Elios

Enciclopedia Dantesca (1970)

Elios

Gian Roberto Sarolli

Nome di divinità classica del Sole, che D. impiega per Dio, in Pd XIV 96 O Elïòs che sì li addobbi!, con riferimento ai beati del cielo del Sole. Benché D., com'è stato fatto notare (Toynbee), si riferisca a Dio come al sole, tuttavia quello che non è stato finora sottolineato è l'impiego del termine E. accompagnato da quel verbo ‛ addobbare ', che son qui ‛ apaxlegomena ', in un passo così suggestivo perché è relativo al momento stesso in cui dal cielo del Sole D. sta per entrare nel cielo successivo, quello di Marte, nel quale campeggia la grande croce in cui lampeggiava Cristo (v. 104).

Ciò che finora è stato al centro dell'esegesi del commento secolare, da Pietro fino ai contemporanei, si è tradotto nella ricerca delle cause diciamo pure esterne dell'impiego del termine, trascurando il valore pregnante che proprio quei due ‛ apaxlegomena ' volutamente accostati acquistano nel discorso dantesco. E con fondatissime ragioni si è discusso sull'ibridismo di quella voce E. nata, così è apparso, " per confusione " della voce greca helios, sole, e dell'ebraica heli, heloy, Dio, helyon, del quale Pietro e Benvenuto han detto essere uno dei nomi di Dio in quella lingua e che D., rifacendosi ai passi evengelici (" Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna dicens: Eli, Eli, lamma sabacthani? hoc est: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? ", Matt. 27, 46); " Et hora nona exclamavit Iesus voce magna dicens: ‛ Eloi, Eloi, lamma sabacthani? ' quod est interpretatum: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? ", Marc. 15, 34-35), cita giustamente nel Purgatorio (XXIII 73-75): ché quella voglia a li alberi ci mena / che menò Cristo lieto a dire ‛ Elì ', / quando ne liberò con la sua vena, dimostrando con l'impiego del termine lieto " una puntuale conoscenza dell'esegesi del Salmo 21 che della Passione è il più alto testimonio " (Sarolli).

Prove di tali conoscenze linguistiche ed esegetiche in D. si troveranno ancora e nella dissertazione sui nomi di Dio in terra, con Adamo (Pd XXVI 124 ss.; e El si chiamò poi, v. 136), e nella discussione nel De vulg. Eloq. (I IV 4-5 quod Deus est, scilicet El, vel per modum interrogationis, vel per modum responsionis... Nam sicut post praevaricationem humani generis quilibet exordium suae locutionis incipit ab ‛ heu ', rationabile est quod ante qui fuit inciperet a gaudio; et cum nullum gaudium sit extra Deum sed totum in Deo, et ipse Deus totus sit gaudium, consequens est quod primus loquens primo et ante omnia dixisset ‛ Deus '), in cui appaiono contaminate e incrociate le sue ‛ fonti ' che utilizzano le glosse sia di Isidoro (Etim. VII I 3 " Primum apud Hebraeos Dei nomen El dicitur ") che di Uguccione da Pisa (" ab ely, quod est Deus, dictus est sol elyos, quod pro deo olim reputabatur "). A questo poi aggiungeremo che quel che non è stato ulteriormente illustrato è proprio la scelta di quell'ibridismo linguistico che in questo passo e precipuamente per la vicinanza del nome di Cristo si apre a istanze che superano il già pur ricco dato lessicografico.

Nella memoria di D. sia il nome E. che il verbo ‛ addobbare ' richiamavano non solo i passi evangelici già citati ma almeno altri due dai Vangeli di Matteo (" Considerate lilia agri... Dico autem, vobis, quoniam nec Salomon in omni gloria sua coopertus est sicut unum ex istis... Deus sic vestit ", Matt. 6, 28-30) e di Luca (" Anima plus est quam escam, corpus plus quam vestimentum... Considerate lilia ... dico autem vobis, nec Salomon in omni gloria sua vestiebatur sicut unum ex istis... Deus sic vestit ", Luc. 12, 23; 25-26), quelli appunto dove viene condannata ogni terrena sollecitudine - ben allusivamente in questo stesso canto XIV di Paradiso (Qual si lamenta perché qui si moia / per viver colà sù, vv. 25-26) richiamata - e dove inoltre il corpo viene paragonato a un " vestimentum ".

La scelta di E. per indicare Dio - " sol Justitiae " - compie dunque nel vocabolario sempre altamente specializzato di D. (che recupera altri nomi di divinità classiche, da Giove ad Apollo, a Minerva, sempre per indicare il Dio Trinitario seguendo del resto lo stesso Alano da Lilla, tanto per impiegare un esempio noto alla dantologia), una polisemica funzione, quella insieme del recupero della tradizione classica (e della sua fusione con l'impiego del plurilinguismo) e quella più specifica nel nostro caso di anticipare, esaltandolo, l'imminente impiego del nome di Cristo, e della croce, che della resurrezione è stato il divino artefice nel canto appunto della resurrezione.

Bibl.-Per gli apaxlegomena nella Commedia e per il problema del plurilinguismo, cfr. G.R. Sarolli, Prolegomena alla D.C., Firenze 1969. Si vedano inoltre P. Toynbee, Dante Studies and Researches, Londra 1902, 112; E. Soprano, in Lect. Scaligera III 481-499.