Elisei

Enciclopedia Dantesca (1970)

Elisei

Renato Piattoli

Antica famiglia fiorentina discesa, secondo la leggenda, da un giovane Eliseo della famiglia Frangipani di Roma che, venuto a Firenze a dirigerne la ricostruzione dopo l'eccidio portato alla città da Totila, vi avrebbe preso stanza. Un'altra tradizione le dà origine da un antico Uberto che avrebbe sposato in Roma una fanciulla, sorella di un tal Elisione. Una terza versione, raccolta anche dal Bruni, vuole gli E. discesi da Eliseo, fratello di Cacciaguida, trisavo di Dante. Il Bruni soggiunge che " Cacciaguida e fratelli e loro antichi abitorno quasi in su 'l canto di Porta San Piero, dove prima vi s'entra di Mercato Vecchio, nelle case che ancor oggi si chiamano degli Elisei, perché a loro rimase l'antichità ". Antichissimi cavalieri li dice il Malispini, e tali li fa sin dai tempi di Carlomagno. Il Villani (IV 11) aggiunge: " Elisei che simile sono oggi popolani, che stanno presso a Mercato Vecchio ". Vennero anche detti " de Arcu pietatis ", da una volta o da un antico arco, probabilmente un'arcata dell'acquedotto romano, che nel Medioevo avrebbe ottenuto e goduto del diritto di asilo.

Una carta di livello della badia di S. Maria di Firenze del 2 aprile 1076, che tratta di un terreno " qui detinent filii et nepotes Morunti de Arcu " nel luogo Pinti, e confinante con un altro terreno della chiesa di S. Martino, al cui popolo o parrocchia appartennero gli Alighieri, offre materia di riflessione. La precisazione " de Arcu " infatti richiama gli E., mentre il nome " Moronto " gli Alighieri; quindi si può avanzare l'ipotesi che questo Moronto del sec. XI sia stato il trisnonno o un antenato di grado ancor più lontano di Cacciaguida, tenendo presente che il documento parla di figli e nipoti di quel Moronto. Può anche essere che Moronto fosse il capo del ceppo familiare non ancora distintosi in famiglie con proprio cognome, divisione che sarebbe avvenuta ai tempi di Cacciaguida, rimanendo a quelli che si chiamarono E. le vecchie case del ceppo stesso, donde si sarebbero staccati anche gli Alighieri e gli altri consorti, i Biliotti.

Sembra che D. ci tenesse molto a essere consorte degli E., per quanto sia improbabile che conoscesse di persona qualcuno dei maschi della famiglia: fieramente ghibellini, certamente uscirono da Firenze la notte di Pasqua 1267, in seguito alla vittoria guelfa conseguente alla battaglia di Benevento. Subito dopo, gli E. entrarono nei libri degli sbanditi ghibellini: il nobile cavaliere Arrigo infatti venne esiliato con i figli Liseo e Bonaccorso e tutta la casata. Messer Bonaccorso, giudice e professor iuris, trovò rifugio in Pisa ghibellina, poi poté ritornare in patria nel 1280 in seguito alla pacificazione tra i partiti promossa dal cardinale Latino; ma non è citato nessuno della famiglia negli elenchi di nomi di expromissores dell'osservanza dei patti della pace. Sembra che, rientrato, dovesse passare delle traversie, per quanto le autorità comunali prendessero le sue parti, e che abbandonasse il titolo di professor iuris.

Quando gli E. partirono per l'esilio, D. era troppo giovane d'età per conoscere di persona qualche uomo della famiglia; può essere che ne conoscesse qualcuno quando fece parte della compagnia malvagia e scempia (Pd XVII 62), per quanto nessun E. sia citato nei documenti sulla composizione di quella compagnia.

Secondo il Davidsohn i rapporti degli E. con i conti Guidi - sia infatti il Bonaccorso giurista che suo figlio Arrigo medico prestarono la loro opera per i conti di Modigliana - poterono favorire l'accesso di D. nella familiarità del ramo ghibellino di questa famiglia, e il suo soggiorno nel castello di Porciano " ad fontem Sarni " (1311). Come D., gli E. vennero esclusi dai benefici della cosiddetta riforma di Baldo d'Aguglione del 2 settembre 1311.

Messer Bonaccorso sposò Ravenna di Catello dei Nerli, da cui oltre al medico Arrigo ebbe i figli Iacopo e Leonardo. Quest'ultimo testò il 25 febbraio 1372 lasciando eredi i figli Bonaccorso e Liseo natigli da una Adimari. Liseo venne a mancare intorno all'anno 1400, e nel testamento lasciò erede l'ospedale di S. Maria Nuova; con questo atto di generosità si concluse la storia della famiglia Elisei.

Bibl.-Principale fonte araldico-genealogica, è negli Spogli del Senatore dell'Ancisa A, Bb, Ll, in Arch. di Stato di Firenze; L. Schiaparelli, Le carte del Monastero di S. Maria in Firenze, I, Roma 1913, 271-274 n. 109; R. Malispini, Cronica, Firenze 1718, 29, 53, 57, 58, 60, 141; L. Bruni, Vita di D., in Le vite di D., Petrarca e Boccaccio, a c. di A. Solerti, Milano [1904] 98; Ildefonso DI S. Luigi, Delizie degli eruditi toscani, VIII, Firenze 1777, 278-279; L. Passerini, La famiglia di D., in D. e il suo secolo, ibid 1865, 224-225; R. Davidsohn, D., I conti Guidi e gli E., in " Bull. " XIX (1912) 221-225; ID, Storia, ad indicem.

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