EMORRAGIA

Enciclopedia Italiana (1932)

EMORRAGIA (gr. αἱμορραγία; tedesco Blutfluss)

Amilcare BERTOLINI
Giuseppe AYALA
Ottorino UFFREDUZZI

Con questo termine s'intende, in senso generale, la fuoriuscita di sangue in massa dai vasi sanguigni (e quindi non la fuoruscita isolata d'elementi costitutivi del sangue). L'emorragia si dice interna, quando il sangue uscito si versa in una cavità preformata del corpo (peritoneo, pleura, meningi); esterna, quando s'ha versamento all'esterno del corpo (e. esterna diretta, quando il versamento avviene da una soluzione di continuo dei tegumenti, indiretta, quando il sangue si versa in una cavità comunicante con l'esterno, come il tubo digerente, i bronchi, le vie renali, ecc.); interstiziale, quando il sangue uscito dai vasi s'infiltra nella compagine dei tessuti, formando un ematoma o un'infiltrazione emorragica diffusa.

Dal rene, p. es., si possono avere tutti i tipi d'emorragia: esterna diretta, quando un'arma da taglio ferisce il rene attraverso i tegumenti; esterna indiretta, quando v'è rottura del rene e versamento di sangue nel bacinetto renale dal quale viene trascinato all'esterno con l'urina (ematuria); interna, quando s'ha rottura del rene e del peritoneo contemporaneamente, con versamento di sangue in questo; interstiziale, quando s'ha rottura semplice del rene e infiltrazione di sangue o ematoma nel tessuto perirenale, con riempimento della loggia renale (ematoma perirenale).

Si distinguono inoltre varî tipi d'emorragia a seconda del vaso da cui essa deriva: l'e. arteriosa, caratterizzata dal color rosso vivo del sangue (eccettuato il caso d'emorragia dall'arteria polmonare), dalla potenza del getto col quale il sangue esce, tanto più notevole quanto più vicino al cuore è l'arteria colpita, dal rafforzamento del getto sincrono con l'itto cardiaco; l'e. venosa, caratterizzata dal color rosso scuro, quasi nerastro del sangue (eccettuato il caso d'emorragia dalle vene polmonari), dal fluire quasi uniforme e senza pressione; l'e. capillare o a nappo, nella quale il sangue confluisce da numerose piccolissime boccucce formando un velo, che di continuo si rinnova (specie nei parenchimi molto vascolarizzati: fegato, rene, tonsilla, cervello, ecc., donde il nome d'e. parenchimatosa).

Nella nomenclatura medica alcuni tipi cliniei d'emorragia portano nomi speciali, ecchimosi, petecchia, macula, ecc., per i varî tipi d'emorragie interstiziali cutanee; epistassi è l'emorragia dal naso; l'emoftoe o l'emottisi, dai bronchi con la tosse; l'ematemesi, dallo stomaco col vomito; la melena, dall'intestino con le feci, l'ematuria, dai reni e dalla vescica con l'urina; metrorragia, dall'utero per i genitali esterni; menorragia, l'aumento patologico per quantità del flusso mestruale; ematocele è la raccolta di sangue in una cavità sierosa preformata; emartro è la raccolta di sangue nelle articolazioni; ematometra è la raccolta di sangue nell'utero nei casi d'atresia dell'utero verso la vagina o d'un corno uterino nel caso di utero bicorne.

Ogni ferita porta a un'emorragia esterna come una contusione porta a una più o meno notevole infiltrazione di sangue nei tessuti (emorragia interstiziale, ematoma). Talvolta i mezzi naturali sono sufficienti a farla cessare, tuttavia è spesso necessario l'intervento chirurgico pir frenarla (v. emostasi). La perdita di sangue è, dentro certi limiti, compensata dall'organismo, il quale provvede mettendo in opera, in un primo tempo, i mezzi per far cessare l'emorragia e poi, in un secondo, quelli per compensare la diminuzione della massa liquida circolante. E cioè: contrazione vasale diffusa, richiamo di sangue dai capillari in grazia alla chiusura di molte vie (circolazione capillare ridotta), richiamo di liquido dai tessuti, arresto dell'eliminazione dei liquidi (sudore, urina, secrezioni del tubo gastrico: saliva, succo gastrico e intestinale, ecc.). Ma la tolleranza a questa circolazione ridotta non è indefinita e in prima linea la riduzione della massa liquida, poi la riduzione dei globuli rossi, causano la morte. Domina la riduzione della massa liquida perché al disotto d'una certa quantitȧ, che può variare molto da individuo a individuo, il cuore lavora a vuoto e non riesce a spingere il poco sangue residuo nei tessuti, di modo che cessa completamente l'ossigenazione e la nutrizione dei tessuti. Nell'uomo si calcola che possa essere tollerata la perdita sino a un terzo della massa di sangue circolante, ma, come s'è detto, vi sono molte variazioni in rapporto agl'individui e in rapporto alle modalità, specialmente alla violenza dell'emorragia. Le perdite molto brusche sono meno bene tollerate delle perdite anche notevoli ma distribuite in un tempo relativamente più lungo.

Oltre alle emorragie causate da traumi, vi sono emorragie da processi patologici che coinvolgono i vasi sanguigni usurandone la parete. In genere quando un fatto neoplastico o infiammatorio o distruttivo invade una parete vasale, la circolazione nel vaso corrispondente è già arrestata e v'è trombosi, ma se il vaso è troppo voluminoso e importante, o il processo avanza troppo rapidamente, si può avere un'abbondante emorragia. Questo, p. es., si verifica nell'ulcera gastrica, in cui in genere i vasi erosi sono prima trombizzati, ma se il processo giunge su vasi importanti come le arterie gastriche o i loro primi rami e soprattutto se vi giunge rapidamente, s'hanno intense gastrorragie con vomito sanguigno e melene che possono mettere in pericolo la vita del paziente. Altrettanto si dica di quelle complicazioni emorragiche a carattere spesso terminale, che si verificano per erosioni di grossi vasi del collo (carotide esterna, linguale, mascellare interna) da invasione di carcinomi della bocca, lingua, guancia e delle relative metastasi sottomascellari e della catena giugulare. Sono pure notevoli le emorragie secondarie o tardive nelle ferite settiche, specialmente del collo e della faccia, in cui l'infezione assume l'andamento trombolitico e scioglie i trombi che si fanno nei vasi anche legati e dà emorragie da vasi che si vengono a trovare nel campo settico, anche se primitivamente legati. Vanno poi ricordate le emorragie dovute, più che all'importanza del fattore esterno, alle condizioni patologiche che rendono vani o assenti i normali processi biologici per cui s'arresta normalmente l'emorragia. Va ricordata l'emofilia, malattia ereditaria in cui v'è mancanza di coagulazione del sangue. Sono note le gravi e persino mortali emorragie per la semplice estrazione d'un dente o per un taglio a un dito, come pure i facili emartri recidivanti d'articolazioni importanti, specialmente il ginocchio, per traumi minimi, che non esorbitano dalle abituali contingenze della vita e non raggiungono il carattere d'accidenti. Va pure ricordata la porpora emorragica, il morbo di Werlhof, ecc.

All'emorragia viene provveduto con l'emostasi; tuttavia qui dobbiamo ricordare alcuni mezzi che permettono d'ovviare ai fenomeni anemici più minacciosi. Siccome abbiamo visto che il fatto più grave è la perdita della massa liquida che rende vano il lavoro del cuore, servono a questo scopo tutti i mezzi che permettono di compensare questa perdita: fleboclisi di soluzioni isotoniche, o fisiologiche, ipodermoclisi, proctoclisi e in genere la somministrazione di liquido e soprattutto la trasfusione di sangue, che è certo il mezzo più efficace, quando s'abbia il tempo e l'opportunità d'eseguirla. Più discutibile è l'uso di sostanze capaci d'aumentare la pressione del sangue (adrenalina, pituitrina), l'intensità dell'attività cardiaca (caffeina, sparteina) perché questi mezzi, usati prima che sia stata raggiunta l'emostasi definitiva, frustrano uno dei mezzi naturali di arresto o di diminuzione dell'emorragia e cioè la caduta della pressione e possono aumentare la perdita di sangue. Non è possibile però dare a questo riguardo regole generali.

Diagnosi delle emorragìe occulte. - Consiste nella ricerca chimica dell'emoglobina o dei suoi derivati nel contenuto gastrico o nelle feci per dimostrare o escludere emorragie specialmente del tubo gastroenterico o degli organi prossimiori, anche se l'emorragia è stata minima, di pochi cmc. nelle 24 ore, sì che non s'ebbe alcun cambiamento nel colore del contenuto gastrointestinale. Nel praticare la prova bisogna tenere conto delle eventuali cause d'errore: sondaggio gastrico, che può ledere la mucosa dello stomaco e portare a lievi emorragie; emorragie nasali o gengivali; l'uso nei giorni antecedenti di cibi contenenti pigmenti ematici (carne e suoi derivati, sanguinacci, ecc.). Per la dimostrazione del pigmento ematico servono: 1. la spettroscopia, dopo aver trasformato con processi di riduzione in ematina ridotta l'ematina, che è la forma del pigmento quale si ritrova nelle feci o nel contenuto gastrico e che non è dimostrabile spettroscopicamente; 2. i metodi indiretti, basati sulla proprietà del pigmento ematico di trasformare in presenza d'ossigeno (acqua ossigenata, essenza vecchia di trementina) sostanze facilmente ossidabili in corpi ossidati di colore caratteristico; il pigmento ematico si comporta qui come un fermento ossidante, cioè bastano minime quantità per dar luogo alla reazione. In tutte queste prove soltanto l'esito negativo ha valore sicuramente probativo e, poiché anche altre sostanze che non il pigmento ematico (sali di ferro, di rame, ecc.) possono agire come fermento ossidante, quando l'esito sia positivo è prudente un controllo spettroscopico. Tra i metodi indiretti s'adoperano in clinica: a) la reazione al guaiaco: si tratta il materiale da esaminare con acido acetico e poi s'estrae con etere; alcuni cmc. di questo estratto etereo, uniti a circa 10 gocce di tintura di resina di guaiaco preparata di fresco e a 20-30 gocce d'olio di trementina vecchia, dànno un colore azzurro-violetto in presenza di sangue, rosso-bruno in sua assenza; b) la prova con la benzidina: si fa un estratto etereo-acetico come sopra, decantando pochi cmc. dell'estratto in un tubo da saggio; sopra di esso si stratifica dell'acqua ossigenata, aggiungendo poi della soluzione alcoolica satura, di fresco preparata, di benzidina: in presenza di sangue, al punto di contatto dei due liquidi, si forma un anello verde-bluastro, più o meno intenso a seconda della quantità di pigmento ematico presente; c) le reazioni alla fenolftaleina, al piramidone, all'aloina, ecc. Taluni parlano di ricerca delle emorragie occulte anche se la ricerca venga praticata sulle urine (gli urologi parlano in tal caso d'ematuria microscopica; v. ematuria) o nel liquido cefalorachidiano attinto con la puntura lombare (emorragie meningee per processi infiammatorî o traumatici, emorragie cerebrali con inondazione dei ventricoli; ma anche per accidentalità nel praticare la puntura del rachide): essa può esser fatta con l'esame microscopico dopo centrifugazione prolungata o con l'esame spettroscopico (v. ematologia forense).

Emorragia cerebrale. - È il versamento di sangue negli emisferi cerebrali (corteccia, centro midollare, nuclei della base, ventricoli) consecutivo alla rottura d'un vaso sanguigno e, più frequentemente, d'una delle arterie lenticolo-striate (arteria delle emorragie di Charcot). Perciò la sede più comune delle emorragie sono i nuclei della base e la capsula interna. La loro entità varia dalle emorragie puntiformi ai versamenti imponenti di sangue, che irrompono nei ventricoli cerebrali, producendo una vera devastazione di parti vitali dell'encefalo e perciò la morte improvvisa.

Cause etiologiche: arteriosclerosi, intossicazioni croniche, sifilide, malattie discrasiche, sforzi muscolari, tosse, coito, emozioni violente, ecc., cioè tutte quelle condizioni che producono ipertensione arteriosa e ledono le pareti dei vasi cerebrali. Ha una certa importanza etiologica il fattore ereditario e il cosiddetto abito apoplettico così ben delineato da G. B. Morgagni. - Sintomi. L'emorragia d'una certa entità si manifesta, improvvisamente o preceduta da vaghi prodromi, col classico colpo apoplettico (coma più o meno profondo, volto arrossato, polso pieno, respiro stertoroso, temperatura prima bassa e poi febbrile, anisocoria, deviazione coniugata del capo e degli occhi, rilasciamento degli arti più spiccato dal lato opposto alla sede dell'emorragia, abolizione o indebolimento dei riflessi tendinei, a volte Babinsky, ecc.). - Esiti: morte immediata o dopo qualche giorno dall'ictus nelle vaste emorragie; guarigione con difetto (afasia, emiparesi, emiplegia, ecc.) se il focolaio emorragico è limitato. (v. apoplessia; emiplegia).

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