Emirati Arabi Uniti

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Stato dell’Asia che si estende nella parte sud-orientale della Penisola Arabica; si affaccia a N sul Golfo Persico e a NE per un breve tratto sul Golfo di Oman; confina a O e a S con l’Arabia Saudita, a E con l’Oman e all’estremità NO con il Qaṭar. Gli E. sono una Confederazione di monarchie ereditarie (emirati), in ognuna delle quali l’emiro è sovrano assoluto nel suo Stato.

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Il territorio è pianeggiante, costituito da formazioni sedimentarie (del Mesozoico e del Cenozoico) con struttura tabulare, ricoperte quasi ovunque da una coltre sabbiosa che rende il paesaggio ancora più monotono. Dalla fascia costiera, bassa e fronteggiata da numerose isole, inizia il graduale passaggio verso l’ambiente desertico dell’Arabia interna; il clima, dunque, è arido, con forti escursioni termiche, specie diurne. A causa dell’estrema scarsità di precipitazioni, l’idrografia superficiale è assente; le acque della falda freatica alimentano la vegetazione delle oasi.

La dinamica demografica è caratterizzata da un elevato accrescimento annuo, dovuto al progressivo miglioramento delle condizioni medie di vita, alla massiccia immigrazione di lavoratori, provenienti da tutta l’area mediorientale e da vari paesi asiatici (soprattutto India, Pakistan, Bangladesh), alla politica espansiva attuata soprattutto dagli emirati più piccoli e in parte all’incremento naturale. L’alta quota di lavoratori stranieri fa sì che la popolazione maschile costituisca i 2/3 del totale. La popolazione è fortemente concentrata nelle città più importanti (Abū Dhābi e Dubai, capoluoghi degli emirati omonimi), che si sono sviluppate con moderni quartieri direzionali e residenziali, in funzione delle attività petrolifere, dotati di servizi commerciali, pubblici e sociali di discreto livello qualitativo. Nel resto del paese l’insediamento stabile è limitato a piccoli centri, nelle oasi o lungo la costa, mentre è ancora diffuso il nomadismo.

La ricchezza della federazione si fonda quasi esclusivamente sul petrolio (circa 130 milioni di t estratte nel 2007 e il 10% delle riserve mondiali) e sul gas naturale (oltre 47 miliardi di m3 nel 2007): i maggiori giacimenti di queste due risorse sono concentrati ad Abū Dhābi e Dubai (più modesta è la produzione a Sharjah e Umm al-Qaywayn, dove esistono buone riserve di gas naturale; Dubai ha riserve più scarse). Il petrolio viene estratto da vasti giacimenti continentali e sottomarini, collegati fra loro e ai terminali di imbarco da una fitta rete di oleodotti. Al fine di ridurre il grado di dipendenza dalle esportazioni di petrolio e nel tentativo di diversificare la produzione, già dalla fine degli anni 1990 sono stati avviati programmi di sviluppo industriale, fondati sull’aumento della produzione di energia, sulla creazione di industrie sia di base (chimica e petrolchimica, metallurgia dell’alluminio, del cemento ecc.) sia produttrici di beni di consumo (soprattutto alimentari); inoltre sono state impiantate stazioni agricole sperimentali che, oltre a utilizzare riserve idriche sotterranee o acqua proveniente dagli impianti di dissalazione, applicano tecniche colturali d’avanguardia. Le attività agricole, che grazie a numerosi investimenti in opere di bonifica, pozzi, canalizzazioni riescono oggi a soddisfare in parte il fabbisogno interno, si concentrano nelle oasi (specie in quella di Buraimi) e producono soprattutto datteri, ortaggi, frutta. Sono praticati anche l’allevamento nomade di caprini e cammelli e la pesca. Ingenti capitali vengono investiti nel settore immobiliare, dell’elettronica, dell’informatica e dell’alta tecnologia, commerciale (con la creazione di zone franche aperte ai capitali stranieri) e finanziario. In forte espansione è anche il turismo di lusso, che si avvale di moderne infrastrutture.

Storia

Soggetta a partire dal Cinquecento dapprima all’influenza portoghese, poi a quella olandese e inglese, la regione fu nota fino alla metà del 19° sec. con il nome di Costa dei Pirati. In seguito all’affermazione, dalla fine del Settecento, del predominio inglese nel Golfo, i piccoli emirati arabi della costa furono progressivamente costretti a porre termine alla pirateria e al commercio degli schiavi africani e ad accettare la tutela di Londra. Dopo il trattato del 1853, che stabiliva una tregua marittima permanente, gli emirati presero il nome di Stati della Tregua; con i trattati del 1892 furono posti anche formalmente sotto il protettorato del Regno Unito, che lasciò alle tradizionali dinastie regnanti un potere pressoché assoluto sul piano interno.

Il protettorato inglese ebbe termine nel 1971 e 6 dei 7 emirati diedero vita alla federazione degli E. (il settimo, Rās al-Khaymah, aderì nel 1972). Ogni emirato ha mantenuto un’ampia autonomia e i tentativi di centralizzazione, promossi soprattutto da Abū Dhābi, hanno incontrato notevoli resistenze. Il peso preponderante, sul piano economico e demografico, di Abū Dhābi (capitale dal 1996) e Dubai si è tradotto nella regolare riconferma (dal 1971), del presidente e del vicepresidente: rispettivamente l’emiro Zayed bin Sultan al-Nahyān (cui nel 2004 è succeduto il figlio Khalifa bin Zayed al-Nahyān, deceduto nel 2022) e Rashid bin Said al-Maktoum (sostituito nel 1990 dal figlio Maktoum bin Rashid al-Maktoum). In politica estera gli Emirati hanno stabilito stretti rapporti con l’Arabia Saudita, insieme alla quale nel 1981 hanno costituito un organismo di cooperazione economica e militare, il Consiglio di cooperazione del Golfo, nel cui ambito hanno partecipato al conflitto con l’Iraq nel 1991. Negli anni 1990, infatti, un vasto piano di riarmo fu accompagnato da un’intensa attività diplomatica con gli Stati Uniti, considerati un indispensabile alleato sia nei confronti di Ṣaddām Ḥusain sia nei confronti dell’Iran e delle sue mire egemoniche sul Golfo Arabico. Tuttavia, venne negata a USA, Francia Gran Bretagna la possibilità di costruire basi militari e di far stazionare truppe che non fossero sottoposte alla giurisdizione di Abū Dhābi. In politica interna il governo promosse un rafforzamento dell’identità religiosa del paese, per rinsaldare i legami della popolazione autoctona araba, divenuta minoritaria per l’immigrazione di lavoratori di altri paesi asiatici. All’inizio del 2000 si è intensificata la prevenzione contro il terrorismo islamico. Khalifa bin Zayed al-Nahyān ha per la prima volta indetto elezioni (2006), per designare 20 dei 40 membri del Consiglio federale nazionale, organo consultivo senza poteri legislativi. Dopo le Primavere arabe del 2011, il Paese si è contraddistinto per una sostanziale stabilità all’interno del contesto regionale, pur registrando alcune tensioni interne, causate dal difficile rapporto tra le autorità centrali e la Fratellanza musulmana locale, rappresentata dal partito islamista al-Islah e acuite dai conflitti interni alla regione del Golfo tra le monarchie di Uae, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar a causa del supporto politico e finanziario fornito da quest’ultima ai gruppi islamisti e allo jihadismo militante dilagante nella regione. Sul piano internazionale, il Paese intrattiene rapporti amichevoli con quasi tutti i vicini, così come con le maggiori potenze occidentali e asiatiche. Nell'agosto 2020 è stato raggiunto uno storico accordo con lo scopo di stabilire legami diplomatici formali tra gli E.A.U. e lo stato di Israele, che ha accettato di sospendere il processo di annessione di parte della Cisgiordania; il mese successivo Israele, E.A.U. e Bahrain hanno firmato alla Casa Bianca gli Accordi di Abramo per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche e la cooperazione commerciale ed economica tra Israele e i due Paesi del Golfo. Nel maggio 2022, alla morte del presidente Khalifa bin Zayed al-Nahyān, gli è subentrato nella carica il fratello Mohammed bin Zayed al-Nahyān.

In politica estera, il Paese - insieme ad Arabia Saudita, Argentina, Iran, Egitto ed Etiopia - è stato ammesso nel gruppo BRICS a seguito del summit svoltosi nell'agosto 2023 a Johannesburg, divenendone membro effettivo dal 1° gennaio 2024.

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