CALDARA, Emilio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CALDARA, Emilio

Rita Cambria

Nato il 20 genn. 1868 a Soresina (Cremona) da Pietro e da Carolina Ferrari, di modeste condizioni, studiò a Pavia nel collegio Ghislieri laureandosi in giurisprudenza (tesi su "Il concetto di libertà nell'ordine economico"). Nel dicembre 1891 si trasferì a Milano, impiegandosi come segretario della Società per la pace di E. T. Moneta e facendo pratica in uno studio notarile. Intrapresa ben presto la professione legale, iniziò anche la sua milizia socialista, legandosi a Turati e Bissolati, collaborando al quotidiano La lotta di classe e, nel 1893, alla Critica sociale, e subendo, nel dicembre 1894, una condanna a tre mesi di confino a Modena. Nel 1896 partecipò al congresso di Firenze sottoscrivendo - con Lazzari, Prampolini e Agnini - la proposta di riorganizzare il partito sulla base dell'adesione personale e divenendo corrispondente da Milano del neofondato Avanti!.Nel settembre 1897, al congresso di Bologna, deplorò i limiti della propaganda socialista fra i contadini e i piccoli proprietari, e prese parte alla discussione sul programma minimo in campo amministrativo. Da allora, l'interesse per i problemi politico-amministrativi divenne per lui dominante, sì da esserne l'esperto del partito.

Durante la reazione del '98 fu condannato a tre anni di carcere e mille lire di multa, ma riuscì a fuggire riparando a Lugano, dove collaborò alla stesura dell'opuscolo (pubblicato a Lugano e diffuso in Italia con il falso frontespizio A. Manzoni. I promessi sposi e titolo interno: La storia di un delitto. A difesa della verità), che era l'interpretazione ufficiale socialista dell'origine dei moti e del loro svolgimento. Ritornato a Milano con l'amnistia, si impegnò nella formulazione e nella divulgazione del programma socialista per le elezioni amministrative.

Nell'articolo Teoria e pratica dei servizi pubblici comunali (Critica sociale, 1ºdic. 1899), il C. sosteneva che i socialisti dovevano adoperarsi per estendere le funzioni del comune, soprattutto nel settore dei servizi sociali e dell'assistenza, e per una riforma dei tributi locali che sostituisse alle imposte indirette un'imposta diretta e progressiva. In questa prospettiva, la municipalizzazione dei pubblici servizi avrebbe sottratto ai monopoli privati la gestione di beni di prima necessità e fornito alle finanze comunali nuove entrate. Circa la tattica elettorale il C., che al congresso regionale si era dichiarato contrario alla lista comune con gli altri partiti democratici, acconsentì alla politica di unione popolare in considerazione della particolare sitùazione nazionale e locale.

Il 10 dic. 1899 risultò eletto con 18.236 voti di preferenza. Nel gruppo consiliare socialista, che sostenne dall'esterno la giunta Mussi, il C. si distinse come membro delle commissioni per i bilanci.

Nel dicembre 1900 si adoperò per l'istituzione della refezione scolastica; nel marzo 1903 presentò un ordine del giorno, approvato dopo una viva opposizione, per la costruzione di case operaie da parte del comune; nel luglio seguente fece approvare il progetto di un forno consorziale. Ma si fece anche portavoce delle riserve dei socialisti alla politica finanziaria della giunta; in particolare nella discussione sul bilancio del 3 genn. 1901, criticò il ricorso al prestito come principale strumento finanziario.

Il tentativo del C. di stimolare la giunta verso una politica di rinnovamento aveva però incontrato opposizioni nel partito, divenute più vivaci con l'aggravarsi del dissidio fra riformisti e rivoluzionari. Il C., schieratosi con la corrente riformista, il 24 luglio 1901 si era separato - con Turati e Treves - dalla federazione del P.S.I. dando vita all'Unione socialista milanese. Da allora si adoperò per l'autonomia del gruppo consiliare socialista, di cui era divenuto segretario, contro la Commissione esecutiva del partito. La rottura fu evitata nelle elezioni parziali del luglio 1902, poi nel 1903 durante la polemica sul problema delle case operaie. Queste situazioni, e le resistenze dei radicali al progetto di municipalizzazione dell'energia elettrica, limitarono l'azione del C. anche dopo la partecipazione socialista alla giunta Barinetti. Dimessasi questa, egli non si presentò alle elezioni del gennaio 1905 ma continuò, in altre sedi, l'opera di rinnovamento e di potenziamento degli enti locali.

Già nell'ottobre 1901 aveva partecipato alla fondazione dell'Associazione dei comuni italiani, che si proponeva la difesa dell'autonomia comunale contro le autorità tutorie e la riforma dei tributi locali, divenendone poi segretario. Dal marzo 1902 aveva assunto la direzione del bollettino L'autonomia comunale, che conservò anche dopo il 1906, quando divenne una rivista mensile: dalle sue colonne - come già prima e in seguito con altri scritti - teorizzò sul piano storico e giuridico la natura peculiarmente autonoma del comune, associazione popolare antecedente allo Stato, suscettibile di trasformazioni genuinamente democratiche e potenziale centro di potere avverso agli organismi delle classi dominanti.

Nello stesso periodo il C. ritornò con successo alla professione e alla scienza giuridica, pubblicando la Interpretazione delle leggi (Milano 1908) dove, pur tenendo ferma la necessità di tutelare la certezza della legge da ogni arbitrio, dava risalto al momento dell'interpretazione e ne indicava le norme. Nelle elezioni parziali del giugno 1910 si presentò con successo nella lista autonoma del partito, e di nuovo, continuando il gruppo consiliare socialista di Milano la tattica intransigente, in quelle del 22 genn. 1911. In Consiglio criticò aspramente la politica tributaria della giunta Greppi, denunciando il disavanzo lasciato dalle precedenti amministrazioni, i metodi proposti per sopperirvi, i limiti della tassa di famiglia, e rilanciò il programma socialista di larghe municipalizzazioni.

Ad Ancona, al congresso del P.S.I. dell'aprile 1914, l'intervento del C. ebbe gran peso nell'orientare le scelte politiche. Egli proclamò la necessità di adottare nelle elezioni amministrative la tattica intransigente, già sperimentata con successo a Milano, la sola che consentisse la trasformazione dei comuni "in organi di conquista delle rivendicazioni proletarie", in un nuovo strumento "di guerra del proletariato contro la borghesia": solo se gestite esclusivamente dai socialisti, le municipalizzazioni sarebbero valse ai lavoratori, evitando la degenerazione burocratica e la quotidiana collaborazione di classe. Questa linea venne approvata dal partito e adottata per le successive elezioni amministrative del 14 giugno 1914 per le quali il C. si presentò a Milano.

Nel corso della campagna elettorale, venne esposto un programma molto vasto: riassetto tributario e finanziario del comune mediante l'aumento delle imposte dirette e la graduale abolizione delle imposte indirette; decentramento tecnico ed amministrativo del sistema ospedaliero; municipalizzazione delle traravie con criterio di gestione industriale e con la compartecipazione del personale all'esercizio e agli utili; costruzione da parte del comune di case popolari; miglioramento ed estensione dei servizi pubblici; risanamento igienico ed edilizio della città; municipalizzazione degli asili infantili; avocazione al comune ed accrescimento delle opere integratrici della scuola primaria; sviluppo della cultura popolare; controllo igienico delle fabbriche e delle abitazioni; riorganizzazione degli uffici comunali e miglioramento delle condizioni del personale; presidio e tutela della classe lavoratrice.

Vinte clamorosamente le elezioni, il 18 giugno il C. divenne il primo sindaco socialista di Milano. Subito, per limitare gli effetti della crisi, il 4 luglio istituì l'Ufficio del lavoro; ma lo scoppio della guerra lo pose di fronte a difficoltà e compiti inattesi.

Anticipando le direttive del governo, intraprese un'organica politica di difesa dei consumatori: il 6 agosto la giunta impose il calmiere sui generi di prima necessità, il 13 e il 28 agosto stanziò la somma di L. 800.000 per l'acquisto di grano. Al tempo stesso aprì una sottoscrizione per un fondo d'assistenza ai disoccupati, e varò un vasto piano di lavori pubblici: il macello e mercato del bestiame, il tubercolosario di Garbagnate, la deviazione dell'Olona, l'abbattimento di un settore dei bastioni, la realizzazione della città degli studi.

In Consiglio, l'11 settembre, il C. enunciò i suoi criteri di condotta davanti alla minaccia. della guerra: un costante impegno perché le ripercussioni belliche non pesassero sulle classi meno abbienti e la massima fermezza nel "concorrere efficacemente a mantenere la neutralità italiana", pur garantendo che, "ove gli avvenimenti volgessero a minacciare l'integrità e la vitalità nazionale, sapremmo dimostrare di non essere ad altri secondi nell'adempimento di altri doveri". Il C. aderì sempre alla neutralità assoluta sostenuta dalla direzione del partito; quando esplose il "caso Mussolini", tentò di limitare la portata del dissidio, ma si limitò poi a chiedere alla direzione del P.S.I., a nome del gruppo consiliare milanese, di promuovere un'inchiesta prima di deciderne l'espulsione. Del resto, nei mesi successivi, tanto più con l'entrata in guerra dell'Italia, egli fu assorbito dai compiti amministrativi.

La giunta, impegnata nella politica annonaria, nell'assistenza agli emigrati rimpatriati, nell'opera di sussidio alle organizzazioni dei lavoratori, stabilì, nel preventivo per il 1915, un aumento della sovraimposta fondiaria che scatenò l'opposizione della minoranza e dei proprietari di case e che venne infine ridotto dal Consiglio di Stato. Dopo la dichiarazione di guerra, il 24 giugno il C. in veste di sindaco costituì un Comitato centrale di assistenza, da lui presieduto, a cui collaborarono le maggiori personalità cittadine di ogni partito e che agì efficacemente nel corso della guerra, meritando anche il plauso del governo e dei più autorevoli interventisti. Le opposizioni risorsero contro il progetto di municipalizzazione dei forni e di istituzione di mulini e silos municipali, presentato sul finire del 1915 e poi affossato dalla Giunta provinciale amministrativa. Nell'agosto 1916, sull'esempio bolognese, creò un Ente autonomo dei consumi per garantire l'approvvigionamento dei generi di prima necessità a prezzi di calmiere, e nell'agosto 1917 l'iniziativa fu perfezionata con l'istituzione di un'Azienda consorziale annonaria autonoma, sostenuta dal comune, dalle cooperative e dalle istituzioni di beneficenza. A partire dal 1917, il C. municipalizzò il servizio traniviario urbano, cardine del suo programma. L'autorità tutoria, tuttavia, continuò ad opporsi alla sua politica finanziaria mirante a sopperire alle cresciute spese sociali con inasprimenti dell'aliquota della sovraimposta fondiaria; dal canto loro i partiti interventisti milanesi, in occasione della visita di Boselli nell'ottobre 1916, tentarono di provocare la destituzione della giunta "neutralista".

La politica del C. divenne però oggetto, nel partito, di polemiche sempre più scoperte, prima per le accoglienze a Salandra nella sua visita a Milano del novembre 1915, poi per la collaborazione con tutte le forze politiche nei comitati di assistenza.

Al secondo congresso nazionale delle amministrazioni comunali e provinciali socialiste (Bologna, 16-17 genn. 1916), che sancì la fondazione della Lega dei comuni socialini, e a cui egli intervenne in qualità di presidente, la sua attività presso l'Associazione dei comuni fu oggetto di contrastanti giudizi, e la sua presenza in entrambi gli organismi provocò un commento polemico dell'Avanti!. La circolare di Lazzari del 12 ott. 1917, che proponeva ai sindaci di rassegnare in massa le dimissioni, non trovò consenziente il C.; dopo Caporetto, si rafforzò in lui la convinzione che le amministrazioni socialiste dovessero rimanere al loro posto per proteggere i propri amministrati e assistere i profughi. Dal canto suo, col manifesto del 1º novembre e con l'intervento al Consiglio del 29 seguente, invitò i Milanesi a sostenere con calma e fiducia la resistenza dei soldati, che rappresentava" - quali che fossero dell'invasione le cause e le responsabilità - insieme difesa della Nazione e delle condizioni necessarie alla lotta di classe e presa di posizione disapprovata da Lazzari e dalla direzione socialista.

Le dimissioni rassegnate dalla Commissione per il dopoguerra, nell'agosto 1918, ridussero per qualche tempo i contrasti. Si aggravarono invece col 1918, per il costante aumento dei prezzi e il proporzionale calo del livello reale delle entrate, le difficoltà economiche e finanziarie della giunta, chedovette rinunciare alla costruzione diretta di case popolari e ricorrere all'aumento della tariffa tramviaria per far fronte all'indennità di caroviveri al personale. Al congresso socialista di Roma, del settembre 1918, le polemiche contro il C. riaffiorarono nuovamente. Il 4 novembre palazzo Marino fu assalito dagli interventisti che richiedevano le sue dimissioni. Sostenuto da manifestazioni di simpatia popolare, egli riprese l'attività per temperare gli effetti della guerra e favorire la ripresa economica, soprattutto nel settore edilizio; ma i limiti imposti all'attività del comune e le difficoltà di bilancio non gli consentirono se non iniziative indirette.

Allo scoppio dei tumulti per il caro viveri, il 6 luglio 1919, impose un ribasso del 50% sui prezzi dei generi di prima necessità, sollecitando F. S. Nitti a imporre un analogo calmiere statale; in Consiglio, il 19settembre, criticò aspramente la politica governativa dei consumi che vanificava le iniziative locali. Intanto, al congresso dei comuni socialisti, tenutosi a Milano nell'ottobre 1919, fece approvare un ordine del giorno che richiedeva, tra l'altro, per i comuni l'abolizione della tutela economica e una tutela giuridica esercitata da un organo tecnico con rappresentanze popolari. Nei primi mesi del 1920varò una serie di progetti di largo respiro: la costruzione di case popolari e del porto di Milano, l'istituzione dell'Ente autonomo della Scala, il decentramento degli uffici comunali. Durante la discussione del bilancio preventivo per il 1920, tuttavia, la giunta non poté tacere sulla preoccupante situazione finanziaria e il disavanzo. Nello stesso tempo, veniva di giorno in giorno a mancare al C. l'appoggio del partito, mentre aumentava l'aggressività fascista. Al congresso delle frazione riformista di Reggio Emilia, nell'ottobre, il C. trasse le conseguenze dalla situazione, rinunciando a riproporsi come sindaco. Ritornò sulla decisione pochi giorni dopo, all'annuncio della costituzione di un ampio blocco d'ordine, per non indebolire la lista socialista. Alle elezioni del 7 novembre riuscì primo eletto nella lista vincente del P.S.I.; fermo nel suo proposito, lasciò la carica di sindaco ad A. Filippetti, e lasciò il Consiglio comunale di Milano dopo l'esito delle elezioni politiche del 15 maggio 1921, in cui venne eletto deputato.

Alla Camera, il 28 luglio, attaccò la politica interna del governo Bonomi, invocando un'imparziale protezione dalle violenze fasciste, e la politica economica e finanziaria della ricostruzione, chiedendo una estensione delle funzioni dello Stato. Il 1º agosto, con una mozione, invitava il governo a provvedere urgentemente alla vita finanziaria degli enti locali; il 6 dicembre perorava la causa delle numerose amministrazioni disciolte, e difendeva contro gli attacchi fascisti la continuità dell'operato socialista a Milano.

Il 4 ott. 1922seguì il gruppo riformista espulso, e partecipò alla fondazione del Partito socialista unitario. Pochi giorni dopo si recò a Vienna per prendere contatti con l'Internazionale di Adler, da cui attendeva una rinascita socialista e "una vindice tutela di tutte le patrie". Rieletto deputato il 6 apr. 1924, partecipò col suo gruppo alla secessione aventiniana, pronunciandosi, nel giugno '25, per il definitivo ritiro dall'aula. Disciolto il P.S.U. alla fine del 1925, il C. subì nel 1926 una perquisizione domiciliare: trovato in possesso di vecchie armi, subì una condanna. Intanto, il governo fascista lo faceva decadere da deputato il 9 nov. 1926. Il C. fece parte del comitato incaricato di organizzare il nuovo Partito socialista dei lavoratori italiani; durante il ventennio fascista, tuttavia, si tenne in disparte dall'attività politica, dedicandosi prevalentemente alla professione. Nell'aprile 1934 ebbe una vasta eco l'udienza datagli da Mussolini, con cui discusse un progetto di rivista dedicata ai problemi del lavoro; l'iniziativa, criticata aspramente sia dagli antifascisti sia da Farinacci, non ebbe però seguito.

Il C. morì a Milano il 31 ottobre del 1942.

Del C., oltre agli scritti citati, si ricordano: Ancora sul progetto del Codice penale svizzero, Firenze 1899; Lo scabinato nel Canton Ticino, Firenze 1899; Per l'autonomia dei Comuni, Milano 1900; I Comuni italiani contro le spese per i servizi di Stato, Milano 1905; Le basi moderne dell'autonomia comunale, Roma 1906; Il Comune e la sua amministrazione, Milano s.d.; Nel Comune socialista. Manuale per gli amministratori degli enti locali, Milano 1920; Impressione di un sindaco di guerra, Milano 1924.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Centr. dello Stato, Casellario polit. centrale, 944; L'auton. comunale, anni 1902-1908, passim; Avanti!, anni 1914-1920, passim; La Giustizia, ottobre 1922-dicembre 1925, passim; Il Tempo, 1899-1911, passim; Critica sociale, 16 febbr. 1893, pp. 52 ss.; 16 giugno 1893, pp. 190 s.; 1º dic. 1899, pp. 314 ss., e passim; Lotta di classe, 8-9 dic. 1894, 5-6 genn. 1895, 11-13 luglio 1896, 25-26 sett. 1897, e passim; Atti del Comune di Milano, annate 1899-1920, passim;P.S.I. - Federazione milanese, I casi di Milano. Memoriale alla direzione del Partito e ai compagni d'Italia, Milano 1903, pp. 10 ss., 23 ss., 27-31, 34; Direzione del P.S.I., Resoconto stenografico dell'XI Congresso nazionale del P.S.I., Milano 21-25 ott. 1910, Roma 1911, pp. 163, 286; XII Congresso nazionale dell'Associazione dei Comuni italiani, Milano 1913, pp. 3-31, 77 s.; Direzione del P.S.I., Resoconto stenografico del XIV Congresso nazionale del P.S.I. (Ancona 26-29 apr. 1914), Città di Castello 1914, pp. 46, 104 ss., 178 ss.; Comune di Milano, Comitato centrale di assistenza per la guerra, Relazione al 31 gennaio 1916, Milano 1916; Direzione del P.S.I., Resoconto stenografico del II Congresso nazionale delle Amministrazioni comunali e provinciali socialiste (Bologna, 16-17 genn. 1916), Biella 1916, pp. 8, 22-29, 61, 65-68, 71, 269 ss.; Direzione del P.S.I., Resoconto stenografico del XV Congresso nazionale del P.S.I. tenuto in Roma l'1-5 sett. 1918, Roma 1919, p.163; Comune di Milano, Sei anni di amministrazione socialista. 3 luglio 1914-3 luglio 1920, Milano 1920; Direzione del P.S.I., Resoconto stenografico del Congresso dei Comuni socialisti, Milano 1920, pp. 5 ss., 21, 31-59, 134; Relazione del gruppo parlamentare socialista al Congresso di Milano, Roma 1921, pp. 41, 54; Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, legislatura XXVI, tornata del 28 luglio 1921, pp. 801 ss.; 1º ag. 1921, pp. 1069 ss.; 6 dic. 1921, pp. 2111 ss., e ad Ind.;legislat. XXVII, ad Indicem; A.Schiavi, Quattordici mesi di amministrazione socialista nel Comune di Milano, in Critica sociale, 1º-15 ott. 1915, pp. 294-301; Id., Quattro anni di amministraz. socialista in Milano, ibid., 16-31 luglio 1918, pp. 163-66; 1º-15 ag. 1918, pp. 178-180; Filippo Turati attraverso le lettere di corrispondenti (1880-1925), a cura di A. Schiavi, Bari 1947, pp. 194-197; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, I, Maggio 1898-giugno 1899, Torino 1949, p. 411; V, Dopoguerra e fascismo (1919-22), ibid. 1953, ad Indicem;VI, Il delitto Matteotti e l'Aventino (1923-25), ibid. 1959, ad Indicem;R.Michels, Storia critica del movim. social. ital., Firenze 1926, pp. 194, 300, 380 ss., 384, 432; A. Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano 1926, pp. 37, 47, 162, 164, 180, 195, 198 s.; E. Gonzales-A. Greppi, In memoria di E. C. primo sindaco socialista di Milano, Milano s.d.; C. Silvestri, Matteotti, Mussolini e il dramma italiano, Roma 1947, pp. 31 ss., 157-159; L. Albertini, Venti anni di vita politica, I, 1, Bologna 1950, p. 22; I, 2, pp. 272, 302; II, 1, ibid. 1951, p. 554; II, 2, ibid. 1952, pp. 61, 518; II, 3, ibid. 1953, pp. 345 ss.; R. Colapietra, L. Bissolati, Milano 1958, pp. 39, 62, 66, 137; Id., Il Novantotto. La crisi politica di fine secolo, Milano 1959, pp. 58, 60, 86, 198, 219; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1959, pp. 19, 30, 360, 846; L. Ambrosoli, Né aderire né sabotare. 1915-1918, Milano 1961, ad Indicem;L. Valiani, Il partito socialista italiano nel periodo della neutralità. 1914-1915, Milano 1963, pp. 54, 56, 67; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, pp. 198, 268, 281, 292, 575, 654; Id., Mussolini il fascista. La conquista del potere, ibid. 1966, p. 83; Id., L'organizzazione dello Stato fascista. 1925-1929, ibid. 1968, p. 142; N. S. Onofri, La grande guerra nella città rossa, Bologna 1966, pp. 170, 255, 336, 342; F. Nasi, Ilpeso della carta, Bologna 1966, pp. 147, 152 ss., 156, 169, 174 s.; Id., 1899-1926: Da Mussi a Mangiagalli, Milano 1969, pp. 71-87, e passim;F.Mafera, Il Comune in grigio-verde, in Città di Milano, LXXXV (1968), n. 11; P. Spriano, Storia del partito comunista italiano, II, Torino 1969, p. 175; C. Cartiglia, I fiancheggiatori del fascismo: l'episodio Caldara del 1934, in Rivista di storia contemporanea, II (1973), pp. 374-388.

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