EPIDAURO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi EPIDAURO dell'anno: 1960 - 1973 - 1994

EPIDAURO (v. vol. III, p. 358 e S 1970, p. 301)

M. Massa

La topografia della città antica, a SE del moderno villaggio di Palaia Epidauros, nota finora dalle fonti letterarie e da poche occasionali scoperte, ha assunto negli ultimi due decenni una fisionomia più precisa, grazie ai numerosi ritrovamenti relativi all'impianto urbano e al territorio.

Oltre al perimetro delle mura, di cui restano ampi tratti, e all'ubicazione dell'agorà, dov'è stato recentemente trovato un altro hòros, della seconda metà del IV sec. a.C. (SEG, XXIX, 379), durante i lavori di progettazione per nuove installazioni portuali, è stato possibile individuare con chiarezza i resti dell'antico porto, presso il quale Pausania (II, 29,1) menziona il Santuario di Hera, e di altre strutture sommerse. Sul versante NO dell'acropoli occidentale, sulla cui cima si trovano le fondazioni di un edificio comunemente identificato con il Santuario di Atena Rissata, nel 1970 è stato individuato e successivamente scavato il teatro, della seconda metà del IV sec. a.C., la cui cavea, formata da diciotto file di sedili e suddivisa in dieci kerkìdes, poteva contenere cinque o seimila spettatori. Sui sedili della proedrìa e sui gradini, numerose epigrafi ricordano i nomi dei cittadini che contribuirono alla costruzione e alla manutenzione dell'edificio. Presso la pàrodos S restano le fondazioni in pòros di un edificio sacro a pianta circolare, del IV sec. a.C. Sulle pendici O della collina di Nisi, sito della città antica (Strab.,VIII 374), sono stati individuati resti di costruzioni, per la maggior parte di età romana, mentre in un altro punto si sono rinvenuti i frammenti di una figura maschile seminginocchiata, forse pertinente al frontone di un tempio. In località Katarachi, a partire dal 1977 è stato scavato un edificio di carattere sacro, formato da un prònaos e da una cella con colonnato interno (m 7 x 17).

Tra i rinvenimenti, che testimoniano la frequentazione del sito dall'Elladico Antico fino all'età ellenistico-romana, oltre a una grande quantità di ceramiche dei periodi sopra indicati, si segnalano un frammento di idolo cicladico, una piccola kore in bronzo di stile dedalico e un tesoretto monetale contenente novantadue stateri aurei di Filippo II, Alessandro II e Demetrio Poliorcete; in superficie, una dedica ad Artemide Claudia. Sul versante E della collina sono state rinvenute altre tombe a camera, pertinenti alla necropoli di età micenea scoperta da Stais nel 1888 e ora parzialmente pubblicata, i cui materiali risultano databili tra il Tardo Elladico III A2 e il Tardo Elladico III Cib. Numerose le tombe di età ellenistico-romana trovate a più riprese nel territorio della città, molte delle quali risultano tuttavia violate.

In località Yialasi, sotto la cappella della Panaghia, sono stati messi in luce i resti di un edificio bizantino, probabilmente un annesso del vicino monastero di Agnountos. Tra i materiali reimpiegati nella costruzione di edifici di età romana, paleocristiana e medievale, merita ricordare un ritratto di Marco Aurelio, un busto di Erode Attico e le iscrizioni di dedica ad Apollo e Afrodite. Non sono stati ancora localizzati tuttavia santuari come quelli di Dioniso, Artemide e Afrodite, che Pausania ricorda nel centro cittadino (II, 29,1).

Il Santuario di Asclepio. - Per quanto riguarda il Santuario di Asclepio e gli edifici connessi, non si registrano novità rispetto all'interpretazione e alle correzioni apportate dal Roux alla lettura precedentemente offerta dal Kavvadias. Di grande importanza appare il progetto di conservazione e restauro dei principali edifici dell'area, avviato nel 1984 dalla Commissione per la Conservazione dei Monumenti di Epidauro, mentre tra gli studi, molti dei quali di carattere puramente tecnico, particolare interesse assumono quelli dedicati da N. Yalouris alla ricostruzione delle sculture frontonali e acroteriali del Tempio di Asclepio. Il lavoro, avviato da tempo con un accurato censimento dei frammenti scultorei conservati nei depositi del Museo Nazionale di Atene e in quello di Epidauro, e la riunificazione dei pezzi ritenuti pertinenti alla decorazione plastica del tempio nel Museo Nazionale di Atene, ha portato a una ricostruzione filologicamente corretta dei frontoni e degli acroterì attraverso l'analisi tecnico-stilistica e l'attenta considerazione del luogo di ritrovamento delle singole sculture.

Nonostante le incertezze che permangono su alcuni punti e le lacune che ancora interessano la maggior parte delle figure, questa ipotesi ricostruttiva corregge e integra quelle precedentemente presentate (Crome, Schlörb, Yalouris). Al centro del frontone O, con scene di Amazzonomachia, è ormai sicura la presenza del gruppo formato da Pentesilea a cavallo e due guerrieri greci (Museo Nazionale, invv. 151 e 4757) intorno al quale si dispongono gruppi di due o tre figure a cavallo o a piedi, alcune inginocchiate o reclinate, fino agli angoli, dove trovano posto le due figure di feriti (Museo Nazionale, invv. 4747 e 4492), prima attribuite al frontone E (Roux, Schlörb), per un totale di 21 figure. Altro risultato notevole riguarda la disposizione delle sculture acroteriali d'angolo, rappresentate dalle due figure femminili a cavallo, note come Aure, le quali, in base al luogo di ritrovamento, dovevano essere sicuramente rivolte verso la Nike centrale, a lungo identificata come Epione, formando con essa una struttura piramidale che conferiva alla facciata del tempio un forte slancio verso l'alto. Più problematica resta la composizione dell’Ilioupèrsis nel frontone E, dove lo spazio principale, ancora lacunoso al centro, è occupato, a sinistra, dal gruppo formato da Aiace, che con la destra afferra per la chioma una troiana e con la sinistra Cassandra (Museo Nazionale, inv. 468) aggrappata al Palladio; a destra, dal gruppo di Neottolemo che afferra per i capelli Priamo, forse seduto a terra, dietro al quale si erge una figura femminile, probabilmente Ecuba o una delle figlie. Seguono su entrambi i lati gruppi di due figure di altezza decrescente in direzione degli spazi angolari del frontone, occupati da una figura maschile recumbente (Museo Nazionale, inv. 152) a destra e da una fortemente reclinata (Museo Nazionale, inv. 148) in atto di afferrare per i capelli una donna, a sinistra. Coronavano gli angoli del frontone due Nikai stanti, l'una, già nota, rappresentata dal frammento Schlörb 162, l'altra dal torso del museo di E., precedentemente attribuito alla figura di Aiace (Schlörb), e che invece, oltre all'attacco inferiore di un'ala, che la identifica chiaramente come Nike, risulta del tutto simile per stile e dimensioni alla precedente. Due figure, verosimilmente Apollo e Koronis, genitori di Asclepio, costituivano l'acroterio centrale. Il gruppo, di cui resta la figura maschile (Museo Nazionale, inv. 4723), che conserva sull'omero destro la mano dell'altra figura e sulla gamba un lembo della sua veste, era stato invece interpretato come Neottolemo con Pirro e assegnato anch'esso al frontone E (Schlörb).

Per quanto riguarda l'esecuzione delle sculture, ritenuta ormai sicura la creazione del progetto unitario (i τύποι) da parte di Timotheos, l'esame comparato dell'iscrizione, che menziona i nomi degli scultori (IG,IV2, 1, 102), e lo stile delle sculture, consente a N. Yalouris di ipotizzare l'attribuzione del frontone E a Hektoridas, che lo avrebbe eseguito in due tempi, documentati dalle differenze stilistiche riscontrabili nelle due metà del frontone, probabilmente dovute alle diverse maestranze impiegate, e degli acroteri dello stesso lato a The(...) (Theodotos, Theotimos o Theon?). Se l'ipotesi è giusta, l'esecutore degli acroteri occidentali sarebbe quindi Timotheos, mentre ignoto sembra destinato a rimanere per sempre l'autore del frontone O, il cui nome è andato perduto nella lacuna dell'iscrizione. Per quanto riguarda la statua di culto, opera di Thrasymedes di Paro, nella ristretta serie di copie di età romana, che insieme ad alcune monete della seconda metà del IV sec. a.C. e a rilievi votivi ne documentano l'iconografia, quella frammentaria di Copenaghen (Ny Carlsberg Glyptothek, inv. 1425) sembra la più fedele all'originale (Krause). Relativamente agli altri monumenti dell'area, è interessante l'interpretazione del c.d. Ginnasio come edificio con sale per banchetti riservate ai fedeli del santuario, con funzioni strettamente legate al culto di Asclepio (Tomlinson). L'interpretazione, suggerita dall'esame dei supporti in pietra di klìnai ancora conservati in alcune stanze e dal confronto della pianta con altre simili, come p.es. quella dell'edificio a peristilio di Trezene, non esclude nelle vicinanze l'esistenza di un'area riservata agli esercizi ginnici, cui sembra fare riferimento un'iscrizione. Studi recenti portano infine a rivedere la funzione dei due edifici rinvenuti sotto il tratto meridionale del tardo muro di fortificazione del santuario, uno dei quali sembra da identificare con la bottega del cantiere del tempio. Secondo alcuni si tratterebbe dell'edificio dietro il Tempio di Artemide (Roux, Pharaklas), indicato da Kavvadias come Metròon, secondo altri di quello adiacente (Tomlinson, Torelli). Alla seconda metà del IV sec. a.C., in conseguenza dello sviluppo edilizio del santuario di E., che cerca di superare in importanza gli altri Asklepièia, risale la maggior parte delle strutture dello stadio, privo di sphendònai e con sedili in pietra, la cui pista, calcolata sulla base di un piede di m 0,3018, misura m 181,08, su una lunghezza totale di m 196,72. L'impianto, che è logico presumere costruito su un nucleo precedente e semplice nella struttura, subisce modifiche e restauri nelle età successive, fino al I sec. a.C. (Patrucco). Tra le numerose epigrafi provenienti dall'area del santuario figura un frammento di inno sacro (III sec. d.C.), trovato nella terra di scarico dei vecchi scavi.

Santuario di Apollo Maleàtas. - Nel 1974 è stata ripresa l'esplorazione del Santuario di Apollo Maleàtas, sulla cima del Kynortion, sede di un abitato preistorico (Elladico Antico-Tardo Elladico III b) e c.a 30 m più a N, di un santuario frequentato fin dall'età micenea. Gli scavi hanno evidenziato con sufficiente chiarezza le fasi di quest'area cultuale rimasta in uso fino all'epoca romana.

Il santuario di età micenea, più articolato di quanto si credesse in un primo momento, occupava una superficie di c.a m 52 x 21, delimitata da un períbolos e disposta su tre terrazze. La presenza di altre costruzioni sembra documentata da un angolo di muro rinvenuto nei saggi sottopavimentali del tempio classico, immediatamente a Ν del muro di terrazzamento miceneo, che ha tagliato livelli di occupazione proto e medio-elladici. I depositi sacrificali, formati da strati di ceneri contenenti numerose ossa combuste di animali, hanno restituito, oltre a ceramica, sigilli, idoli a Φ, asce e punte di lancia in bronzo. Tra la fine del periodo geometrico e il VII sec. a.C., nello spazio a E del tempio classico, sorgono due strutture concentriche in pietra, di forma conica, distrutte nei filari superiori durante il livellamento dell'area nel corso del IV sec. a.C., mentre due tronconi di muro, trovati sotto il livello pavimentale classico, testimoniano la presenza di un edificio arcaico sul luogo del futuro tempio.

La documentazione archeologica di età arcaica, essenzialmente costituita da opere di piccola plastica e da ceramica, conferma i dati storici, evidenziando una forte influenza argiva su E. nella prima parte del VII sec. a.C., seguita da un progressivo avvicinamento a Corinto, sensibile soprattutto durante il regno di Prokles, suocero di Periandro (627-587 a.C.). È in questo periodo che quello di Asclepio diviene un culto statale finalizzato a coalizzare contro Argo le città sottoposte all'influenza di E., anche se l'indirizzo politico non sembra pregiudicare del tutto gli scambi commerciali tra le due città, né ora, né in seguito. Con gli inizi del IV sec. a.C., quando comincia la monumentalizzazione dell'area del Santuario di Asclepio, si costruisce sul Kynortion il .nuovo Tempio di Apollo Maleàtas, distilo in antis e provvisto di àdyton (m 7,65 x 13,78) e più tardi l'altare monumentale e il piccolo edificio rettangolare in pòros, probabilmente un sekòs dedicato ad Asclepio. Sempre del IV sec. è il témenos (m 3,70 x 13,70) a sinistra dell'ingresso del santuario, delimitato su tre lati da pietre imitanti la roccia e sul quarto da una grata sostenuta da sette pilastri, sicuramente il Mousèion, a giudicare dai nomi delle Muse, Apollo Musagete, Linos Ailinos e Mnemosyne scritti sugli altari qui rinvenuti.

I depositi votivi di età classica connessi con l'altare hanno restituito terrecotte figurate, astragali, strumenti medici, mentre dallo strato di livellamento della terrazza proviene un piccolo Apollo bronzeo con lira e phiàle, che insieme all'esemplare rinvenuto nell'area del tempio, sembra riprodurre un prototipo di stile severo, forse la statua stessa di culto. Alla fine del IV-inizi III sec. a.C. si costruisce infine il grosso muro di terrazzamento settentrionale, munito di contrafforti e coronato da una stoà. È stato inoltre scoperto un tratto di acquedotto sotterraneo, che alimentava il Santuario di Apollo Maleàtas e quello di Asclepio.

Il santuario viene gravemente danneggiato poco prima dell'80 a.C., durante la guerra mitridatica, con la distruzione dell’anàlemma settentrionale - a Ν del quale si costruirà più tardi un altro muro di contenimento, inglobante materiali della struttura precedente - del tempio e dell'altare, i cui resti, costituiti da elementi architettonici e scultorei, sono stati trovati nella fossa scavata sotto il livello di fondazione dell'altare e nello strato di distruzione del muro di sostegno protoellenistico.

Nel II sec. d.C., in occasione del grandioso programma di risistemazione dell'intero complesso santuariale voluto dal senatore Antonino, viene parzialmente riparato il grosso muro N, mentre sui lati E e S della spianata si costruiscono un edificio termale, una grande cisterna e una fontana monumentale. In questo periodo, come rivelano i numerosi frammenti di vasi per bere e unguentari trovati nello strato di cenere, il culto si svolge a cielo aperto, su una terrazza a S del tempio, in parte sovrastante il muro di sostegno miceneo. Tracce di piccole pire con ossa combuste di animali e lucerne, rinvenute all'interno della cisterna, sembrano testimoniare l'esistenza di culti, probabilmente notturni, anche in età tardoimperiale.

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