EMOPATIE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

EMOPATIE

Franco Mandelli-Giuseppe Avvisati

(XIII, p. 932)

Con il termine generico e. indichiamo tutte quelle patologie che colpiscono il sistema emopoietico. In questa sede ci limiteremo a descrivere brevemente alcune delle e. che si riscontrano nella pratica medica.

Le e. possono interessare l'eritropoiesi, la granulocitopoiesi, la trombocitopoiesi e la linfocitopoiesi. In modo molto schematico, tenendo conto di quanto detto sotto emopoiesi (v. in questa Appendice), le e. possono essere classificate nel seguente modo: disordini che colpiscono la cellula staminale mieloide e della granulocitopoiesi; disordini dell'eritropoiesi; disordini della granulocitopoiesi-monocitopoiesi; disordini della cellula staminale linfoide e della linfocitopoiesi; disordini della trombocitopoiesi.

Disordini della cellula staminale mieloide. − In questo gruppo di e. rientrano molte delle malattie neoplastiche del sangue. In particolare, vi rientrano l'aplasia midollare, le sindromi preleucemiche, le sindromi mieloproliferative e le leucemie acute mieloidi.

Aplasia midollare. − È detta anche anemia aplastica, ed è dovuta alla soppressione delle cellule staminali emopoietiche orientate in senso mieloide con conseguente anemia, granulocitopenia e piastrinopenia più o meno gravi. La linfocitopoiesi è invece presente anche se alterata. È possibile che in alcuni casi l'alterata funzione dei linfociti sopprima la normale emopoiesi: si tratta di un'e. dalla patogenesi eterogenea e non ancora del tutto chiarita, ed è un'e. in cui vi è un'indicazione quasi assoluta al trapianto di midollo, una volta falliti i tentativi terapeutici con farmaci o sieri.

Sindromi preleucemiche. − Sono meglio conosciute con il nome di sindromi dismielopoietiche. In esse è presente una citopenia periferica da emopoiesi alterata, che può essere più o meno grave e riguardare una o più linee cellulari. Si tratta di disordini di tipo clonale, per l'intervento di una noxa patogena che colpisce la cellula staminale quando è già orientata in senso mieloide (eritro-, granulo-, trombocito-poietico), causando la morte dei relativi elementi immaturi, ovviamente a livello intramidollare.

Malattie mieloproliferative croniche.- Sono costituite dalla policitemia vera, dalla trombocitemia essenziale, dalla mielofibrosi idiopatica e dalla leucemia mieloide cronica. Pur se diverse nelle loro manifestazioni cliniche, esse presentano alcune caratteristiche comuni:

a) proliferazione incontrollata e irreversibile degli elementi della linea granuloblastica, eritroblastica e megacariocitaria, con interessamento globale o parziale o prevalente nelle singole varietà;

b) emopoiesi extramidollare soprattutto a livello splenico ed epatico;

c) presenza di fibrosi midollare di grado variabile;

d) origine clonale della proliferazione incontrollata;

e) cronicità e irreversibilità del disordine proliferativo ematologico, con impossibilità di guarigione con i normali trattamenti antiblastici.

Altra caratteristica comune a queste malattie mieloproliferative croniche è la possibilità di evoluzione in leucemia acuta. Tale possibilità è molto più frequente per la leucemia mieloide cronica (90%) e molto più rara (10%) nelle altre forme.

Malattie mieloproliferative acute. − Sono costituite quasi esclusivamente dai diversi sottotipi di leucemia mieloide acuta. A tutt'oggi sono identificate sette varietà di leucemia mieloide acuta in base a caratteristiche citomorfologiche e citochimiche. Inoltre, alcuni di questi sottotipi presentano caratteristiche cliniche e di laboratorio proprie.

Secondo la classificazione proposta da un gruppo di lavoro francese, americano e britannico, e perciò detta classificazione FAB, distinguiamo 7 sottotipi di leucemia mieloide acuta:

M1: Leucemia mieloblastica acuta senza maturazione.

M2: Leucemia mieloblastica acuta con maturazione; spesso si associa alla traslocazione cromosomica tra il cromosoma 8 e 21: t (8:21).

M3: Leucemia acuta promielocitica, in cui le cellule leucemiche rassomigliano a promielociti con numerosi granuli nel citoplasma e nel nucleo e corpi di Auer. Questa forma si caratterizza per la presenza, nella quasi totalità dei pazienti, di una grave coagulopatia che è responsabile delle numerose morti per emorragia nelle prime fasi del trattamento antileucemico. È inoltre presente una caratteristica traslocazione cromosomica tra il cromosoma 15 e 17: t (15:17). Di questo sottotipo è stata descritta una variante in cui i granuli sono riconoscibili solo all'osservazione con microscopio elettronico, ed è perciò detta ''microgranulare'' (M3v).

M4: Leucemia acuta mielomonocitica, in cui sono presenti nel midollo e nel sangue periferico cellule immature di tipo sia mieloide (mieloblasti), sia monocitoide (monoblasti). Anche di questa forma esiste una variante caratterizzata da una forte eosinofilia midollare con inversione o altre anormalità del cromosoma 16.

M5: Leucemia acuta monocitica, caratterizzata clinicamente da frequente ipertrofia gengivale, infiltrazione leucemica del sistema nervoso centrale, ingrossamento linfonodale, e infiltrazione della cute e di altri organi extramidollari. Si associa con frequenza abbastanza alta a una coagulopatia. Inoltre è presente un'elevata concentrazione di lisozima sia nel siero che nelle urine. Nei bambini in questa forma di leucemia è presente una traslocazione tra il cromosoma 4 e 11: t (4:11).

M6: Eritroleucemia, descritta per la prima volta dall'italiano G. Di Guglielmo; presenta elementi di tipo eritroide (eritroblasti) e mieloide (mieloblasti).

M7: Leucemia acuta megacarioblastica, riconosciuta solo recentemente grazie allo sviluppo degli anticorpi monoclonali che hanno permesso di mettere in evidenza nelle cellule di questa leucemia la presenza del fattore di Von Willebrandt e delle glicoproteine della membrana piastrinica Ib, IIb/IIIa, IIIa. Dal punto di vista clinico in questa forma è raro incontrare un alto numero di cellule blastiche in periferia, ed è anche rara l'infiltrazione di organi. Inoltre si hanno elevati livelli di LDH e spesso a livello midollare è presente una notevole fibrosi che rende difficile l'aspirazione del sangue midollare. Per quest'ultima caratteristica era stata inizialmente definita come mielofibrosi acuta, per distinguerla dalla mielofibrosi cronica.

La leucemia mieloide acuta rappresenta una malattia di origine clonale del tessuto emopoietico, caratterizzata da: a) proliferazione di cellule anormali (leucemiche) immature principalmente nel midollo; b) alterata e ridotta produzione di cellule normali nel sangue. Di conseguenza questa infiltrazione del midollo da parte di cellule leucemiche è responsabile dei sintomi legati all'anemia, alla piastrinopenia e alle infezioni che si osservano frequentemente in questi pazienti.

Dal punto di vista eziopatogenetico, particolare importanza hanno nell'insorgenza di queste forme le radiazioni ionizzanti e alcune sostanze chimiche (sicuramente gli agenti alchilanti, il benzolo e potenzialmente il cloramfenicolo, il fenilbutazone, l'arsenico e suoi derivati), oltre a fattori costituzionali predisponenti (sindrome di Down e anemia aplastica di Fanconi).

Emoglobulinuria parossistica notturna. − Questa, comunemente vista come un'anemia emolitica, è in realtà un disordine emopoietico della cellula staminale caratterizzato dalla formazione di piastrine, granulociti ed eritrociti anormali. L'anormalità dei globuli rossi li predispone a una lisi intravascolare mediata dal complemento. Anche se il nome suggerisce una variazione ciclica dell'emoglobinuria, tuttavia in molti pazienti essa è irregolare o addirittura occulta nel manifestarsi. Tipica dell'emoglobinuria parossistica notturna è l'aumentata sensibilità dei globuli rossi all'azione emolitica del complemento.

Disordini dell'eritropoiesi. − Tradizionalmente vengono divisi in due gruppi: quello delle anemie, caratterizzate da una ridotta concentrazione di emoglobina, per cui il paziente soffre a causa dell'ipossia tessutale, e quello delle poliglobulie (o policitemie), nelle quali si ha la presenza di un ematocrito superiore alla norma per cui le manifestazioni cliniche sono dovute all'aumentata viscosità del sangue e all'aumentato volume della massa sanguigna.

Anemie. − Tra le anemie che meritano di essere ricordate, per la loro frequenza in Italia, in questa sede possiamo distinguere sulla base del meccanismo fisiopatologico, oltre, ovviamente, all'anemia da perdita ematica acuta, le seguenti forme: da insufficiente eritropoiesi; da alterata sintesi emoglobinica; da sopravvivenza eritrocitaria ridotta; da patogenesi complessa.

1) Anemie da insufficiente eritropoiesi. Oltre all'anemia da aplasia midollare e alle sindromi dismielopoietiche, e preleucemiche, descritte in precedenza nel paragrafo dedicato ai disordini delle cellule staminali mieloidi, tra queste forme hanno particolare importanza le anemie da carenza di vit. B12 e/o di acido folico, che si caratterizzano per un'alterata sintesi del DNA cui consegue una crescita squilibrata delle cellule, con un'alterata maturazione nucleare e una normalità di quella citoplasmatica. Per tale motivo si assiste alla formazione di cellule patologiche (megaloblasti) con asincronia maturativa tra citoplasma maturo e nucleo immaturo, con perdita della capacità mitotica e possibile morte della cellula (eritropoiesi inefficace).

Oltre ai sintomi generali legati all'anemia (quali anoressia, astenia, dispnea, tachicardia e, nei casi più gravi, crisi da insufficienza coronarica), si possono avere anche segni neurologici, tra cui molto frequenti sono le parestesie, fino a giungere negli stati gravi di anemia e nelle fasi più avanzate a disturbi cerebrali di diversa entità.

2) Anemie da alterata sintesi emoglobinica. Comprendono l'anemia da carenza di ferro, della quale si dà cenno di seguito, e il capitolo delle emoglobinopatie (v., in questa Appendice).

Anemia da carenza di ferro: si tratta di un'anemia in cui, per la carenza di ferro, si ha una ridotta sintesi emoglobinica con conseguente microcitosi (presenza di globuli rossi di volume ridotto) e ipocromia (ridotta colorazione delle emazie). È la forma di anemia di più frequente riscontro. Prevale nettamente nelle donne ed è dovuta generalmente a perdite di sangue croniche da neoplasie, ulcere, polipi, emorroidi e, soprattutto, a mestruazioni abbondanti.

3) Anemie da sopravvivenza eritrocitaria ridotta. Sferocitosi: si tratta di un'anemia emolitica ereditaria dovuta ad aumentata distruzione dei globuli rossi a livello della milza, per assenza o anormalità funzionale (trasmessa ereditariamente) di una delle proteine della membrana eritrocitaria con conseguente formazione dei globuli rossi di forma sferica e poco deformabili (sferociti). Si tratta di una forma di anemia ereditaria abbastanza frequente in Italia, che richiede assolutamente la splenectomia, per evitare sia l'emolisi che le possibili complicanze legate a questa anemia, che sono: l'aplasia midollare, le crisi emolitiche gravi e la litiasi biliare.

Anemia da deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G-6-PD): meglio conosciuta come favismo, si tratta di un'anemia emolitica molto frequente in Sardegna e in Sicilia, dovuta all'assenza ereditaria dell'enzima G-6-PD. Anche in questo caso, così come nelle sindromi talassemiche e nella drepanocitosi, sembrerebbe che la presenza di un gene enzimopenico nei portatori costituisca un vantaggio selettivo verso l'infezione malarica.

Essendo il gene della G-6-PD localizzato sul cromosoma X, esso è sempre trasmesso da madre a figlio e mai da padre a figlio (in quanto il padre trasmette al figlio maschio il cromosoma Y). Per tale motivo il difetto è pienamente espresso nei maschi malati. Dal punto di vista clinico, la maggiore conseguenza del deficit di G-6-PD è l'anemia emolitica. L'emolisi può essere scatenata da numerosi farmaci, infezioni, stress e in alcuni individui dall'ingestione di fave o dopo inalazione di polline di fave (da cui il nome di favismo); tuttavia il decorso può essere asintomatico per anni, e vi sono soggetti con deficit di G-6-PD che non hanno mai sofferto di crisi emolitiche.

Anemie emolitiche immunologiche: sono delle e. piuttosto frequenti, il cui sintomo principale è l'emolisi quasi sempre dovuta alla comparsa nel siero o nella superficie dei globuli rossi di autoanticorpi diretti contro antigeni specifici presenti sulla membrana eritrocitaria (anemie emolitiche autoimmuni). In altri casi, come nella malattia emolitica del neonato, il processo emolitico è dovuto a isoanticorpi antieritrocitari (anemie emolitiche isoimmuni).

4) Anemie da patogenesi complessa. Comprendono le anemie secondarie a nefropatie o endocrinopatie.

Poliglobulie. − Costituiscono delle sindromi caratterizzate dall'aumento della massa eritrocitaria circolante. Vanno distinte dalle poliglobulie false o spurie dovute a emoconcentrazione, cioè alla diminuzione della quantità totale di plasma. Esiste una forma primitiva detta ''policitemia vera'' (descritta precedentemente tra le sindromi mieloproliferative) e delle forme secondarie che sono dovute agli aumentati livelli di eritroproietina per ipossia tessutale o per presenza di malattie neoplastiche o di nefropatie.

Disordini della granulopoiesi e monocitopoiesi. − Agranulocitosi. − Si tratta dell'e. più grave e più frequente che fa parte di queste sindromi. Consiste in una spiccata riduzione fino a scomparsa dei granulociti neutrofili circolanti, associata a un'insufficienza midollare selettiva a carico della serie granuloblastica. Quasi sempre è dovuta all'assunzione di farmaci e si realizza con un meccanismo immunologico o tossico diretto. La sintomatologia è costituita da infezioni di diverso tipo e gravità con febbre elevata.

Disordini delle cellule staminali linfoidi e della linfopoiesi. − Leucemia linfoide acuta. − Si tratta della forma di leucemia più frequente tra i bambini, con incidenza massima tra i 3 e i 10 anni. Dal punto di vista morfologico si distinguono 3 forme, dette L1, L2, L3, mentre dal punto di vista immunologico possiamo avere delle forme pre-B, B, T, oppure non T e non B, suddivise queste ultime in CALLA (se reagiscono con l'anticorpo anti-CALLA) o NULL. Infine possiamo avere delle leucemie linfoidi acute che presentano il cromosoma Filadelfia (Ph1) come nella leucemia mieloide cronica, anche se dal punto di vista molecolare l'alterazione cromosomica è in genere diversa da quella presente nella leucemia mieloide cronica.

La sintomatologia è legata al grado d'insufficienza midollare globale provocato dall'infiltrazione leucemica. Avremo, quindi, anemia, piastrinopenia, granulocitopenia più o meno gravi con presenza di sindrome emorragica, infezioni. Inoltre l'infiltrazione neoplastica di vari organi e apparati può causare aumento di volume dei linfonodi, della milza, del fegato e dei testicoli. Può esserci una meningosi leucemica per infiltrazione del sistema nervoso centrale da parte dei blasti leucemici; inoltre l'infiltrazione leucemica delle strutture mediastiniche può essere così grave da provocare una sindrome mediastinica con compressione delle strutture vascolari e nervose.

La diagnosi va posta rapidamente per iniziare una terapia adeguata che attualmente è in grado di guarire più del 50% dei bambini malati di questa forma di leucemia. Diagnosi e terapia vanno però effettuate in centri specializzati adeguati per evitare gli insuccessi.

Per quanto riguarda l'eziologia di queste leucemie, vale quanto detto a proposito della leucemia mieloide acuta.

Leucemia linfoide cronica. − È una malattia rara al di sotto dei 40 anni. Si tratta di un'e. neoplastica in cui si ha l'espansione clonale dei piccoli linfociti che sono di tipo B nel 95% dei casi. L'aumento dei piccoli linfociti porta all'accumulo di essi nel midollo con conseguente insufficienza midollare e aumento talvolta anche molto elevato dei linfociti nel sangue periferico. Inoltre l'accumulo può verificarsi anche a carico di linfonodi, fegato, milza e altri organi, con il loro conseguente aumento di volume.

Accanto a forme con andamento protratto e sopravvivenza > 10÷ 20 anni (per gli stadi iniziali), vi sono casi rapidamente fatali entro 1÷2 anni (per gli stadi avanzati). La prognosi di questa e. varia a seconda dello stadio della malattia.

Leucemia a cellule capellute. − Rarissima forma di leucemia caratterizzata dalla presenza nel midollo di cellule linfoidi a citoplasma sfrangiato e a decorso subacuto, che va ricordata per la sua sensibilità a una terapia con interferone. I sintomi iniziali sono aspecifici e consistono in astenia, pallore, ed emorragie cutanee. Nel 90% dei casi è presente una splenomegalia. Si osserva anche anemia, granulocitopenia e piastrinopenia.

Linfomi non Hodgkin. − Costituiscono un gruppo eterogeneo di neoplasie del tessuto linfoide. Nella maggior parte dei casi si tratta di neoplasie monoclonali dei linfociti B. Rappresentano circa il 3% di tutti i tumori e sono più frequenti nell'età adulta e anziana.

Dal punto di vista delle manifestazioni cliniche, esse sono le più varie. Generalmente si ha la comparsa di un ingrossamento linfonodale associato, o no, a epatosplenomegalia. In ogni modo tutte le strutture linfatiche presenti nell'organismo possono essere la sede iniziale di un linfoma non Hodgkin. Febbre, dimagramento e sudorazione sono meno frequenti che nel morbo di Hodgkin, e la loro presenza indica una prognosi sfavorevole. La diagnosi dev'essere sempre istologica su biopsia e permette di distinguere tra LNH a basso, intermedio e alto grado di malignità. La possibilità di guarigione è inversamente proporzionale al grado di malignità. Infatti i linfomi a basso grado di malignità, pur avendo un decorso poco aggressivo, non guariscono in quanto il loro andamento è di tipo cronico. Al contrario, i linfomi ad alto grado di malignità la cui insorgenza è il più delle volte di tipo acuto, se ben curati hanno oltre il 50% di possibilità di guarire.

Linfoma di Hodgkin. − È una malattia neoplastica maligna del sistema linfoide che può comparire in qualsiasi età, anche se vi sono due picchi di maggiore incidenza, tra i 15÷25 anni e oltre i 60 anni. La sua eziologia è ancora sconosciuta.

In genere la malattia esordisce con la tumefazione di uno o più linfonodi in una o più stazioni linfonodali e non si accompagna ad altri segni clinici. Le tumefazioni linfonodali possono essere di dimensioni variabili e hanno la tendenza a regredire spontaneamente per poi ingrandirsi di nuovo. Può essere presente anche splenomegalia. Nella maggior parte dei pazienti è presente un difetto dell'immunità cellulare. Può aversi febbre elevata, sudorazione, prurito. La diagnosi è solo di tipo istopatologico e si basa sulla dimostrazione della caratteristica cellula di Reed-Sternberg. Le possibilità terapeutiche al giorno d'oggi sono notevoli, con probabilità di guarigioni dal 50% al 90% dei casi, a seconda della diffusione.

Mieloma. − È una malattia degli adulti e degli anziani (rari i casi di età 〈40 anni) dovuta a proliferazione incontrollata delle plasmacellule. Si caratterizza per la presenza, in quantità elevata nel siero o nelle urine, di immunoglobuline o frammenti di esse omogenei e isotipici. Spesso si associa anche la presenza di lesioni ossee litiche (che provocano dolori ossei) e anemia secondaria all'insufficienza midollare prodotta dall'invasione plasmacellulare. Può esordire con un quadro d'insufficienza renale. La sintomatologia clinica è caratterizzata da dolori ossei per le numerose lesioni litiche presenti.

Macrogobulinemia. − Simile al mieloma, se ne differenzia per il fatto che la paraproteina è di tipo IgM (Macroglobulina). Sono rare le lesioni litiche, e la cellula interessata è una cellula di transizione tra il linfocita B e la plasmacellula, e perciò ha l'aspetto linfoplasmocitoide. Il sintomo più frequente è l'anemia da emodiluizione per presenza della para IgM associata o no a splenomegalia e/o linfomegalia. È quasi esclusiva dell'età anziana (>60 anni). Ha un decorso generalmente cronico con sopravvivenza anche >10 anni.

Disordini della trombocitopoiesi. − Si distinguono disordini qualitativi (trombocitopatie) e quantitativi (trombocitopenie).

Trombocitopatie. − Sono e. di natura congenita (molto rare) o acquisite (abbastanza frequenti), dovute a un'anormale funzionalità delle piastrine. Sono caratterizzate dalla presenza di episodi emorragici in pazienti con numero di piastrine normali e tempo di emorragia allungato. La trombocitopatia più frequente in assoluto è quella da aspirina, farmaco, notoriamente, di larghissimo uso. L'aspirina agisce inibendo nelle piastrine la formazione di una sostanza che ne favorisce l'aggregazione, impedendo, così, la formazione del tappo piastrinico, che costituisce il primo meccanismo di difesa dell'organismo dalle emorragie: l'emorragia può raggiungere proporzioni gravissime quando si verifica nei portatori ignari di una trombocitopatia congenita.

Trombocitopenie. − Sono e. in cui si ha una diminuzione del numero delle piastrine circolanti più o meno grave. Le trombocitopenie possono essere dovute a ridotta produzione delle piastrine, e a una loro aumentata distruzione (v. oltre), oppure al loro ''sequestro'' in caso di splenomegalia, oppure ancora a una condizione di emodiluizione, in caso di un elevato numero di trasfusioni di sangue (>6-10 U nelle 24 h).

Tra le trombocitopenie da aumentata distruzione va ricordata la porpora trombocitopenica cronica idiopatica o morbo di Werlhof, un'e. a patogenesi autoimmune in cui anticorpi antipiastrine sensibilizzano le piastrine che vengono poi rimosse dal circolo a livello splenico ed epatico dalle cellule macrofagiche. La diagnosi si basa sulla presenza di un numero basso di piastrine con l'aumento dei megacariociti a livello midollare. La sintomatologia è quasi esclusivamente costituita da emorragie prevalentemente cutanee.

Bibl.: F. Mandelli, Ematologia: fisiopatologia, clinica, terapia, Roma 1984; W.J. Williams e altri, Hematology, New York 1990.

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