VISCONTI-VENOSTA, Emilio

Enciclopedia Italiana (1937)

VISCONTI-VENOSTA, Emilio

Pietro SILVA

Nato a Milano il 22 gennaio 1829, morto a Roma il 24 novembre 1914, fu patriota e uomo politico eminente, che ebbe parte importantissima nella politica estera italiana del primo cinquantennio del regno unitario, trovandosi alla testa del Ministero degli esteri più volte e in momenti decisivi.

Cominciò ad affermarsi giovanissimo, come seguace di Mazzini, nelle agitazioni e nelle congiure che precedettero la riscossa del 1859. Ma ben presto il senso di equilibrio e di adeguamento dell'azione alla realtà delle situazioni politiche, che doveva costituire la nota fondamentale del suo carattere e della sua azione di statista, gli fece comprendere i pericoli insiti nella concezione mazziniana dei movimenti rivoluzionarî di popolo considerati come il mezzo essenziale per la riscossa. Da ciò il suo allontanamento dal Mazzini, delineatosi al momento del moto mazziniano del 6 febbraio 1853 a Milano disapprovato da lui, e maturatosi attraverso gli eventi del 1859-1861, che portarono il V.-V., al pari di tanti altri patrioti lombardi, ad aderire alla concezione monarchica sabauda e alla politica di Cavour.

Deputato nel primo parlamento italiano, entrava già nel 1862, a trentatré anni, nel governo, come segretario generale al Ministero degli esteri nel gabinetto L. C. Farini-M. Minghetti costituitosi all'indomani di Aspromonte; e nel marzo 1863 succedeva a G. Pasolini come ministro degli Esteri. Si trovò così a collaborare col Minghetti nella preparazione della famosa Convenzione del 15 settembre 1864, mirante a regolare la questione del ritiro delle truppe francesi da Roma e il trasporto della capitale da Torino a Firenze (v. settembre convenzione di). Travolto nella caduta del ministero Minghetti per effetto appunto della Convenzione, andò rappresentante d'Italia a Costantinopoli; ma dopo due anni tornò al Ministero degli esteri, al momento della guerra del 1866. L'esito disgraziato della guerra gli impedì di riuscire nel tentativo di ottenere dall'Austria la cessione del Trentino di cui affermò in memorande parole l'italianità. Maggiori e più fecondi risultati raggiunse la sua attività di ministro degli Esteri nel periodo tra il 1869 e il 1876, e cioè nell'ultimo periodo di governo della Destra, di cui il V.-V. era uno dei più eminenti rappresentanti. La liberazione di Roma; la Legge delle guarentigie nei suoi riflessi internazionali; i rapporti con la Francia, la cui politica nei primi anni della Terza Repubblica fu dominata dalle correnti clerico-monarchiche ostilissime all'Italia; l'avvicinamento agl'Imperi centrali fra il 1873 e il 1875, costituirono una serie di problemi nei quali l'attività politico-diplomatica del Visconti-Venosta si impegnò intensamente e conseguì risultati importanti e positivi.

La caduta della Destra nel marzo 1876 allontanò il V.-V. dalle responsabilità del governo per un ventennio. Fu il ventennio in cui venne costituita e rinnovata per due volte la Triplice Alleanza, e si iniziò l'attività coloniale con l'impresa di Eritrea e coi protettorati di Somalia, e in cui la politica di F. Crispi portò al massimo grado la tensione con la Francia. Il ritorno di V.-V. alla Consulta avvenne appunto poco dopo la caduta di Crispi all'indomani di Adua (1° marzo 1896), col terzo ministero costituito dal marchese A. di Rudinì (11 luglio 1896). Si iniziò allora l'ultimo periodo di. attività di ministro degli Esteri del V.-V., che doveva durare fino al 1901, e riuscire essa pure feconda di risultati importanti. Tornando a dirigere la politica estera italiana, il V.-V. trovò una situazione caratterizzata dalla Triplice e dall'inasprimento dei rapporti con la Francia. Direttiva del V.-V. in tale situazione fu di contemperare il mantenimento della Triplice col miglioramento delle relazioni con la Francia; il che portava al miglioramento della situazione italiana anche di fronte agl'Imperi centrali. A tale direttiva si ispirarono le trattative per le Convenzioni italo-francesi del 1896 regolanti la posizione degl'Italiani di Tunisia; le altre trattative del 1898 per un nuovo trattato commerciale; e quelle del 1900 che sanzionarono l'accordo tra i governi di Roma e di Parigi nelle questioni della Libia e del Marocco, e costituirono la base della più ampia intesa italo-francese del 1902. Altro accordo importante, negoziato e concluso dal V.-V. in questo periodo, fu l'accordo con l'Austria per la sistemazione dell'Albania in stato indipendente, nel caso di sfacelo dell'Impero Ottomano.

Abbandonate definitivamente nel 1901 le funzioni di ministro degli Esteri tante volte e così a lungo tenute, il V.-V. tornò ancora una volta in primissima linea nella politica internazionale come primo delegato italiano nella Conferenza di Algesiras del febbraio-marzo 1906, convocata per sistemare la questione marocchina. Ad Algesiras il V.-V. dovette affrontare e superare la difficilissima situazione in cui si trovò la politica italiana, dati i legami di alleanza con la Germania e gli impegni conclusi con la Francia a proposito del Marocco.

Anche questa volta gli arrise il successo, che costituì una base importante per l'impresa di Libia del 1911. Morì nel novembre 1914, quando, scoppiata da qualche mese la tremenda crisi della guerra mondiale, maturava quell'intervento italiano, al quale egli aveva preparato le vie diplomatiche con la sua azione di ravvicinamento alla Francia e della cui necessità si affermò sostenitore con un fervore di convinzione e di sentimenti in cui vibrava tutta la sua fede nell'avvenire della patria.

Bibl.: G. Visconti-Venosta, Ricordi di gioventù, Milano 1904; F. Cataluccio, La politica di E. V.-V., in Rass. di polit. internaz., dicembre 1936.