Etica (Ethica)

Dizionario di filosofia (2009)

Etica (Ethica)


Etica

(Ethica) Opera di B. Spinoza, pubblicata post. nel 1677. È divisa in cinque parti: Dio; natura e origine della mente; origine e natura degli affetti; schiavitù umana, ossia le forze degli affetti; potenza dell’intelletto, ossia la libertà umana. Costruito sul modello euclideo, il testo presenta definizioni, assiomi, postulati da cui ricavare dimostrazioni, corollari e scolii. Secondo Spinoza, che muove dal contesto problematico della metafisica cartesiana e del dualismo sostanziale, la definizione di sostanza come «ciò che è in sé ed è concepito per sé» comporta l’esistenza di una sostanza unica, necessaria, infinita e «causa di sé» (causa sui). Tale sostanza possiede infiniti attributi, tra i quali l’«estensione» e il «pensiero». Gli attributi, che sono concepiti come «costitutivi dell’essenza» della sostanza e sono infiniti, si esprimono nei «modi» («affezioni» della sostanza), distinti in infiniti, in quanto coestesi all’infinità degli attributi, e finiti, ossia articolati nelle cose particolari. La corrispondenza fra pensiero ed estensione consiste nel loro essere espressione della medesima sostanza concepita sotto diversi attributi. La natura (o Dio) è simultaneamente «natura naturante», ossia l’insieme degli attributi che esprimono la sostanza infinita, divina e libera, e «natura naturata», ossia rappresentante la necessità degli attributi di esprimere la sostanza divina. In tale prospettiva si annullano sia la distinzione fra necessità e libertà, considerata da Spinoza unicamente come possibilità di autodeterminazione, sia le pretese del finalismo. La libertà che l’uomo crede di possedere, come anche la distinzione fra bene e male, derivano da una visione parziale ed empirica. La liberazione dalle passioni consiste nel ricondurre gli affetti a «idee chiare e distinte» riferite alla sostanza unica e la loro analisi è condotta «come se si trattasse di linee, di superfici, di corpi». Il «conatus», lo sforzo di perseverare nel proprio essere, consiste, nell’uomo, in appetiti, desideri, volizioni che lo pongono in contrasto con le «tendenze» proprie di tutte le altre cose, originando le «passioni»: gioia e tristezza, da cui derivano tutte le altre. La vera conoscenza è liberazione dalla passività ingannevole dell’immaginazione, mediante la ragione, e conoscenza intuitiva in cui il tutto viene colto in maniera non discorsiva (sub specie aeternitatis); in tale percorso l’«amor di sé» si risolve in «amore intellettuale di Dio». La virtù, autonoma, ha in sé stessa il proprio fine, al di fuori di premi e ricompense ripartite da un Dio impropriamente concepito come legislatore e giudice, sul modello dei sovrani terreni.

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