 e 40.000 volt per le distanze intorno a 30÷50 km.; e i voltaggi di 60.000, 80.000 volt e maggiori per le distanze di 70÷100 km. e per le potenze di molte decine di migliaia di kW. Questi valori di voltaggio, per gl'impianti trifasi, s'intendono misurati come valori efficaci tra fase e fase.

Gl'impianti di distribuzione propriamente detta aventi origine o dalla locale centrale termica, o dalla sottostazione di trasformatori della linea di trasmissione se l'energia viene di lontano o da una riunione di entrambe se esistono, anticamente erano singole linee che da questi centri arrivavano ai singoli utenti o effettuavano distribuzioni modeste. L'ingrandimento di questi ha portato le grandi reti di distribuzione che alimentano tutte le utenze di città intere, insieme. Generalmente le reti sono fatte con cavi sotterranei nelle grandi città; negli abitati minori e nelle città che non hanno molte pretese estetiche, sono reti di conduttori aerei. In questi impianti di distribuzione è stata più discussa la preferenza fra corrente continua, monofase e trifase. Molte città hanno voluto conservare il più possibile la distribuzione a corrente continua; e allora hanno impiantato reti molto pesanti e costose di cavi al voltaggio d'utilizzazione (100÷120 volt, fino a che non senza qualche pericolo e inconveniente molte città inglesi non hanno adottato i 220 volt, e varie altre europee i 160); e siccome con tale voltaggio il raggio utile d'azione è piccolo, queste reti hanno dovuto essere alimentate da sottostazioni convertitrici, cioè da impianti che ricevono corrente alternata dai cavi primarî, e per mezzo di macchinario rotante generano corrente continua. Altre città hanno adottato la distribuzione a corrente alternata fino da principio solo negli abitati minori, poi gradualmente nei più importanti. Molte altre hanno impiantato la doppia rete, aiternata e continua; altre rete alternata nei sobborghi, continua nel centro. Roma, sin dal 1886, aveva la distribuzione monofase, ma non con rete secondaria distributrice, bensì con trasformatori locali che alimentavano gruppi di utenti: con l'impianto municipalizzato del 1911, addivenne a impiantare (prima fra tutte le città importanti) una rete secondaria trifase per tutta la città, atta ad alimentare promiscuamente tutte le utenze anche piccole; e questa rete fu con canapi trifasi a quattro conduttori cioè 3 fasi e 1 neutro, con 210 volt tra fase e fase e 120 volt tra fase e neutro, in modo da poter alimentare le lampade con diramazioni monofasi a 120 volt, e i motori con diramazioni trifasi a 210 volt tra fase e fase. Questa rete distributrice generale, a cui si aggiunge altra rete per illuminazione pubblica, viene alimentata da cabine cioè sottostazioni statiche di soli trasformatori trifasi che non avendo macchinario rotante non esigono personale, e occupano poco spazio; e queste sono a distanza di 600÷700 m. l'una dall'altra. Le cabine sono alimentate da canapi trifasi (a tre soli conduttori, senza neutro), e circa 8500 volt tra fase e fase; e questi che partono dalla centrale formano la rete di distribuzione primaria, formata da anelli che percorrono le cabine. Solo alle utenze massime arrivano canapi primari direttamente. Il sistema di Roma è stato gradualmente seguito, con poche varianti, da molte altre città. Nel 1914 la distribuzione primaria trifase si era imposta molto generalmente, per le stesse ragioni economiche che avevano influito sulle linee di trasmissione: e le distribuzioni secondarie a corrente monofase e a corrente continua andavano perdendo terreno, anche in America e in Inghilterra.

In quanto ai particolari di esecuzione, possiamo aggiungere quanto segue. I cavi sotterranei sono stati quasi invariabilmente fatti con isolanti di carta imbevuta di olî minerali, mentre tutto, isolante e conduttori, è racchiuso ermeticamente in tubo di piombo, armato esternamente o protetto secondo che occorre. Le linee di distribuzione aerea, nel suburbio e in città ove esistono, si sono fatte sin da principio con conduttori nudi, salvo in Inghilterra ove si è perpetuato l'uso dei conduttori aerei ricoperti. È appena necessario ricordare che l'inserzione degli utenti sulla rete secondaria e quella delle cabine sulla primaria sono state fatte in derivazione (in parallelo), perché gl'impianti sono a potenziale costante. In qualche rarissimo caso, in suburbî e per utenze con esigenze speciali, si sono avute anche linee di diramazione mantenute a corrente costante, con gli utenti inseriti in serie.

Per la tariffazione è stato adottato il sistema a contatore e più raramente quello a forfait. I contatori, abbandonati i primitivi sistemi elettrolitici, sono stati sempre costituiti con motorini veri e proprî, o con motorini semplificati, che azionano un rotismo: sono motorini veri, con armature e collettore, quelli per corrente continua; per correnti alternate invece di armatura con avvolgimento, vi è un disco metallico messo in moto da un campo rotante. Per gl'impianti a forfait, usati specialmente nei piccoli centri e nella vendita di energia prodotta idroelettricamente, sono stati ideati limitatori, e in molti casi si è data corrente senza apparecchi, fiduciariamente. Si è riconosciuto dai competenti che la tariffa più razionale sarebbe quella a costante, con una parte proporzionale ai chilowatt massimi richiesti e una parte in ragione dei chilowattora consumati, ma per timore che la clientela non apprezzi abbastanza questo sistema, questa tariffa è stata raramente applicata: si è cercato di avvicinarvisi con tariffe a contatore, decrescenti secondo il consumo annuo, e così via. L'importante questione delle tariffe è stata molto dibattuta, dai competenti e dagl'interessati, negli anni posteriori al 1905, quando la compra-vendita dell'energia elettrica ha raggiunto cifre importanti.

Macchinario elettrico e industria relativa. Nel 1890 la quasi totalità dell'industria costruttrice elettromeccanica si rivolge al macchinario elettrico a corrente continua. Essa fin da allora dà vita a fabbriche importanti, la cui evoluzione è legata con l'evoluzione stessa della tecnica, perché ogni fabbrica ha i suoi sistemi e le sue fabbricazioni. In Germania le maggiori case costruttrici nel 1890 erano la Siemens-Halske di Berlino, la Allgemeine Elektricitäis Gesellschaft di Berlino, la Schuckert di Norimberga, la Helios di Colonia, la Lahmeyer di Francoforte; alcune di queste avevano fabbriche filiali anche all'estero. In Ungheria era ben conosciuta la Ganz di Budapest coi suoi tecnici Zipernowski, Déry e Bláthy. In Svizzera, la Maschinenfabrik Oerlikon di Oerlikon, la Thury di Ginevra, la Alioth di Basilea; e subito dopo, sotto gli auspici dell'ing. C. E. L. Brown già della casa Oerlikon, venne ad aggiungersi la Brown-Boveri di Baden presso Zurigo. In Inghilterra la produzione era più frazionata, ma fra le ditte più in vista erano da citare: la Siemens Bros di Londra, la Mather-Platt di Manchester, la Ellwell-Parker, la Crompton, la De Ferranti. L'Italia aveva il Tecnomasio Italiano di Milano, che fu presto seguito dalle Officine Gadda della stessa città, dalle Officine di Savigliano e dalle Marelli, Franco e Buonamico di Torino. La Francia aveva una produzione più frazionata. Negli Stati Uniti d'America si contendevano il primato le Officcine Edison, la Westinghouse, le compagnie Daft, Sprague, Thomson-Houston, Van de Poele, Western Electrie, Walker, Keystone, la Siemens americana (con officine a Chicago), a Brush, la Bentley-Knight, e varie altre.

È sommamente istruttivo considerare la varietà di tipi di macchinario, e seguirne la evoluzione, attraverso le inserzioni nei periodici, i cataloghi, e la letteratura tecnica di quel tempo, per es. attraverso le varie edizioni del trattato di S. P. Thompson (Dynamo-Electric Machinery, Londra, dal 1884 al 1904).

La maggior parte delle macchine a corrente continua si facevano nel 1890 ancora bipolari; il libro citato del Thompson, in seguito a una svista di calcolo, insegnava che le multipolari non hanno vantaggio intrinseco sulle bipolari, e questo dettame influì a danno dello sviluppo delle costruzioni; per molto tempo non si comprese che la bipolare, sia generatrice sia motore, riesce, a parità di potenza, di gran lunga più costosa, più pesante e più ingombrante della quadripolare. Nemmeno si apprezzava il vantaggio dei poli radiali, dei circuiti magnetici corazzati e simmetrici, né era ancora risultato lo svantaggio dei cosiddetti poli conseguenti. Fra le costruzioni preferite di queste dinamo bipolari, per quanto riguarda sistema induttore, erano: anzitutto le antiche dinamo con un solo asse di simmetria, sia inferiori, cioè tipo Gramme e Edison sia superiori cioè tipo Cabella; indi quelle a poli conseguenti, sia di tipo Manchester, sia di tipo Hefner- Alteneck, sia con solenoidi induttori longitudinali tipo Fuller-Gramme e Schuckert. I costruttori erano arrivati all'esagerazione dell'originalità irrazionale con le macchine Thomson-Houston a induttori cilindrici vuoti; e altre varietà di combinazioni bizzarre erano state in gran numero escogitate dai costruttori, mentre la macchina a poli radiali precorre la costruzione più moderna. Fra le poche multipolari costruite allora, si deve notare il tipo non razionale a poli conseguenti costruito da Walker, e quello a poli interni di Siemens. Quest'ultimo era il più razionale di tutti come sistema induttore, ma l'indotto era sacrificato perché doveva avere uno sviluppo eccessivo, ed essere portato in falso per girare esternamente; quindi fu abbandonato qualche anno prima del 1900. Appunto negli anni dal 1897 al 1900, i costruttori riconobbero tutti la superiorità dell'induttore multipolare con nuclei radiali che portano gli avvolgimenti, mentre il resto del circuito magnetico induttore forma un anello esterno massiccio e senza avvolgimenti che protegge tutte le parti vitali della macchina. Questo tipo si trova come quadripolare, timidamente usato da qualche costruttore prima del 1890 e qualche anno dopo nei motori americani per trazione, di cui diremo più oltre. La necessità di costruire macchine di più grande potenza lo fece adottare verso il 1896 da Westinghouse, e da altri costruttori, fino a che rapidamente esso tipo è stato adottato da tutti, anche per le macchine piccole, e l'esposizione di Parigi del 1900 mostrava che già a quella data era divenuto il tipo standard, anche per le macchine più piccole, generatrici o motori; per le piccole potenze è costruito come quadripolare, e per le grandi con numero di paia di poli proporzionato alla grandezza.

In quanto a proporzionamento delle parti, i dettami della dottrina dei circuiti magnetici a nuclei grossi e corti, erano già stati divulgati, come si è detto, da Kapp e da Hopkinson verso il 1883-85, e penetravano gradualmente nella tecnica costruttiva. Lo stimolo della concorrenza obbligò i costruttori a calcolare sempre più razionalmente le macchine secondo gli ultimi progressi della teoria, in modo da produrre macchine di potenza assegnata e di buon rendimento col minimo impiego di materiali; e le esigenze tecniche del macchinario grande si imponevano con lo stesso effetto. Le macchine sproporzionate, non conformi ai dettami teorici che s'incontravano ancora nel 1890, spariscono attraverso la lotta per l'esistenza; e sopravvivono quelle con circuiti magnetici robusti, e quelle in cui il ferro è grandemente prevalente sul rame. Si comprese che è meglio abbondare nel circuito magnetico, anziché forzarne l'eccitazione con un avvolgimento di molte spire che è costoso e fa dissipare molta energia in calore.

In fatto di armature, verso il 1890 si discuteva ancora molto sulla superiorità dei nuclei lisci uso Gramme o di quelli dentati uso Pacinotti: la questione fu presto decisa in favore dei secondi. Nel tempo stesso si adottarono i metodi di costruzione di meccanica robusta di cui Edison aveva dato per primo l'esempio: nuclei formati di lamierini di ferro molto permeabile solidamente assicurati su una stella metallica portante, e compressi fra robuste lamiere estremali, e avvolgimento sia con filo sia con sbarre di rame nelle scanalature dei nuclei. L'armatura a tamburo, evoluzione del "gomitolo" di Pacinotti, s'impose tanto per considerazioni di buona utilizzazione del materiale, quanto per motivi di solidità costruttiva. Gli anelli longitudinali, che erano comuni nelle prime dinamo, e gli anelli piatti di Brush e di Schuckert scomparvero verso il 1895. Anche il collettore ebbe la sua evoluzione nei dettami costruttivi. Le spazzole metalliche trovarono in quelle di carbone un concorrente che gradualmente si sostituì a esse; l'uso delle spazzole di carbone e del decalaggio di tutto il sistema di spazzole permise di raggiungere potenze grandi senza che si verificasse troppo l'inconveniente di scintille alla commutazione; con le macchine a poli ausiliarî e altri artifici si raggiunse progresso ulteriore in questo senso.

In fatto di potenza, la macchina a corrente continua da 100 chilowatt era difficile a trovarsi nel 1890: questo limite fu presto superato negli anni seguenti, e dinamo a corrente continua da 500 a 1000 chilowatt si costruivano commercialmente nel 1900; e dopo quella data, a standardizzazione avvenuta, potenze ben superiori si sono sapute costruire da ogni fabbricante, e sono state applicate ove occorreva. Nelle macchine a corrente continua l'aumento della potenza non è stato sempre simultaneo a quell'eclettismo della destinazione che si è rilevato a proposito delle centrali produttrici: rimangono per necessità di voltaggio specializzate quelle dinamo di centrali locali e di sottostazioni convertitrici che alimentano reti tranviarie o reti di ferrovie metropolitane, mentre nelle centrali alimentatrici di provincie e regioni estese il macchinario produttore è sempre a corrente alternata.

Un'altra trasformazione da segnalare riguarda la velocità delle dinamo: fino al 1890 erano frequenti le dinamo a velocità elevata, attivate mediante cinghie, né con le bipolari era possibile fare diversamente; l'aumento di potenza e del numero dei poli ha portato a ridurre la velocità, e quindi ad avere dinamo accoppiate direttamente sull'albero delle motrici; ideale che era da tempo vagheggiato dai tecnici ma non facilmente realizzabile nelle condizioni precedenti. Indi gradualmente le velocità tornarono ad aumentare alquanto, perché si costruirono motrici più veloci; ma tutta una nuova fabbricazione di dinamo a velocità elevata si ebbe dopo l'introduzione delle turbine a vapore.

Progressi più decisivi si ebbero nel macchinario a corrente alternata. Nel 1900 si erano costruiti già, quantunque non in gran numero, alternatori monofasi di potenza ragguardevole, e di tipi svariati; molti di essi avevano però induttore interno, rotante, a molti poli radiali, e indotto esterno fisso, pure a poli radiali; così le macchine Ganz della centrale dei Cerchi (del 1886), e quelle analoghe dell'impianto idroelettrico di Tivoli per la trasmissione Tivoli-Roma (del 1892). La potenza di 1000 kW era stata raggiunta dagli alternatori del Niagara, costruiti dalla casa Westinghouse e messi in funzione nel 1895, ma ciò rappresentava un'eccezione. Gli alternatori Westinghouse erano del tipo a induttore esterno fisso a poli radiali, e indotto interno rotante, ad anello continuo; furono mantenuti dalla casa per molto tempo dopo il 1895, in ogni dimensione, e imitati dagli altri costruttori. Dopo, è prevalso come standard il tipo opposto, con induttore interno rotante e indotto esterno continuo fisso: disposizione che ha il vantaggio di non richiedere contatti mobili. Verso il 1900, essendo grandemente prevalso l'uso della corrente trifase su quello monofase, la maggiore produzione di questi alternatori fu per trifase; il tipo costruttivo restava lo stesso, ma si raggiungeva maggiore potenza a parità di peso. Dal 1908 al 1914 questa tecnica era così diffusa che quasi tutte le macchine delle grandi centrali destinate a trasmissione a distanza e ad alimentazione di clientele promiscue erano alternatori trifasi del tipo descritto, e i monofasi rappresentavano una eccezione, sconsigliata da ragioni economiche. Come limiti di potenza, i 10.000 e 20.000 kW per macchina erano già stati raggiunti prima della guerra mondiale.

A lato della costruzione degli alternatori, si sviluppò parallela quella dei trasformatori, che furono dapprima solamente monofasi, per divenire poi in grande prevalenza trifasi. Il tipo immerso in olio minerale ha avuto presto la prevalenza, e il trasformatore in aria è rimasto per le potenze minori. Si deve ai progressi raggiunti nell'isolamento dei trasformatori la possibilità di arrivare a voltaggi di linee elevati, che prima sarebbero stati impossibili.

Altro macchinario dovuto alla nuova organizzazione tecnica degli impianti fu quello convertitore, diretto a trasformare corrente alternata in continua. Poiché la grande produzione è a corrente alternata mentre molte reti di distribuzione secondaria sono a corrente continua sia per natura di cose (trazione elettrica urbana) sia per preferenze locali o tipi già imposti, occorrevano sottostazioni convertitrici, equipaggiate con macchinario siffatto; e questo doveva essere rotante, non statico come i trasformatori propriamente detti che prendono corrente altemata per dare corrente alternata; e quindi esigeva attendenza di personale, e tutto un equipaggiamento e un sistema di servizî accessorî quasi come quelli di una centrale generatrice.

Due tipi di macchinario convertitore si sono sviluppati nel periodo di tempo che consideriamo: i gruppi motori-dinamo, composti di un motore attivato dalla corrente alternata (monofase o più generalmente trifase) e da una generatrice a corrente continua, calettata sullo stesso asse; e i convertitori propriamente detti (converters, in inglese, altrimenti dette macchine commutatrici o convertitrici), che sono due macchine riunite in una, la quale ha un induttore eccitato a corrente continua, e un indotto con unico avvolgimento, con collettore Pacinotti da una parte per dare corrente continua, e anelli con contatto striscianti dall'altra parte, per ricevere corrente alternata. I due tipi di macchine sono stati in uso promiscuo, e si è riconosciuto che il criterio di preferenza dipende da condizioni locali.

Dobbiamo dire infine dell'industria di costruzione dei motori, industria caratteristica perché si è sviluppata estesamente non solo verso la macchina molto grande ma anche verso quella molto piccola, di potenza anche assai inferiore al chilowatt; esempio, i motorini da ventilatori. Per i motori a corrente continua è ultimamente prevalso il tipo stesso che per le dinamo, ma spesso con maggiore ricerca verso la costruzione corazzata, cioè con la carcassa metallica che avvolge tutto quasi completamente e qualche volta completamente; per le piccole unità molti costruttori conservarono a lungo il tipo bipolare, ma lo hanno poi man mano sostituito col tipo quadripolare.

In corrente monofase, si sono avuti, e sono rimasti in uso promiscuo per diverse applicazioni: a) i motori a collettore, che sono motori come quelli a corrente continua, ma con nuclei laminati e con induttore in serie, sì da poter essere percorsi da corrente alternata; b) i motori a induzione costruiti come quelli trifase, con indotto chiuso su sé stesso, ma con campo magnetico alternante anziché rotante; e questi, che non si avvierebbero automaticamente, sono stati costruiti da un certo tempo in poi con dispositivi ausiliarî che permettono, almeno a vuoto, l'avviamento automatico; c) i motori sincroni, usati per grandi unità solamente, e che richiedono anch'essi avviamento con mezzi speciali; d) i motori a repulsione, suggeriti dalle storiche esperienze di E. Thomson, in cui si dimostrava che un elettromagnete a corrente alternata respinge un anello di rame chiuso.

In corrente trifase, si sono usati sempre i motori a induzione, con dispositivi e combinazioni varie per potere regolare la velocità.

Questi progressi nell'industria delle costruzioni elettromeccaniche, così rapidi e grandiosi come mai forse né prima né dopo si sono verificati in altra industria, sono stati accompagnati da ascese, e da rivolgimenti nella costituzione delle case costruttrici, e soprattutto da quei conglobamenti di organismi piccoli in organismi maggiori che le leggi economiche impongono. In Germania, molte ditte secondarie hanno cessato di esistere, ma altre si sono formate per la costruzione dei piccoli motori. La Siemens-Halske si trasformò in società per azioni, indi assorbì una delle sue grandi concorrenti, la Schuckert, formando la grandiosa Siemens-Schuckert Werke, uno dei più grandi organismi del mondo, e questo organismo ha assorbito anche la Lahmeyer. La Helios di Colonia ha cessato di esistere. Così in Germania sono rimaste le due organizzazioni potenti, Siemens-Schuckert e A. E. G., fra loro rivali, mentre le minori si sono rivolte più che altro ai motori e al materiale speciale. In Italia prima della guerra mondiale erano rimasti il Tecnomasio fuso con la Brown-Boveri svizzera, l'officina elettrotecnica Tosi e le Officine di Savigliano, con poche altre minori. In Svizzera, in Francia e in Inghilterra non vi furono cambiamenti importanti. In America il fatto decisivo fu la costituzione, nella primavera del 1892, della General Electric Company, con officine a Schenectady, New York, e con capitale iniziale di 50 milioni di dollari, costituzione avvenuta attraverso la fusione delle compagnie Brush, Van de Poele, Sprague, Thomson-Houston, Fort Wayne, Edison, Bergmann e altre. Così anche negli Stati Uniti rimangono due grandi concorrenti: questa compagnia e la Westinghouse Electric Co., di Pittsburg, Pa., entrambe d'importanza mondiale come le due grandi compagnie tedesche testé menzionate. Molte altre fabbriche di media importanza anche negli Stati Uniti hanno cessato l'esercizio, e sono rimaste o sorte ex-novo alcune minori, dedicate a piccolo macchinario e a fabbricazioni speciali. Attraverso questa concorrenza, la fabbricazione del macchinario elettrico ha cessato dappertutto di essere molto remunerativa e i grandi organismi ricordati traggono vita in gran parte dalle altre industrie elettrotecniche che esercitano.

Illuminazione elettrica. - La lampadina elettrica a filamento di carbone nel vuoto è stata perfezionata dai tempi di Edison e Swan in poi, quasi solamente nei metodi di fabbricazione, e ha diminuito lievemente il consumo specifico (da 3,5 watt per candela fino a 3 watt e anche 2,5) e aumentato notevolmente le ore di vita. Fino al 1906 circa ha diviso il campo indisturbato con la lampada ad arco; quest'ultima ha realizzato diversi progressi (carboni impregnati, lampade a fuoco chiuso, ecc.) ma ha avuto sempre applicazione ben delimitata, nonostante il suo rendimento (2 a 3 candele per watt), perché non ha mai consentito il frazionamento, mentre richiede spese di consumo e servizio. Dal 1905 al 1908 si ebbero passi decisivi con le lampade Nernst, le lampade a tantalio, le lampade a osmio, fino a che, superando difficoltà tecniche grandissime, si ottennero le lampade a incandescenza moderna a filamento di tungsteno, col consumo specifico di 1 watt per candela o poco più; e poco dopo, verso il 1911, si ebbero le lampade a tungsteno con incandescenza in gas inerti, cosiddette lampade a mezzo watt per candela. Questi due tipi hanno sostituito quasi interamente le lampadine a carbone; e in moltissimi casi, per ragioni di comodità di servizio, anche le lampade ad arco. L'industria delle lampade, normalizzatasi coi due tipi di lampade a filamento di tungsteno puro trafilato, ha acquistato importanza enorme, di cui si può avere idea considerando che qualche ditta, già introdotta, spende cifre come 1 milione di lire l'anno in pubblicità solo per mantenere la clientela d'una nazione. In Italia sono noti i nomi della olandese Philips, della tedesca Osram, ecc.; in Inghilterra è noto il nome della Ediswan; e così via. Di fronte a queste grandi organizzazioni, difficilmente è avvenuto che le fabbriche minori potessero mantenersi vitali, nonostante che appunto verso l'epoca della guerra mondiale i brevetti di monopolio per le lampade a tungsteno venissero annullati o decadessero. È da segnalare ancora che la diffusione delle lampadine a consumo ridotto non ha portato contrazione del consumo, come le società distributrici d'elettricità temevano da principio, ma anzi forte aumento.

Trazione elettrica. - Abbiamo detto in qual modo la trazione elettrica ha potuto entrare in una fase industriale a partire dal 1888. Mentre le case americane, per la trazione tranviaria urbana a filo aereo avevano standardizzato la presa di corrente a trolley, in Europa la Siemens-Halske diffondeva con felice innovazione la presa di corrente ad archetto, che è indiscutibilmente più vantaggiosa, in ciò seguita da altre case costruttrici europee. Da allora in poi i due sistemi furono seguiti promiscuamente, ma i seguaci dei metodi e degli armamenti americani non hanno mai voluto rinunciare al trolley. Il tipo di corrente, sempre per la trazione urbana, è stato universalmente fissato in corrente continua a 500-600 volt, con distribuzione a potenziale costante, e le vetture sono inserite in parallelo sulla rete. Le reti a conduttura sotterranea, di cui la Siemens-Halske diede il primo esempio, sono sullo stesso tipo, salvo l'eventuale differenza di voltaggio, e la non utilizzazione delle rotaie per il ritorno.

Nel 1904 la tecnica della trazione elettrica aveva raggiunto un primo grado di maturità, e alla rapida e continua trasformazione dei tipi successivi seguiva già un principio di normalizzazione. La seconda ferrovia elettrica nel mondo (dopo la sotterranea City & South di Londra, già menzionata) fu la metropolitana aerea di Liverpool, inaugurata nel marzo 1893; e la terza fu un'altra metropolitana aerea inaugurata a Chicago nello stesso anno, con equipaggiamento della General Electric Company. Quivi fu per la prima volta applicato il series-parallel controller (dispositivo di regolaggio mediante inserzione dei due motori in serie o in parallelo fra loro), ideato da Sprague, e che da allora in poi è divenuto il sistema normale per tutte le vetture a corrente continua, in tutto il mondo. Poco prima di quella data, la General Electric aveva messo in commercio il ben noto motore GE 800: motore quadripolare ermeticamente chiuso in una doppia conchiglia, ma facilmente apribile, e con gli ingranaggi in scatola piena d'olio: è diventato esso il prototipo per i motori tranviarî di tutto il mondo. Lo sviluppo della trazione elettrica tranviaria segue da allora rapido, e la normalizzazione sempre più stretta. Proseguono impianti di trazione elettrica ferroviaria su reti metropolitane, queste sempre con la presa a terza rotaia e su linee locali; e in America e anche in Europa incominciano le linee tranviarie interurbane a trazione pesante. In queste applicazioni un passo notevole fu realizzato con l'invenzione del sistema Sprague a unità multiple, applicato per la prima volta nel luglio 1897, che consente di formare un convoglio con vetture tutte motrici e comandarle tutte da un controller che ha funzione di relais perché a sua volta mette in azione i controller di tutte le vetture. D'altra parte le grandi compagnie ferroviarie fanno esperimenti di varî sistemi di trazione elettrica su tronchi interurbani. Non pochi tentativi di applicazione ferroviaria furono fatti con locomotive o vetture ad accumulatori, ed ebbero poco successo, il risultato pur non essendo così disastroso come sulle linee tranviarie: la stessa sorte ebbero le locomotive Heilmann a generazione antonoma. Le compagnie ferroviarie giunsero così a considerare con minore avversione le condutture elettriche, e le prime applicazioni si ebbero in un tunnel a Baltimora e in uno a Parigi.

Frattanto la trazione a corrente alternata faceva la sua apparizione, prima sotto forma trifase su varie linee svizzere in sede propria di servizio locale, e più tardi (nel 1903) sotto forma monofase, adottata anche su linee non in sede propria. In Italia le prime ferrovie interurbane elettriche furono: la Milano-Varese, e diramazioni, a corrente continua a terza rotaia (inaugurata nel 1901: tuttora in funzione), la Bologna-Modena S. Felice ad accumulatori (che fu abbandonata) e le ferrovie della Valtellina trifasi a due conduttori aerei a 3000 volt tra fase e fase (inaugurate nel 1902; tuttora in funzione). In America furono notevoli due interurbane in sede propria, a servizio pesante ad alta velocità: la Albany-Hudson, del 1899, e la Aurora-Elgin-Chicago del 1901, entrambe a corrente continua a terza rotaia. Contemporaneamente nuovi sistemi e applicazioni di trazione monofase e trifase si sperimentavano in tutto il mondo dalla Westinghouse, dalla Ganz, dalla Allgemeine, dalla Brown-Boveri, ecc. contro l'opposizione di altri gruppi industriali che cercavano d'imporre la corrente continua universalmente. In fatto di motori di trazione monofasi, oltre quello in serie a collettore, più generalmente usato, e che funziona in buone condizioni con le frequenze basse di 20 e 25 periodi al secondo, fu applicato anche il motore a repulsione (sistema Winter-Eichberg della Allgemeine) che consente di lavorare facilmente anche alle frequenze di 45 e 50 periodi, usate generalmente negl'impianti di luce e di distribuzione generale. Con le linee trifasi è stato sempre usato il normale motore a induzione, con o senza ingranaggi riduttori, e l'inconveniente della velocità obbligata è stato eliminato con l'inserzione di due motori "in cascata" e con altri accorgimenti.

Attraverso questi progressi, ebbero luogo gli esperimenti interessanti di trazione ferroviaria a velocità elevatissima (fino a 207 km./h) fatti in Germania sulla linea Zossen-Marienfelde nel 1901, 1902 e 1903 con gli sforzi riuniti delle principali case produttrici tedesche di materiale elettrico: i risultati di questi esperimenti accurati, resi di pubblica ragione, hanno rivelato molti dati di sommo interesse e in massima sono stati tali da dissuadere tecnicamente dalle velocità superiori ai 180 km./h e da lasciar dubitare dal punto di vista economico delle velocità che si avvicinino ai 150 km./h. L'interesse a queste velocità elevate è cessato del resto dopo lo sviluppo dell'aviazione, e in tutto il mondo raramente da allora si è cercato di superare la velocità massima di 100 km./h sui binarî. Hanno avuto invece sviluppo gl'impianti regolari di trazione su tronchi importanti di reti ferroviarie, e sulle più grandi reti metropolitane che fino allora avevano ritardato la trasformazione da vapore a elettricità, in attesa che la tecnica della trazione elettrica si fosse consolidata.

Fra gli anni 1910-1914 lo stato di sviluppo dell'industria di trazione elettrica nel mondo era il seguente. Tutte le grandi e medie città avevano la rete tranviaria elettrica, con queste caratteristiche comuni: distribuzione a corrente continua e potenziale costante a 500-600 volt; in generale, filo aereo con presa di corrente a trolley o ad archetto, e ritorno per le rotaie, ma nella più parte delle metropoli maggiori (Londra, Parigi, Bruxelles, Vienna, Budapest, New York, Washington, e qualche altra), condutture sotterranee a doppio conduttore, vetture a due o a quattro assi, con due o con quattro motori, motori quadripolari ermeticamente chiusi con ingranaggio riduttore 1 : 5, e sospensione elastica da una parte, e a cerniera sull'asse dall'altra parte; regolaggio di velocità mediante il series-parallel controller; uso dei motori come freno elettrico, molto generale in Germania, raro in America; consumo medio di potenza, 10-15 kW per vettura, ma con fluttuazioni continue, perché la potenza assorbita dalla vettura decuplica in certi momenti. Le più grandi reti, come quella di New York, raggiungono un complesso di 4000 vetture, a cui corrisponde in centrale una potenza installata di 50.000 o 60.000 kW. Oltre queste reti urbane si sono sviluppate numerosissime, specialmente in America, le linee tranviarie interurbane, alcune delle quali a trazione pesante come le ferrovie, con treni di più vetture manovrate col sistema a unità multiple; e da queste si passò gradatamente alle linee parzialmente o totalmente in sede propria, che, pur distinte dalle grandi reti ferroviarie, hanno carattere ferroviario. Il sistema elettrico prevalente in queste linee interurbane è stato quello stesso delle tranvie urbane; ma quelle in sede propria hanno usato spesso la terza rotaia a corrente continua; altre volte la corrente continua a filo aereo a 1500 volt; altre ancora la corrente monofase con filo aereo; e altre infine (ma solamente se in sede propria) la corrente trifase, col doppio filo aereo: impianti di quest'ultimo tipo sono stati fatti specialmente in Svizzera per le linee di montagna. Sviluppo imponente hanno raggiunto le reti di ferrovie elettriche metropolitane, specialmente quelle di New York (aeree e sotterranee) e di Londra (sotterranee), seguite da quelle di Berlino, di Vienna, di Parigi, di Budapest, ecc. In queste metropolitane le esigenze tecniche della trazione sono apparse particolarmente severe, dovendosi fare servizio rapido con treni pesanti che hanno fermate a qualche centinaio di metri una dall'altra, e che non sono quindi mai in velocità costante, ma continuamente in regime di avviamento con forte accelerazione, e di frenatura: la potenza convogliata in ogni treno è molto rilevante, e i treni si seguono su ogni binario a intervalli qualche volta inferiori a un minuto; e alcune di queste linee, come le sotterranee di New York, sono a quattro binarî. La trazione è stata esclusivamente fatta a corrente continua, con terza rotaia, o con terza e quarta rotaia, con più d'una presa per ogni treno: le vetture sono state fatte tutte motrici e con tutti gli assi motori, per raggiungere l'aderenza massima e lo sforzo di trazione massimo; nei maggiori impianti esse sono a quattro motori, da 100 o da 150 HP, e governate sempre col sistema a unità multiple.

Le centrali speciali (sempre a vapore) per alimentare questi servizî hanno raggiunto anche la potenza di 80.000 e persino di 120.000 kW.

La trazione elettrica usata in sostituzione del vapore sulle grandi ferrovie interurbane, dove ugualmente o ancora più pesanti sono i treni, e altrettanto elevate le velocità, ma lunghi i percorsi senza fermata, e sufficienti accelerazioni piccole, e quindi sforzi di trazione moderati, ha mostrato diverse esigenze. Non occorre che tutti gli assi siano motori, e la propulsione del treno si può effettuare in generale sufficientemente bene per mezzo di locomotive elettriche separate, senza necessità di rendere automotrici le singole vetture. In questo campo, poi, i diversi sistemi di corrente si sono contesi il primato. L'esperienza di confronto è stata raccolta attraverso gl'impianti di trazione elettrica che nell'intervallo dal 1903 circa al 1912 sono stati eseguiti e messi in servizio effettivo sulle linee più difficili delle grandi reti ferroviarie di molte principali nazioni: in Italia, sulla linea dei Giovi e altre linee di valico appenninico, su quelle del Cenisio e del Sempione e su molte grandi linee delle regioni settentrionali, col sistema trifase, a 3000 volt tra fase e fase e frequenza di 15 periodi al secondo; in Svizzera su molte linee a percorso di pendenza forte, con sistemi di corrente varî; in Francia e in Germania su linee di penetrazione a forte traffico, a corrente continua a terza rotaia, ed eccezionalmente su linee più lunghe, a corrente monofase a 25 periodi per secondo e conduttore aereo. Raccolti i dati di costo, è risultato che una convenienza economica nel sostituire la trazione elettrica alla locomotiva a vapore si può trovare solamente quando il movimento dei treni non sia troppo scarso e, allorché questa convenienza si verifichi, lo stesso fattore d'intensità di traffico, accentuandosi, può determinare la preferenza della corrente continua alla corrente alternante (v. ferrovie).

Telegrafia e telefonia. - Le reti e i sistemi di telegrafi hanno proseguito dal 1890 al 1914 il loro regolare sviluppo, sulla base d'una tecnica industriale che nel precedente periodo, a differenza delle altre industrie elettriche, aveva già raggiunto la maturità. Si è moltiplicato il numero dei cavi transoceanici, e il loro insieme al 1900 rappresentava già un capitale formidabile, per la grandissima parte inglese. Sempre più è venuto in evidenza il problema economico fondamentale di trasmettere molti telegrammi al giorno su una stessa linea. L'applicazione dei sistemi duplex e quadruplex non era sufficiente, e soprattutto interessava aumentare la capacità intrinseca di trasmissione dei cavi sottomarini e terrestri, nei quali l'effetto di capacità produce il fenomeno detto "distorsione" e costringe a trasmissioni sempre più lente quanto più lunga è la linea e quanto più si avrebbe interesse a trasmettere molte parole al minuto. Si può dire senza tema d'errore che lo studio di questo problema ha portato in pieno alle prime applicazioni veramente importanti dell'altissima matematica all'ingegneria. Il contributo fondamentale si ebbe nelle ricerche di Oliver Heaviside, il quale approfondì ed elevò a nuovo ramo di scienza lo studio matematico della trasmissione lungo le linee. Dai lavori di Heaviside risultò in modo inatteso l'importanza di aggiungere induttanza alle linee per correggere la capacità. Poco prima del 1900 molteplici brevetti furono presi dal professore americano Pupin, per applicare alle linee una serie di bobine induttive distribuite a intervalli calcolati, nell'intento di produrre un effetto simile a quello di un'induttanza distribuita in modo uniforme (cavi pupinizzati).

Questi progressi nella tecnica delle linee di trasmissione si fecero risentire ancora più grandemente nella telefonia. A differenza della telegrafia, la telefonia era rimasta ancora al periodo di prima formazione nel 1890, come lo erano le altre industrie elettriche. Da quella data in poi i progressi furono rapidi. Ai sistemi a chiamata e batteria locali, si aggiunsero quelli a batteria centrale, che presero enorme sviluppo in America, sotto gli auspici del gruppo di compagnie derivate dalla Bell. Le prime linee a distanza furono presto costruite, e le reti urbane, con fili aerei, con cavi multipli aerei e con cavi sotterranei, furono presto collegate con linee da città a città. Rincresce il dire che l'Italia, patria dell'inventore del telefono, fu per molto tempo agli ultimi posti nella diffusione degl'impianti telefonici. Dapprima l'eccessiva pluralità degli esercenti, la loro poca iniziativa, e dal 1907 in poi il troppo repentino assorbimento in un grande e burocratico organismo statale ostacolarono lo sviluppo. Le linee telefoniche interurbane erano state ostacolate nel primo periodo, per timore di concorrenza ai telegrafi, ed ebbero sviluppo dal 1908 al 1914, ma restarono sempre ben poche in confronto a quelle delle altre nazioni. In Europa il massimo sviluppo degl'impianti telefonici si ebbe nei paesi scandinavi, seguiti assai dappresso dall'Inghilterra.

Ma intanto un progresso nuovo portava un germe per uno spostamento. Fu questo l'invenzione della telefonia automatica, dovuta a Strowger, e i cui primi brevetti furono acquistati e messi in pratica dalle diverse compagnie Siemens. Le nazioni, come gli Stati Uniti, che avevano già in tutti i centri abitati impianti completi e poderosi col sistema a batteria centrale e vi avevano investito capitali ingenti, si trovarono, con l'applicazione della nuova invenzione, in condizioni di difficoltà in confronto a quelle, come l'Italia, che avendo pochi impianti e fatti coi sistemi più antichi potevano più facilmente abbandonarli. E così nel 1913 funzionavano già in Italia i primi telefoni automatici, e si preparava il risveglio dell'industria telefonica che doveva avvenire dopo la guerra.

Radiotrasmissioni. - Una ramo dell'elettrotecnica interamente nuovo si ebbe nella radiotelegrafia, realizzata da Guglielmo Marconi verso il 1899. Egli utilizzò per la trasmissione del pensiero le onde elettromagnetiche nell'etere, scoperte per via teorica da J. C. Maxwell cinquant'anni prima, comprovate e realizzate sperimentalmente da H. R. Hertz nel 1892, e intorno alle quali molti precursori della radiotelegrafia, da O. J. Lodge a A. Righi, da Calzecchi a E. Branly e a A. Popov avevano lavorato nei sei o sette anni successivi. Il Marconi utilizzò molti fra i singoli dispositivi ideati da questi predecessori, ma dove essi erano riusciti a trasmettere a distanza di pochi metri, egli quasi d'un tratto riuscì a portare tutta la tecnica a un punto tale da superare distanze di centinaia di chilometri, e passare dalla fase sperimentale a quella di un'industria vitale e poderosa, di cui egli tenne sempre la direttiva. Le vicende di questa tecnica sono ben note, e non devono essere ricordate qui. Il Marconi si distinse preconizzando le onde lunghe (fino a 20 e 25 km); da principio utilizzò le oscillazioni smorzate, tipo Hertz, con emissioni intermittenti, e il coherer di Calzecchi, trasformato; indi sostituì quest'ultimo col detector magnetico, di sua invenzione, e dotò le stazioni di "sintonia". Presto superò la distanza oceanica. Le stazioni radiotelegrafiche, col sistema Marconi, o con altri imitati dal suo, furono impiantate in tutto il mondo, fisse e sulle navi; fra le prime ve ne erano "ultrapotenti" come quella di Coltano, sufficiente per trasmettere dall'Europa all'America Meridionale. In molte delle più importanti si poté impiegare il sistema di emissione a onde persistenti, ottenute da alternatori ad altissima frequenza o con altri sistemi.

I tentativi di estendere la radiocomunicazione alla telefonia furono dapprima infruttuosi. Ma la tecnica fu completamente trasformata dall'invenzione di quell'organo a cui si è dato il nome di triodo, di valvola termoionica, di tubo elettronico, ecc., e nel quale per la prima volta un flusso di elettroni liberi è utilizzato per applicazioni pratiche a servizio dell'uomo. L'invenzione è dovuta parte a Edison, parte ad altri, e soprattutto a De Forest che la completò. I radiodilettanti americani l'applicarono, facendo uso delle onde corte (di 200 a 400 metri circa), che i radiotelegrafisti abbandonavano a loro perché in quel tempo le disprezzavano, nonostante che Marconi ne avesse già preconizzato l'uso. La valvola termoionica si presta tanto per congegnare stazioni di emissione a onde persistenti, quanto come amplificatrice nella recezione. Non solamente la combinazione di questi dispositivi ha fatto fare un progresso decisivo alla radiotelegrafia; ma, mediante l'uso delle onde "modulate" (frequenza portante intorno a 1 milione di periodi, che corrisponde alle lunghezze d'onda ora dette), e modulazione secondo la frequenza acustica, ha risolto il problema della telefonia senza filo.

Alla vigilia della guerra mondiale questa nuova tecnica era ancora nascente; ma fu largamente applicata dai belligeranti. Si riconobbe che le onde corte, in quanto realizzano una "ammettenza" molto aumentata dello spazio-etere, permettono la trasmissione a grandi distanze con piccole potenze d'emissione. Fu così che durante la guerra si poterono mantenere alcune comunicazioni a distanze transoceaniche con pochi watt di potenza.

Misure elettriche. - Un'elettrotecnica così complessa e progredita come quella che si è sviluppata alla fine del sec. XIX, doveva portare con sé, come ha portato, tutta una tecnica ben complessa in ciò che riguarda misure. È questo l'unico ramo dell'ingegneria (a parte la geodesia e la topografia) in cui le misurazioni d'ogni genere si possono eseguire correntemente con precisione grandissima, che raggiunge facilmente l'uno per mille e supera talvolta l'uno su diecimila.

La tecnica vera delle prime misure era nata con la telegrafia. Si fissavano presto le unità elettriche internazionali: ohm, volt, ampère, ecc., e già nel 1890 esse erano d'uso comune; si costruivano anche apparecchi commerciali, campioni di resistenza, ponti di Wheatstone, galvanometri sensibilissimi e quelli per misure, amperometri e voltometri da quadro, elettrodinamometri. Il congresso elettrotecnico internazionale tenuto nel 1892 a Chicago fa testimonianza dello stato della tecnica a quei tempi, e dell'invenzione, avvenuta allora, della manganina, lega metallica a resistenza indipendente dalla temperatura, la cui introduzione trasformò completamente la tecnica costruttiva degli apparecchi di misura. Poco prima d'allora, la casa americana Weston aveva realizzato un progresso grandissimo costruendo commercialmente tutta una serie di amperometri e voltometri di precisione a corrente continua col sistema D'Arsonval a magnete permanente e bobina mobile. In quegli stessi anni, il problema degli strumenti di misura a corrente alternante s'impose ai tecnici, e fu risolto con gli apparecchi elettrodinamometrici per le misure di precisione, e con quelli elettrotermici per le misure più grossolane. Gli apparecchi cosiddetti elettromagnetici, cioè a ferro dolce mobile, si costruirono tanto per corrente continua quanto per corrente alternante, per tutte le misure non di precisione, e soprattutto come apparecchi da quadro.

L'industria di fabbricazione degli apparecchi di misura industriale, spesso affiancata con quella dei contatori, acquistò grande importanza commerciale, e altrettanto quella degli strumenti di precisione e di laboratorio, spesso per opera di costruttori separati, o di reparti separati delle grandi case. La Germania, l'America e l'Inghilterra ebbero il primato, e l'Italia, nonostante la concorrenza straniera, ebbe costruttori importanti, come le officine Galileo di Firenze e le Olivetti di Ivrea, le quali ultime cedettero poi la fabbricazione alle nuove ditte "C.G.S." mentre varie fabbriche di contatori sorgevano, ostacolate in molte guise nel loro successo.

Conduttori e cavi. - Una delle più redditizie e importanti industrie elettriche fu quella della fabbricazione dei cavi, accompagnata dall'altra, meno redditizia, della fabbricazione dei conduttori isolati ordinarî. Questa industria fu intrapresa da tutte le primarie case elettrotecniche come la Siemens, la Allgemeine, ecc., ma ebbe anche grandi case specialiste come la Felten-Guillaume in Germania, la Pirelli e la Tedeschi in Italia.

I cavi telegrafici sottomarini vennero sempre eseguiti col sistema applicato da principio cioè con conduttore centrale di treccia di rame circondato di guttaperca o materiale analogo, e poi di piombo e di fili d'acciaio per armatura. Altri cavi similari furono fatti per telegrafia e telefonia su linee terrestri. Alla telefonia faceva però ostacolo la capacità elettrostatica della guttaperca, e per le linee piuttosto lunghe si ricorse spesso alla soluzione di sostituire l'isolante con carta e aria, oltre che alla pupinizzazione come si è detto poco prima. Per le trasmissioni e distribuzioni di energia industriale, si è preferito l'isolamento di guttaperca o di gomma elastica in Inghilterra, e quello di carta compressa con olî minerali nel continente europeo. L'industria ha progredito fino a fare cavi sotterranei per decine di migliaia di volt.

Pile. - Le pile hanno avuto sempre smercio importante, perché ogni volta che in qualche applicazione sono state sostituite da mezzi più efficaci, sono sorte applicazioni nuove. Dei numerosi tipi di pile che la fantasia degl'inventori aveva escogitato prima del 1890, ben pochi sono sopravvissuti. La pila Leclanché si è affermata per quasi tutte le applicazioni, come l'unica atta al lungo magazzinaggio e al commercio; e conosciuta dapprima solo nel tipo a liquido, si è gradualmente trasformata in "pila a secco", il che vuol dire in pila il cui liquido è immobilizzato in una pasta gelatinosa, e protetto dall'evaporazione. Solamente per scopo telegrafico si sono ancora usate le pile derivate dalla Daniell, a due liquidi e a solfato di rame, e per uso di laboratorio gli elementi a bicromato e quelli a bisolfato di mercurio. Da queste ultime sono nate poi le pile campione a voltaggio costante, prima la Latimer-Clark, e poi le Weston a cadmio, che sono un perfezionamento delle prime.

Accumulatori. - Riferendoci agli anni anteriori al 1890, abbiamo detto che la tecnica di fabbricazione dell'accumulatore era rimasta stazionaria ed era progredita solo nei particolari esecutivi. Così fu anche dopo il 1890; le due varianti, Planté e Faure, dell'accumulatore a piombo, si sono quasi fuse in un tipo unico, in cui la "formazione" elettrica delle piastre e l'applicazione artificiale degli ossidi intervengono entrambe. I tentativi degl'inventori per ottenere un accumulatore leggiero sono rimasti infruttuosi. Solamente Edison ottenne qualche novità con un accumulatore diverso da quelli a piombo, che ha minor peso a parità d'energia immagazzinata, ma non senza altri svantaggi, per cui l'apparecchio ha avuto qualche applicazione commerciale solo per illuminazione di automobili e simili. Nel campo delle grandi applicazioni rimane incontrastato l'accumulatore a piombo.

Un'applicazione dell'accumulatore, per lungo tempo e con infiniti sforzi ricercata, fu quella alla trazione. I tecnici imparziali ebbero a giudicare fin da principio che il peso degli accumulatori, e il loro rapido deperire di fronte alle forti necessità di potenza, dovevano essere ostacolo insuperabile per le tranvie, e grave, quantunque in minor grado, per le ferrovie. Ma gl'inventori più intraprendenti e non solamente i fanatici, e per molto tempo anche le case fabbricanti degli accumulatori, si ostinarono nei tentativi; e la cronaca della trazione elettrica continuò a registrare in media 5 0 6 impianti di trazione ad accumulatori messi in prova ogni anno, negli ultimi venti anni del sec. XIX, e tutti terminati con insuccesso, sempre per rapida distruzione degli elementi. Le batterie di accumulatori hanno invece trovato larga applicazione come fu preconizzato fin dal 1891, negl'impianti stessi di trazione elettrica, ma come batterie fisse, nelle sottostazioni, quali livellatrici delle rapide fluttuazioni di potenza.

In quanto a batterie mobili, se ne è avuto presto largo consumo per illuminazione di treni e d'autoveicoli. E nella trazione di omnibus automobili, su linee a percorso fisso senza pendenze, si è riconosciuto che l'accumulatore può avere un successo che non aveva sulle vetture tranviarie, perché lì le esigenze tecniche sono minori, chi esercisce è disposto a subire la spesa di un deperimento rapido, e non ci sono altri sistemi di trazione elettrica a fare la concorrenza.

Comunque, le descritte applicazioni hanno assicurato largo esito all'industria di fabbricazione delle batterie, che si è mantenuta sempre redditizia e fiorente.

Elettrochimica ed elettrometallurgia. - Industrie importanti, non strettamente elettrotecniche ma piuttosto applicative dell'elettrotecnica sono quelle in cui l'energia elettrica è impiegata per produrre sostanze industriali mediante elettrolisi e mediante riscaldamento, combinato o no con elettrolisi, nei forni elettrici. La maggior parte di queste applicazioni sono possibili solamente quando l'energia elettrica si abbia a prezzo molto basso utilizzando i rifiuti o cascami di energia lasciati disponibili dalle altre industrie; e in questo senso un'applicazione elettrochimica può funzionare dal punto di vista economico in un modo equivalente a un accumulatore, purché però consenta interruzioni e riprese senza inconvenienti. Qualche industria elettrochimica però che non richiede molto consumo d'energia e produce sostanze costose, può anche lavorare con energia a prezzo non di molto inferiore a quello industriale normale (v. elettrochimica; elettrometallurgia).

Sviluppi dal 1915 al 1931. - Durante la guerra mondiale le industrie elettriche di tutti i paesi ebbero una parentesi forzata, essendosi dovute volgere agli apprestamenti bellici, e alle particolari necessità di vita dei popoli belligeranti. Furono completate e allacciate centrali idriche, furono eseguite nuove distribuzioni importanti di forza motrice a stabilimenti industriali, fu sviluppata l'elettrometallurgia e l'elettrochimica in generale, e specialmente la produzione dell'acido nitrico dall'azoto atmosferico. La tecnica delle comunicazioni radio progredì anch'essa non poco nel corso delle applicazioni che ne fecero gli eserciti.

Dopo la guerra le industrie elettriche ripresero il loro ritmo di sviluppo, e mentre, da una parte, molti organismi produttori si concentravano per giungere a una più salda sistemazione finanziaria e a una più razionale attività tecnica, le applicazioni pratiche si estendevano, attirando l'interesse di ceti consumatori sempre più vasti.

Così in Italia, dopo il 1919, si lavorò a realizzare le più grandi centrali idroelettriche, unificando, ove era il caso, gl'impianti frazionati e le cadute d'acqua parziali, come a Terni e a Tivoli, e iniziando nuove grandi captazioni di forze idriche, come nelle Alpi, e traendo partito anche da quelle forze idriche naturali meno economiche, che nel periodo precedente erano state trascurate. Inoltre ebbe sviluppo e funzione importante la formazione di bacini montani d'accumulazione delle acque. E queste centrali furono allacciate fra loro con grandi linee di trasmissione a voltaggi elevati, e il sistema fu completato con nuove centrali moderne a turbine a vapore, in modo che quasi tutta la produzione d'Italia fu riunita in una grande rete che permette gli scambî d'energia interregionali. Negli altri paesi che hanno forti risorse idriche, come la Svizzera, la Norvegia, la Svezia, il Canada, la California, è stato fatto analogamente fino dove le condizioni locali lo permettevano. Fra i grandi impianti da segnalare sone quello canadese del Niagara, che, eseguito nel 1923 da un ente pubblico ha messo in agitazione molte società di produzione private, anche degli Stati Uniti limitrofi, mostrando che l'energia elettrica può distribuirsi assai più a buon mercato di quello che in passato si credeva. Verso la stessa epoca è entrata in funzione la grande linea di trasmissione della California, ove è stato raggiunto il voltaggio di 250.000 volt tra fase e fase, per effettuare la trasmissione a 230 km. circa. Da allora in poi i voltaggi da 200 a 350 mila volt e le linee di 200 a 500 km. si possono dire elementi acquisiti alla tecnica. Si sono tentati nel 1931 i voltaggi di 500 e 600 mila volt. Ma per ora questi ordini di grandezze non si lasciano facilmente superare: e restano ancora inutilizzate le grandi forze idriche dell'Iguajú nel Paraguay, e altre nell'Africa del Sud distanti un migliaio di chilometri dai più vicini centri di possibile utilizzazione.

Nessuna innovazione sostanziale si è avuta nella tecnica della fabbricazione del macchinario elettrico: è continuato l'accentramento, la ricerca sempre più viva verso l'economia, il progresso verso le grandi potenze (fino ai 150-160 mila kW per alternatore, raggiunti nel 1930) e per i trasformatori anche verso i voltaggi altissimi, e il progresso incessante in tutti i particolari esecutivi. Così pure, i mezzi d'illuminazione elettrica sono rimasti quelli già affermati nel periodo precedente, la lampadina a filamento di tungsteno trafilato essendo dominatrice ovunque, salvo le applicazioni ben definite e speciali delle lampade ad arco; ma i tubi luminescenti, antico desiderato degl'inventori, hanno fatto la loro apparizione nella pubblicità luminosa, e sono il primo esempio della luce elettrica fredda, da tanto tempo preconizzata.

Nella trazione elettrica, le grandi reti tranviarie urbane e metropolitane, che erano già assestate, hanno avuto lo sviluppo normale portato dai tempi; ma importanti nuove elettrificazioni di grandi ferrovie sono state eseguite. L'Italia ha equipaggiato a trazione trifase un buon numero di linee ferroviarie nel settentrione fino a Firenze e Livorno; e ha fatto impianti comparativi con gli altri sistemi di trazione elettrica su qualche grande linea dell'Italia centrale e meridionale.

Nella tecnica degl'impianti di trazione, una novità è data dalle stazioni convertitrici con archi a vapore di mercurio; per la prima volta s'è avuta la trasformazione di corrente alternante in continua senza macchine rotanti. La trasformazione inversa sembra analogamente possibile attraverso valvole elettroniche e, se diverrà industrialmente un fatto compiuto, si potrà ritornare alle linee di trasmissione a corrente continua, da convertirsi in trifase all'arrivo.

La telegrafia, che per molto tempo era rimasta stazionaria nella sua tecnica assestata, ha avuto rapidi progressi. Durante la guerra, K. W. Wagner in Germania e George Campbell negli Stati Uniti, hanno simultaneamente inventato per via matematica i filtri d'onda, dispositivi composti d'induttanze e capacità in combinazioni tali che lasciano passare correnti alternanti di certe frequenze e ne arrestano certe altre. Associando questi apparecchi all'uso della corrente alternante a frequenza rapida quale corrente di supporto per i segnali telegrafici, si può su una linea lanciare simultaneamente più telegrammi portati da frequenze diverse, e destinati a diverse stazioni lungo quella linea; ogni stazione allora, col proprio filtro, seleziona il telegramma che le è destinato; e in questo modo l'utilizzazione economica di una linea si moltiplica in ragione dei telegrammi che si possono inviare simultaneamente. È stata questa la seconda grande applicazione dell'alta matematica alla telegrafia. E attraverso gli studî e i perfezionamenti che ne sono conseguiti, attraverso la tecnica dei cavi, non più solamente pupinizzati, ma armati con induttanza continua (cosiddetti cavi krarupizzati, e altri), e attraverso i nuovi complicati dispositivi di stazioni traslatrici e amplificatrici e al rinnovato studio di tutta la tecnica, la matematica superiore è entrata dominatrice nella telegrafia e telefonia moderna.

Le applicazioni telefoniche in Europa si sono sviluppate attraverso l'impianto delle reti con sistema di telefonia automatico, e quello delle linee interurbane equipaggiate coi sistemi moderni. In Italia lo sviluppo, dopo il 1925, è stato tale che oggidì la nostra nazione occupa un posto avanzato in questo ramo. L'Europa ora si ricopre d'una rete completa di linee telefoniche; e l'Italia sta posando il cavo sottomarino Civitavecchia-Sardegna, che sarà il più lungo cavo telefonico sottomarino del mondo. Ma non s'intravede la possibilità che attraverso cavi si possa fare la telefonia a distanze oceaniche.

Quest'ultimo campo è riservato alle radiotrasmissioni. L'invenzione della valvola termoionica e quelle che ne sono conseguite, di cui dicemmo, hanno prodotto, subito dopo la guerra, l'immensa diffusione della radiofonia, un'industria radicalmente nuova, che con la fabbricazione degli apparecchi riceventi, è diventata negli Stati Uniti l'industria più potente dopo le costruzioni automobilistiche e la cinematografia. I metodi di trasmissione radiotelegrafica ne sono stati influenzati e trasformati, e ora il problema di sfruttare in ogni campo le onde corte e cortissime viene studiato da ogni punto di vista. Le onde corte hanno permesso di trasmettere i segnali lungo tutta la circonferenza terrestre, con potenze d'emissione piccolissime. Molte novità sono certamente da attendere in questo campo. Prossima alla radiotelegrafia e radiofonia, è sorta la tecnica della radiotrasmissione delle immagini: nel 1931 essa era già commerciale. E dall'anno precedente è entrata nella pratica la cinematografia sonora, anch'essa basata sulle proprietà fotoelettriche delle cellule a metalli alcalini, che colpiti dalla luce emettono elettroni.

Per le radiotrasmissioni, per ora limitatamente a scopi militari, sono stati utilizzati i raggi ultravioletti (sistema Majorana) e i raggi ultrarossi (con cellule rivelatrici a tallio, sistema Case). E applicazioni di onde elettromagnetiche, di lunghezza da 18 cm. a 1 m., prodotte con oscillatori a quarzo, e di onde ad alta frequenza, ultraviolette e più corte, fino ai raggi X generati con le lampade Coolidge, vengono ora ricercate dagli inventori per gli scopi più svariati.

L'industria degli apparecchi di misura elettrici e la tecnica delle misure hanno dovuto progredire di conseguenza e svilupparsi sui nuovi indirizzi, per accompagnare questi progressi e queste applicazioni. I metodi di misura applicati a correnti debolissime e a frequenze radio costituiscono ora una tecnica tutta nuova, con largo sviluppo commerciale.

La tecnica degli accumulatori ha continuato a rimanere stazionaria. L'industria delle pile si è definitivamente indirizzata alle pile Leclanché a secco, perfezionate attraverso molti particolari, e in ogni nazione dà lavoro a molte fabbriche.

L'elettrometallurgia e l'elettrochimica hanno progredito; e sono da ricordare i nuovi impianti ove si utilizza l'energia elettrica per la fissazione dell'azoto atmosferico sotto forma di ammoniaca, e dove l'elettrolisi interviene nella produzione dell'idrogeno. Attraverso questa e altre industrie similari, l'intervento dell'elettrotecnica per la produzione dei concimi chimici è in rapido sviluppo. Si sta studiando l'applicazione dell'elettrochimica alla produzione dei composti organici che dovrà aprire nuovi orizzonti.

L'elettrotecnica ora ha parte dominante nella vita del mondo, e mostra una diretta e feconda applicazione delle parti più elevate della fisica e della matematica, quale non si riscontra in nessun altro ramo dell'attività umana.

Bibl.: P. Silvanus Thompson, Dynamoelectric Machinery, Londra, ed. varie, dal 1884 al 1904; A. Stefanini, Le macchine magnetoelettriche e dinamoelettriche, Milano 1885; G. De Marchis, Macchine d'induzione, Milano 1887; R. Ferrini, Recenti progressi nelle applicazioni dell'elettricità, Milano 1892; Martin e Wetzler, The Electric Moto rand its applications, New York 1892; Crosby e Wells, The Electric Railway, New York 1892; Killigworth Hedges, Continental Electric Light Central Stations, Londra 1892; Proceedings of the international electrical Congress, held at Chicago in 1893, New York 1894; J. A. Fleming, Alternate current transformer, Londra 1894; Ph. Dawson, Electric Railways and Tramways, Londra 1897; J. A. Fleming, Electric Lamps and Electric Lighting, Londra 1899; E. J. Houston e A. E. Kennelly, Recent types of dynamo-electric machinery, New York 1900; P. S. Thompson, Polyphase electric currents, Londra 1900; Ph. Dawson, Eletric traction on railways, Londra 1909; E. Morelli, Costruzioni elettromeccaniche, Torino 1919; L. Bouthillon, La théorie et la pratique des radiocomunications, voll. 8, Parigi 1920 e segg.; T. C. Martin, Forty years of Edison service, New York 1922; R. Richter, Elektrische Maschinen, Berlino 1924; E. Montoriol, Les systèmes de télégraphie et téléphonie, Parigi 1925; A. Liénard, Cours d'électricité industrielle, Parigi 1920-29; E. Gérard, Leçons sur l'électricité, Parigi, ed. varie; E. Kittler, Handbuch der Elektrotechnik, voll. 2, Stoccarda, ed. varie; Hawkins, The dynamo, Londra, ed. varie. Si consultino inoltre i resoconti dei vari congressi internazionali d'elettricità.

Dati sullo sviluppo dell'industria delle costruzioni elettrotecniche dal 1913 in poi. - Allo sviluppo delle applicazioni industriali in tutti i rami dell'elettrotecnica, manifestatosi fin dall'ultimo ventennio del secolo scorso e accentuatosi nel periodo susseguente alla guerra, doveva corrispondere, come è già stato osservato, un notevole sviluppo delle costruzioni del macchinario e dell'altro materiale necessario per quelle applicazioni. Con una larga approssimazione si è cercato di valutare questo incremento produttivo, limitandolo al periodo che va dal 1913 agli anni recenti e al materiale di uso più comune: macchine dinamo-elettriche, cavi e fili isolati, commutatori e interruttori, materiale vario d'installazione, strumenti di misura e contatori, apparecchi telefonici e telegrafici, lampade elettriche a incandescenza. Per il complesso dei paesi considerati nella tabella che segue è risultato che, mentre al 1913 la produzione elettrotecnica era di 5 miliardi circa di lire oro, nel 1925 già raggiungeva circa i 14½ miliardi, nel 1927 i 16,7 miliardi. La partecipazione dei diversi paesi all'incremento della produzione, notevole anche tenendo conto del diverso potere d'acquisto dell'oro, non è stata però uniforme. Nel 1913 la Germania e gli Stati Uniti contribuivano quasi in eguale misura (per più di ⅓ ciascuno) a questa produzione; mentre gli altri paesi produttori, che sono soprattutto in Europa, contribuivano ciascuno per cifre molto più modeste. Ma la guerra favoriva gli Stati Uniti, e faceva intensificare la produzione nei minori paesi, onde già nel 1927 mentre il contributo della Germania alla produzione mondiale si riduceva a circa 1/5, quello degli Stati Uniti saliva a circa ½, dell'Inghilterra a 1/8, dei paesi minori. Francia, Svizzera, Giappone, Italia, a cifre più notevoli rispetto a quelle d'anteguerra. Particolari su questo andamento produttivo possono dedursi dalla tabella che segue.

Il commercio internazionale dei prodotti elettrotecnici ha risentito del diverso distribuirsi della produzione fra i varî paesi, nonché del regime doganale che a fini protettivi dell'industria locale, si è andato creando, e non ha avuto quindi un incremento del tutto proporzionale all'incremento produttivo mondiale. L'esportazione mondiale da 851,3 milioni di lire oro nel 1913, è passata a 1752,7 milioni nel 1925, a 2041,2 nel 1927, a 2302,5 nel 1928. Nel commercio dei varî paesi poi si sono avute ripercussioni ancor più sensibili di questo diverso andamento del mercato, e mentre la Germania nel 1913 partecipava, per il 50%, all'esportazione, nel 1928 si riduceva al 29%; gli Stati Uniti invece passavano dal 15 al 24%, mentre l'Inghilterra e gli altri paesi europei salivano complessivamente dal 37 al 45%. Presentemente (1930), il mercato elettrotecnico si può intendere controllato da 4 gruppi: la Germania, che esporta prevalentemente nei paesi europei, e ha anche notevoli interessi commerciali in Egitto, nelle Indie Olandesi, nel Brasile, nel Giappone; gli Stati Uniti che esportano negli altri paesi d'America, nell'Estremo Oriente in Australia; l'Inghilterra che esporta nei dominî e nelle colonie, oltre che nell'America Meridionale; il gruppo minore dei paesi europei che esporta in Europa stessa o nei vicini paesi extraeuropei.

Senza essere assoluta, vi è una certa specializzazione fra i diversi paesi circa i tipi di materiale esportato. Tutti e quattro i gruppi cui si è accennato esportano macchine elettriche. L'Inghilterra esporta notevole quantità di fili e cavi isolati e di apparecchi telegrafici e telefonici, salvo a cedere terreno per ciò che riguarda telegrafia senza fili e radiotrasmissioni, in cui eccellono la Germania, gli Stati Uniti, la Svezia. La Germania ha un'esportazione, oltre che delle specialità indicate, di contatori, lampade e apparecchi elettro-sanitarî. Gli Stati Uniti esportano largamente batterie, apparecchi radio, apparecchi destinati a uso domestico o di riscaldamento industriale, macchinario elettroagricolo. L'Olanda fa una notevole esportazione di lampade a incandescenza.

Dalla tab. 3 si possono ricavare alcune indicazioni circa l'importanza dei diversi gruppi industriali che partecipano alla produzione e al commercio mondiale. È interessante notare che questi gruppi, che hanno origine quasi tutti dalle case costruttrici sorte fra la metà e la fine del sec. XIX (v. la trattazione precedente), sono collegati fra loro o controllano gruppi minori di singoli paesi, e più specialmente, attraverso società finanziarie e tecniche sussidiarie, l'attività delle diverse imprese di produzione e distribuzione d'energia (v. elettrica, energia).

Per quanto riguarda più in particolare l'Italia, è da dire che nel quadro complessivo dell'industria meccanica, il ramo elettrotecnico occupa uno dei primi posti per l'estensione dei suoi impianti, per il numero delle maestranze occupate, per l'entità della produzione. Le prime imprese elettrotecniche si costituirono fin dall'inizio del secolo, ma, nonostante che esse procedessero a costruzioni di notevole valore tecnico (nel 1908, di alcuni trasformatori della potenza da 3000 a 3100 kW ciascuno, capaci di fornire corrente alla tensione, allora assolutamente eccezionale, da 75.000 a 90.000 volt) non ebbero fino alla guerra un grande sviluppo, e si mantennero in numero limitato e in modesta efficienza complessiva. Le necessità della guerra e dell'immediato dopoguerra, e soprattutto l'attuazione di un vasto programma di sfruttamento delle forze idriche dovevano però dar loro grande sviluppo.

Al 1928, si accertava l'esistenza di 7 ditte costruttrici di macchinario elettrico con più di 1000 operai; di 3 altre con un numero di operai da 500 a 1000, oltre a moltissime ditte minori (circa 1000) con un numero di operai inferiore a 500. Il carattere speciale degli sfruttamenti elettrici italiani ha posto a queste imprese problemi tecnici molto complessi. Circa la potenza del macchinario, non è inutile ricordare che, mentre al 1919 si costruivano ancora alternatori a 18.000 kW a 500 giri circa al minuto, in anni recenti si è arrivati ad alternatori aventi intorno a 50.000 kW. di potenza a 250-300 giri circa al minuto. I trasformatori costruiti nel 1919 con potenza, in media, di 22.000 kW e tensione di 60.000 volt, in anni recenti si sono costruiti a circa 50.000 kW e con tensione di 250.000 volt. Alla Fiera di Milano del 1928, vennero esposti anche due trasformatori capaci di fornire corrente alla tensione di 600.000 volt. Naturalmente questi progressi tecnici hanno dato all'industria la possibilità di espansione all'estero, rendendo possibile, come risulta del resto dalla seguente tabella 4, un maggior equilibrio di valori nel commercio con l'estero dei prodotti elettrotecnici.

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