Esposizione

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Esposizione

Francesco Santaniello

Ruolo e significato delle esposizioni

Strumenti di conoscenza e di comunicazione, le e. rappresentano un momento imprescindibile nel rapporto tra opera d'arte, artista e pubblico, e costituiscono un chiaro indice sia del gusto sia della metodologia degli studi storico-artistici dell'epoca che le ha prodotte. In genere in ogni museo (v.) sono predisposti spazi per la presentazione delle collezioni permanenti e altri adibiti ad accogliere le mostre temporanee. Queste ultime devono essere considerate essenziali nel panorama delle attività culturali svolte dal museo, in quanto ne rafforzano la funzione educativa, proponendo approfondimenti tematici o trattando argomenti complementari che idealmente completano la collezione stabile, necessariamente parziale.

Nei primi anni del Duemila le e. temporanee hanno acquistato una crescente importanza, come dimostra il loro numero, in continua ascesa, e l'aumento d'interesse da parte di un pubblico sempre più ampio. Negli Stati Uniti sono principalmente gli enti museali a organizzare le e. di qualunque tema, grandi o piccole che siano, considerate "l'autentico carburante per la macchina del museo" (Acidini Luchinat 1999, p. 57) in quanto, oltre a costituire un valido incentivo per garantire periodicamente il ritorno di una certa fascia di pubblico alla visita delle collezioni permanenti, completano la funzione educativa dell'istituzione museale attraverso gli apparati di comunicazione e i prodotti editoriali. Inoltre, le e. rafforzano il prestigio dell'ente organizzatore e contribuiscono al sostentamento economico di tutte le attività sia di ricerca scientifica, sia di conservazione e valorizzazione del patrimonio. Al contrario, in Europa, e in particolar modo in Italia, le e. di maggiore importanza sono spesso ideate e finanziate da soggetti privati e sempre più raramente vengono allestite nei musei nazionali, ai quali si preferiscono spazi, anche istituzionali, che non abbiano una collezione stabile. Infatti, "nei primi anni del nuovo secolo tra mostre e musei appare una tendenza alla divaricazione. Le mostre appartengono sempre più al mondo dell'effimero, dello stupore, della commercializzazione. Con i loro allestimenti costosi, l'inserimento sempre maggiore di opere d'arte destinate al mercato, i servizi che tendono allo sfruttamento delle presenze dei capolavori piuttosto che allo studio all'informazione e al benessere del pubblico" (Mottola Molfino 2004, p. 17).

Nel più generale fenomeno di metamorfosi aziendale dei musei, con la relativa commercializzazione e privatizzazione delle attività, anche le e. temporanee rischiano di essere assoggettate alle leggi e alle strategie del marketing e dell'economia. Il sostegno finanziario degli sponsor, unito alle capacità organizzative e promozionali dei privati, ha favorito il trasformarsi delle mostre in un fenomeno di massa, alimentato dalla spettacolarità degli edifici 'contenitori' e degli allestimenti scenografici; sebbene questa evoluzione risulti funzionale a una più ampia diffusione della conoscenza, talvolta rischia di compromettere gli effettivi apporti culturali. "Tale 'popolarizzazione' di un settore considerato elitario ha modificato in maniera significativa il mondo dell'arte. Da questa nuova realtà è sorta quella che alcuni chiamano exhibition industry, che ha un grande impatto sull'economia, soprattutto nei settori del turismo e dei servizi. Non appena i politici e gli operatori culturali si sono resi conto dell'influenza che musei e mostre internazionali hanno per una città o un paese in termini di media, pubblico e ritorno d'immagine - in breve di popolarità - è cominciata una sorta di gara a costruire nuovi musei di arte contemporanea e a organizzare grandi mostre internazionali periodiche che dessero risalto alla città che le ospita. I musei progettati da architetti celebri, le mostre che sbancano i botteghini e le biennali (con un gran numero di variazioni) sono diventati nuove mete di pellegrinaggio, i nuovi santuari del turismo culturale" (Todolì 2004, p. 17).

Nei primi anni del 21° sec. è prevalsa la tendenza a trasformare la maggior parte delle mostre in eventi, non immuni dai toni sensazionalistici, capaci sia di conquistare il favore del pubblico, sia di attirare l'attenzione dei mass media. Inoltre, poiché la capacità di attrazione di una e. dipende in buona parte dalla notorietà dei suoi contenuti e dato che gli investimenti necessari per la sua organizzazione sono elevati, si preferisce proporre autori di sicuro richiamo o tematiche di facile fruizione per garantire una consistente affluenza di visitatori, dei quali solo una minoranza è costituita dagli abituali frequentatori di musei e gallerie. Con tali presupposti si corre il rischio di una omologazione e uniformità nelle proposte, come possono testimoniare le svariate mostre incentrate sull'attività di Caravaggio, dei suoi precursori, seguaci o epigoni, o quelle dedicate ai pittori francesi del tardo Ottocento.

La situazione italiana

Negli ultimi anni in Italia sono sorte molte imprese, specializzate nella progettazione, nell'allestimento e nella gestione di ogni aspetto riguardante le e. temporanee d'arte, poiché "la crescita a dismisura del fenomeno e il consenso del pubblico hanno infatti generato l'illusoria convinzione che le mostre siano un business a sé stante, da perseguire con politiche e tecniche di comunicazione e di management più proprie alle imprese private che alle strutture pubbliche" (Cappelli 2002, p. 92).

A differenti livelli il sostegno organizzativo ed economico dei soggetti privati rimane una costante anche nelle mostre allestite dalle istituzioni statali (ministeri, soprintendenze, enti locali) in spazi pubblici. D'altro canto gli stessi soggetti privati, 'impresari di mostre', scegliendo strutture demaniali necessitano del patrocinio e della collaborazione delle istituzioni pubbliche, in grado di garantire la disponibilità di prestigiose sedi espositive e l'eventuale prestito delle opere richieste.

In Italia, altri soggetti sempre più impegnati nell'attività di promozione e valorizzazione di iniziative inerenti le arti visive sono le fondazioni che hanno favorito molti degli eventi clou delle stagioni espositive. Tra di esse spicca la Cassamarca, promotrice di alcune mostre che hanno raggiunto dei sorprendenti record di affluenza di pubblico, rendendo celebre la Casa dei Carraresi di Treviso, centro di ogni iniziativa. I temi principali di queste manifestazioni sono stati quasi sempre incentrati sui maestri e i movimenti artistici di fine Ottocento: La nascita dell'Impressionismo (2000); L'Impressionismo e l'età di Van Gogh (2002-03), visitata da oltre seicentomila persone; L'oro e l'azzurro. I colori del sud da Cézanne a Bonnard (2003-04). Mira invece a favorire il lavoro di giovani artisti e a proporre nuovi talenti il programma culturale attuato dalla Sandretto Re Rebaudengo, che ha inaugurato il suo primo spazio espositivo nel 1997 presso il Palazzo Re Rebaudengo a Guarene d'Alba e, successivamente, nel 2002 ha aperto una nuova sede a Torino, dove sono state allestite EXIT. Nuove geografie della creatività italiana (2002-03), l'antologica di C. Rama (2004) e le personali di D. Perrone e S. Arienti (2005). Nel capoluogo piemontese è attiva anche la Fondazione Bricherasio che, nelle sale dell'omonimo palazzo ha proposto annualmente tre importanti appuntamenti espositivi, alternando tematiche archeologiche (Gli artisti del faraone, 2003; Il papiro di Artemidoro, 2006) e contemporanee (L'Espressionismo, 2001-02; Il Surrealismo di Delvaux, 2005-06). A Milano si devono alla Fondazione Prada le mostre più rilevanti e suggestive, spesso anche per i sensazionali allestimenti realizzati nei locali di via Spartaco, in origine, e poi in quelli di via Fogazzaro, che sono state quasi sempre incentrate su poche e gigantesche installazioni create per l'occasione dai giovani più quotati del momento: M. Mori (1999), C. Holler (2000), B. McGee (2002); F. Vezzoli (2004), S. McQueen (2005). Al contrario, la Fondazione Antonio Mazzotta, con un intento più storicistico, ha continuato a proporre le rassegne dedicate ai grandi maestri del Novecento come A. Savinio (2003), J. Mirò (2002-03), F. Zandomeneghi (2004).

A Roma, la Fondazione Memmo, nelle stanze di Palazzo Ruspoli, ha allestito mostre ideate allo scopo di mettere in risalto aspetti particolari dell'archeologia (Cleopatra. Regina d'Egitto, 2000-01; I tesori degli Aztechi, 2004), dell'arte moderna (Velàzquez. Il suo terzo viaggio in Italia, 2001; I Borgia. L'arte del potere, 2002-03) e, infine, dell'arte contemporanea (Picasso e la sua epoca, 2004-05). L'alternanza e la varietà dei temi hanno contraddistinto altresì le e. di Palazzo Grassi a Venezia, che è stato gestito fino al 2005 dalla Fondazione culturale della FIAT. Oltre alle ampie rassegne riservate alle civiltà del passato (Gli Etruschi, 2000-01; I Faraoni, 2002-03) nella città lagunare sono state proposte la retrospettiva di Balthus (2001-02), e l'antologica dedicata a S. Dalí (2004-05).

I mass media, attraverso abili strategie di comunicazione, tendono a sottolineare il carattere transitorio ed esclusivo delle e. temporanee per accentuare l'interesse del pubblico, che così ha l'impressione di partecipare a un evento unico e irripetibile. In realtà, il fattore straordinario delle mostre consiste soprattutto nella possibilità che offrono di riunire in un'unica sede opere spesso dislocate in diversi musei o difficilmente accessibili poiché appartenenti a collezioni private. In alcuni casi e. come Caravaggio e i Giustiniani (Roma, 2001), Gli Este a Ferrara (Ferrara, 2004), L'età di Rubens (Genova, 2004), hanno tentato di ricostituire celeberrime raccolte d'arte, disperse da secoli in varie sedi, e di ricostruirne addirittura l'ambiente culturale e fisico in cui si erano originate.

Formule e modelli espositivi

Per gli studiosi le e. rivestono un'importanza notevole poiché permettono di sottoporre le opere d'arte a un confronto diretto, ravvicinato, e di ricollegarle a studi e disegni preparatori integrandone le informazioni con altre testimonianze culturali (testi letterari, documenti archivistici, reperti di vario genere). Le e. non sono più pensate come delle semplici presentazioni di capolavori, sempre più spesso sono concepite come dossier di approfondimento, in cui gli oggetti d'arte sono messi in relazione con materiali eterogenei o con altre testimonianze del sapere umano. I curatori mirano ormai a creare, sia attraverso linguaggi fatti di immediatezza e suggestioni tematiche sia mediante allestimenti dai forti accenti didattici e comunicativi, un discorso concluso capace di narrare la vicenda umana e artistica di un personaggio, contestualizzare un'opera o le manifestazioni culturali di una civiltà, garantendo così un facile accesso alla conoscenza e offrendo ai visitatori delle forti emozioni. I cataloghi delle mostre, poi, con i loro apparati critici e le schede illustrative, così come i sempre più diffusi supporti multimediali (VHS, CD-ROM, DVD), permangono come testimonianza durevole nel tempo, fornendo a vari livelli nozioni conoscitive, e inoltre costituiscono per gli specialisti testi di studio e stimoli per nuove ricerche. Fermo restando che le e. continuano a svolgere un'insostituibile attività culturale finalizzata a divulgare i risultati della ricerca storica e a sottolineare il valore educativo delle opere d'arte, negli ultimi tempi esse si sono sviluppate con una grande varietà di tipologie e di modelli espositivi. I principali fra questi riguardano le rassegne monografiche, retrospettive oppure antologiche, che raccolgono le opere di un singolo autore ricostruendone criticamente il percorso creativo. Oltre alle mostre di tal genere, tributate ai maestri del passato, come Tiziano (Londra, 2003), Caravaggio (Napoli, 2004), Leonardo da Vinci (Firenze e Oxford, 2006) solo per citare alcuni esempi, altre hanno contribuito a rivalutare figure un tempo ritenute secondarie, come V. Foppa (Brescia, 2002), o eccentriche, come Matteo da Gualdo (Gualdo Tadino, 2004). Attenzione costante e crescente è stata rivolta sia alla rilettura critica dell'attività svolta dai protagonisti del 19° e 20° sec., mettendone in risalto aspetti desueti o opere poco note (come hanno dimostrato, tra le altre, le mostre su A. Modigliani, Parigi, 2002; H. Matisse, Londra, 2005; R. Guttuso, Torino, 2005) sia alla legittimazione definitiva di artisti di riconosciuta importanza (come, per es., M. Ceroli, Bari, 2003; M. Pistoletto, Anversa, 2003; M. Merz, Torino, 2005; Nunzio, Roma, 2005).

Una nuova formula espositiva è stata proposta con alcune mostre strutturate come e. monografiche parallele, in cui sono stati messi a confronto autori che hanno dato una comune interpretazione del senso artistico, o sviluppato processi operativi e temi simili come nel caso di V. Van Gogh e P. Gauguin (Amsterdam, Chicago), che nel 2002 è stata la mostra più visitata al mondo con oltre un milione e mezzo di presenze; H. Matisse e P. Picasso (Londra, Parigi, 2002-03); J. Tinguely e B. Munari (La Spezia, 2004); M. Sironi e C. Permeke (Milano, 2005).

Altri modelli espositivi di ampia diffusione sono quelli relativi alle mostre che raggruppano opere appartenenti a un movimento o a un determinato periodo artistico (Transavanguardia, Shanghai, 2001; Gli Espressionisti. 1905-1920, Roma, 2002-03; Metafisica, Roma, 2003-04; Il Cubismo, Ferrara, 2004-05; From Futurism to Arte Povera, Londra, 2005) o quelli delle e. di sintesi, di cui gli esempi tipici sono le rassegne relative a un genere pittorico (La natura morta in Italia da Caravaggio al Settecento, Firenze, 2003; Moi! Autoritratti del xx secolo, Firenze, 2004-05) o di impianto iconografico e tematico. Esempi paradigmatici di quest'ultima tipologia possono considerarsi le varie mostre che nel 2000 hanno affrontato argomenti legati alla memoria o alle paure millenaristiche, da Cosmos (Venezia) incentrata sulla rappresentazione dell'universo ad Apocalypse (Londra), o ancora La forma del mondo. La fine del mondo (Milano), Voilà. Le monde dans la tête (Parigi) che rendeva conto dei differenti sguardi sulla realtà.

La volontà di creare un percorso espositivo esteso ai luoghi dove si conservano opere inamovibili, o teso a valorizzare i centri in cui l'attività di un artista ha influenzato la cultura e le manifatture locali, è stata alla base dell'ampia antologica dedicata al Perugino (2004) che, oltre alla Galleria nazionale dell'Umbria, ha interessato molti musei e centri della provincia umbra. Anche per quanto riguarda l'arte contemporanea sono diverse le rassegne che hanno proposto itinerari complementari al di fuori delle tradizionali sedi espositive, cercando un'interazione tra opere d'arte e contesto urbano o naturale, come Over the Edges (2000), svoltasi nel centro storico di Gand dove sono state disseminate sculture ispirate al tema metaforico dell'angolo come luogo di svolta e incontro; AC/DC (2002) ospitata nei negozi di informatica e nuove tecnologie di Akihabara, la cosiddetta electric city di Tokyo; o Arte all'Arte, giunta nel 2005 alla 10° edizione, che annualmente propone una mostra diffusa sul territorio della Val d'Elsa con progetti realizzati in situ.

Sul finire del 20° sec. il dibattito culturale inerente le mostre d'arte è stato catalizzato da due argomenti: il rapporto fra artisti e curatori, nonché le difficoltà legate all'e. di opere video e digitali (v. arti visive). Il curatore, oltre a delineare la poetica di una e. articolando il materiale a sua disposizione, che egli stesso sceglie in base alle proprie convinzioni estetiche, rischiando a volte di dare un'impronta fortemente ideologizzata all'evento, è diventato un mediatore fra il mondo della cultura e quello economico. Una figura ibrida, divisa tra sapere umanistico e aziendale, che deve trovare un'idea capace di ottenere i consensi di sponsor, privati e amministratori pubblici. D'altro canto l'utilizzo di Internet, dei linguaggi informatici e dei nuovi strumenti tecnologici applicati all'arte, che hanno determinato il rapido sviluppo di inusuali ricerche estetiche, ha sollevato la questione della fruizione e conservazione delle opere così prodotte, tanto che musei e spazi espositivi si sono dovuti attrezzare con idonei impianti. Mentre i video figurano ormai da anni nelle maggiori rassegne d'arte contemporanea e sono stati storicizzati anche da mostre tematiche di ampio respiro come Video Work alla Lisson Gallery di Londra (2001) o Arte in Video al Castello di Rivoli (2002); per l'arte elettronica e la web-net art si stanno ancora definendo dei precisi criteri espositivi. Oltre agli spazi on-line, di cui il più noto storicamente è stato Ada web, un sito indipendente che tra il 1994 e il 1998 ha ospitato vari progetti e successivamente è stato rilevato dal Walker Art Center di Minneapolis, con il nuovo millennio sono nate gallerie virtuali per opere d'arte digitali, come la britannica InIVA (Institute of International Visual Arts). Inoltre sono state lanciate nel web mostre riservate alle espressioni d'arte in Internet come Net_Condition, (ancora in rete dal 1999) curata da P. Weibel per lo ZKM (Zentrum für Kunst un Medientechnologie) di Karlsruhe, e vari musei, soprattutto statunitensi, hanno commissionato lavori net-web per i loro spazi sia fisici sia virtuali.

Nel 2001 si è parlato per la prima volta di software art, a cui è stata dedicata un'intera sezione di Transmediale, il Festival di media art di Berlino. Contemporaneamente importanti istituzioni come le biennali del Whitney Museum di New York, di Venezia, di Valencia e di Tirana, seppur con approcci e modalità differenti, hanno incluso nei loro percorsi espositivi aree riservate all'arte in Internet, dimostrando che queste sperimentazioni, nate come lavori pionieristici pensati solo per la rete, sono diventate oramai una realtà consolidata. Il problema sostanziale che tuttavia persiste riguarda la difficoltà di mostrare opere create appositamente per Internet, questione che non può ritenersi risolta ponendo di fronte allo spettatore un computer senza nessuna guida alla navigazione, come spesso è accaduto. I supporti multimediali e la navigazione in rete hanno offerto nuove possibilità di fruizione anche per le e. tradizionali: i CD-ROM possono registrare un numero enorme di informazioni, come nessun catalogo cartaceo potrà mai garantire, inoltre, permettono di effettuare delle visite virtuali, cosa che è possibile anche on-line collegandosi ai siti ufficiali delle mostre, ormai divenuti imprescindibili.

Oltre alle e. d'arte tout-court, sempre più frequenti e multiformi risultano le mostre volte a documentare altri aspetti della creatività umana - dalla moda al design, dalla fotografia all'architettura - e la storia di un personaggio o di un'epoca, nelle quali, talvolta, la matrice culturale si coniuga con elementi di analisi socioantropologica.

Esemplari in tal senso possono essere alcune rassegne dedicate a fotografi (H. Cartier-Bresson, Edimburgo, 2005), stilisti (G. Armani, mostra itinerante, prima tappa New York, 2000), oggetti d'uso (La motocicletta italiana, Milano, 2005-06), intellettuali (P.P. Pasolini, Roma, 2005-06), attori (Ch. Chaplin, Rotterdam, 2005-06). Un taglio più storico hanno, invece, e. come: Maria de'Medici (Firenze, 2005), Napoleone e il Piemonte (Alba, 2005-06), che raccolgono testimonianze di vario genere per indagare personaggi, epoche e culture.

Biennale di Venezia, Documenta di Kassel e altre esposizioni periodiche. - La proliferazione delle grandi e. internazionali periodiche, iniziata già negli anni Ottanta per proseguire poi per tutto il decennio successivo, appare ancora inarrestabile tanto da caratterizzare anche i primi anni del Duemila. Su modello di due delle più consolidate istituzioni di tal genere, ovvero la Biennale di Venezia e Documenta di Kassel, nuove rassegne con cadenza soprattutto biennale sono sorte a ogni latitudine: a Portalegre nel 1997; a Berlino, Liverpool, Montréal e Taipei nel 1998; a Shanghai, Londra, Seoul e Torino nel 2000; a Göteborg, Valencia, Tirana e Teheran nel 2001; a Fortaleza e Praga nel 2003; a Łódź e Siviglia nel 2004; a Mosca e Davis (California) nel 2005. Nel 2005, inoltre, a Torino si è svolta la prima edizione della T Torino Triennale Tremusei, una nuova rassegna organizzata dal Castello di Rivoli museo d'arte contemporanea, dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e dalla Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino.

Anche alcune storiche manifestazioni specializzate, che avevano quasi cessato di esistere, hanno ripreso la propria attività, come per es. la Biennale di ceramica nell'arte contemporanea di Albisola (2001) sorta sulla scia degli Incontri internazionali della ceramica.

Intento comune di queste rassegne è quello di offrire un'informazione aggiornata sulle tendenze artistiche attuali contribuendo a valorizzare gli artisti emergenti. Tuttavia la grande quantità delle occasioni espositive non è garanzia di pluralismo, visto che non di rado l'elenco dei nomi di direttori-curatori e partecipanti si ripete costante e globalizzato nei cinque continenti, senza tener conto delle differenti realtà culturali.

Il limite paradossale di questa dilagante moltiplicazione di eventi, nati quasi per clonazione, si è raggiunto con la vi Biennale caraibica (in realtà la prima e ultima), svoltasi nel 1999 sull'isola di Saint Kitt. Organizzata da M. Cattelan, in collaborazione con il critico J. Hoffmann, si è basata sulla provocazione e sulla poetica dell'assenza dell'opera (nulla è stato prodotto o esibito) ed è consistita in una settimana di vacanza offerta ad alcuni artisti che avevano preso parte alle più recenti biennali.

La formula espositiva adottata dalla Biennale veneziana è articolata, come vuole una consuetudine ormai ultracentenaria, in padiglioni nazionali. Una simile struttura potrebbe sembrare anacronistica in rapporto all'odierna logica globalizzante dell'art-system mondiale, tuttavia è forse la sola che possa permettere agli artisti dei Paesi al margine di questo sistema di far conoscere il proprio lavoro al di fuori dei confini della loro nazione. Nei primi anni del Duemila la suddivisione in rappresentanze nazionali continua a distinguere Venezia da ogni altra simile manifestazione, e risulta vincente, come attestano le candidature alla partecipazione e la richiesta di nuovi spazi che ogni anno pervengono da quegli stati non ancora inclusi.

La xlviii (1999) e la xlix (2001) Biennale di Venezia sono state dirette dal critico svizzero H. Szeemann. Nell'edizione che ha chiuso il 20° sec. il curatore ha proposto il superamento della tradizionale separazione fra artisti affermati e giovani che, per la prima volta, hanno esposto insieme. Intitolando la rassegna dAPERTutto, con un chiaro riferimento ad Aperto del 1980, Szeemann ha voluto dare l'idea di una e. non museale, insubordinata, libera da vincoli formali e protocolli, puntando sul concetto di apertura verso l'inusuale. Il curatore ha abolito il Padiglione Italia, destinandolo alla mostra internazionale, inoltre ha cercato di dilatare gli spazi espositivi liberando in parte gli artisti dalla rigida divisione per Stati: non ha proposto un tema unificante, ma ha suddiviso i lavori adottando un criterio demografico, puntando l'attenzione sulla generazione dei giovani, tra i quali molti esordienti, delle donne e dei cinesi, la cui presenza è risultata la più cospicua in assoluto.

Con un progetto più filosofico e un approccio antropologico Szeemann ha cercato di trasformare l'edizione del 2001 dandogli il titolo di Platea dell'umanità, e ha concepito la mostra come una summa dell'attività creatrice dell'uomo del 20° sec., raccogliendo opere incentrate sui temi relativi alla situazione planetaria, sui problemi sociali, etnici ed ecologici, sulle questioni etiche e spirituali. Sostenitore degli sconfinamenti e delle contaminazioni interdisciplinari ha proposto lavori realizzati con ogni tipo di media, con una netta sovrabbondanza di video, e alle arti visive ha affiancato altre espressioni artistiche come cinema, teatro, danza e poesia.

La Biennale del 2003, dal titolo Sogni e conflitti. La dittatura dello spettatore, nelle intenzioni del direttore F. Bonami voleva essere una 'mostra delle mostre' composta da differenti progetti che riflettessero la situazione sociale, culturale e politica del momento, ognuno con una sua autonomia e identità. Coadiuvato da una squadra di dieci curatori di varia formazione e provenienza, Bonami ha dato vita a una delle edizioni più dispersive e affollate, per numero di partecipanti, con dodici sezioni e diciotto rassegne collaterali. La mostra si è contraddistinta per la preponderanza di opere realizzate con linguaggi e media tradizionali e per il 'ritorno alla pittura', celebrato anche nella mostra storica del Museo Correr, Pittura. Painting. Da Raushenberg a Murakami 1964-2003.

La li edizione è stata caratterizzata da una serie di radicali cambiamenti, preannunciati già nel 2004, anno in cui la Biennale si è trasformata da ente pubblico in fondazione, aprendosi così alla partecipazione dei privati. Per la prima volta la direzione artistica della mostra è stata affidata a due donne, entrambe di nazionalità spagnola, M. de Corral e R. Martínez, che hanno proposto un allestimento più lineare e rigoroso, interpretando quel bisogno di 'ritorno all'ordine' avvertito dopo la sovrabbondanza di proposte delle precedenti edizioni. Il numero dei partecipanti è stato ridotto per permettere a ogni artista di essere rappresentato con più opere, e la rassegna è stata articolata in due sole sezioni proposte in due spazi distinti. Al padiglione Italia de Corral ha curato la mostra L'esperienza dell'arte in cui, con un'ottica retrospettiva, ha analizzato il rapporto tra presente e passato, mentre all'Arsenale Martínez, con la sezione Sempre un po' più lontano, ha indagato le tendenze più innovative dell'arte. Per l'edizione del 2007 è stato designato come direttore artistico il critico statunitense R. Storr, che è stato incaricato di organizzare un simposio internazionale sull'arte contemporanea previsto a Venezia nel dicembre 2005; inoltre, per porre rimedio al problema dell'esigua presenza italiana in seguito all'abolizione del padiglione nazionale, si sta provvedendo alla costruzione di un nuovo spazio all'Arsenale.

Documenta, la rassegna internazionale che si tiene a Kassel ogni cinque anni, è giunta nel 2002 alla sua xi edizione. In questa occasione per la prima volta è stato scelto un direttore non europeo, il nigeriano O. Enwezor, che ha dato all'evento un orientamento marcatamente sociopolitico. Convinto che l'arte sia un canale di comunicazione come altri, ha suddiviso la rassegna in cinque fasi o platforms, di cui quattro sono state pensate come una serie di dibattiti, seminari e incontri avvenuti in diverse località - Vienna, Berlino, Nuova Delhi, Lagos, e l'isola di Santa Lucia - a partire dal marzo 2001. Dopo aver discusso sui temi politici, o sulle problematiche etiche e sociali che condizionano il modo di guardare il mondo e di conseguenza anche l'arte, nel giugno del 2002 si è inaugurata a Kassel l'ultima piattaforma: la mostra d'arti visive. Enwezor affiancato da una équipe di curatori ha scelto, seguendo il doppio principio etico-estetico, opere che in qualche modo fossero documentarie, impegnate a testimoniare la realtà contingente da cui l'arte si origina o che illustrassero l'esperienza umana e le teorie discusse nelle platforms. Tra le opere selezionate vi è stata una netta prevalenza di video, fotografie e installazioni monumentali.

In attesa di Documenta 12, prevista per il giugno 2007, che sarà diretta da R.M. Buergel e avrà due temi: Modernity is our antiquity e Bear life, negli ultimi mesi del 2005 è stata allestita a Kassel una mostra storica, Documenta 1955-2005, in cui sono stati riproposti i temi e le opere più significative delle precedenti edizioni.

Rispetto alla Biennale di Venezia, pur avendo una dimensione internazionale, le altre e. periodiche mostrano una maggiore attenzione verso le esperienze culturali e gli artisti del Paese o dell'area geografica in cui si svolgono. Come dimostrano, per es., le biennali del continente asiatico (Gwangju, Seoul, Busan, Sharjah, Shanghai, Taipei e Pechino) quelle africane (Dakar, Cairo), l'americana del Whitney Museum, o quelle europee itineranti: la Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo (Roma, 1999; Sarajevo, 2001; Atene, 2003; Napoli, 2005), e Manifesta, anch'essa istituita per dare visibilità alla generazione degli emergenti (Rotterdam, 1996; Lussemburgo, 1998; Lubiana, 2000; Francoforte, 2002; San Sebastian, 2004).

In Italia spetta alla Quadriennale di Roma il compito di offrire un'aggiornata panoramica sulla situazione artistica nazionale. Nel 1999, nella rassegna Proiezioni 2000. Lo spazio delle arti visive nella civiltà multimediale, sono state selezionate le opere di artisti di diverse generazioni e tendenze per un consuntivo di fine secolo e per ipotizzare nuovi scenari di ricerca. La xiv edizione è stata articolata in tre distinte mostre. Dopo le anteprime di Napoli (2003) e Torino (2004), riservate rispettivamente agli artisti operanti nel Centro-Sud e nel Nord Italia, nel 2005 alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma sono state allestite una esposizione conclusiva, Fuori tema che ha incluso artisti di tutte le generazioni, e una sezione retrospettiva di taglio documentaristico dedicata alle due storiche edizioni del 1931 (i) e del 1948 (v).

Bibliografia

C. Acidini Luchinat, Il museo d'arte americano: dietro le quinte di un mito, Milano 1999.

R. Cappelli, Politiche e poietiche per l'arte, Milano 2002.

F. Comisso, Le grandi mostre. Dilagano le biennali, in Rapporto arte contemporanea, supplemento a Il giornale dell'arte, 2002, 207, pp. 2-7.

A. Mottola Molfino, L'etica dei musei: un viaggio tra passato e futuro dei musei alle soglie del terzo millennio, Torino 2004.

V. Todolì, La sindrome 'blockbuster', in Arte e cultura negli anni Novanta. Dalla fine del Muro all'11 settembre, Atti del Convegno internazionale di studi, Roma 2004.

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