ENIMMA o Enigma

Enciclopedia Italiana (1932)

ENIMMA o Enigma (gr. αἴνιγμα, lat. aenigma; fr. énigme; sp. enigma; ted. Rätsel; ingl. riddle)

Gino FUNAIOLI
Aldo SANTI

Componimento, quasi sempre in versi, in cui si propone, attraverso l'oscurità e l'ambiguità, qualche cosa da indovinare. In esso le proprietà fisiche e morali di un soggetto vengono esposte per mezzo di perifrasi, di traslati e paragoni spesso strani; ogni cosa inanimata può assumere vita e carattere di persona, originando strane contraddizioni. Chi legge deve avere, a tutta prima, l'impressione di una cosa diversa, e la soluzione deve costituire quindi una sorpresa.

Più comunemente si chiama indovinello (v.) l'enimma popolare, breve, riferentesi a cose comunissime.

L'enimma, diffuso presso tutti i popoli e in tutti i tempi, ebbe larga applicazione in Oriente (si ricordi, p. es., il famoso enimma proposto da Sansone ai Filistei, in Giudici, XIV, 12-18), dove fa parte di quel genere di sapienza sentenziosa donde si sviluppano la favola e la parabola. Della fama che l'Oriente, in questo campo, conseguì presso i Greci fa fede la serie di enimmi che, secondo Ateneo (X), gli antichi re dell'Assiria solevano scambiarsi con altri regnanti di Babilonia, Egitto, Etiopia. Rapporti intimi lo legano col mito o con le concezioni mitiche e col culto religioso presso tutte le stirpi arie. In Grecia esso è fin da principio la maniera di dire dell'oracolo. Nella letteratura apparisce, connesso col mito, già in Omero; poi si ritrova in poeti d'ogni genere. Ma anche nella prosa. E piace nei simposî. Diffusissimo e caro al popolo è il motivo del pegno posto per la gara dell'indovinare. Celebre fra i Greci è l'enimma della Sfinge, sentito come un che di arcano, dove anche la gara non manca nella versione più comune, se pur sia non originaria, del racconto. Una raccolta di questi detti oscuri portò il nome di Cleobulo di Lindo, uno dei sette savî secondo il catalogo di Platone; un'altra ne fece il peripatetico Clearco di Soli, l'unico che nei due libri περὶγρίϕων attingesse largamente, a quanto ci consta, dalla tradizione ellenica. Gli antichi conobbero già gran parte delle forme a noi familiari, compresi giuochi di numeri o di lettere, quaestiunculae proposte per divertire - l'espressione è di Pompeo, un grammatico latino del sec. V - e così via. Avanzi per la grecità restano particolarmente nell'Antologia Palatina, e vanno fino alla tarda letteratura bizantina. In Roma si sa poco di enimmi sacrali; ma il gusto per lo scherzo enimmatico è, singolarmente e genericamente, documentato. Cicerone, Virgilio, Petronio, Quintiliano, Ausonio sono i nomi che qui più han rilievo; ma particolarmente interessa un Sinfosio, forse Celio Firmiano, del sec. IV-V, che, coi suoi cento indovinelli di tre esametri ciascuno (editi più volte, p. es. nell'Antologia Latina del Riese e nei Poetae latini minores del Baehrens), ebbe straordinaria fortuna nel Medioevo, anzitutto fra gli Anglo-sassoni. Ecco un saggio: Sponte mea veniens varias ostendo figuras. Fingo metus vanos nullo discrimine veri. Sed me nemo videt, nisi qui sua lumina claudit: è il sonno.

Una serie d'indovinelli latini medievali è rimasta nei codici.

In Italia l'enimma ebbe cultori fra i più grandi letterati: basterà ricordare Dante, il Petrarca, l'Ariosto, Leonardo da Vinci, Galileo, il Redi, il Goldoni, il Gozzi, il Monti, il Perticari, il Giordani, il Giusti (lo "Stivale" è un magnifico vero e proprio enimma), il Minghetti, il Gioberti, l'Alfieri, il Mamiani, Paolo Ferrari, Felice Cavallotti, Salvatore Farina. Ma furono enimmografi nel vero senso della parola i seguenti autori indicati in ordine cronologico: Angelo Cenni (Il Resoluto", accademico dei Rozzi); Giulio Cesare Croce; G. F. Straparola; Ascanio Mori da Cento; M. Buonarroti il Giovane; Tomaso Stigliani; Agostino Coltellini ("Ostilio Contalgeni"); Antonio Malatesti; Leone Santucci ("Caton l'Uticense Lucchese"); Prospero Mandosio; Francesco Moneti (Moscato Frecenni); G. B. Taroni ("Giovanna Statira Bottini"); Giovan Santi Saccenti e Stefano Chiariti. Si pubblicarono inoltre due volumì di sonetti-enimmi, l'uno col pseudonimo Madonna Daphne di Piazza (Venezia 1552) e l'altro sotto il nome di Lucio Vittore Silvano (Firenze 1793), di cui non si conoscono i veri autori, e varie raccolte anonime di indovinelli popolari. Nel sec. XIX cominciarono ad apparire le pubblicazioni enimmistiche periodiche, prima sotto forma di strenne e almanacchi (l'Aguzza ingegno del Silvestri, Milano 1821 segg.), poi sciarade, indovinelli e rebus in rubriche fisse di periodici; infine - intorno al 1870 - comparvero le prime riviste enimmistiche (v. enimmistica).

Ecco un enimma dì Angelo Rossini:

Sono grosso e rotondo appena nato,

ma sono pure fragil per natura,

e se a me stesso fossi abbandonato

in breve toccherei grave iattura.

A scongiurar però maligno fato

altri mi veste con assidua cura,

e di reggermi in piedi alfin m'è dato,

cosa che mi negò madre natura.

Più tardi m'empio il ventre, e alfin, diviso

dal patrio suolo, in altri lidi porto

de' toschi colli il genïal sorriso.

Se v'è taluno mai cui non riesca

di svelare l'enimma, o malaccorto,

mi prenda qual blasone e non gl'incresca!

(il fiasco)

Bibl.: W. Schultz, Rätsel aus d. hellen Kulturkreise, in Myth. Bibl., 1909, III, i; 1912, V, i; K. Ohlert, Rätsel u. Gesellschaftspiele d. alten Griechen, Berlino 1912; F. H. Weissbach, in Pauly-Wissowa, Real-Enc., I A, col. 62 segg.; Herbig, in Pauly-Wissowa, Real-Enc., III A, col. 1716 segg.; A. Aarne, Vergl. Rätselforschung, Helsinki 1918-20; v. anche enimmistica.

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