SCOTTI, Ernesto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SCOTTI, Ernesto

Alberto Bentoglio

(Tino Scotti). – Nacque a Milano il 16 settembre 1905, da Margherita Scotti e da un padre messicano che la madre, cantante lirica, aveva incontrato durante una tournée, e che non conobbe mai.

Tino, infatti, assunse il cognome della madre, discendente dal ramo nobiliare dei conti Scotti di Bergamo e crebbe a Milano nella famiglia della zia materna. Diplomatosi in ragioneria, si iscrisse all’Accademia di belle arti a Brera, dove seguì i corsi di pittura e decorazione. Nel frattempo, giocò come calciatore in squadre giovanili, mostrando un innato talento che, dal 1924 al 1933, lo portò a indossare la maglia di attaccante in prestigiose formazioni giovanili (Inter, Arona, Trevigliese, Fanfulla).

Abbandonati prematuramente gli studi, tentò di guadagnarsi da vivere come disegnatore caricaturista ma anche come grafico pubblicitario e, fra un lavoro e l’altro, conobbe il pittore, disegnatore, umorista nonché sceneggiatore e scrittore Giacinto Mondaini (detto Giaci), che divenne uno fra i suoi primi sostenitori (la figlia Sandra debuttò proprio con Tino nel 1949), ma la mancanza di un impiego stabile e la pratica faticosa delle sue attività artistiche e sportive, lo costrinsero dapprima a fare il rappresentante di commercio, quindi a lavorare come impiegato presso l’ufficio statistico dell’Italcable. Nonostante l’impiego stabile, egli non smise di coltivare l’interesse per la caricatura e, grazie alla sua abilità, fu presto invitato a collaborare con la Gazzetta dello sport e il Resto del Carlino che gli affidarono le caricature di celebri calciatori, ciclisti e pugili. È in questo periodo che, spinto dalla passione per il palcoscenico, Scotti iniziò a recitare in modeste compagnie di rivista distinguendosi per una memoria straordinaria, accompagnata dalla capacità di parlare con una velocità e una precisione eccezionali, che gli valse ben presto il simpatico appellativo di Tino Scatti.

Proprio a Milano, nell’ottobre del 1940, per l’inaugurazione del teatro Smeraldo, presentò, all’interno della rivista musicale Follie di primavera, la macchietta del cavaliere d’industria, milanese chiacchierone e inconcludente, che egli riprese e perfezionò negli spettacoli degli anni successivi (Ladri tifosi, 1941; La pattuglia, 1942; Ridiamoci sopra, 1944) ottenendo menzioni positive e applausi convinti per la sua abilità di caratterista. Nello stesso periodo, iniziò a recitare per il cinema interpretando piccoli ruoli comici. Dopo una brillante apparizione in Non me lo dire! (1940) con Erminio Macario e Wanda Osiris, Tino si trasferì a Roma per tentare la fortuna a Cinecittà. Qui il regista Mario Mattoli lo scritturò per sette film (Il pirata sono io, 1940; Stasera niente di nuovo, 1942; Ho tanta voglia di cantare, 1943; La vispa Teresa, 1943; La valle del diavolo, 1943; L’ultima carrozzella, 1943; Partenza ore sette, 1945) dove Scotti si distinse per l’uso sapiente del dialetto milanese e per una recitazione che nasceva dalla profonda conoscenza dei grandi comici del passato quali Charlie Chaplin, Buster Keaton e Ridolini (Larry Semon). Dopo l’arrivo delle truppe anglo-americane, Scotti aprì a Roma un negozio di caricaturisti con Federico Fellini, Steno (Stefano Vanzina) e Marcello Marchesi. «Abbiamo fatto quattrini» – ricordò in un’intervista – «ci siamo ingranditi e ci siamo trasferiti in via Nazionale, in un grande negozio di tre vetrine. È durata un annetto. Tutti si faceva il teatro, e molti ricominciarono a fare il cinema. Io facevo delle particine. Ci si arrangiava» (P. Bianchetti, I dimenticati “Ghe pensi mi!” - Tino Scotti, il cavaliere, http://www.riquadro.com/voce/articolo.ph p?id=1843&cat =9, 25 gennaio 2018).

Nell’immediato dopoguerra, Scotti si impose progressivamente sulle scene teatrali.

Nell’estate del 1949, rappresentò al teatro Dal Verme di Milano la rivista musicale Sotto i ponti del naviglio di Alfredo Bracchi, con musiche di Ferruccio Martinelli, che registrò un successo memorabile. Apparve quindi, l’anno successivo, al teatro Olimpia, nella commedia Ghe pensi mi! (Ghe, nome; Pensi, cognome; Mi, targa Milano), scritta a quattro mani con Marcello Marchesi, e al teatro Carcano in Il mago di Milano, entrambe accolte dalle lodi incondizionate di pubblico e critica. I successi si rinnovarono negli anni successivi anche grazie alla creazione di un nuovo carattere, lo spaccone Bauscia, millantatore e vigliacco, che, con il carattere del cavaliere, divenne il punto di forza delle più applaudite riviste musicali degli anni Cinquanta (El Bauscia in tribunal, Il campanello dello speziale, 1950; Agitatissimo, 1953; Baratin, Un cavaliere a Parigi, 1954; Lascia o rattoppa/ Senza titolo, 1955). Al personaggio del ‘cavaliere’ si può inoltre attribuire la definitiva affermazione di Scotti sugli schermi cinematografici. Infatti, dopo avere interpreto ruoli minori in alcune pellicole del dopoguerra (Pian delle stelle, 1946, di Giorgio Ferroni; Avanti a lui tremava tutta Roma, 1946, di Carmine Gallone; Vita da cani, 1950, di Mario Monicelli e Steno) è con il film È arrivato il cavaliere, diretto nel 1950 da Steno e Monicelli, che Scotti divenne uno fra i caratteristi più amati e conosciuti d’Italia. I numerosissimi film da lui interpretati per tutto il corso degli anni Cinquanta (che è impossibile qui soltanto citare) testimoniano un’attività straordinaria anche se non sempre premiata dagli incassi del botteghino.

Pur presente continuativamente sulle scene della rivista, del teatro dialettale in milanese, nei programmi radiofonici (celebri le sue partecipazioni al varietà Rosso e Nero, condotto da Corrado) e nelle trasmissioni televisive di maggior successo (fra le quali gli indimenticabili Caroselli Falqui. Basta la parola, per lui creati da Marchesi), nel corso degli anni Sessanta, Scotti non esitò a confrontarsi con generi teatrali più impegnati e fino ad allora inesplorati.

Desideroso forse di non rimanere costretto negli angusti confini del teatro dialettale milanese, egli intraprese, infatti, una fruttuosa collaborazione artistica con il regista Franco Enriquez, allora direttore della compagnia stabile della città di Napoli, che, tra il 1959 e il 1961, lo portò a interpretare ruoli comici in due testi shakespeariani (Oloferne in Pene d’amor perdute e Sansone in Romeo e Giulietta) e in due commedie (il generale Sédan in Ma in provincia siamo seri di Pierre Veber e il servo Panurgo in La Fantesca di Giambattista Della Porta). La felice esperienza shakespeariana proseguì nel 1963 con il ruolo di Peter Quince nel Sogno di una notte di mezza estate, questa volta sotto la direzione del regista Beppe Menegatti. L’arte teatrale di Scotti ricevette, nel 1964, la definitiva e meritata consacrazione grazie alla sua partecipazione a uno fra gli spettacoli più celebrati di Giorgio Strehler, Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, in cui Tino – che interpretava padron Fortunato – fu apprezzato da pubblico e critica. Il successo nazionale e internazionale dello spettacolo di Strehler fu assoluto e Scotti ne fu tra gli artefici. Dopo questa esperienza, unica e indimenticabile, Scotti ritornò a fare teatro con gli amici di sempre. Nel 1967, con Piero Mazzarella, fu il protagonista all’Odeon di Milano della commedia di Luigi Lunari Per un paio di mutandine e, sotto la direzione di Gennaro Magliulo, di La Chiappinaria di Giambattista Della Porta, ribattezzata per l’occasione Il ballo dell’orsa e presentata dalla compagnia stabile della città di Napoli, con musiche originali di Roberto De Simone.

Nel 1969 Scotti fu chiamato dal regista Filippo Crivelli per inaugurare la stagione del teatro Stabile di Torino, a fianco di Carla Mignone (in arte Milly), con la commedia grottesca di Giovanni Arpino Donna amata dolcissima che evidenziò ulteriormente lo sviluppo del percorso artistico di Scotti. Negli anni Settanta la meritata attenzione di registi cinematografici del calibro di Bernardo Bertolucci (La strategia del ragno, 1970), Fellini (I clowns, 1970) ed Elio Petri (Todo modo, 1976) confermò lo spessore artistico di Scotti, considerato ormai unanimemente attore maturo, completo e dal talento straordinario. L’ultimo spettacolo della sua lunga carriera teatrale coincise con il suo ritorno al mai trascurato teatro dialettale: nel 1974 egli inaugurò infatti a Milano la stagione del teatro Gerolamo con El diavol e l’acquasanta di Carlo Bertolazzi. La regia fu di Carlo Colombo che ne curò l’adattamento in dialetto milanese. Intorno a lui, gli amati colleghi della compagnia stabile del teatro milanese. Dopo questa esperienza, Scotti non calcò più il palcoscenico, riservando le sue apparizioni alla televisione (celebre il varietà Bambole, non c’è una lira del 1977, regia di Antonello Falqui) e al cinema.

Nonostante l’età matura e una carriera che, apparentemente, sembrava volgere al termine, Scotti sorprese ancora il suo pubblico regalando tre indimenticabili interpretazioni: nel 1980 fu il conduttore del varietà televisivo di RAI 2 Buonasera con... Tino Scotti; nel 1984, diretto da Dino Risi, recitò nella miniserie televisiva di RAI 1 ...E la vita continua e, nell’estate dello stesso anno, fu il protagonista per RAI 3 dello speciale a lui dedicato Tutto di... Tino Scotti, per la regia di Ranuccio Sodi (trasmesso postumo nel febbraio del 1985).

Pochi mesi dopo, accudito dalla moglie Tiziana Alterio, nata a Milano nel 1944 – giornalista e autrice radiotelevisiva – che aveva sposato in Messico nel 1979 (e dall’unione con la quale non ebbe figli), morì a Tarquinia il 16 ottobre 1984.

Fonti e Bibl.: O. Vergani, Sulle orme di Ferravilla, in L’Illustrazione italiana, 12 febbraio 1950, pp. 13-15, 34; G. Picardi, Un nuovo comico in una nuova formula cinematografica, in l’Unità, 18 gennaio 1951; C.M. Pensa, Milano e Genova baruffano in chioggiotto, in Gente, 17 dicembre 1964, p. 20; M. Sirtori Bolis, T. S., in La Famiglia meneghina, 1964, n. 38 (maggio-giugno), pp. 11 s.; E. Borgatti, T. S., in La Martinella di Milano, 1984, n. 3, p. 54; È scomparso T. S.: dalla rivista a Fellini, in la Repubblica, 17 ottobre 1984; F. Mottola, Il teatro di varietà dalla belle époque agli anni Sessanta ed oltre, in Italia, a cura di P. Perrone Burali d’Arezzo, Milano 1995, ad ind. e passim; L’avventurosa storia del cinema italiano da Ladri di biciclette a La Grande guerra, a cura di F. Faldini - G. Fofi, Bologna 2011, ad ind.; R. De Berti, Il rapporto intermediale con T. S.: teatro, cinema e Carosello, in Panta. Agenda Marchesi, a cura di M. Bastianelli - M. Sancisi, Milano 2015, pp. 233-245; Attori milanesi in scena: Milly, T. S. e Walter Chiari, a cura di S. Tisano, Milano 2016.

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