EMULSIONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

EMULSIONE (XIII, p. 941)

Francesco SPINELLI

Le emulsioni diluite "olio in acqua" con al massimo il 0,01% d'olio, presentano notevoli rassomiglianze con le normali sospensioni colloidali idrofobe per le dimensioni estremamente piccole dei globuli (dell'ordine di 10-5 cm.), alla cui carica elettrica è essenzialmente dovuta la stabilità. Nella tecnica è invece di grandissimo interesse poter ottenere emulsioni che siano le più concentrate possibili nella fase dispersa.

La formazione e la stabilità di tali emulsioni è condizionata alla presenza di una terza sostanza che modifichi la superficie di separazione tra i due liquidi, abbassandone la tensione interfaciale. Tale abbassamento è accompagnato invariabilmente dall'adsorbimento, cioè dal contrarsi all'interfacie, in un tempo più o meno lungo, fino ad un valore di equilibrio, dell'agente emulsionante. La molecola di questo (in genere costituita da una parte più affine alla fase dispersa e da un'altra più affine alla fase disperdente) si orienta in modo da soddisfare le sue due affinità; per es., per i saponi, col gruppo polare COONa nella fase polare e le catene idrocarburiche fianco a fianco nella fase non polare, in modo da ricoprire i globuli dispersi con una pellicola, il cosiddetto "film" interfaciale, che, a seconda della concentrazione dell'agente può essere mono- o plurimolecolare, e fa da ponte tra le due fasi immiscibili (fig. 1).

L'abbassamento della tensione interfaciale non è l'unico fattore implicato nel fenomeno: sulla stabilità delle emulsioni hanno notevole influenza le proprietà del film, il suo spessore, la sua elasticità, il suo stato fisico (v. adsorbimento, in questa App.), che dipendono dalla struttura e dalla grandezza della molecola e, per uno stesso agente, dalla concentrazione, dalla temperatura e dalla presenza in soluzione di altri elettroliti. Inoltre i globuli possiedono una carica elettrica che si origina per dissociazione dell'agente emulsionante o per adsorbimento preferenziale di ioni all'interfacie o per altre cause: tra globuli e fase disperdente sussiste una differenza di potenziale, che probabilmente deve superare un certo minimo per la stabilità.

Si discute ancora sull'importanza da attribuirsi ad altri fattori: finezza della dispersione, rapporto in volume delle due fasi, viscosità, ecc. In generale ogni agente stabilizza un dato tipo di emulsione: la tensione superficiale non è uguale sulle due facce del film che perciò tende ad incurvarsi, inglobando la fase verso cui presenta la tensione superficiale più alta. La fase dispersa è in genere quella per cui l'agente ha maggiore affinità (p. es. i colloidi idrofili stabilizzano le emulsioni del tipo olio in acqua).

Data la complessità del fenomeno, ancora empirici rimangono i criterî, per la scelta tra i numerosi agenti che la tecnica ha ormai a sua disposizione e che possiamo raggruppare in tre categorie: 1) composti a lunga catena, terminante con un gruppo polare, tipo sapone (v. tensioattivi, agenti, in questa App.); 2) alcune sostanze naturali, spesso modificate, ed alcuni polimeri sintetici di natura liofila (proteine, polisaccaridi, lecitine, saponina, metilcellulosa, resine poliacriliche, ecc.); 3) corpi solidi finemente suddivisi insolubili (nero fumo, ossido di ferro, bentonite, ecc.) possono formare la pellicola protettiva, che permette la formazione di emulsioni dell'uno e dell'altro tipo, a seconda che venga bagnata più facilmente dall'olio o dall'acqua.

Il campo di applicazione delle emulsioni nell'industria si va sempre più estendendo; oltre agli usi citati nel vol. XIII, p. 941, si adoperano emulsioni per uso cosmetico e farmaceutico, per insetticidi, per il lavaggio a secco dei tessuti, per la lubrificazione delle fibre tessili nella filatura, per l'impermeabilizzazione dei tessuti, per il trattamento del cuoio conciato, per vernici, per la lubrificazione dei metalli nella lavorazione alle macchine utensili (olî emulsionabili), per le reazioni di polimerizzazione in emulsione, e per varî altri usi.

Difficile è classificare le macchine emulsionatrici, innumerevoli data la varietà dei costituenti, che vanno dagli olî e solventi più fluidi fino al bitume più denso; si possono ripartire nei seguenti tipi:

1) agitatori di vario tipo e forma, che permettono di preparare solo dispersioni con globuli di dimensioni relativamente grandi;

2) omogenizzatori, in cui in genere si trattano emulsioni preformate per ottenere globuli dispersi di diametro medio più piccolo e più uniforme. La suddivisione dei globuli viene ottenuta forzando l'emulsione sotto pressione attraverso un piccolo foro. Gli apparecchi sono costituiti da una pompa a pistone, che spinge l'emulsione contro una valvola, tenuta nella sua posizione di chiusura da una molla. La valvola, sotto una certa pressione (280-350 kg/cm2), si apre lasciando libero uno spazio di qualche centesimo di mm. (fig. 2). L'apertura e la chiusura della valvola sono molto frequenti e l'emulsione vi passa a grande velocità;

3) mulini colloidali, con cui si raggiungono suddivisioni molto elevate (da 2 a 30 μ), anche quando la viscosità finale è assai rilevante. I liquidi da emulsionare vengono finemente suddivisi per strofinio su di una superficie mobile. Sono in generale formati da un rotore a forma di disco, di cono, di cilindro, ecc. che gira a grande velocità (da 1000 a 20.000 giri/min.) entro uno statore, a distanza fissa o variabile (fig. 3).

In altri tipi, a percussione, i liquidi vengono sottoposti a una serie di colpi molto violenti e di breve durata, ottenuti mediante la rotazione a gran velocità di una ruota che porta alla periferia delle palette percuotenti, cui si oppongono superfici di arresto fisse.

Si preferisce alimentare i mulini colloidali con emulsioni già preparate con semplici agitatori.

Esistono una velocità ed una durata di agitazione determinata, per avere la migliore omogeneità e stabilità di una data emulsione. Un'emulsione preparata nelle condizioni migliori di agitazione può venir distrutta o invertita, sottoponendola ad un'ulteriore agitazione di diverso tipo. Spesso l'agitazione intermittente è più efficace di quella continua, forse perché i periodi di riposo permettono la facile formazione del film, mentre l'agitazione continua tende a disturbarlo ed a distruggerlo man mano che si forma.

Negli ultimi tempi ha acquistato notevole interesse la preparazione di emulsioni mediante gli ultrasuoni.

Bibl.: W. Clayton, Theory of emulsions and their technical treatment, Londra 1935; J. Bennet, Practical emulsions, New York 1943; S. Berkmann e G. Egloff, Emulsions and Foams, Filadelfia 1941; M. Appell, in Chimie et Industrie, LVII (1947), p. 241.

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