MARCHESANO, Enrico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARCHESANO, Enrico

Guido Montanari

Nacque a Palermo il 23 maggio 1894 da Giuseppe e da Bianca Fileti, terzogenito di nove fratelli.

I Marchesano erano imparentati con alcune tra le famiglie più in vista dell'élite borghese siciliana, tra cui i Pirandello. Il padre Giuseppe (1864-1951) avvocato penalista, civilista e commercialista, esercitò la professione a Palermo fino al 1901, quando si trasferì a Roma dove aprì uno studio legale presto rinomato. Fu deputato per il collegio di Canicattì dal 1913 al 1919 (XXIV legislatura), vicino alle posizioni dei radicali e dei socialisti riformisti. Interventista, dal 1916 partecipò al gruppo dell'Unione economica nazionale, strettamente collegato all'irredentismo triestino. Nell'immediato dopoguerra decise di allargare la sua sfera d'interessi a Trieste, diventando consulente legale delle Assicurazioni generali e interlocutore dei principali gruppi industriali dell'area giuliana, ed entrando nei consigli d'amministrazione delle stesse Generali e della Banca commerciale triestina (BCT); rappresentò legalmente anche la Banca commerciale italiana (Comit). Consuocero di V.E. Orlando, divenne consigliere della compagnia assicuratrice palermitana Lloyd siciliano di cui gli Orlando erano proprietari. Nella fitta rete di legami politici e familiari del M. è inoltre da ricordare il matrimonio del fratello Vincenzo, primogenito, con la figlia di Alberto Beneduce, Anna.

Dopo gli studi classici compiuti a Roma, il M. prestò servizio militare dal dicembre 1914 e partecipò alla prima guerra mondiale col grado di sottotenente di artiglieria, congedandosi nel settembre 1919 come tenente nei cavalleggeri di Saluzzo; nel corso della guerra riuscì comunque a laurearsi in giurisprudenza a Roma (1916). Sempre nella capitale, ottenne l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato; lavorando presso lo studio del padre, nell'immediato dopoguerra ebbe occasione di seguire importanti cause in cui erano coinvolti alcuni fra i maggiori gruppi industriali e bancari del Paese. Nell'ambito di tale attività, probabilmente all'inizio del novembre 1919, incontrò il banchiere di origine polacca G. Toeplitz, amministratore delegato della Comit, il quale, favorevolmente impressionato, il 25 nov. 1919 lo fece assumere.

Inviato alla scuola allievi funzionari, che si teneva presso la filiale di Venezia, il M. si impratichì rapidamente dei vari uffici della banca, dalla contabilità al portafoglio estero; all'inizio del 1921 Toeplitz, divenuto l'anno precedente amministratore delegato unico, decise di fargli proseguire l'istruzione tecnica con un soggiorno di lavoro all'estero. Il M. si trasferì quindi a Parigi, presso la controllata Sudameris, per passare nel settembre 1921, col grado di procuratore, alla filiale londinese della Comit presso l'Ufficio borsa. Nel novembre 1922 fu inviato a Berlino per uno stage presso la Dresdner Bank. La solida esperienza lo portò a essere uno tra i referenti esteri più importanti utilizzati da Toeplitz per tranquillizzare la finanza internazionale all'indomani della marcia su Roma (28 ott. 1922), al fine di evitare forti ripercussioni sui cambi.

Il M. non concluse il periodo di istruzione, che prevedeva uno stage a New York, poiché Toeplitz, confermando la consolidata politica di affidare la sua segreteria particolare a giovani emergenti, nel giugno 1923 lo chiamò a Milano per sostituire, dal giugno 1924, A. Joel.

La segreteria, data la gestione fortemente accentrata imposta da Toeplitz, era in quegli anni il maggior centro di potere decisionale della banca, dove i vari segretari avevano l'opportunità di entrare in contatto con qualificati esponenti del mondo finanziario, industriale e politico, nazionale e internazionale.

Il M. fu incaricato, in particolare, di pratiche collegate alla Sicilia e relative ad affari minerari o a compagnie di navigazione; a riprova del rapporto di fiducia instaurato con Toeplitz, nel maggio 1925 fu inviato in missione in Polonia per sbrigare alcuni affari che coinvolgevano la Comit con l'articolato network familiare di Toeplitz, il quale godeva di un forte ascendente sul governo polacco. Nell'estate dello stesso anno, Toeplitz decise di mandare nuovamente il M. all'estero, questa volta con un ruolo di primo piano nell'ambito della strategia di espansione della Comit in Europa orientale.

Nel quadro del tentativo dell'Italia di incrementare il proprio sviluppo industriale attraverso il rifornimento di materie prime e l'individuazione di mercati di sbocco in quell'area geografica, la Comit era riuscita a creare, dal 1919-20, una rete stabile di affiliate con la costituzione della Banca commerciale italiana e bulgara (Bulcomit) e della Banca commerciale italiana e romena (Romcomit).

Nel luglio 1925 il M. fu inviato a Sofia a dirigere l'affiliata bulgara.

Negli anni di Sofia, il M. si trovò a seguire gli affari relativi alle società di commercio di tabacchi gestite da K. Tchaprachikov, amico di Toeplitz, come consigliere di Orientabako; conobbe, inoltre, il giovane funzionario C. Merzagora, col quale strinse una solida amicizia durata tutta la vita, e sposò Eugenia Questa, dalla quale non ebbe figli.

Nel luglio 1927, il M. fu trasferito a Bucarest per dirigere l'affiliata Romcomit. Qui fu inserito in diversi consigli di società romene che si occupavano in prevalenza di produzione petrolifera, vendita del legname e altre attività commerciali; nel 1928 prese parte alle complesse trattative internazionali sul prestito per la stabilizzazione monetaria romena.

La Comit svolse in questa vicenda un ruolo di primo piano, e il M. prese diretto contatto con il governo romeno stipulando un prestito di 12 milioni di dollari che la Comit, nell'ottobre 1928, elargì direttamente alla Romania, anticipando così il prestito internazionale avviato solo dopo alcuni mesi.

Alla fine del 1929, anche a causa di alcuni problemi insorti a Bucarest all'interno della stessa affiliata, il M. chiese di poter far rientro in Italia e Toeplitz lo inviò a Trieste.

La decisione fu determinata non solo dalle indubbie capacità direttive fin lì dimostrate, ma anche dalla rete di conoscenze che il padre del M. aveva intessuto nel decennio precedente e che proprio il M. poteva ora utilizzare per fronteggiare la grave crisi che stava scuotendo le fondamenta del sistema industriale triestino in cui la Comit era fortemente esposta.

Nominato, nel gennaio 1930, amministratore delegato della BCT - la quale curava i maggiori interessi industriali e commerciali dell'area, ma che alla fine del 1929 si trovava in stato di grave sofferenza - il M. ebbe l'incarico di seguire l'articolato insieme di attività industriali e finanziarie che facevano capo a quella banca fino alla sua incorporazione nella Comit, conclusa dopo complesse trattative solo nell'aprile 1932. Condirettore centrale della Comit dall'8 febbr. 1932 e assegnato al nuovo Servizio organizzazione e controllo Italia, il M. preferì rimanere a Trieste fino al mese di luglio per curare le ultime fasi della liquidazione della BCT.

Il pur breve ma intenso soggiorno triestino fu di grande importanza per la successiva carriera del M., in quanto gli permise di conoscere i principali protagonisti dell'economia giuliana e di farsi apprezzare da loro.

Nella seconda metà del 1931 era esplosa la crisi che portò al salvataggio della Comit da parte dello Stato, sancito dalla convenzione di Roma del 31 ott. 1931.

La Comit dovette cedere il proprio portafoglio industriale alla finanziaria Sofindit, controllata dallo Stato, e fu trasformata in banca di credito ordinario, con conseguente sconfitta della gestione Toeplitz, indirizzata invece al finanziamento della grande impresa; al termine della travagliata fase di trasformazione, il 20 marzo 1933 Toeplitz si dimise e fu sostituito da R. Mattioli insieme con M. Facconi.

In questo difficile periodo di trapasso, il M. fu in un primo momento inserito nel novero dei pochi esponenti della precedente gestione che avrebbero dovuto procedere alla riorganizzazione della Comit; tuttavia, allo stato attuale della conoscenza delle fonti, la decisione della nuova dirigenza appare contraddittoria.

In sede di comitato di direzione il M. aveva da tempo espresso il suo dissenso circa alcune proposte di Mattioli, per esempio quando, nel novembre 1932, con altri direttori, si era opposto senza successo all'accentramento dei crediti finanziari delle filiali presso la direzione centrale.

A suo favore il M. aveva l'ancor giovane età, gli indubbi successi raccolti all'estero e a Trieste e il costante sostegno di Toeplitz che, ormai in uscita, l'8 marzo 1933 riuscì a promuoverlo direttore centrale, con l'incarico di dirigere il Servizio organizzazione Italia, cruciale per la riforma interna della banca; d'altro canto il M., per i suoi ricorrenti contrasti con Mattioli, era ormai isolato all'interno della nuova direzione centrale. In effetti, già nel corso del 1933 egli aveva maturato la decisione di abbandonare la Comit, e aveva preso contatto con i dirigenti della Riunione adriatica di sicurtà (RAS) di Trieste, i quali - dopo la morte, nel 1932, del direttore generale per l'Italia G. Pavia - erano alla ricerca di un valido manager che lo potesse sostituire.

Il M. si dimise ufficialmente dalla Comit il 26 giugno 1934, ma già il 18 aprile il Consiglio generale della RAS aveva ratificato la sua nomina a direttore generale e amministratore delegato della direzione per l'Italia, che divenne ufficiale dal 1° ottobre.

Il presidente della RAS, A. Frigessi di Rattalma, aveva scelto di operare una cesura rispetto al passato, inserendo ai vertici della società un manager estraneo sia ai tradizionali legami familiari sia allo stesso ambiente assicurativo, privilegiando piuttosto, in funzione di una compagnia molto proiettata sull'estero, la vasta esperienza internazionale del M. e persino la sua estrazione bancaria, che avrebbe potuto rivelarsi di grande utilità per stabilire legami più stretti con l'ambiente economico e finanziario italiano.

Secondo quanto aveva concordato con Frigessi, il M. intraprese un periodo di apprendistato e istruzione tecnica, condotti soprattutto all'estero, ripercorrendo la precedente esperienza vissuta in Comit, ma da una posizione di maggiore prestigio e responsabilità. Dopo due mesi a Trieste e sei mesi a Vienna, visitò gran parte delle sedi estere e affiliate della RAS in Europa e nel Mediterraneo orientale. Solo nell'ottobre 1935 si insediò a Milano come direttore generale per l'Italia.

Anche dopo il passaggio, avvenuto nel 1934, del pacchetto delle azioni RAS dal Credito italiano all'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), la compagnia era rimasta saldamente nelle mani del gruppo di azionisti triestino. Nel frattempo la RAS, come le Generali, andava ampliando il suo raggio di azione, trasformandosi in un valido intermediario finanziario e interlocutore dei gruppi industriali dominanti, che investiva largamente in titoli e, soprattutto, in immobili.

Compito del M. fu il completamento del processo di riorganizzazione della rete italiana, difendendo e diversificando il portafoglio d'affari della RAS, potenziando quelli di minore entità e sviluppando il ramo "Vita". La scelta di privilegiare il portafoglio estero rispetto a quello italiano, soprattutto nei Paesi dell'Europa centrorientale - perseguita in prima battuta dalla gestione Frigessi-Marchesano - sul finire degli anni Trenta si dimostrò, tuttavia, problematica per il rapido peggioramento della situazione internazionale. Un'ulteriore svolta per la carriera del M., legata agli eventi politici italiani, si verificò quando, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel novembre 1938, Frigessi, pur mantenendo la carica di direttore generale e amministratore delegato grazie alla "discriminazione", dovette cedere la presidenza a F. Suvich, e lasciare le sue molte cariche consiliari al M. il quale, dal 1940, fu anche costretto a compiere numerosi viaggi nell'Europa occupata dai nazisti per cercare di salvaguardare le affiliate RAS. Dopo l'8 sett. 1943 la RAS fu gestita per il Nord dal M. e per il Centrosud da Frigessi dal giugno 1944 - quando avvenne la liberazione di Roma, dove Frigessi si era rifugiato - al 13 maggio 1945, quando lo stesso Frigessi fu arrestato a Firenze per ordine del Governo militare alleato.

Alla fine della guerra, persa l'intera rete in Europa orientale, la situazione della RAS era drammatica: il capitale e il portafoglio si erano notevolmente ridotti, gli immobili erano in gran parte distrutti o sequestrati all'estero, e da anni si erano interrotti i contatti con le principali compagnie assicurative internazionali.

Il M., dapprima solo, quindi con Frigessi, tornato alla guida della compagnia nell'ottobre 1946, si adoperò per ricompattare le fila della RAS.

La rete delle affiliate, gravemente colpita dalla perdita di tutta la zona, passata nell'orbita sovietica, fu drasticamente riconvertita verso l'area anglosassone, da cui la compagnia si era allontanata nel 1940 con l'entrata in guerra dell'Italia. Inoltre, vista la situazione di incertezza politica su Trieste all'indomani delle trattative di pace, il M., nel 1947, convinse Frigessi a trasferire la sede legale della RAS a Milano.

Il M., comunque, abbandonò tutte le cariche alla RAS, tranne quella di consigliere, quando, nel febbraio 1948, su proposta di Merzagora, ministro del Commercio estero, fu nominato dal capo del governo, A. De Gasperi, presidente dell'IRI per due anni e, per precisa volontà del M., senza emolumenti.

La nomina del M. aveva il placet del mondo industriale, ma suscitò, all'interno del Consiglio dei ministri, malumori appoggiati dall'esterno, secondo quanto ricorda Merzagora, in particolare da Mattioli e dal governatore della Banca d'Italia, D. Menichella. All'interno del governo e, più in generale, fra gli attori del mondo economico italiano si fronteggiavano le opzioni liberiste, che volevano lo smantellamento dell'IRI, e quelle più marcatamente stataliste.

Il M. guidò l'ente seguendo la linea del suo predecessore, il commissario I. Longo, che aveva dovuto interrompere, nel novembre 1947, il suo processo riformatore per contrasti col ministro del Tesoro G. Del Vecchio; la gestione del M. fu tesa, quindi, a ridimensionare e ristrutturare l'IRI seguendo un indirizzo marcatamente privatistico e di indipendenza dal governo, sancito anche dal nuovo statuto formulato nel febbraio 1948.

In una relazione inviata a De Gasperi nel gennaio 1950, il M. rivendicava i successi del suo operato, che aveva perseguito il duplice obiettivo del risanamento economico e della ripresa della produttività, orientandosi sui settori più dinamici, l'elettrico e il telefonico, e sul siderurgico. In effetti durante la presidenza del M. furono portati avanti i progetti elaborati nelle precedenti gestioni: nel marzo 1948 la creazione di Finmeccanica e il varo del "piano Sinigaglia", elaborato nel 1947, che prevedeva la realizzazione del ciclo integrale per la produzione di acciaio, piano che, dopo molti ostacoli, partì solo all'inizio del 1950.

Il M., tuttavia, non fu confermato alla presidenza perché, ancora una volta, il governo mostrò di essere diviso circa il futuro dell'ente, e il suo mandato, scaduto nel febbraio 1950, fu prorogato solo fino al 20 marzo, quando il M. fu sostituto da I. Bonini. Nel frattempo il M. aveva preso contatto con l'amico A. Pirelli in vista di una carica dirigenziale in quel gruppo industriale accanto a Merzagora, che aveva da poco esaurito la sua esperienza ministeriale, ma il progetto non giunse ad attuazione. Sebbene il M. non avesse previsto di rientrare operativamente alla RAS, di cui era ancora consigliere, la morte improvvisa di Frigessi, l'8 apr. 1950, lo convinse ad accettare, il 9 maggio, le nomine a presidente della compagnia e dell'affiliata Assicuratrice italiana, specializzata nel ramo "Danni".

Con la morte di Frigessi si era rotto all'interno della RAS l'equilibrio tra il capitale triestino e il capitale italiano industriale e bancario; il M. fronteggiò la nuova situazione promuovendo l'ingresso nella compagnia di C. Pesenti, proprietario dell'Italcementi, il quale fece infine confluire (1952) le quote via via raccolte - quelle scalate da esterni, quelle degli eredi Frigessi e quelle del vecchio azionariato triestino - nell'Italmobiliare, la finanziaria del gruppo Pesenti. La trasformazione della base patrimoniale della RAS non portò comunque a un cambiamento del management della compagnia, che sotto la presidenza del M. rimase saldamente nelle mani della vecchia dirigenza. Tuttavia, con l'ingresso dei potentati industriali e finanziari, dagli anni Cinquanta si consolidò, nella RAS, come negli altri grandi gruppi assicurativi, la tendenza a privilegiare sempre più la gestione finanziaria a scapito di quella tecnica e specificamente assicurativa. La RAS proseguì in quegli anni l'espansione all'estero, soprattutto nell'area americana, e fu sempre all'avanguardia nella creazione di nuovi prodotti.

Il M. rimase presidente della compagnia fino al 1965 quando, sostituito da M. Spada, divenne presidente onorario della RAS e della Assicuratrice Italiana.

Il M. fu anche presidente dell'Associazione italiana per le società per azioni (Assonime) dal 1952 al 1957, e della Banca Unione dal 1957; presidente della Camera di commercio italiana per l'estero dal secondo dopoguerra, consigliere dell'Agip (dove si trovò a contrastare la linea di indipendenza ed espansionismo di E. Mattei alleandosi con G. Valerio della Edison) e della Meridionale di elettricità.

Il M. morì a Padova il 21 ag. 1967. Fu sepolto nel cimitero di Sorengo, presso Lugano, dove si era trasferito da alcuni anni.

Fra le non numerose pubblicazioni del M. si ricordano: Le assicurazioni private nel quadro economico attuale, in Il Risparmio, 1954, luglio, pp. 1118-1140; Presentazione, in L. Sanzin, Arnoldo Frigessi di Rattalma, Trieste 1955, pp. 7-9; Discorso tenuto il giorno 9 luglio 1957 all'Assemblea generale dell'Associazione fra le società italiane per azioni, Roma 1957; si vedano inoltre i numerosi interventi del M. nel Notiziario della RAS, soprattutto dal 1936 al 1948.

Fonti e Bibl.: In mancanza di carte personali, per le notizie sulla famiglia del M. è stata di grande utilità la testimonianza del nipote E. Orlando. Milano, Arch. storico di Banca Intesa - Banca commerciale italiana, Copialettere di Enrico Marchesano; Segreteria e copialettere di G. Toeplitz; Segreteria degli amministratori delegati e carte Mattioli; Verbali del Comitato di direzione; Servizio personale, Matricola; Archivio di A. Frigessi di Rattalma (con un ampio carteggio tra il M. e Frigessi). Presso gli archivi RAS, a Milano sono stati consultati: estratti dei Verbali del Consiglio direttivo e del consiglio di amministrazione; a Trieste il fascicolo Matricola del M. e la raccolta del Notiziario RAS (in particolare n. 10, 1934 e n. 10, 1935) e altri bollettini della compagnia, in cui numerosi sono gli interventi sull'attività del M. in RAS. Documentazione sul M. è ancora in: Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Segreteria particolare De Gasperi; Ibid., Istituto per la ricostruzione industriale IRI, Archivio generale; infine cfr. C. Merzagora, Lo strano Paese. Scritti giornalistici 1944-1986, a cura di N. De Ianni, Napoli 2001, pp. 15-18, 29, 51, 111; nonché C. Merzagora. Il presidente scomodo, a cura di N. De Ianni - P. Varvaro, Napoli 2004, ad indicem. Sulla famiglia Marchesano e sul M. alla Comit, compreso il periodo alla BCT, L. Toeplitz, Il banchiere, Milano 1963, pp. 148, 151, 166; G. Malagodi, Il "salvataggio" della Banca commerciale nel ricordo di un testimone, in Industria e banca nella grande crisi, 1929-34, a cura di G. Toniolo, Milano 1978, p. 274; A. Millo, L'élite del potere a Trieste. Una biografia collettiva 1891-1938, Milano 1989, pp. 228, 238-242, 253; A. D'Amore, Gli ultimi anni della Banca commerciale triestina, tesi di laurea, Università degli studi di Milano, a.a. 1991-92, pp. 80-92; P.F. Asso, L'Italia e i prestiti internazionali, 1919-1931. L'azione della Banca d'Italia fra la battaglia della lira e la politica di potenza, in Ricerche per la storia della Banca d'Italia, III, Roma-Bari 1993, p. 301; G. Montanari, Introduzione a Segreteria dell'amministratore delegato G. Toeplitz (1916-1934), Milano 1995, pp. XLVII, LI, LIII; F. Pino, Introduzione a Segreteria degli amministratori delegati Facconi e Mattioli (1926-1972), Milano 2000, pp. XIII-XV, XLVIII, L, LIV. Sulla permanenza del M. alla RAS, L. Sanzin, Arnoldo Frigessi…, cit., ad ind.; La Riunione adriatica sta per lasciare il mare, in Trieste. Rivista politica, 1960, n. 48, pp. 1-4; E. M.: appunti per un ritratto, in Boll. tecnico del gruppo RAS, ottobre 1967, pp. 403-414; E. Apih, Trieste, Roma-Bari 1988, p. 256; E. Tedeschi, Appunti per una storia RAS: 1838-1988, Milano 1989, pp. 142, 148, 158, 163; G. Sapelli, Trieste italiana. Mito e destino economico, Milano 1990, pp. 116, 280-284, 288; R. Baglioni, L'affermazione delle società assicurative nel capitalismo italiano (1919-1940), in Studi storici, XXXVIII (1997), p. 461; Id., L'Archivio A. Frigessi di Rattalma, in Archivi e imprese, 1997, n. 15 (gennaio-giugno), pp. 156-158; G.D. Feldman, Concorrenza e collaborazione tra le compagnie d'assicurazione dell'Asse: Munich Re, Generali e RAS (1933-1943), in Imprese e storia, 2001, n. 24 (luglio-dicembre), pp. 253, 264; R. Baglioni - F. Pino, E. M. alla RAS: continuità e discontinuità con la tradizione assicurativa triestina dal carteggio A. Frigessi di Rattalma, in Le carte sicure. Gli archivi delle assicurazioni nelle realtà nazionale e locale… Atti del Convegno, Trieste-Udine… 1999, s.l. [ma Trieste] 2001, pp. 261-271; A. Millo, Trieste, le assicurazioni, l'Europa. A. Frigessi di Rattalma e la RAS, Milano 2004, ad indicem. Sul periodo IRI, ancora poco studiato, e sulle altre cariche del M., si vedano: G. La Bella, L'IRI nel dopoguerra, Roma 1953, pp. 131, 175; In memoria di E. M.: assemblea degli azionisti della Banca Unione, 16 nov. 1967, Milano 1967 (in appendice due lettere di De Gasperi al M.); M. Salvati, Stato e industria nella ricostruzione. Alle origini del potere democristiano(1944-1949), Milano 1982, pp. 362, 366, 373, 380; L. Avagliano, L'IRI tra socialità e mercato 1948-1954, Salerno 1984, p. 38; G. Piluso, Finanza ed economia di guerra: la Bastogi (1937-1947), in Storia in Lombardia, 1993, n. 2-3, p. 66; S. Battilossi, L'Italia nel sistema economico internazionale. Il management dell'integrazione. Finanza, industria e istituzioni (1945-1955), Milano 1996, pp. 82, 84, 86, 176.

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