BERTAUX, EMILE

Federiciana (2005)

BERTAUX, ÉMILE

CCosimo Damiano Fonseca

Nacque a Fontenay-sous-Bois il 23 maggio 1869; nel 1888 entrò all'École Normale Supérieure di Parigi dove terminò i suoi studi nel 1893. Conseguita l'agrégation in lettere, dal 1893 al 1897 divenne membro dell'École Française de Rome dove studiò l'arte italiana soprattutto del Mezzogiorno; nell'Italia meridionale fece ritorno per ben tre volte giovandosi non solo dell'appoggio, dell'amicizia e dell'ospitalità del grande meridionalista Giustino Fortunato, ma anche del consiglio di storici dell'arte quali Bernard Berenson, Pietro Toesca e Lionello Venturi: il primo, insieme con Fortunato, contribuì alla stampa dei Mélanges in memoria editi nel 1924, mentre Toesca e Venturi pubblicarono due saggi rispettivamente sull'architettura della Porta di Capua e su Pietro Aretino e Giorgio Vasari. Nel 1898 collaborava alla rivista "Le Tour du Monde" con i resoconti dei suoi Voyages dans l'ancien Royaume de Naples, con il titolo significativo di L'Italie inconnue, scritti in collaborazione con Georges Yver, mentre l'anno prima aveva affidato alla "Revue des Deux Mondes" un altro articolo sulla Puglia, esclusa la parte relativa al Gargano e alle Isole Tremiti, dal titolo Sur les chemins des pèlerins et des émigrants.

Nel 1901, dopo la pubblicazione della tesi discussa alla Sorbona ‒ De Gallis qui saeculo XIII a partibus transmarinis in Apuliam se contulerunt ‒ e dedicata al celebre storico dell'arte bizantina Charles Michel Diehl "de studiis italicis simul atque orientalibus optime merito" (p. 3), otteneva la cattedra di Storia dell'arte moderna all'Università di Lione, da cui fu successivamente chiamato alla cattedra di Storia dell'arte medievale della Sorbona. Gli valse certamente il ritorno a Parigi la pubblicazione nel 1903 di quello che Diehl chiamò "admirable livre d'art" (Mélanges Bertaux, 1924, p. 2), uscito grazie all'appoggio di Gustave Larroumet, segretario perpetuo dell'Académie des Beaux-Arts, e cioè L'art dans l'Italie méridionale de la fin de l'Empire romain à la Conquête de Charles d'Anjou.

Nel 1912, quando Madame Édouard André lasciava all'Institut il suo palazzo parigino al boulevard Haussmann, a B. fu affidata la direzione del Museo Jacquemart-André.

Redattore capo della "Gazette des Beaux-Arts", fu anche collaboratore della "Revue Historique" e del "Journal des Savants" e, oltre a scrivere su temi di storia dell'arte italiana del Rinascimento, si cimentò con alcuni argomenti di storia dell'arte spagnola nella His-toire de l'art diretta da André Michel.

Chiamato alle armi nella prima guerra mondiale, fu ufficiale interprete per la 64a divisione di fanteria; colpito da polmonite, morì al fronte l'8 gennaio 1917 ad appena quarantasette anni.

L'interesse di B. per l'arte medievale del Mezzogiorno d'Italia trovò nell'età di Federico II e, più in generale, nell'età sveva uno degli snodi più importanti delle sue ricerche.

Ne costituisce significativa riprova la relazione che lo stesso B. presentò nel 1897 all'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres al termine del suo quadriennio di alunnato all'École Française su Castel del Monte et les architectes français de l'empereur Frédéric II condotta con il suo collega M.D. Join-Lambert, che aveva minuziosamente esplorato i castelli inediti della Sicilia, e con Benjamin Chaussemiche, un architetto pensionato dell'Accademia di Francia a Roma cui si devono i rilievi di alcuni monumenti.

Il giudizio dell'Académie des Inscriptions fu incondizionatamente positivo: "le sujet était digne d'appeler la collaboration des deux Écoles françaises de la villa Médicis et du palais Farnèse" (Castel del Monte et les architectes, 1897, p. 20); ciò porterà sei anni più tardi da parte dell'École Française alla pubblicazione dei due ponderosi volumi e dell'album delle fotografie della celebre opera di B. su L'art dans l'Italie méridionale (1903).

La tesi sostenuta nel 1897 a proposito di Castel del Monte, che sarà accolta nell'opera maggiore di B., è che il celebre castello pugliese non è, come si era preteso sin allora, l'esempio precoce e già perfetto di una imitazione dell'arte antica, ma un capolavoro tra i più puri dell'architettura francese del XIII secolo. I tramiti erano stati le piccole chiese rurali della Champagne, i cori poligonali di Saint-Remi di Reims e di Notre Dame di Châlons-sur-Marne: modelli, questi, che a loro volta sembrano rinviare all'area borgognona.

Quanto agli artisti francesi approdati in Puglia con il loro bagaglio di cultura champenoise-borgognona, B. si giova della stessa linea di ricerca portata avanti per la Sicilia dal suo collega Join-Lambert, attraverso la quale questi aveva dimostrato che palazzi e castelli siciliani attribuibili all'epoca di Federico II, come i donjons ottagonali di Castrogiovanni, Castel Ursino a Catania, Castel Maniace a Siracusa, erano di scuola francese, come a sua volta ribadì lo stesso B. per il castello di Lagopesole. Di qui l'ipotesi che questa stagione dell'architettura meridionale non poteva essere riferita a un artista francese isolato, ma a una intera scuola. Si trattava a questo punto di rinvenire elementi probanti di carattere documentario attestanti questa presenza e B. ritenne di individuarli in una iscrizione conservata a Trani, nel castello iniziato nel 1233, dove si legge che un tale "Philippus Cinardus" aveva realizzato la pianta e aveva calcolato le proporzioni dell'edificio, anche se la realizzazione era stata effettuata da due architetti locali, Stefano da Trani e Romoaldo di Barletta. Di questo "Cinardus" B. dimostrò l'origine francese, la sua presenza in Puglia nel 1233, l'appartenenza a una famiglia francese d'Oltremare residente a Cipro, la provenienza di suo fratello, sire Gauvin, da Chénegy vicino Troyes in Champagne, così come ricondusse all'influenza borgognona chiese e monasteri di Basilicata, Calabria e Abruzzo, il deambulatorio di Aversa, il S. Sepolcro di Barletta, il S. Giovanni di Matera, i SS. Niccolò e Cataldo di Lecce, le cattedrali di Lanciano e di Cosenza: tutto questo per confermare la tesi che Chinard, "Cinardus", aveva dovuto far ricorso per la costruzione di Castel del Monte ad architetti francesi i quali, ben prima del suo arrivo, erano già venuti a lavorare nell'Italia meridionale.

A suffragare con ampiezza di documentazione la sua linea interpretativa circa le origini storico-artistiche del maniero federiciano di Castel del Monte provvedeva lo stesso B. nel 1901 con la pubblicazione in latino della tesi presentata alla Facoltà di Lettere della Sorbona: De Gallis qui saeculo XIII a partibus transmarinis in Apuliam se contulerunt, dove in otto capitoli dimostrò la presenza a corte di Gauvin di Chénegy, proveniente con altri milites da Cipro in occasione delle nozze di Federico II con Isabella d'Inghilterra, l'esilio subito in occasione della guerra di Cipro e di Siria, il ritorno nel Regno degli stessi milites che avevano lasciato Cipro e che da Federico ricevettero feudi in Basilicata e in Terra di Bari (tra i quali Filippo Chinard, al quale venne assegnata la contea di Conversano), l'iscrizione di Trani, le gesta di Filippo Chinard che nel 1252 era stato insignito da Manfredi del titolo di ammiraglio della flotta reale, le vicissitudini della sua famiglia con Carlo d'Angiò e la concessione del feudo di Laterza.

La sostanza della tesi che B. aveva sintetizzato nel primo paragrafo del denso saggio su I monumenti medievali della Regione del Vulture, sollecitato da Giustino Fortunato e comparso nel 1897 sulla rivista "Napoli Nobilissima" in occasione della inaugurazione della ferrovia da Rionero a Potenza, era stata diffusa con la traduzione italiana nel 1898 del saggio su Castel del Monte e gli architetti francesi dell'imperatore Federico II, effettuata da M. D'Ayala. Essa fu oggetto di vari attacchi, alcuni di lieve entità, altri, come quelli di Rocchi e di Nitto de Rossi, piuttosto demolitori anche se inconsistenti sul piano del contenuto e del metodo, a differenza di quanto accadde in Germania dove, rifuggendo da ogni forma di patriottismo nazionalistico, la discussione sull'argomento registrò un civile confronto che vide coinvolti Ehrenberg, de Fabriczy e Dehio, questi ultimi due favorevoli alla interpretazione di Bertaux.

Comunque nel secondo volume de L'art dans l'Italie méridionale B. ribadì senza indugio le sue tesi sul debito che le costruzioni castellari avevano nei confronti dell'architettura francese, sia mediata attraverso la Germania che attraverso l'Oriente latino.

Significativa in tal senso è una lettera che B. inviò a Giustino Fortunato il 16 agosto 1898 a proposito della cappella del castello di Lagopesole e del suo impianto planimetrico dove, a differenza di quanto aveva notato nel saggio citato su I monumenti medievali della Regione del Vulture e di quanto avrebbe successivamente riportato nell'opera maggiore L'art dans l'Italie méridionale, scriveva, a proposito "della cappella-torre così singolare colle due stanzine a fianco dell'abside", di rinvenire una similarità con quanto egli stesso aveva ritrovato "nei Castelli dei Templari, l'Oriente francese, l'Oriente dello Chinard" (Fonseca, 2001, p. 57). È, questa, l'interpretazione data di recente da Kai Kappel (2000) con il richiamo alle cappelle connesse per tipologia con Lagopesole ubicate negli stati settentrionali dei crociati nell'ambito della contea di Tripoli e del principato di Antiochia, come nei castelli gerosolimitani del Krak des Chevaliers (dopo il 1170), di Marqab (dopo il 1186) e del castello templare di Salita-Chastel Blanc (dopo il 1170, presumibilmente prima del 1202).

Ma, al di là di questo dettaglio, rimasto peraltro affidato a un frammento di corrispondenza privata, le tesi di B. a proposito delle matrici 'francesi' dell'architettura militare, ma non solo di questa, dell'età di Federico II, sono state ampiamente discusse e rivisitate nel quadro delle diverse culture mediterranee di cui la corte del sovrano svevo fu un terminale privilegiato e dalle quali mutuò forme e stilemi: ne costituiscono una significativa testimonianza il lungo saggio che, a proposito di Castel del Monte e di Federico II e l'architettura francese, Wolfgang Krönig consegnò nell'Aggiornamento dell'opera di B. nel 1978 e la ricchissima letteratura che dagli anni Settanta del secolo scorso a oggi ha riconsiderato con analisi puntuali e minute l'imponente programma edilizio realizzato dal secondo decennio in avanti del sec. XIII nel Regno di Sicilia.

Fonti e Bibl.: opere di B.: Castel del Monte et les architectes français de l'empereur Frédéric II, Paris 1897 (Extrait des Comptes Rendus des Séances de l'Académie des Inscriptions et Belles- Lettres); I monumenti medievali della Regione del Vulture, "Napoli Nobilissima", 6, 1897, pp. I-XXIV; De Gallis qui saeculo XIII a partibus transmarinis in Apuliam se contulerunt, Lutetiae Parisiorum 1901; L'art dans l'Italie méridionale de la fin de l'Empire romain à la Conquête de Charles d'Anjou, II, Paris 1903 (riprod. anast. Paris-Rome 1968), pp. 699-752. Mélanges Bertaux. Recueil de travaux dédié à la mémoire d'Émile Bertaux, Maître de Conférences à la Sorbonne, Directeur du Musée Jacquemart-André, Paris 1924; L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Émile Bertaux, sotto la direzione di A. Prandi, V, Rome 1978, passim; W. Krönig, Castel del Monte-Frédéric II et l'architecture française, ibid., pp. 929-951; C.A. Willemsen, I castelli di Federico II nell'Italia meridionale, Napoli 1979; V. Ascani, Castel del Monte, in Federico II e l'Italia. Percorsi, luoghi, segni e strumenti, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, 1995-1996), a cura di C.D. Fonseca, Roma 1995; K. Kappel, La cappella del Castello di Lagopesole, in Cultura artistica, città e architettura nell'età federiciana. Atti del Convegno internazionale di studi (Reggia di Caserta, 30 novembre-1o dicembre 1995), a cura di A. Gambardella, ivi 2000, pp. 259-278; C.D. Fonseca, 'Questo castello è suo'. Émile Bertauxe Giustino Fortunato, in Pagine del trentennale. In ricordo di Carlo Bo, a cura di S.G. Bonsera, Potenza 2001, pp. 55-58; Castel del Monte. Un castello medievale, a cura di R. Licinio, Bari 2002.

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