EMATEMESI

Enciclopedia Italiana (1932)

EMATEMESI (dal gr. αἶμα "sangue" e ἔμεσις "vomito"; ted. Bluterbrechen)

Leonardo Alestra

È il vomito di sangue. Si verifica tutte le volte in cui un vaso si rompe, per azione traumatica o per un'altra causa patologica, in quel tratto del tubo digerente che va dalla faringe allo stomaco. Le cause più frequenti che la producono sono: varici esofagee o gastriche, specialmente nella cirrosi epatica, ulceri e cancro dello stomaco. Si può avere ematemesi anche per parziale reflusso nello stomaco d'una copiosa emorragia da ulcera duodenale. Qualche volta il vomito sanguigno può prodursi nella gastrite emorragica grave, per ingestione di sostanze caustiche, per rottura d'aneurismi dell'aorta, finanche in processi morbosi a distanza (appendicite), e in generale nelle diatesi emorragiche. Mentre nell'emottisi il colore del sangue è rosso rutilante aereato e di reazione leggermente alcalina, nel caso dell'ematemesi per l'azione del succo gastrico esso ha l'aspetto di posa di caffè e reazione acida (v. anche gastrorragia); ma è spesso difficile distinguere. Cura: immobilità, digiuno assoluto per 2-3 giorni, vescica di ghiaccio, oppiacei, emostatici (nelle forme lievi cloruro di calcio associato eventualmente ad adrenalina per via orale; nelle forme più gravi gelatina, siero di cavallo, coaguleno per iniezioni). Occorrendo: clisteri nutritivi. Più tardi: latte freddo a cucchiai e in seguito, cautamente, una più ricca alimentazione. Per riparare all'anemia acuta grave che si può avere come conseguenza di un'ematemesi assai copiosa, si ricorre alla trasfusione del sangue (v. anche dieteticoterapia).

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