EMANUELE da Como

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 42 (1993)

EMANUELE da Como

Maria Barbara Guerrieri Borsoi

Nacque a Como, come si ricava dalle fonti e dalle firme apposte su alcuni dipinti, probabilmente intorno al 1625 (Orlandi, 1734, p. 153). Entrò nell'Ordine francescano come fratello laico professo in data imprecisata, né si ha alcuna notizia sulla famiglia e sul cognome di nascita.

La sua formazione artistica avvenne, secondo l'Orlandi (ibid.), nella città di origine come autodidatta. Il Lanzi (1809, p. 345) giudica negativamente questa formazione perché parlando di un'UltimaCena, eseguita in patria, la dice dipinta con la debole maniera della scuola milanese "cadente".

Secondo Bagatti (1934, p. 295), l'opera citata dal Lanzi è quella che da S. Croce passò al seminario vescovile (Monti, 1902, p. 134). Oggi essa si trova nel centro pastorale "Cardinal Ferrari" (ex seminario maggiore). In realtà, il dipinto non presenta rilevanti differenze stilistiche rispetto alle due tele con lo stesso soggetto dipinte dall'artista negli anni '90 (quella del duomo di Assisi e quella del 1692 proveniente da Rocca Antica, dove, anzi, il gruppo centrale con Gesù e s. Giovanni ritorna identico). Le analogie sono certo superiori ai contrasti cosicché si deve pensare che il quadro non sia l'opera citata dal Lanzi o che sia errato considerarla giovanile.

Allo stato attuale delle conoscenze è molto difficile ricostruire i vari movimenti del pittore da un convento all'altro del suo Ordine e la conseguente produzione di opere sacre. Oltre al Lanzi anche le fonti siciliane lo dicono concordemente allievo di A. Scilla (Susinno, 1724, p. 251; Hackert-Grano, 1792, p. 33; Memorie…, 1821, p. 235). Secondo il Susinno l'incontro sarebbe avvenuto a Roma; è noto che il pittore siciliano si trattenne in questa città dal 1646 al 1651 e nuovamente dopo il 1679, ma non abbiamo alcuna informazione sulla presenza a Roma di E. intorno alla metà del secolo. È più probabile che quest'incontro sia avvenuto in Sicilia, ove sono ricordate varie sue opere: affreschi nel chiostro di S. Maria di Portosalvo a Messina (distrutti), altri nel chiostro di S. Francesco del convento di San Fratello (cfr. Sicilia, 1968) e un dipinto nel convento di Petralia Sottana.

Questo quadro, raffigurante la Madonna degli Angeli, Gesù e s. Francesco inginocchiato, fu dipinto su commissione del barone Pietro di Figlia, che era stato fra i principali benefattori del convento sin dal primo momento dell'edificazione, avvenuta a partire dal 1663 (Roma, Arch. centr. d. frati minori, Notizie…, f. 56; Coco, 1932, p. 201).

Secondo il Bagatti (1934, p. 298), intorno al 1660 il pittore sarebbe stato a Chieri, dove dipinse nel convento della Pace una Natività per l'altar maggiore della chiesa, ancora esistente.

La data sembra derivare dall'interpretazione di un passo del Bosio (1880, p. 331), in cui si afferma che nel 1661 l'altare era sotto il patronato di Bernardino Garimoldi, che ne pagò l'ancona. Non pare che se ne possa dedurre la datazione del quadro a quell'anno, sembra inoltre assai strano che il pittore sia stato in Sicilia, poi a Chieri e successivamente sia tornato a Petralia Sottana: sembra più logico pensare che il quadro di Chieri sia successivo al soggiorno siciliano.Bisogna comunque ricordare che in un certo momento della sua vita l'E. appartenne alla provincia piemontese dell'Ordine, prima di essere incorporato in quella romana (Bagatti, 1934, p. 298).

Bagatti (ibid., p. 297) ipotizza anche un secondo soggiorno in Lombardia che non è però ancorabile a date precise.

Una Pietà e santi francescani, di buono stile e pertinente all'età adulta, è citata dal Lanzi (1809, p. 345); essa è stata identificata con il quadro oggi in S. Giacomo a Como ma proveniente dalla chiesa di S. Croce (Mosconi-Lorenzi, 1983, p. 188). Questa tela è, però, stilisticamente molto diversa dalla produzione successiva dell'artista: lo spazio è totalmente occupato da innumerevoli figure gesticolanti ed è privo di profondità, né si evince alcun riecheggiamento dei modi scilleschi.

Opere di E. si trovano anche nel convento di S. Maria del Fiume a Dongo (Como) sia nel chiostro, ove sono raffigurate Storie di s. Francesco, sia nella prima cappella a destra della chiesa (Sevesi, 1914, pp. 50, 55; Mosconi-Lorenzi, 1983, pp. 240 s.). Gli affreschi del chiostro sono stati giudicati assai simili a quelli che E. dipinse alla Verna (Sevesi, 1928, p. 507), ma Ripamonti (1989), nel presentare i dipinti del chiostro, ha ricordato due scritte dipinte che ne fisserebbero l'esecuzione al 1651-54 e ne indicherebbero come committenti due fratelli Scanagatta.

A partire dagli anni Settanta le notizie si fanno più numerose e circostanziate. Gli affreschi eseguiti alla Verna (Chiusi), nel passaggio di collegamento fra la chiesa maggiore e quella delle Stimmate, narrano, in innumerevoli scene, la Vita di s. Francesco (secondo Mencherini [1907, p. 139], sono ascrivibili al 1670; secondo Bagatti [1931] al 1671-72; cfr. anche Bagatti, 1934, pp. 298 ss. con illustrazioni). Oltre a questo ciclo, alterato da ridipinture sin dal XIX secolo, E., secondo il Bagatti (ibid., p. 300), realizzò anche alcune pitture su tela. La composizione delle scene è semplice, le figure essenziali, lo spirito di fondo dell'intera decorazione è devozionale e pietistico.

Il Bagatti (ibid., p. 298) colloca prima del soggiorno alla Verna alcune opere di E. ad Assisi. Si tratta di affreschi nella chiesa nuova e nel duomo di S. Rufino, tutti perduti, e di una tela raffigurante l'Ultima Cena, conservata in duomo (Pittura del '600 e '700 …, 1980).

Secondo il Bagatti (ibid.), tutte queste opere si datano tra il 1660 e il 1663, ma tali estremi cronologici si riferiscono piuttosto agli edifici che ai dipinti di fra' Emanuele. La tela recherebbe la scritta "Fr. Emmanuel a Como Strict. Obser. ex Prov. Romae pingebat 1606" (Loccatelli Paolucci, 1864), ove l'anno è chiaramente mal trascritto ma l'indicazione dell'appartenenza alla provincia romana sposta l'esecuzione a una data posteriore al 1674. Secondo Luigi da Rieti (1888, p. 122), l'opera fu fatta per il vescovo di Assisi, F. G. V. Lucchesini, il quale ricoprì il suo incarico dal 1693 al 1698, ed è probabile che il quadro possa effettivamente risalire a tale momento poiché esso presenta strettissime analogie, sia nella composizione d'insieme, sia in alcune figure riprese in modo identico, con l'Ultima Cena, dipinta da E. nel 1692, attualmente conservata nel seminario lateranense (proveniente da Rocca Antica; cfr. Ludovico da Modena, Cronaca…, III, f. 87). La data del dipinto di Assisi potrebbe pertanto essere 1696.

Dopo i lavori alla Verna E. si trasferì a Roma, dipingendo entro il 1672 l'aula magna del convento di S. Isidoro che, fra le sue decorazioni superstiti, può essere considerata la più nota e interessante.

La data risulta dall'iscrizione esistente nell'aula stessa, fatta apporre da padre Patrick Tyrell, guardiano del convento e patrocinatore dell'opera, ed è ribadita da una lettera rintracciata dal Baudi di Vesine (1966, II, pp. 445 s.): il re sabaudo chiamava a Torino il pittore, che differì il viaggio perché impegnato nell'opera suddetta (non è noto se tale spostamento ci fu effettivamente e in quale data).

La decorazione di S. Isidoro comprende soggetti sacri, ritratti di eminenti uomini della Chiesa e un grande affresco con Luca Wadding e collaboratori in una biblioteca (Daly, 1971).

Questa scena è caratterizzata da un'impostazione prospettica tradizionale ma anche da una discreta capacità narrativa, come mostra l'atteggiamento differenziato dei frati e l'inserto cronachistico del monaco arrampicato sulla scala alla ricerca di un libro. Tutti i ritratti della sala hanno un forte carattere realistico, analogo a quello delle lunette con cardinali che E. dipingerà più tardi a S. Francesco a Ripa.

Il 9 genn. 1674 il pittore fu associato alla provincia francescana romana (Bagatti, 1934, p. 302) e da quel momento vi restò sino alla morte anche se furono probabilmente numerosi i trasferimenti temporanei.

Uno di questi, a Parma nel 1684, è documentato da lettere del cardinal C. d'Estrées, che lo aveva preso al suo servizio per copiare alcuni celebri dipinti (Campori, 1866, pp. 132 s.). Molti altri trasferimenti, furono probabilmente da lui compiuti nei vari conventi della provincia romana ove le fonti indicano la presenza di sue opere ma certo la chiesa di S. Francesco a Ripa rimase al centro del suo operato come dimostrano le numerose opere che vi eseguì.

La più importante decorazione eseguita da E. a S. Francesco a Ripa fu quella del chiostro.

Questo assunse la forma attuale dopo la ristrutturazione della chiesa, eseguita da Matthia De Rossi a partire dal 1681; la decorazione era già completa nel 1686 allorché fu citata dal Titi (1686). Dal padre Ludovico da Modena si apprende con chiarezza che l'intervento di E. interessò tutte le pareti, non solo quella addossata alla chiesa e rifatta dal De Rossi, e sostituì un ciclo pittorico precedente, del 1654, che ne aveva a sua volta cancellato un altro ancora più antico (Ludovico da Modena, Cronaca…, I, f. 167).

Santi e beati dell'Ordine sono dipinti entro le lunette formate dalle volte del chiostro e nei sottostanti medaglioni; solo nel lato addossato alla chiesa si trovano invece effigi di cardinali francescani, di pontefici e di sovrani entrati nell'Ordine e la scena con La conferma della regolada parte di Onorio III. Dell'intero ciclo sopravvivono, oltre a questo lato, poche lunette e alcuni frammenti affioranti sotto lo scialbore ottocentesco, ma è probabile che i restauri in corso possano recuperare cospicue parti della decorazione.

Il Bagatti (1934, p. 306) data l'intero ciclo al 1700, basandosi su una citazione del cronista del convento che si riferisce al completamento della seconda scena del chiostro raffigurante il Crocifisso fra santi francescani, ubicata vicino alle scale che conducono al coro (Ludovico da Modena, Vicende…, f. 24 dell'Appendice). In realtà solo questa scena fu eseguita in tale data per sostituirne un'altra, di analogo soggetto, sopravvissuta dal ciclo precedente, come si ricava chiaramente da un altro passo dello stesso autore (Cronaca…, I, f. 332). Infine E. dipinse, ugualmente nel 1700, due pilastri angolari interni del chiostro (Ludovico da Modena, Vicende…, f. 24 dell'Appendice).

La scena della Conferma della regola ha un'impostazione didascalica e in questo caso anche ingenuamente celebrativa. L'evento è trasposto nel mondo contemporaneo al pittore che nell'impaginare la composizione mostra la sua appartenenza alla cultura tardobarocca, in parte di ascendenza marattesca.

La bonomia d'animo dell'artista appare chiaramente nelle innumerevoli effigi di santi che costituiscono la parte predominante della decorazione; immemori di ogni sacrificio, assorti nella contemplazione di Dio, furono dipinti in quanto modelli esemplari di vita cristiana, veri imitatori di Cristo come li definisce Ludovico da Modena. Appaiono molto diverse le figure dei cardinali dell'Ordine, rappresentati con il proprio stemma terreno e intenti a discutere fra loro, molto più umanamente accalorati e polemici.

E. realizzò numerose altre opere per il convento di S. Francesco: nel 1682 dipinse la tela con S. Diego guarisce gli infermi (oggi nei locali del Museo di S. Carlo da Sezze presso la chiesa), un tempo collocata nella cappella dell'infermeria insieme con un'altra perduta, raffigurante S. Anna, la Madonna ed il Bambino (Ludovico da Modena, Cronaca…, I, ff. 294, 298). Per il refettorio egli eseguì una tela con l'Ultima Cena (perduta), collocata al suo posto il 10 apr. 1696 (ibid., f. 299). In chiesa, nella cappella del Crocifisso, dipinse i pennacchi, oggi molto deteriorati, ed una tela con S. Clemente martire (ibid., ff. 245, 248). Suo era infine un S. Francesco di sei palmi elencato fra i quadri della sacrestia (Inventario …1709, f. 8).

A Roma dipinse altre opere, non rintracciate, per le chiese francescane di S. Bonaventura (tela con la Trinità, s. Rosa e s. Agnese per la cappella dell'infermeria: Ludovico da Modena, Cronaca…, II, f. 121) e di S. Pietro in Montorio (tela con l'Immacolata in sacrestia e Santi, su tela e affresco) nel refettorio: ibid., I, ff. 420, 428).

Molto numerose sono infine le opere eseguite per i conventi della provincia romana, descritte da Ludovico da Modena, brevemente ricordate da alcuni testi posteriori (Luigi da Rieti, 1888; Spila, 1890; Bagatti, 1934, p. 305; Angeletti, 1969, p. 140) e oggi di difficile identificazione. Un S. Vito martire eseguito nel 1689 per S. Maria di Gesù ad Artena (già Montefortino) per volontà di Ludovico da Modena (Cronaca…, III, f. 646) era forse identificabile con quello indicato in sacrestia da A. Cadderi (Artena, Roma 1973, p. 207). ma oggi non più rintracciabile. Nel 1698 affrescò nel refettorio del convento di S. Francesco a Castel Gandolfo un'UltimaCena (Cronaca…, III, f. 579); una grande tela con i Martiri di Gorcum fu eseguita per la chiesa di S. Bonaventura a Frascati (ibid., f. 461); una seta dipinta con S. Antonio fra arabeschi nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Mentana dovrebbe essere stata dipinta dopo il 1688 (ibid., f. 615). Per il convento di S. Antonio a Rocca Antica E. eseguì una tela (non rintracciabile) raffigurante S. Francesco dona i cordoni ai devoti fra varisanti francescani (ibid., f. 90). E. dipinse un S. Antonio con GesùBambino per il convento di S. Diego a Salisano (Rieti) e due tele con la Madonna con il Bambino ed il Padre eterno benedicente per quello di S. Maria del Poggio a Soriano (ibid., II, ff. 41 s.; III, f. 392).

E. morì a Roma il 18 febbr. 1701 come è documentato dal necrologio del suo convento (F. Nicolini, Necrologio…, f. 161).

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio di S. Francesco a Ripa, ms. 55: F. Nicolini da Collamato, Necrologio… (sec. XVIII), f. 161; Ibid., ms. 253: Inventario delle suppellettili…1709, f. 8; Ibid., mss. 12-14: Ludovico da Modena, Cronaca della Riforma dal 1519 al 1722. Fondazione dei conventi, I, ms. 12, ff. 11, 167, 245, 248, 294, 296, 298 s., 420, 428; II, ms. 14, ff. 41 s., 121; III, ms. 13, ff. 87, 90, 392, 461, 579, 615, 646; Ibid., ms. 15: Id., Vicende della nostra riformata provincia di Roma dal 1602al 1722, ff. 77, 204, 408 s.; Appendice, f. 24; Roma Archivio generale dei frati minori (AGOFM), vol. C 3: Notizie del convento di S. Maria degli Angeli di Petralia Sottana, f. 56; F. Titi, Studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma [1674-1763], a cura di B. Contardi-S. Romano, Firenze 1987, I, p. 29; II, nn. 266 s.; Id., Ammaestramento di pittura, scoltura e architettura, Roma 1686, p. 42; F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi [1724], a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 251 s.; P. A. Orlandi, L'abecedario pittorico, Napoli 1734, p. 153; G. B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi illustri, Modena 1784, pp. 74 s.; F. Hackert-G. Grano, Memorie de' pittori messinesi [Napoli 1792], a cura di S. Bottari, Messina 1932, p. 33; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1809], a cura di M. Capucci, Firenze 1970, II, p. 345; Memorie de' pittori messinesi e degli esteri, Messina 1821, pp. 235 s.; T. Loccatelli Paolucci, Il duomo di Assisi, estr. da L'Apologetico, I (1864), p. 16; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 132 s.; A. Cristofani, Le storie di Assisi e suoi dintorni, Assisi 1866, p. 531; A. Bosio, Mem. storico religiose e di belle arti del duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino 1880, pp. 328 s.; Luigi da Rieti, Glorie del serafico padre s. Francesco nell'alma provincia riformata romana, Segni 1888, pp. 121 ss.; B. Spila, Memorie storiche della Provincia riformata romana, Roma 1890, I, pp. 24, 86, 139, 196, 201; G. Filangeri, Indice degli artefici delle arti maggiori e minori, Napoli 1891, I, p. 179; S. Monti, Storia e arte nella provincia e antica diocesi di Como, Como 1902, p. 134; S. Mencherini, Guida illustrata alla Verna, Firenze 1907, pp. 139, 157, 242; P. Sevesi, Il santuario di S. Maria del Fiume in Dongo, Como 1914, pp. 50, 55; L. Bracaloni, L'arte francescana, Todi 1924, p. 334; P. Sevesi, S. Croce in Boscaglia di Como, Como 1927, p. 13; Id., Fra' E. da Como, in Studi francescani, n. s., XIV (1928), 4, pp. 506 s.; B. Bagatti, Uno sconosciuto itinerario della Verna del 1696, ibid., s. 3, III (1931), p. 433; P. Coco, La Sicilia serafica. Appunti e documenti, ibid., s. 3, IV (1932), p. 201; B. Bagatti, Fra E. da C. pittore francescano, in Miscellanea francescana, XXXIV (1934), IV, pp. 293-311 (con ulteriore bibliografia); H. Quinn, S. Isidore's Church and College of the Irish franciscans, Città del Vaticano1950, pp. 32-36; D. Neri, Scultori francescani del Seicento in Italia, Pistoia 1952 pp. 72, 141, 186; B. Pesci, S. Francesco a Ripa, Roma 1959, pp. 16, 29, 45; G. Cappelletto, Architettura di Chieri, Chieri 1961, pp. n. n.; Schede Vesme, Torino 1966, II, pp. 445 s.; Sicilia, guida a cura del Touring Club Italiano, Milano 1968, p. 420; C. Angeletti, Necr. della prov. romana dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, Roma 1969, p. 140; A. Daly, S. Isidoro, Roma 1971, pp. 78-82; Pittura del '600 e '700. Ricerche in Umbria, II, Treviso 1980, p. 384 n. 5; A. Menichella, S. Francesco a Ripa, Roma 1981, ad Indicem; A. Mosconi-S. Lorenzi, I conventi francescani nel territorio comasco, in Periodico della Società storica comense, L (1983), pp. 188, 240 s.; G. E. Cerafogli, Il francescanesimo lunette affrescate di S. Francesco a Ripa, Roma 1987, pp. 6, 9, 56; L. Gigli, Rione XIII Trastevere, IV, Roma 1987, pp. 136, 142, 164, 170, 173; M. Ripamonti, Fra E. da C…. Un artista ignorato, in La Provincia [Como], 4 apr. 1989; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, X, p. 503.

CATEGORIE