EMOGLOBINOPATIE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

EMOGLOBINOPATIE

Antonio Cao

Con il termine "emoglobinopatie" vengono indicate tutte le patologie, sia quantitative che qualitative, della sintesi dell'emoglobina: le prime sono rappresentate dalle cosiddette talassemie (o thalassaemie), le seconde dal vasto gruppo delle emoglobine anomale (v. emoglobina, XIII, p. 929; App. II, i, p. 851; III, i, p. 542; IV, i, p. 689).

Il termine talassemia (conio dal gr. ϑάλαϚϚα, "mare", e -αιμία, derivato di α`ιμα, "sangue") rappresenta un'italianizzazione della parola in traslitterazione latina thalassaemia, che fu adottata da C. H. Whipple e W. L. Bradford (1963) nella loro descrizione della cosiddetta ''anemia mediterranea'' (Mediterranean disease), e che a sua volta semplificava il termine originario, e più corretto, di thalassanaemia ("anemia marina"), che era stato coniato in precedenza da J. Comby, con analogo intendimento.

Talassemie. - In base al tipo (α, β, δβ, γδβ, δ) di catena globinica prodotta in difetto, si distinguono talassemie ed emoglobinopatie talassemiche (emoglobine abnormi associate a difetti di produzione). Patogeneticamente le catene in eccesso, per es. α−catene nella β−thalassaemia e β−catene nella α−thalassaemia, sono causa di danno alla membrana del globulo rosso e, quindi, della riduzione della sua emivita.

α−thalassaemie. - Le α−thalassaemie sono dovute alla produzione difettosa (α+−thalassaemia) o totalmente assente (α0−thalassaemia) di catene globiniche. Si distinguono quattro fenotipi clinici con manifestazioni di gravità crescente: portatore silente, eterozigote α−talassemico, malattia da Hb H, idrope fetale.

Portatore silente: il portatore silente non ha alcuna manifestazione clinica nell'età adulta, ma alla nascita si esprime, sia pure in un limitato numero di casi − pari al 30% del totale − con un aumento dei livelli di Hb Bart (tetramero γ4) dell'ordine dello 1÷2%. Il portatore silente può essere diagnosticato tramite l'analisi della sintesi globinica in vitro, che evidenzia una ridotta produzione di catene αglobiniche, o con lo studio diretto del DNA (v. oltre). A tale genotipo corrisponde la delezione di uno dei quattro geni strutturali codificanti per l'α−globina (-α/αα) o, più raramente, una mutazione puntiforme delle sequenze di uno dei geni α−globinici, più frequentemente del gene α2 (il gene in posizione s′ nella cluster α), che viene indicata con il simbolo αthalα.

Eterozigote α−talassemico: il portatore di α−thalassaemia (αthalα/αα) si manifesta nell'età adulta con microcitosi, riduzione del contenuto emoglobinico corpuscolare medio (MCV) in presenza di un pattern elettroforetico emoglobinico normale o caratterizzato da modesta riduzione dell'Hb A22δ2). Nel neonato i livelli di Hb Bart sono dell'ordine del 5÷6%. La biosintesi globinica evidenzia una maggiore riduzione della produzione α−globinica rispetto al portatore silente. A tale fenotipo corrispondono diversi genotipi: -α/-α, −-/αα (i due geni α−globinici deleti sullo stesso cromosoma), -α/αthalα, αthalα/αα. Nel nostro paese il primo è relativamente comune, specie in Sardegna, gli altri sono estremamente rari.

Malattia da Hb H: la malattia da Hb H è la forma clinica più rilevante di α−thalassaemia nel nostro paese. Genotipicamente è per lo più dovuta alla delezione strutturale di 3 dei 4 geni α−globinici (-α/--). Meno frequentemente è legata allo stato omozigote per un difetto non delezionale (αthalα/αthalα) o alla combinazione di un difetto delezionale (--) su un cromosoma e un difetto non delezionale (αthalα) sul cromosoma opposto. Si tratta di un'anemia mista in parte emolitica e in parte da eritropoiesi inefficace, in cui la quota emolitica è grandemente prevalente.

Clinicamente si manifesta con anemia microcitica, splenomegalia, epatomegalia, modeste modificazioni faciali simil-talassemiche (bozze frontali e zigomi prominenti, sporgenza della parete laterale nasale, appiattimento della radice nasale). Complicazioni relativamente frequenti sono ulcere malleolari e calcolosi biliare. Aggravamento dell'emolisi cronica fino ad avere una vera e propria crisi emolitica si verifica per processi infettivi intercorrenti o per ingestione di farmaci ossidanti, i medesimi implicati nel difetto di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD). Dal punto di vista ematologico è caratterizzata da microcitosi, anisopoichilocitosi, presenza in un numero elevato di globuli rossi di corpi inclusi costituiti da Hb H (tetramero β4).Questi corpi inclusi possono essere evidenziati facilmente dopo incubazione del sangue con brilliant cresyl blue. Il pattern elettroforetico dell'Hb evidenzia la presenza di una emoglobina rapida, l'Hb H, in percentuale variabile dal 3 al 25%, a volte associata a tracce di Hb Bart, e una riduzione dell'Hb A2 (fig. 1). La biosintesi globinica rivela una profonda riduzione della sintesi di α−globina (fig. 2). Le forme delezionali (--/-α) hanno un fenotipo clinico più attenuato rispetto a quello risultante dalla combinazione di difetti da non delezione e difetto da delezione (--/αthalα).

Idrope fetale: l'idrope fetale è incompatibile con la vita ed è dovuta alla delezione strutturale dei quattro geni α−globinici (--/--). Clinicamente vi è edema, epatosplenomegalia, insufficienza cardiaca. L'anemia microcitica è molto intensa e il pattern emoglobinico mostra la presenza di Hb Bart (circa l'80%) e Hb Portland (ζ22; circa il 10%). Si tratta di un quadro clinico che risulta estremamente raro nel nostro paese per la bassa incidenza del genotipo --/αα. La diagnosi dei diversi genotipi viene effettuata tramite analisi del DNA con enzimi di restrizione (Southern blot) utilizzando sonde molecolari costituite da frammenti genomici dei geni α e ζ.

Terapia e prevenzione. La terapia riguarda solo la malattia da Hb H. Non vi è alcun trattamento specifico. Appare utile la somministrazione di acido folico per compensare l'aumentato consumo. Occasionalmente, in caso di ipersplenismo documentato, può essere necessaria la splenectomia. Il paziente deve essere accuratamente seguito durante gli episodi infettivi intercorrenti per il pericolo di crisi emolitica. Deve essere evitata la somministrazione di farmaci ossidanti.

La prevenzione, che riguarda ovviamente solo l'idrope fetale, è possibile tramite la diagnosi prenatale che si effettua con l'analisi del DNA delle cellule trofoblastiche prelevate al primo trimestre di gravidanza.

β−thalassaemie. - Si distinguono forme da ridotta produzione delle catene β−globiniche (β+−thalassaemia) e forme caratterizzate da assente produzione di catene β−globiniche (β0−thalassaemia). Le βthalassaemie sono molto eterogenee dal punto di vista molecolare. Finora sono stati definiti oltre cento difetti, per lo più dovuti a singola sostituzione nucleotidica e raramente a grossolana delezione del gene β−globinico. Sotto il profilo clinico distinguiamo il portatore asintomatico, la thalassaemia intermedia e la thalassaemia major.

Portatore asintomatico: il portatore asintomatico, come dice il termine, non ha alcuna manifestazione clinica. Ematologicamente è caratterizzato da riduzione del volume corpuscolare (=globulare) medio, o MCV, e del valore corpuscolare medio di emoglobina, o MCH, e da frequente aumento compensatorio del numero dei globuli rossi. Allo striscio di sangue si evidenziano microcitosi, anisopoichilocitosi, emazie a bersaglio. Il criterio più importante per definire il portatore di β−thalassaemia è costituito dall'aumento percentuale della frazione minore dell'Hb del sangue, l'Hb A2. I metodi migliori per determinare l'Hb A2 sono la microcromatografia su colonna di DEAE cellulosa e la cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC). La biosintesi in vitro delle catene globiniche mostra una ridotta produzione di catene β. La combinazione di β−thalassaemia e α−thalassaemia, riducendo lo sbilanciamento della biosintesi delle catene α e β globiniche, può determinare una normalizzazione degli indici ematologici. In questa condizione l'unico parametro per individuare lo stato di portatore β−talassemico è l'aumento dell'Hb A2.

Thalassaemia intermedia: con questo termine si classificano quei quadri clinici che presentano un'anemia di grado variabile (Hb > 7 g/dl) ma di entità tale da non richiedere una terapia trasfusionale continua per garantire la sopravvivenza. In realtà si tratta di un gruppo estremamente eterogeneo di quadri clinici la cui gravità varia da quello del portatore asintomatico a quello grave trasfusione-dipendente della thalassaemia major. La thalassaemia intermedia risulta anche estremamente eterogenea sotto il profilo molecolare (tab. 1).

Le cause del fenotipo attenuato sono: a) la combinazione di stato omozigote per la β−thalassaemia con α−thalassaemia (-α/-α oppure αthalα/αα) con riduzione dello sbilanciamento del rapporto biosintetico α/β; b) la combinazione dello stato omozigote per la β−thalassaemia con caratteri genetici capaci di determinare una produzione significativa di Hb F (α2γ2) nella vita adulta, tra i quali risulta attualmente ben definita una mutazione specifica in posizione -158(C->T)5′ al gene Aγ (HPFH non delezionale); c) la presenza di mutazioni β−thalassaemiche caratterizzate da una produzione βglobinica relativamente ben conservata − mutazioni del promoter, come la -87 (C-G), mutazioni che interferiscono ma non aboliscono il processo di splicing come la sostituzione T-C in posizione 6 dell'IVS1 − allo stato omozigote o in combinazione con alleli β−talassemici classici. Fenotipo di βthalassaemia intermedia risulta anche dallo stato omozigote per la δβthalassaemia e dalla combinazione di questa mutazione con alleli βtalassemici gravi. La ragione dell'attenuazione risiede nella continua produzione di elevate quote di Hb F diretta dal cromosoma con la mutazione δβthalassaemia; d) doppi eterozigoti per la β−thalassaemia e per la presenza di triplicazione del gene α−globinico.

Il quadro clinico della thalassaemia intermedia è caratterizzato da anemia microcitica di variabile entità (Hb 7÷10 g/dl), vistosa epatosplenomegalia, profonde modificazioni facciali simil-talassemiche. Sotto il profilo ematologico la malattia si esprime con un'anemia microcitica. L'elettroforesi dell'Hb è caratterizzata da riduzione o assenza dell'Hb A (β+ e β0−thalassaemia, rispettivamente), Hb F nell'ordine dell'80÷90% e Hb A2. Le complicazioni frequenti sono ulcere malleolari, calcolosi biliare e sviluppo di masse di tipo tumorale extramidollare che sono costituite da tessuto ematopoietico. Poiché la malattia è caratterizzata come la thalassaemia major da eritropoiesi inefficace, vale a dire da morte prematura delle cellule eritroidi, precorritrici degli eritrociti, nel midollo si verifica un eccessivo assorbimento di ferro che nell'età adulta può portare a uno stato di emocromatosi di entità simile a quello della thalassaemia major.

La terapia è basata su splenectomia, dopo il 5° anno di età per limitare il rischio delle infezioni da germi capsulati; trasfusioni in caso che l'Hb scenda al di sotto dei 5÷6 g/dl, il che si verifica con relativa frequenza in occasione di infezioni intercorrenti, e acido folico per compensare l'eccesso di consumo. Prima della splenectomia è opportuno eseguire la vaccinazione antipneumococcica e dopo la splenectomia è necessaria una profilassi penicillinica (fenossimetilpenicillina per os 250.000U/2v/die, benzatin penicillina 600U/15 gg 〈 6 anni e 1.200.000 > 6 anni).

Thalassaemia major: indicata anche con il termine ''anemia mediterranea'' o "anemia di Cooley'', dal nome del medico statunitense che la individuò per primo in emigrati di origine mediterranea negli Stati Uniti. La malattia si manifesta subdolamente verso il 3° mese di vita con anoressia, febbricola, pallore, epatosplenomegalia moderata. La ragione di questa manifestazione relativamente tardiva è legata al fatto che nei primi tre mesi di vita l'Hb prevalente nel sangue è l'Hb fetale (α2γ2) che è sintetizzata normalmente in questi soggetti. La malattia si manifesta quando la Hb F viene sostituita da Hb A (attorno al 3°÷4° mese) che non può essere sintetizzata (β0−thalassaemia) o può essere sintetizzata solamente in minima parte rispetto al normale (β+−thalassaemia).

Se non trattata, attorno all'8°÷9° mese di vita compaiono le modificazioni morfologiche facciali di tipo talassemico, che possono raggiungere anche espressioni molto cospicue. A esse corrispondono manifestazioni radiologiche di intensa osteoporosi e a livello del cranio un ispessimento della diploe con aspetto molto caratteristico, il cosiddetto ''cranio a spazzola''. Il sospetto diagnostico viene avvalorato dall'esame dello striscio di sangue che evidenzia un'anemia microcitica accompagnata dalla presenza di eritroblasti (precursori del globulo rosso). La diagnosi si fonda sull'elettroforesi dell'Hb che evidenzia minime quantità (β+−thalassaemia) o assenza di Hb A (β0−thalassaemia), elevata percentuale di Hb F (70÷90%) e variabile quantità di Hb A2 (fig. 3). La biosintesi in vitro delle catene globiniche rivela una ridotta (β+−thalassaemia) o assente (β0−thalassaemia) produzione di catene β. Non curata adeguatamente la malattia conduce a morte, per lo più entro l'8°÷10° anno di vita, per scompenso cardiaco o infezioni ricorrenti.

La terapia si fonda su un trattamento trasfusionale continuo associato alla somministrazione di un ferrochelante, la desferrioxamina B, intesa a ovviare all'accumulo di ferro che non potrebbe non verificarsi (nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale e nel parenchima di vari organi; v. oltre) dato che 1 ml di pappa di globuli rossi contiene 1,16 mg di ferro. Le trasfusioni, che hanno l'obiettivo di mantenere un livello minimo di Hb pari a 10,5 g/dl, sono effettuate ogni 20 giorni circa e consistono nella somministrazione di circa 20 ml di pappa di globuli rossi/kg di peso. La desferrioxamina B, a causa della sua breve emivita, per essere efficace deve essere somministrata tramite infusione sottocutanea continuativa con l'uso di pompa portatile. La dose abituale è dell'ordine di 40÷50 mg/kg di peso corporeo, infusa lentamente nell'arco di 12 ore per 6 giorni la settimana. Effetti collaterali negativi possono essere limitazione dell'accrescimento, cataratta, tossicità a carico delle vie ottiche e acustiche. Utile è anche la somministrazione di vitamina C alle dosi di 100 mg/die, che potenzia l'effetto della desferrioxamina B.

Il trattamento trasfusionale precoce previene lo sviluppo della splenomegalia: qualora essa si verificasse e fosse accompagnata da ipersplenismo, che si evidenzia clinicamente con un aumento del consumo di sangue (>180 ml/kg/anno), può essere necessaria la splenectomia, che per le ragioni descritte a proposito della thalassaemia intermedia, deve essere eseguita non prima del 5° anno di vita. Il paziente talassemico trasfuso ma non trattato con desferrioxamina B ha una previsione di vita di circa 20÷25 anni; con l'associazione del ferrochelante la prognosi non è nota, a causa della brevità del periodo intercorso dalla sua associazione. Una previsione ragionevole indica una sopravvivenza che va oltre la quarta decade.

Le complicazioni della talassemia sono numerose. Alcune sono legate alle trasfusioni, tra cui infezioni trasmesse col sangue, in particolare la epatite C. L'epatite da virus B e la sindrome da immunodeficienza acquisita vengono prevenute tramite lo screening per queste infezioni del sangue da trasfondere. Va ricordato tuttavia che tale prevenzione non è assoluta a causa della imperfezione dei metodi di screening a disposizione. A causa delle trasfusioni si possono verificare anemie emolitiche autoimmuni, mentre quelle da alloanticorpi sono pressoché scomparse da quando il sangue da trasfondere viene estesamente tipizzato anche riguardo ai gruppi sanguigni minori (Kell, Kidd, Duffy) oltre il sistema ABO e quello Rh. Le complicanze più rilevanti sono quelle legate all'accumulo di ferro (emocromatosi) che si verifica ancora, nonostante la terapia con desferrioxamina B, a causa della scarsa aderenza alla terapia ferrochelante. Tra le complicanze legate all'emocromatosi vanno ricordate le cirrosi, la miocardiopatia e le alterazioni delle ghiandole endocrine, tra le quali, in ordine decrescente, sono quelle del pancreas (diabete mellito), l'ipoparatiroidismo e l'ipotiroidismo. Abbastanza comune è anche un ritardo dell'accrescimento, di origine polifattoriale ma in gran parte legato a ridotta produzione di somatomedine da parte del fegato e a un ritardo della pubertà, in gran parte da difetto ipotalamico.

La prevenzione è possibile tramite la diagnosi prenatale, con la definizione diretta della mutazione sul DNA estratto dai villi coriali, prelevati alla 10° settimana di gravidanza per via vaginale o transaddominale. Grazie a programmi di screening di portatori e alla diagnosi prenatale, l'incidenza dell'anemia mediterranea nel nostro paese si è andata riducendo in modo vistoso: si è passati da valori di 1 omozigote malato su 250 nati vivi in assenza di prevenzione a 1 su 1000 (fig. 4); in Sardegna si è verificata una riduzione del 90%.

δβ, γδβ e δ−thalassaemie. - La δβ e la γδβ−thalassaemie sono forme rare dovute a delezione dei geni δ e β o γδβ. La δβ−thalassaemia allo stato omozigote o come composto genetico con la β−thalassaemia produce il quadro della thalassaemia intermedia. La γδβ−thalassaemia è stata descritta allo stato eterozigote in soggetti con modesta anemia microcitica. La δ−thalassaemia è dovuta alla ridotta o assente (δ+ e δ0 thalassaemia rispettivamente) produzione delle catene δ, che fanno parte della molecola della Hb A2, emoglobina minore del sangue, presente a una concentrazione pari al 2% del totale dell'Hb. La loro rilevanza clinica risiede nel fatto che quando sono cotrasmesse assieme alla β−thalassaemia eterozigote determinano la normalizzazione dei livelli di Hb A2 e pertanto oscurano la diagnosi della β−thalassaemia eterozigote, per la quale l'identificazione risiede essenzialmente nella documentazione di un aumento della Hb A2.

Emoglobinopatie talassemiche. - Si tratta di un gruppo raro di varianti Hb dovute per lo più a singole sostituzioni nucleotidiche che comportano sostituzione di un singolo aminoacido nella catena polipeptidica della Hb. Per lo più si traducono nella formazione di una Hb altamente instabile e si manifestano allo stato eterozigote con il fenotipo della thalassaemia intermedia.

Emoglobine abnormi. - Esiste un numero molto vistoso di Hb abnormi che sono dovute per lo più a singola mutazione puntiforme (sostituzioni nucleotidiche) a livello del DNA, che si traducono in sostituzioni di aminoacidi a livello delle catene polipeptidiche α, β o γ. Molte di queste varianti Hb non hanno alcun effetto clinico, altre producono malattie di notevole entità.

Un primo gruppo di questa categoria è costituito da varianti frequenti tra cui le S, C ed E, delle quali solo la S e la C si riscontrano, sebbene raramente, nel nostro paese. Particolare frequenza esiste solo in alcune zone della Sicilia. Lo stato omozigote per la Hb S si traduce nell'anemia falciforme. Si tratta di un'affezione caratterizzata da anemia emolitica e da crisi vaso-occlusive a carico dei diversi organi (specie ossa, polmone, encefalo), dovute alla cristallizzazione intraeritrocitaria della Hb S specie in ambiente a bassa tensione di O2. L'eterozigote per la Hb S è asintomatico e potrebbe presentare crisi vaso-occlusive solamente per soggiorno a elevate altitudini. La diagnosi, sospettata in base all'esame del sangue per la presenza delle emazie a forma di falce, viene definita in base alla documentazione di una Hb che migra più lentamente della Hb A all'elettroforesi (fig. 5). Quadri clinici simili possono essere provocati da composti genetici tra il tratto falciforme e la Hb C o la β−thalassaemia (v. anche pauling, Linus Carl, in App. IV, ii, p. 753; sangue: Emoglobina Hb, App. IV, iii, p. 262). Rare varianti Hb, provocate per lo più da nuove mutazioni, possono determinare: metaemoglobinemia congenita, caratterizzata da ossidazione irreversibile della molecola emoglobinica e clinicamente da cianosi: si tratta per lo più di mutazioni a livello degli aminoacidi che formano la tasca dell'eme; policitemia, dovuta a mutazioni che impediscono la cessione dell'O2 ai tessuti con conseguente aumento della eritropoietina; Hb instabili, dovute spesso a sostituzioni di aminoacidi non polari con aminoacidi polari all'interno della molecola o all'interfacie β/α. Queste Hb precipitano formando corpi inclusi simili a quelli descritti a proposito della malattia da Hb H, che sono facilmente evidenziabili con l'esame dello striscio di sangue con coloranti vitali (brilliant cresyl blue). Clinicamente si ha una grave anemia emolitica, con splenomegalia e alle volte urine scure per l'eliminazione di derivati dell'eme. La diagnosi si fonda sull'elettroforesi dell'Hb e sui test di instabilità dell'Hb (isopropanolo, calore). Vedi tav. f.t.

Bibl.: D. J. Weatherall, J. B. Clegg, The thalassaemia syndromes, Oxford 19813; B. Modell, V. Berdoukas, The clinical approach to thalassaemia, Orlando (Florida) 1984; H. F. Bunn, B. G. Forget, Hemoglobin: molecular, genetic and clinical aspects, Filadelfia 1986.

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