ERVEO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)

ERVEO (Erveus, Herveus)

Giovanni Vitolo

Per il silenzio delle fonti note, nulla sappiamo di E. prima della sua assunzione alla sede arcivescovile di Capua, avvenuta nell'ottavo decennio del sec. XI, in un momento assai delicato della storia di quella città e dell'intero Mezzogiorno d'Italia, verso cui si volgevano i contrastanti interessi e la particolare attenzione del papa Gregorio VII e dell'imperatore Enrico IV, ciascuno dei quali vi cercava alleati nella lotta che li vedeva contrapposti per il problema delle investiture. Dell'arcivescovo E., inoltre, non si conoscono con certezza, contrariamente a quanto dicono i cataloghi degli arcivescovi capuani - cataloghi del resto redatti a partire dal sec. XVII - né l'anno dell'elezione e della consacrazione, né la data della morte. Per quel che concerne l'anno di elezione, infatti, la letteratura storica indica abitualmente il 1071 che è data ricavata per congettura da un atto pontificio, il quale costituisce il più antico documento sicuro a noi noto, in cui ricorra il nome di E.: si tratta del privilegio Ea quae ante del 7 dic. 1078, con cui Gregorio VII confermava all'abbazia di Montecassino il possesso della chiesa di S. Angelo in Formis e riconosceva infondate le pretese avanzate su di essa dal capitolo capuano.

Nell'estate del 1078 il capitolo della cattedrale, approfittando della circostanza che Gregorio VII si trovava allora nella città, aveva sollevato presso quel pontefice eccezioni circa la regolarità di una permuta avvenuta alcuni anni prima, quand'era già in carica E., tra la Chiesa di Capua e l'abbazia di Montecassino: per essa, la prima aveva ceduto alla seconda la chiesa di S. Angelo in Formis, ricevendone in cambio S. Giovanni "de Landepaldi", una chiesa sita all'interno della città. Gregorio VII aveva ordinato un'inchiesta: attraverso la testimonianza di uomini di una certa posizione sociale e fededegni ("per discretos et veraces viros") si era potuta accertare l'equità dello scambio; anzi risultò che, quando esso era avvenuto, la chiesa di S. Giovanni era addirittura di maggior valore rispetto a quella di S. Angelo in Formis. In seguito a tale inchiesta il pontefice aveva respinto il ricorso del capitolo di Capua e rilasciato il citato privilegio Ea quae ante.

Ciò che sorprende, in questa vicenda, è che la decisione del pontefice fosse stata confortata dal parere dello stesso E., il quale, essendo in carica al momento dello scambio, garantì che esso non aveva arrecato pregiudizio alcuno alla sua Chiesa, schierandosi così contro le rivendicazioni del proprio capitolo; il che induce a credere che questo o non fosse stato interpellato dal presule a proposito della permuta o che invano si fosse a suo tempo opposto all'operazione, ed avesse approfittato ora della presenza del pontefice per rimettere tutto in discussione. Ma la permuta quando era avvenuta? Dal privilegio papale si desume soltanto che a quel tempo la cattedra arcivescovile era già occupata da E., ma niente autorizza a credere che lo scambio - come vuole la letteratura - fosse stato effettuato nel 1073, in occasione della prima visita di Gregorio VII a Capua; anzi la logica porta a escluderlo, perché in questo caso la presenza del pontefice sarebbe stata essa stessa elemento di garanzia della correttezza dell'operazione. Né, a risolvere in qualche modo il problema cronologico dell'avvento di E., ci aiutano le indicazioni relative agli anni di governo del suo predecessore sulla cattedra arcivescovile, Ildebrando, del quale si sa con certezza soltanto che, entrato in carica nel 1050, fu presente alla consacrazione della nuova basilica di Montecassino avvenuta il 1º ott. 1071 e che una sua donazione fu menzionata in un diploma di Riccardo, principe di Capua, del febbraio 1072.

Al 1078 si riferisce anche un episodio leggendario di cui E. sarebbe stato protagonista e che ci viene riferito dai Chronica monasterii Casinensis.

Il principe di Capua Riccardo Drengot, che in precedenza era stato alleato della sede apostolica, nel 1076 si era schierato dalla parte di Roberto il Guiscardo, scomunicato da Gregorio VII nel concilio romano del 1074, e gli aveva fornito aiuto nell'assedio di Salerno, attirandosi così a sua volta la scomunica. Nel marzo del 1078 il principe pose l'assedio a Napoli. Durante questo assedio egli avrebbe visto più volte armati ricoperti di candide vesti combattere nelle file dell'esercito avversario: tra loro Riccardo avrebbe creduto di riconoscere l'arcivescovo di Capua. E. fu dunque invitato a giustificarsi. All'accusa di tradimento E. rispose facendo notare al principe che giaceva infermo a letto da molti giorni e che pertanto quello da lui visto non poteva essere se non il santo martire Gennaro, il quale non cessava di difendere la sua città.

E. dovette mantenere - almeno in un primo momento - rapporti assai stretti anche con il figlio e successore di Riccardo, Giordano, come sembra doversi dedurre dal fatto che quest'ultimo attribuì ad un suo intervento la donazione al monastero di S. Lorenzo di Aversa di estese proprietà fondiarie tra Capua e Maddaloni fatta il 4 ag. 1079, il che è tanto più significativo se si tiene presente che il novello principe usava metodi molto diversi nei riguardi di altri rappresentanti del clero, come fece, ad esempio, quando rapinò il vescovo di Roselle, Dodone, che si recava in visita a Roma (la vittima di quest'atto di brigantaggio a torto è stata talora identificata con E.), e quando depredò la basilica cassinese. Al 1080 risale un diploma con il quale E., in qualità di metropolita, diede il suo assenso alla fondazione, in Isernia, di un monastero femminile soggetto alla giurisdizione del vescovo di quella città.

Di lì a qualche anno E. divenne oggetto di pressioni sia da parte dell'imperatore occidentale Enrico IV (che, dopo aver attratto a sé il principe Giordano, cercava di guadagnarsi l'appoggio anche dell'arcivescovo di Capua nella lotta da lui intrapresa contro Gregorio VII), sia da parte del nuovo imperatore d'Oriente Alessio Comneno, il quale si stava dando da fare per suscitare nemici contro il Guiscardo e arrestare così la campagna di conquista che questi stava conducendo nei Balcani. Queste pressioni non dovettero tuttavia sortire alcun effetto, dato che E. rimase fedele a Gregorio VII. Infatti con una lettera che ci è pervenuta senza data, ma che è attribuibile al 1082, il pontefice si rallegrava con lui e con gli altri vescovi del Principato per aver sopportato (senza cedere) le persecuzioni dello scomunicato Giordano e li esortava a persistere nel loro atteggiamento (però il papa minacciava nello stesso tempo di privare dei loro benefici coloro che, ignorando l'interdetto papale, avessero celebrato la messa o altri riti sacri).

Sono noti gli eventi successivi: l'esilio e la morte a Salerno di Gregorio VII e il breve pontificato di Vittore III, già abate di Montecassino, la cui elezione, avvenuta a Roma il 24 maggio del 1086, fu ratificata da un concilio che si svolse il 21 marzo del 1087 proprio a Capua. Quale parte E. abbia avuto in questi avvenimenti non è dato di sapere; quello che è sicuro è che continuò a mantenere relazioni assai strette con la sede apostolica, uniformandosi alle sue direttive in materia di rapporti tra vescovi e monasteri, rapporti che, configuratisi al tempo di Gregorio VII in senso più favorevole ai monasteri, in seguito furono influenzati dall'orientamento episcopalista di Urbano II. Lo si desume da un giudicato di Urbano II del 27 sett. 1089, dal quale emerge che questi, sollecitato, in occasione del concilio di Melfi (10-15 settembre), da Maraldo, vescovo di Paestum-Capaccio, istituì una commissione di inchiesta per accertare lo status giuridico delle dipendenze cavensi del Cilento, commissione di cui chiamò a far parte E. insieme con Arnaldo, Sasso e Balbuino, vescovi rispettivamente di Acerenza, Cassano e Telese. E. e gli altri presuli testimoniarono in questa occasione che Gregorio VII aveva confessato loro di avere involontariamente arrecato pregiudizio ai diritti del vescovo di Paestum, Capaccio, per cui aveva persuaso l'abate di Cava ad eliminare ogni motivo di dissidio con l'ordinario del luogo, versandogli un censo.

Questo giudicato di Urbano II non solo consente di inquadrare in maniera più completa la figura di E. nel contesto del mondo politico-religioso del sec. XI, ma dimostra anche l'infondatezza dell'opinione corrente sulla data della morte di E. stesso, posta di solito dalla letteratura storica nel 1087, sulla base del fatto che nel 1088 sarebbe stato già in carica un arcivescovo Roberto, il cui nome manca tuttavia nelle più antiche liste episcopali, ma compare citato per la prima volta, e senza basi documentarie sicure, nel Sanctuarium Capuanum del Monaco pubblicato nel 1630, da cui è ripreso da tutti gli autori successivi. Quello che è sicuro è che la memoria di E. restò a lungo viva nella Chiesa capuana se dopo la sua morte, avvenuta in epoca successiva al settembre del 1089, furono scolpiti nella cattedrale questi versetti: "Auxit opes mores clerum quoque res et honores / Praesulis Hervei lux fulgida luce diei".

Fonti e Bibl.: Gregorii VII Registrum, a cura di E. Caspar, in Mon Germ. Hist., Epistolae selectae…, II, 2, Berolini 1923, pp. 453 s., 609 s.; Chronica monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, ibid., Scriptores, XXXIV, Hannoverae 1980, pp. 420, 423; Anne Comnène, Alexiade…, a cura di B. Leib, in Collection byzantine..., [VI], I, Paris 1967, pp. 132 s.; M. Inguanez, Regesto di S. Angelo in Formis, Montecassino 1925, pp. 6 ss., 44; M. Monaco, Sanctuarium Capuanum, Neapoli 1630, pp. 235 s.; Id., Recognitio sanctuarii Capuani, Neapoli 1637, p. 40; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, col. 325; L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, V, Mediolani 1741, coll. 781 s.; F. Granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, I, Napoli 1752, pp. 449 s.; Id., Storia sacra della Chiesa metropolitana di Capua, I, Napoli 1766, pp. 132 s.; A. Di Meo, Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli nella mezzana età, VIII, Napoli 1803, pp. 180, 182, 201 s.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., XX, Venezia 1866, p. 66; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I, Paris 1907, p. 267; N. Cilento, Italia meridionale longobarda, Milano-Napoli 1971, pp. 193 s., 203; D. Girgensohn, Miscellanea Italiae pontificiae. Untersuchungen und Urkunden zur mittelalterlichen Kirchengeschichte Italiens…, in Nachrichten der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, Phil.-hist. Klasse, IV (1974), pp. 149 s., 190 s.; G. Vitolo, La badia di Cava e gli arcivescovi di Salerno tra XI e XII secolo, in Rassegna storica salernitana, VIII (1987), p. 10; P. F. Kehr, Italia pontificia, VIII, p. 21, n. 57; p. 147, n. 114; p. 148, n. 115; p. 207, n. 30; p. 208, n. 34; p. 224, n. 41; p. 234, n. 2.

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