ELIOTERAPIA

Enciclopedia Italiana (1932)

ELIOTERAPIA (dal gr. ἥλιος "sole" e ϑεραπεία "cura")

Cesare Patrizi

È la cura del sole. In ogni tempo il sole fu considerato, oltre che l'elemento vivificatore della natura, un mezzo prezioso per prevenire e guarire molte malattie; i Greci eseguivano molti esercizî ginnastici a corpo nudo sotto i raggi del sole: i Romani esponevano in terrazze speciali dette solaria i corpi sani per fortificarli e quelli ammalati per guarirli. Col fiorire del Rinascimento l'elioterapia, che fino allora rappresentava una pratica puramente empirica, acquistò veste scientifica. Già nel 1769 Lazzaro Spallanzani metteva in evidenza l'azione battericida del sole sugli esseri organizzati; nel 1815 lo Chauvin prescriveva le cure elioterapiche nelle affezioni debilitanti l'organismo e quasi nella stessa epoca Rikli costruiva presso Trieste il primo istituto elioterapico; nel 1853 T. Vanzetti guariva con le cure solari le artriti croniche e le osteoperiostiti tubercolari; nel 1893 N. R. Finsen, e prima di lui Sciascia, distinsero nettamente l'azione dello spettro violetto e ultravioletto della luce solare da quello rosso e ultrarosso. Negli ultimi venti anni gli studî e le ricerche si sono moltiplicati a dismisura per opera di studiosi di tutto il mondo, portando l'elioterapia a un grado così completo di perfezione da farla assurgere a mezzo terapeutico di primissimo ordine.

La conoscenza esatta dello spettro solare rappresenta una condizione indispensabile per poter comprendere l'azione dell'elioterapia; non tutti i raggi infatti esplicano un'identica azione sull'organismo: quelli dello spettro invisibile ultrarosso, a grande lunghezza d'onda, sono fondamentalmente calorifici, quelli dello spettro visibile a lunghezza d'onda variabile sono prevalentemente luminosi, quelli dello spettro invisibile ultravioletto sono esclusivamente chimici; precisamente a questi ultimi, denominati anche raggi attinici, viene attribuita prevalentemente l'azione terapeutica della luce solare

La luce solare anzitutto agisce come potente mezzo microbicida; ciò è confermato, oltre che da molte esperienze di gabinetto, dal rilievo clinico che nei malati insolati sono rarissime le affezioni cutanee microbiche; la luce solare influisce sulla pressione del sangue abbassandola, sulla composizione del sangue aumentando il numero dei corpuscoli rossi, la percentuale d'emoglobina e il numero dei globuli bianchi (particolarmente degli eosinofili e dei linfociti), sulla diuresi attivandola, sul ricambio accelerandolo, sul sistema nervoso tonificandolo; localmente i raggi solari provocano uno stato iperemico della cute aumentando corrispondentemente la funzione delle ghiandole sudoripare e sebacee. Il fenomeno più interessante che l'irradiazione determina nella cute è rappresentato dalla pigmentazione. È noto che, quando un individuo viene esposto alla luce del sole, dopo poco si stabilisce sulla pelle un arrossamento più o meno vivo denominato eritema; questo, dopo pochi giorni, cede il posto a una pigmentazione bruna che, lieve dapprima, va poi intensificandosi nelle applicazioni successive fino a un massimo, raggiunto il quale essa non subisce ulteriori oscillazioni. Tale colorazione bruna della cute è dovuta a un deposito di pigmento ematico nello strato malpighiano e deve la sua origine a modificazioni intervenute nell'apparato adrenalino-simpatico dell'organismo. Oggetto di grandi discussioni è stata ed è tuttora l'interpretazione del suo significato: secondo alcuni esprimerebbe una difesa dell'organismo di fronte alla penetrazione dei raggi luminosi nei tessuti profondi, secondo altri significherebbe uno stato immunitario locale, secondo altri, ancora, rappresenterebbe un mezzo di difesa di fronte ai raggi a corta lunghezza d'onda dannosi per i nostri elementi cellulari; Rollier e Rosselet pensano che al pigmento sia devoluto l'ufficio di trasformare i raggi ultravioletti e luminosi in raggi a grande lunghezza d'onda; altri infine ritengono che il pigmento rappresenti come un accumulatore d'energia solare che verrebbe per suo mezzo trasportata col sangue a tutti i tessuti. Per quanto l'accordo fra gli autori non sia ancora completo, si può concludere dall'osservazione clinica che una buona pigmentazione cutanea esprime generalmente una buona capacità difensiva dell'organismo e consente di formulare una prognosi relativamente favorevole.

Tecnica elioterapica. - Una prima questione è quella che riguarda la località preferibile per una cura solare; alcuni ritengono che l'elioterapia debba essere praticata esclusivamente in alta montagna perché ivi lo spettro è più ricco di raggi ultravioletti; altri, invece, che il luogo più adatto sia la riva del mare; numerosi autori sono concordi nell'affermare che le cure solari possono essere praticate anche in pianura e persino nel cuore di grandi città continentali e nell'ammettere che i risultati talora migliori che s'ottengono in montagna e al mare dipendano piuttosto dai fattori climatici complementari proprî di queste località. Si deve pertanto concludere che nello scegliere il luogo deve essere sempre seguito un criterio individualistico che tenga in giusto valore, da un lato le caratteristiche dello spettro solare e del clima di quella località, da un altro le condizioni e le esigenze del paziente. Partendo dal concetto che l'elioterapia è tanto più efficace quanto più vasta è la superficie corporea irradiata, l'insolazione dovrà essere sempre, per quanto possibile, generale. La cura va praticata a dosi progressivamente crescenti senza raggiungere mai all'inizio un'intensità tale da provocare forti reazioni locali e generali. L'ora più indicata per l'insolazione è, nei mesi invernali, dalle 10 alle 11 e dalle 12 alle 14, in quelli estivi, dalle 7 alle 10 e dalle 14 alle 17. La temperatura dell'ambiente deve oscillare fra + 20° e + 25°; sono sconsigliabili i bagni di sole a temperature superiori, che debilitano profondamente gli ammalati e provocano facilmente la comparsa d'una grave complicazione: il colpo di sole. L'insolazione viene abitualmente eseguita ad ammalato coricato, col capo protetto da un ampio cappello bianco e gli occhi da occhiali verdi, su terrazze o verande riparate dal vento, sulla neve, sulla spiaggia, in barca, ecc. (figg. 1 e 2).

Rollier nel dettare i criterî di dosaggio da lui seguiti nell'istituto di Leysin così s'esprime: dopo una progressiva acclimatazione del malato al clima d'altitudine, s'inizia il trattamento esponendo al sole per 5 minuti in tre sedute separate da un'ora d'intervallo i piedi del paziente; il giorno successivo si ripete l'applicazione precedente protraendola fino a 10′ e aggiungendo l'esposizione delle gambe per 5′; in seguito, nel procedere della cura, a mano a mano che si prolunga la durata delle sedute s'estende la superficie d'irradiazione alle cosce, all'addome, agli arti superiori e al torace fino a che si perviene, nello spazio d'una diecina di giorni, al bagno di sole generale; a questo punto si prolunga lentamente la durata generale dell'insolazione portandola da una a due a quattro a sei ore a seconda del caso; la durata media d'irradiazione è di tre ore. Se sulla superficie cutanea esistono piaghe, fistole suppuranti, queste devono essere deterse da qualunque genere di pomate ed esposte liberamente all'azione dei raggi del sole.

Gli accidenti che possono intervenire dopo le prime applicazioni sono d'indole locale e d'indole generale; fra i primi vanno ricordati: intensi eritemi (più facili a istruirsi negl'individui di carnagione bionda), dermatosi bollose, efelidi, hydroa aestivalis, xeroderma pigmentoso, sudamina, eritemi pellagrosi o pellagrososimili; fra i secondi: il colpo di sole, caratterizzato da ipertermia, cianosi, sudorazione diffusa, sete ardente, aritmia, vertigini, cefalea. Tutti questi ordini di fenomeni si evitano facilmente procedendo sempre con grande prudenza nelle applicazioni iniziali.

Applicazioni terapeutiche. - In primissima linea stanno le affezioni di natura tubercolare e soprattutto la tubercolosi osteo-articolare nella quale le cure solari hanno sostituito in gran parte quelle chirurgiche: le vecchie piaghe suppuranti si detergono, i sequestri ossei si eliminano, gli infiltrati peri- ed endoarticolari si riassorbono e i tessuti stimolari nelle loro facoltà rigenerative entrano in una attiva proliferazione che conduce alla restitutio ad integrum della parte; uno degli effetti più sorprendenti è la rapida scomparsa del dolore; per tal modo, oltre a essere alleviate le sofferenze del paziente, si evitano quelle false anchilosi che molte volte rappresentano una condizione preparatoria alla formazione d'anchilosi permanenti; per non citare che alcuni esempî di localizzazione tubercolare articolare e ossea, basterà ricordare la coxite e il morbo di Pott; in ambedue queste gravi malattie la cura elioterapica, purché lungamente protratta e associata all'immobilizzazione con speciali apparecchi di trazione, conduce a risultati così brillanti da elevare, secondo il Rollier, all'86% la percentuale delle guarigioni. Anche nella tubercolosi ghiandolare la cura solare rappresenta uno dei migliori metodi di terapia, tanto se il processo sia nel primo stadio proliferativo quanto nell'ultimo di colliquazione caseosa e di fistolizzazione. Risultati pure buoni s'ottengono nella localizzazione tubercolare sulle grandi sierose pleurica e peritoneale; in questi casi, è bene ricordarlo, il trattamento solare non deve essere mai iniziato nello stadio acuto della malattia, quando esiste febbre elevata, e nei casi conplicati a lesioni polmonari e intestinali. Nella tubercolosi renale il Rollier vanta molti successi che secondo l'autore dipenderebbero, oltre che dall'influenza battericida sclerogena e tonica dei raggi solari, dal fatto che questi, attivando la funzione della cute, vengono indirettamente a sollevare il lavoro del rene e ne favoriscono per tal modo la guarigione. Discussa è ancor oggi l'influenza dell'elioterapia nella tubercolosi polmonare; secondo il Rollier le cure di sole possono essere applicate senza timore anche nelle forme emottoiche; secondo i più, invece, devono essere proscritte in tutti i casi di lesione specifica del parenchima polmonare; il criterio medio che si deve seguire in tali casi è quello di limitare i bagni di sole alle forme di tipo sclerotico decorrenti senza febbre e senza emottisi. Nella tubercolosi laringea l'elioterapia trova una qualche indicazione in casi di lesioni circoscritte superficiali, mentre è controindicata nelle infiltrazioni diffuse; essa si pratica mediante apparecchi a specchi che riflettono i raggi solari sulla mucosa laringea. La tubercolosi cutanea rappresenta uno dei campi più importanti d'applicazione delle cure solari; queste si praticano in sedute gradatamente e lentamente crescenti, iniziando con irradiazioni di un quarto d'ora e procedendo fino alla durata di 2 o 3 ore; in un primo periodo la parte ammalata si ricopre di un'abbondante trasudazione sierosa, poi si deterge acquistando un bel colorito roseo e, a poco a poco, si rimargina con la formazione d'una cicatrice piana.

All'infuori delle affezioni di natura tubercolare, l'elioterapia trova la sua indicazione in moltissimi altri processi morbosi, quali: piaghe atoniche, ulceri da ustioni, ulceri varicose, psoriasi, foruncolosi, alopecia, ferite suppuranti, fratture a lenta consolidazione, dermiti da raggi X, ecc. Una menzione particolare va fatta per il rachitismo che oggi l'opinione concorde dei clinici riconnette fondamentalmente con le condizioni ambientali malsane dei bambini e in modo speciale con la deficienza di sole; la conferma d'una tale ipotesi la si può trarre dalla constatazione dei brillanti risultati che s'ottengono in questa malattia con le cure elio-talassoterapiche.

Di fronte a queste numerose indicazioni esistono anche per le cure solari alcune controindicazioni: esse sono rappresentate, oltre che dalla tubercolosi polmonare, dai processi infiammatorî in stadio acuto (artriti, pleuriti, peritoniti, malattie infettive), dalle malattie di cuore scompensate, dalla gravidanza, dall'età molto avanzata del soggetto, dalla profonda cachessia.

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