Etologia

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Etologia

Enrico Alleva
Claudio Carere

(XIV, p. 509; App. IV, i, p. 740; V, ii, p. 161)

Il termine etologia oggi si limita a indicare lo studio comparato del comportamento animale, con l'assunto che specifici moduli comportamentali caratterizzino e distinguano ciascuna specie al pari dei caratteri morfologici. Scopi primari dell'e. sono la descrizione del comportamento animale e la sua interpretazione dal punto di vista funzionale, causale, ontogenetico e filogenetico (formazione dei cluster di geni che compongono una specie). Questa sua trasversalità le ha permesso di fungere da luogo d'incontro di discipline di orientamento diverso, quali fisiologia, ecologia e zoologia, da un lato, scienze sociali e discipline psicologiche, dall'altro.

Il comportamento - semplice o complesso che sia - comprende tutte le manifestazioni osservabili di un organismo che risultino dall'interazione tra stimoli provenienti dall'ambiente (fisico e/o sociale) e fattori interni. In altre parole, tutti quei processi mediante i quali un animale (specie umana inclusa) 'sente' il mondo esterno e percepisce il proprio stato interno, rispondendo con stile competente alle modificazioni che avverte.

L'etologo dell'università di Edimburgo A. Manning (n. 1930), il più noto degli allievi del premio Nobel N. Tinbergen, ha individuato nel 1972 due tipi di approccio allo studio del comportamento: quello dei fisiologi, essenzialmente interessati ai meccanismi nel tentativo di descrivere e spiegare le manifestazioni comportamentali in termini di funzionamento del sistema nervoso; e quello degli psicologi, più interessati al comportamento per se e di conseguenza alla ricerca di fattori ambientali e storici capaci di influenzarne sviluppo ed evoluzione. Di fatto un'analisi fisiologica completa è attualmente proponibile solo per i riflessi più semplici, dove sono implicati piccoli numeri di neuroni (come nel caso del mollusco Aplysia, la comune lumaca di mare, o del verme nematode Caenorhabditis o di insetti). Utilizzando una metafora di Manning, descrivere il comportamento di costruzione del nido da parte di un uccello in termini di azione dei singoli neuroni equivarrebbe a tentare di leggere una pagina di un libro con un potente microscopio, anche se il getting closer tra neurobiologi ed etologi ha parzialmente vanificato negli anni Novanta - il decennio del cervello - questa metafora.

Un altro tipo di approccio, per certi versi alquanto differente, si è sviluppato in seguito alla pubblicazione nel 1975 dell'opera di E.O. Wilson, Sociobiology: the new synthesis. Si tratta di un tentativo di spiegare le basi biologiche e i meccanismi evolutivi sottesi al comportamento sociale - incluso quello della specie umana - utilizzando il metodo comparativo, ossia il confronto tra specie anche molto distanti evolutivamente, integrando dati etologici, ecologici e genetici ed enfatizzando il ruolo della selezione naturale come forza motrice della socialità. L'approccio dei sociobiologi ha innescato accese polemiche fra gli studiosi di diversi settori (Lorenz stesso ha sottolineato i rischi di 'cannibalismo' nei confronti dell'e.) ed è stato oggetto di critiche anche feroci; tuttavia esso offre un mezzo per compiere un'analisi comportamentale di tipo remoto (si veda oltre per il significato di questo termine).

Nell'agosto 1997, la xxv Conferenza etologica internazionale ha celebrato a Vienna, con grande partecipazione, i quasi cinquant'anni di ricerca etologica. Attualmente l'e. è disciplina basata su solide teorie, metodologie e ipotesi che si avvalgono di appropriati supporti tecnologici e statistici. Negli ultimi decenni sono emerse prolifiche sottodiscipline che enfatizzano, di volta in volta, il valore adattivo del comportamento e la sua plasticità anche analizzata a livello intraspecifico in risposta a differenti contesti socio-ambientali (ecologia del comportamento), i processi fisiologici (neuroetologia, endocrinologia comportamentale ed ecologia sensoriale) o lo studio di processi mentali animali (e. cognitiva). Il panorama attuale della ricerca etologica offre una gamma di studi che sono il risultato di un approccio sinergico tra diverse sottodiscipline a orientamento ecologico e fisiologico, funzioni, ma soprattutto meccanismi vengono spesso analizzati in un contesto ecologico naturale o semi-naturale e non nel consueto e rarefatto ambiente di laboratorio.

Cenni storici

In Europa lo sviluppo dell'e. come disciplina scientifica risale agli inizi del 19° sec.; ma è già dalla pubblicazione e conseguente applicazione della teoria dell'evoluzione biologica e della selezione naturale a tratti comportamentali che viene tratteggiata la storia evolutiva di questi ultimi; Lorenz stesso mai si stancò di definire Darwin il padre fondatore dell'etologia. Nel corso delle sue teorizzazioni, Darwin - che non nascondeva la propria passione venatoria - si trovò di continuo ad affrontare fenomeni comportamentali. La lettura delle sue opere, che includono anche un trattato di e. comparata e biologia della comunicazione, offre una documentazione etologica notevolissima, che va dal comportamento delle formiche schiaviste (individui di una colonia che predano larve da una colonia di un'altra specie per farle lavorare nella propria) all'uso di modelli artificiali tali da simulare situazioni-stimolo per dissezionare i caratteri in grado di evocare una risposta specifica. In tal modo Darwin scoprì come un determinato carattere - il ventre vivacemente colorato di rosso - costituisca il segnale che scatena il comportamento aggressivo nel maschio dello spinarello (Gasterosteus aculeatus). E non è stato un caso che questo comune pesciolino d'acqua dolce sia in seguito divenuto uno dei soggetti preferiti da studiosi di comportamento aggressivo e socio-sessuale del nostro secolo, come Tinbergen. Dunque, come ha sottolineato R.A. Hinde, etologo ed epistemologo dell'università di Cambridge, i primi etologi in realtà si proponevano non di creare un ambito di nuovi problemi, ma di promuovere un approccio nuovo a problemi vecchi e mal sedimentati; il merito effettivo dell'e. risiede nella rigorosa applicazione dell'approccio comparativo filogenetico sviluppato da Darwin e che è stato potenziato da zoologi europei nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali.

J.R. Durant (n. 1950), vicedirettore del Science Museum di Londra, fa risalire lo sviluppo della moderna e. al passaggio attraverso tre fasi principali, tutte caratterizzate dall'impronta darwiniana e dal desiderio più o meno manifesto di analisi comparative tra il comportamento degli animali e quello dell'uomo: fase 'formativa' (1870-1920), in cui osservazioni naturalistiche di un secolo si incontrano con la teoria di Darwin; fase 'classica' (1920-50), dominata dalle figure di Lorenz e Tinbergen che con i loro studi hanno posto le basi intellettuali e istituzionali della materia; fase 'matura' (1950-75), che vede lo sviluppo rapido dell'e. con ambizioni metafisico-filosofiche ispirate da Lorenz in Germania e un più ortodosso attaccamento al metodo scientifico-sperimentale, ispirato da Tinbergen, in Inghilterra e Nord-America. L'e. diviene allora una professione, assumendo dignità tra le discipline biologiche.

Negli ultimi anni si è assistito a un ritorno all'antropomorfismo, all'introspezionismo e all'aneddotica nello studio del comportamento animale sotto l'etichetta generale di etologia cognitiva (ovvero, il pensare a cosa gli animali pensano). D.R. Griffin (n. 1915), professore di zoologia comparata alla Harvard University (dal 1989), molto noto per i suoi studi sui meccanismi di orientamento e comunicazione dei pipistrelli, era stato fra i primi a mettere in discussione la convinzione di obiettività degli studiosi di biologia del comportamento e il problema della consapevolezza e autocoscienza degli animali come oggetto di studio; mentre lo stesso Lorenz, in una versione più prosaica e filosofica, ma non per questo meno naturalistica, si dichiarava convinto delle capacità animali di provare spontanee sofferenze emotive come quella conseguente a un lutto, in quanto non inibite dalla capacità di ragionare. Di fatto questo nuovo approccio ha generato una serie di ulteriori studi, gran parte dei quali condotti da primatologi (studiosi di scimmie), conducendo alla scoperta di capacità precedentemente insospettate negli animali, con importanti ripercussioni sull'etica della sperimentazione animale. A tal proposito nel 1994 è stato pubblicato il saggio Il Progetto grande scimmia, che - come ha sottolineato la rivista scientifica Nature - racchiude una domanda affascinante il cui fulcro è la relazione, non a caso anche etimologica, fra etica ed etologia: e cioè quali sono le differenze comportamentali tra gli esseri umani e le grandi scimmie antropoidi.

Il tentativo, proveniente non da etologi, ma da persone giunte a occuparsi di diritti degli animali (v. diritti: Diritti degli animali, in questa Appendice) partendo da presupposti filosofici, è ambizioso: realizzare una connessione tra una parte del mondo scientifico (etologi umani, primatologi e psicologi in primis) e settori filosofico-giuridici interessati all'etica delle relazioni con i 'non umani'. La richiesta - supportata da contributi di esperti come l'etologo M. Bekoff, il sociobiologo R. Dawkins e la primatologa J. Goodall - è quella di aprire le porte dell'uguaglianza morale e giuridica alle grandi scimmie, sulla base dell'unanime riconoscimento che scimpanzè, gorilla, oranghi e gibboni, oltre a condividere il 98% del DNA umano, sono esseri viventi dotati di capacità cognitive anche complesse. Sono in grado di utilizzare strumenti per risolvere un problema, provano empatia anche interspecifica, mostrano capacità autoreferenziale attraverso il linguaggio; sono dotati di personalità ben definita, provano gioia, manifestano solidarietà parentale e sono anche capaci di ingannare tramite la negazione della percezione altrui.

Ne emerge un messaggio di critica radicale al cosiddetto specismo per certi aspetti provocatorio e sovversivo. Indipendentemente dal concordare o meno con questo tipo di visione, il saggio costituisce un'operazione di grande rilevanza culturale.

I padri fondatori della moderna etologia

Nel 1973 l'e. è stata formalmente riconosciuta come disciplina emersa dalle scienze biologiche, quando tre studiosi europei del comportamento animale, gli austriaci K.Z. Lorenz (1903-1989), K. von Frisch (1886-1990) e l'olandese N. Tinbergen (1907-1988), sono stati insigniti del premio Nobel per la fisiologia o la medicina. Le loro conferenze, tenute in occasione della tradizionale cerimonia di premiazione, rappresentano tuttora un'ottima introduzione per il lettore interessato ad approfondimenti storiografici e metodologici.

Tra i temi cari a Lorenz esposti nei suoi numerosi scritti - da cui emergono le fondamentali somiglianze tra comportamento animale e umano, ma anche notevoli ritrattazioni teoriche e soprattutto epistemologiche (per es. sulle difficoltà di utilizzo di terminologie brutalmente innatistiche) - il lettore attento troverà l'apparente dicotomia tra 'innato' e 'appreso' (ma Lorenz stesso, dopo le violente critiche subite da parte del neuroendocrinologo D. Lehrmann, dell'American Museum of Natural History di New York, tenne a precisare che i due concetti non sono disgiunti, né in contraddizione; Hinde parla di comportamenti 'labili' e 'stabili'); troverà l'esistenza di 'pulsioni biologiche' e le basi fisiologiche dei comportamenti innati ('istintivi') e ancora l'analogia tra istinti e tratti morfologici, da cui l'utilità dell'analisi comportamentale comparata negli studi di biologia evoluzionistica. A Lorenz e ai suoi studi sulle oche è ascritto il concetto di imprinting.

Non meno noti, quanto discussi e tuttora discutibili, sono i suoi studi sull'aggressività, considerata un 'istinto appetitivo' e spiegata tramite il celebre 'modello psicoidraulico delle motivazioni istintive'. In questa elaborazione un afflusso continuo d'acqua (energia motivazionale) si accumula in un serbatoio (sistema nervoso centrale), fino a quando per effetto della pressione si apre una valvola che consente lo 'scarico' dell'acqua accumulata (esecuzione dell'atto consumatorio). Tale modello - in una versione attuale ben meno semplicistica - è attualmente al vaglio per la relativa caratterizzazione di meccanismi neurobiologici coinvolti.

A differenza di Lorenz, che osservava minuziosamente salamandre, oche e taccole semidomestiche nel giardino della propria casa, Tinbergen - anche appassionato e brillante fotografo naturalista - prediligeva lo studio di insetti, pesci e gabbiani nel proprio ambiente naturale, convinto fino all'ossessione che gli ambienti di palude, le dune, la scogliera fossero i laboratori più appropriati dove effettuare osservazioni ed esperimenti. Le teorie che Tinbergen sviluppò sull'origine conflittuale di alcuni display e delle 'attività di sostituzione', così come la loro modificazione filetica per formare segnali di comunicazione tra conspecifici, hanno esercitato un influsso enorme sulle successive generazioni di etologi. Esse aiutarono a comprendere la struttura e l'organizzazione del comportamento e come esso costituisse parte integrante dei processi di adattamento di un animale al proprio ambiente. La locuzione attività di sostituzione venne da lui coniata per indicare una serie di quadri comportamentali che avevano in comune un'apparente estraneità al contesto in cui venivano attuati.

Durante il corteggiamento, molti uccelli si lisciano il piumaggio, bevono, beccano il terreno anche in assenza di cibo, spesso interrompendo o intercalando la sequenza di atti comportamentali iniziata. Simili comportamenti - apparentemente ben poco competenti - si osservano durante il combattimento dei galli domestici, che nel bel mezzo della contesa si separano per qualche secondo raccogliendo pietruzze o semi che poi lasciano ricadere; lo spinarello maschio (Gasterosteus aculeatus) durante il corteggiamento di una femmina poco ricettiva si dirige all'improvviso verso il nido, anche in assenza di uova, effettuando il comportamento di ventilazione (fanning) che, in un contesto effettivo di cure paterne, avrebbe la funzione di ricambio e ossigenazione dell'acqua circostante le uova. Si ritiene che questi quadri comportamentali rappresentino un conflitto motivazionale o una situazione di tensione nel soggetto che li manifesta, costituendo 'materiale grezzo' per il successivo sviluppo e la strutturazione di comportamenti più complessi e motivati.

In molti casi, nel processo evolutivo le attività di sostituzione sono divenute parte del sistema motivazionale connesso al corteggiamento. Quando, per esempio, corteggiano la femmina, i maschi del germano reale (Anas platyrhyncos) si lisciano il piumaggio con movimenti estremamente modificati - rispetto a quelli che manifestano quando effettivamente si aggiustano e impermeabilizzano il piumaggio (self-preening) - per metterne in mostra le parti più sgargianti.

Nel caso del capovaccaio (Neophron percnopterus) - un piccolo avvoltoio bianco e nero - alcuni etologi ritengono che la capacità di rompere le grandi uova di struzzo con pietre sia derivata dall'abitudine di scagliare a terra uova più piccole per romperle. La frustrazione scaturita dall'incapacità di fare altrettanto con le uova di struzzo - impossibili da rompere direttamente col becco per via del consistente spessore del guscio - avrebbe ridiretto il comportamento su pietre. La casuale rottura di un uovo di struzzo avrebbe poi innescato l'associazione tra il lancio della pietra e l'accesso all'insperata fonte di cibo, e la sua successiva trasmissione culturale.

Un sottoprodotto delle attività di sostituzione assai caro agli psicologi sperimentali americani è costituito dai cosiddetti comportamenti compulsivi (adjunctive behaviours) che si osservano 'in aggiunta' a pattern comportamentali che rientrano in uno schema prefissato. In realtà, non sarebbero altro che 'analoghi di laboratorio' delle attività di sostituzione dell'e. classica, da cui si differenzierebbero per maggiori frequenze e intensità. Di fatto, si manifestano in situazioni in cui un comportamento appetitivo o consumatorio fortemente motivato viene interrotto o impedito. Nella specie umana, sono state classificate come tali certe forme di attività locomotoria, la polidipsia, il fumare e il mangiare in maniera eccessiva.

Alcuni studi di Tinbergen (come quelli sulla funzione anti-predatoria del comportamento di rimozione dei gusci delle uova appena schiuse e della colonialità nei gabbiani) rimangono dei classici e testimoniano la sua genialità nel progettare semplici - ma efficacissimi - protocolli sperimentali da mettere in pratica in contesti naturali, variando un solo fattore alla volta. Nel 1963 - in una pubblicazione sugli scopi e i metodi della ricerca etologica di base - egli riassunse brillantemente le questioni che chiunque si accinga a effettuare una ricerca sul comportamento dovrebbe porsi, postulando i cosiddetti quattro 'perché' dell'e.: meccanismi fisiologici all'origine di una dato comportamento (causation); processi di sviluppo che lo hanno originato (ontogeny); storia evolutiva attraverso cui si è originato (phylogeny); valore di sopravvivenza (function).

Le ricerche di von Frisch sono state invece dedicate allo studio del sistema di comunicazione delle api, un vero e proprio linguaggio figurato noto come 'danza delle api'. Egli scoprì come il tempestivo ed efficace sfruttamento delle risorse ambientali da parte di una colonia di api avvenga proprio grazie alle manifestazioni comportamentali di un'operaia esploratrice che - scoperta una fonte di cibo - fa ritorno all'alveare ed esibisce una serie di movimenti stereotipati, veri e propri segni (e non semplici segnali) che codificano informazioni relative a direzione e distanza tra l'alveare e la fonte di cibo, anche mediati dall'odore percepito sul corpo della 'danzatrice' e da caratteristiche emissioni sonore. Il risultato è una precisa informazione sull'ubicazione della meta che include la distanza, la direzione e il tipo di fonte alimentare.

I filoni di ricerca di ecologia sensoriale e fisiologia della percezione annoverano tra gli studi più famosi quelli che hanno portato alla scoperta del fenomeno dell'ecolocazione.

Per guidare i propri spostamenti nell'ambiente circostante varie specie animali, invece di basarsi sulla percezione di stimoli esterni, emettono essi stessi stimoli orientanti. In alcuni pesci gli stimoli sono costituiti da segnali elettrici (elettrolocazione); nei pipistrelli, nel guaciaro (Steatornis caripensis) - un curioso uccello cavernicolo simile a un grosso rondone - e in alcuni cetacei, l'animale emette segnali acustici di breve durata (in genere impulsi o brevi treni di onde ultrasoniche) per poi ascoltarne - grazie a recettori uditivi meccanicamente isolati dai rumori prodotti dall'animale stesso - i deboli echi riflessi dagli oggetti dell'ambiente nello spazio di pochi millisecondi (ecolocazione); l'intervallo di tempo che intercorre tra l'emissione del segnale e il ritorno dell'eco consente di valutare la distanza degli oggetti. Si tratta in pratica di un 'bio-sonar' (sonar sta per sound navigation recording), che appare assai più efficace della vista in animali che conducono vita notturna o che frequentano ambienti dove la comunicazione visiva è limitata o impedita (caverne, acqua). Nei pipistrelli l'ecolocazione ha raggiunto un'elevata specializzazione assumendo anche le funzioni di comunicazione e individuazione della preda, e i segnali emessi possono essere diagnostici per l'identificazione specifica; questi ultimi vengono rivelati da uno strumento, il bat detector, che consente di captare e nello stesso tempo di rendere udibili gli ultrasuoni all'orecchio umano.

L'etologia in Italia

Uno dei momenti più rilevanti nella storia italiana delle scienze del comportamento è stato la fondazione, nel 1974, della Società italiana di etologia (SIE) per la quale si era anche adoperato D. Bovet, studioso delle basi genetiche di apprendimento e memoria, prima all'Istituto Pasteur di Parigi, in seguito all'Istituto superiore di sanità e all'Università "La Sapienza" di Roma.

L. Pardi (1915-1990) è stato indiscutibilmente il pioniere della ricerca etologica in Italia, ma per i risultati raggiunti il suo nome deve essere associa-to a quelli dei fondatori della moderna e. europea. I suoi studi più noti riguardano le vespe sociali del genere Polistes e, con F. Papi (n. 1926), il meccanismo di orientamento astronomico e magnetico dei talitri, piccoli artropodi saltatori degli arenili (le comuni 'pulci di mare') che, riportati sulla sabbia asciutta, invariabilmente, anche se coperti da un ombrellone o nascosti dietro una duna, si orientano verso il mare. Pardi aveva osservato che tra le vespe fondatrici di una colonia - inizialmente indistinguibili da un punto di vista morfologico - una sola alla fine si dedicava alle attività riproduttive, quella che chiamò femmina conduttrice; successivamente individuò nei fenomeni di dominazione una chiave di lettura dei rapporti sociali delle vespe. Le femmine inizialmente associatesi alla conduttrice nella fondazione della colonia subivano poi una regressione degli ovari e venivano alla fine eliminate col passaggio a una vera monoginia. L'opera di Pardi è stata fondamentale per lo sviluppo degli studi del comportamento animale in Italia, e non è un caso che lo studio delle società degli insetti e dell'orientamento animale costituisca tuttora una parte considerevole dell'e. italiana. Pardi ha anche lasciato una tangibile eredità culturale concretizzatasi, oltre che negli scritti, nei numerosi allievi che svolgono attività di ricerca nelle università di Pisa - dove peraltro si trova l'unico dipartimento dedicato interamente alla biologia del comportamento - e di Firenze.

Tra gli studi più noti, condotti da etologi italiani, spiccano quelli sui colombi viaggiatori e i loro sistemi di orientamento. Il colombo viaggiatore, razza domestica del colombo selvatico (Columba livia), è noto fin dall'antichità come 'postino' per recapitare messaggi. Attualmente questi uccelli vengono utilizzati in gare di velocità di ritorno alla colombaia dopo dislocamento da quest'ultima. Il ritrovamento della propria area familiare (homing) è consentito da meccanismi che permettono a questi animali di dirigersi verso la meta anche a partire da un luogo sconosciuto. Questi sistemi di orientamento hanno costituito per lungo tempo un mistero, ma ricerche decennali - condotte da Papi e da collaboratori dell'università di Pisa - li hanno in parte svelati. Utilizzando animali resi anosmatici, i ricercatori hanno evidenziato che il fattore orientante fondamentale è costituito da stimoli olfattivi. Il colombo possiede infatti una 'mappa olfattiva' che viene acquisita nella colombaia già durante i primi mesi di vita tramite le informazioni portate dai venti. In base a essa l'animale riesce a stabilire la propria posizione rispetto a quella della colombaia riferendosi a stimoli odorosi percepiti sul luogo dove l'animale viene rilasciato o nelle aree attraversate durante il dislocamento dalla colombaia. La direzione da tenere viene assunta grazie a una 'bussola' solare e a una magnetica.

Classificazione e misurazione del comportamento

Lo sviluppo delle scienze del comportamento ha immediatamente fatto emergere due fondamentali necessità per l'etologo. La prima era quella di descrivere e definire le manifestazioni comportamentali in maniera adeguata e accurata. Dunque la costruzione del cosiddetto etogramma, esaustivo repertorio comportamentale - teoricamente tutto quello che una specie manifesta -, costituisce un preliminare indispensabile in tutti gli studi etologici; per la relativa compilazione è spesso utile una documentazione filmata (nei primordi ci si basava su schizzi e fotografie). La seconda necessità, diretto corollario della conoscenza descrittiva del comportamento, è emersa in seguito alla constatazione che le manifestazioni comportamentali sono fenomeni probabilistici, ossia con variabilità nell'espressione. È questo il motivo per cui il loro studio richiede un'attenta preparazione dei disegni sperimentali e una raccolta dei dati tale da permettere l'applicazione di appropriate analisi statistiche.

Il comportamento è il risultato di movimenti, posture ed eventi che l'osservatore deve classificare in unità discrete. In questo processo è utile la suddivisione in categorie. In genere le osservazioni comportamentali sono espresse sulla base di quattro tipi di misurazione: latenza, frequenza, durata e intensità. La latenza è il tempo che intercorre dall'inizio di un evento, in genere costituito da uno stimolo, alla manifestazione di un comportamento; la frequenza è il numero di volte che il comportamento si manifesta nell'unità di tempo; la durata, spesso espressa come percentuale di tempo trascorso nell'effettuare un dato comportamento, è il tempo per cui un comportamento viene attuato nell'arco di un periodo di osservazione; l'intensità si valuta tramite presenza o assenza di specifiche componenti di un atto (per es., nel caso delle vocalizzazioni, apposite strumentazioni rilevano l'intensità del suono). Infine, nello studio delle interazioni sociali, la struttura temporale di un modulo comportamentale può essere efficacemente valutata mediante l'analisi delle sequenze e la costruzione di diagrammi di flusso relativi agli atti intercorsi tra i vari soggetti.

Il comportamento aggressivo (che nella sua definizione classica include il comportamento predatorio e il comportamento aggressivo diretto verso conspecifici) viene studiato con metodologie standardizzate in roditori di laboratorio. Topi (Mus spp.) e ratti (Rattus spp.) sono gli animali più comunemente utilizzati per studiare il comportamento aggressivo in quanto, essendo i loro sistemi di comunicazione intraspecifica basati sull'olfatto, è possibile indurre manifestazioni aggressive semplicemente esponendo i soggetti a segnali olfattivi come urina, feci o feromoni sintetici. In queste specie l'aggressività intraspecifica si può classificare in base ai tre tipi di contesti sociali in cui si manifesta: 1) interazione di due o più individui solitamente maschi (aggressione competitiva o protettiva); 2) interazioni con una femmina che sta allattando (aggressione materna); 3) difesa del nido (aggressione parentale).

La modalità più semplice per indurre un comportamento aggressivo di tipo 'territoriale' è introdurre un conspecifico (intruder) di cui si conosca a sufficienza la storia sociale nell'ambiente di un residente - ovvero in un contesto sociale stabilizzato - per poi procedere alla misurazione dei parametri comportamentali selezionati. L'indice maggiormente utilizzato per la valutazione etologica è la categoria 'attacco', misurata in funzione del tempo in termini di frequenza (numero di episodi), durata totale e dei singoli episodi, latenza al primo episodio (misura della motivazione a compiere l'atto). Si osserva poi una serie di posture offensive e difensive, in genere della durata di pochi secondi, che esprimerebbero situazioni di conflitto tra la motivazione alla fuga e quella di intraprendere un'azione d'attacco; i ratti, per esempio, durante gli incontri agonistici emettono due tipi di vocalizzazioni ultrasoniche differenti per durata e frequenza.

Un metodo di valutazione indiretta consiste nel considerare quali parti del corpo del soggetto 'intruso' costituiscano il bersaglio preferenziale degli attacchi, dato che questi possono essere volontariamente diretti verso parti del corpo più o meno vulnerabili. La misurazione dei suddetti parametri viene effettuata con l'ausilio dell'attografo, strumento a tastiera (oggi sempre più sostituito da software specifici) che permette di misurare i comportamenti in durata e frequenza. Considerati due soggetti in interazione agonistica, i ruoli di dominante e subordinato vengono assegnati operativamente nel momento in cui un animale attacca un conspecifico senza mai essere a sua volta attaccato, e allora è definito dominante. Con questi strumenti metodologici è possibile analizzare l'ontogenesi del comportamento aggressivo, nonché gli effetti del contesto sociale in cui un animale è cresciuto o quelli di precedenti esperienze sociali e agonistiche. Così, per fare un esempio, un topo costretto all'isolamento sociale, anche per un breve periodo (due settimane), manifesta livelli di aggressività superiori a quelli riscontrati in individui che non hanno avuto questo tipo di esperienza.

Per il campionamento ci si può ricondurre a tre tipi fondamentali: 1) ad libitum, ossia senza restrizioni sistematiche su cosa osservare e per quanto tempo; 2) focale, in cui vengono scelti uno o più individui come 'attori' su cui effettuare le osservazioni; 3) a scansione: un gruppo di individui viene osservato a intervalli regolari di tempo, e il comportamento di ciascun soggetto viene registrato in quell'istante. L'applicazione delle tecniche di analisi quantitativa dei dati e i progressi raggiunti nelle metodologie utilizzate per la loro raccolta hanno conferito all'e. quella scientificità che le era spesso contestata in passato, quando un certo stile di raccolta di dati aneddotici era spesso la norma.

Negli studi etologici esistono due livelli di analisi, che sono complementari ma ben distinti e separati: le cause prossime, identificabili con le contingenze (stimoli esterni e meccanismi interni) che determinano lo 'scatenarsi' di un comportamento; le cause remote o ultime, ossia quelle forze che hanno modellato il comportamento delle specie nel corso dell'evoluzione. Lo studio delle cause ultime cerca dunque di ripercorrere la storia evolutiva di un determinato schema comportamentale; un esempio è costituito dalla comunicazione ultrasonica nel roditore neonato.

Durante il periodo postnatale la comunicazione acustica madre-prole nei roditori avviene tramite vocalizzazioni ultrasoniche. Questi segnali, che nel topo (Mus musculus) vengono emessi limitatamente alle prime due settimane di vita, inducono in tempi brevissimi (entro i trenta secondi) il comportamento di costruzione del nido, di ricerca del piccolo e, in presenza di neonati, di trasporto nell'area del nido in femmine adulte anche vergini. Il comportamento di vocalizzazione ultrasonica attuato dai roditori neonati può essere interpretato ai due differenti livelli di analisi: da un punto di vista strettamente fisiologico quale sottoprodotto di un meccanismo di respirazione che permette l'utilizzazione di riserve energetiche conservate sotto forma di tessuto adiposo per aumentare la temperatura nel caso di rischio di ipotermia; potrebbe anche fungere da segnale di comunicazione prole-genitori, informativo del fatto che al neonato si va abbassando la temperatura corporea e dunque necessita di cure parentali che implicano distribuzione di calore mediante contatto col corpo materno o costruzione di un nido di protezione. Ciò ovviamente non comporta che le due spiegazioni si escludano vicendevolmente: e anche per questo il dibattito tra gli esperti è tuttora aperto.

Etologia applicata

Oltre che nella ricerca di base, lo studio del comportamento animale trova la sua applicazione in discipline a carattere sanitario-ambientale come la psicofarmacologia e l'etotossicologia, in cui vengono utilizzati modelli animali per valutare gli effetti comportamentali di sostanze psicoattive o di inquinanti ambientali rispettivamente utili o potenzialmente dannosi per la specie umana. Negli ultimi decenni l'approccio etologico è stato utilizzato anche in psicopatologia, dopo essere stato introdotto e praticato dallo psicoanalista J. Bowlby nel 1957 con studi sullo sviluppo del comportamento del bambino. Un'applicazione importante, cui Tinbergen per primo diede un fondamentale contributo - parte del quale è contenuta nella sua Conferenza Nobel - ha riguardato le sindromi cosiddette dell'autismo infantile caratterizzate da chiusura a stimoli sociali. Tinbergen ha suggerito che il comportamento dei bambini autistici mostrasse caratteristiche di un conflitto motivazionale permanente di natura fondamentalmente relazionale.

Più recentemente, anche in seguito allo sviluppo dell'e. cognitiva, la biologia del comportamento si è occupata anche di valutare il grado di 'benessere animale', ossia bisogni psicologici ed etologici in condizioni di stabulazione (allevamenti intensivi, laboratori di ricerca, giardini zoologici), prestando particolare attenzione all'insorgenza di comportamenti anormali o patologici, e ciò anche a fini normativi (v. diritti: Diritti degli animali, in questa Appendice). Infine la biologia della conservazione - in rapido sviluppo per affrontare il rischio attuale di riduzione della biodiversità - si serve di conoscenze etologiche specie-specifiche per valutare e predire i rischi di estinzione (particolarmente alti nelle specie territoriali) in seguito alla distruzione e alla frammentazione dell'habitat da parte dell'uomo. Ciò anche per le crescenti attività di reintroduzione in natura di soggetti allevati in cattività o prelevati da aree dove non sussistano più condizioni ecologiche tali da sostenere una popolazione vitale.

Dunque lo studio del comportamento animale continua a evolversi: l'utilizzo di tecniche di biologia molecolare ha portato innovazioni e cambiamenti anche radicali nell'interpretazione di taluni comportamenti; oggi si è in grado di accertare la paternità di una data prole (parentage) o di misurare i livelli di NGF (Nerve Growth Factor) nel sangue e dunque correlarvi rispettivamente misurazioni di successo di accoppiamento o esposizioni a situazioni che inducano stress; i gradi di parentela filogenetica possono essere valutati con tecniche di genetica molecolare, offrendo nuove prospettive per lo studio dell'evoluzione del comportamento. Le ricerche più recenti sull'imprinting sono il risultato di uno sforzo interdisciplinare che include e., neuroscienze e psicologia sperimentale, con un interscambio continuo tra analisi comportamentali e valutazione dei relativi substrati neurali. Due esempi di collaborazione tra etologi e neurobiologi sono costituiti dagli studi che concernono l'apprendimento del canto negli uccelli e dalle ricerche riguardanti il food storing.

L'etologo statunitense P. Marler (n. 1928) è stato un pioniere nello studio del ruolo di fattori endogeni e dell'esperienza nello sviluppo e nella plasticità del canto negli uccelli, fenomeno che presenta qualche analogia con il linguaggio umano, soprattutto nelle prime fasi del suo sviluppo. Tutti gli uccelli possiedono un repertorio di suoni, utilizzati per comunicare, emessi grazie alla siringe, un organo specializzato che è in realtà una modificazione della trachea. Il canto è costituito da un insieme di suoni organizzati e strutturati a formare una sequenza tonale e melodica, che è in genere prerogativa del sesso maschile - dipendente dagli ormoni sessuali maschili - con la duplice funzione di attirare un partner sessuale e segnalare ai maschi confinanti o intrusi il 'possesso' di un territorio. In circa metà delle oltre novemila specie di uccelli il canto è appreso: nel canarino esso si sviluppa in maniera anormale qualora un giovane venga allevato impedendogli di ascoltare gli adulti; viceversa, un colombo maschio sviluppa un 'tubare' normale anche se allevato in isolamento acustico. Una conseguenza della dipendenza del canto dall'esperienza è l'emergenza di dialetti specifici per ciascuna popolazione, analogamente a quanto si riscontra nel linguaggio umano. Il cervello di un uccello, oltre a essere sessualmente dimorfico, possiede infatti la caratteristica di sviluppare continuamente nuovi neuroni (neurogenesi) in determinate aree cerebrali sia da giovane sia da adulto, manifestando una sorta di turnover neuronale.

Il processo di apprendimento canoro include: 1) una fase di acquisizione - limitata a un periodo di giorni o mesi - in cui l'uccello ascolta suoni (di solito il canto paterno) immagazzinandone alcuni nella memoria; i periodi sensibili non sono fissi, variando in funzione soprattutto di stimoli ambientali mediati da ormoni: per es., se la schiusa avviene in ritardo e l'attività canora degli adulti è ormai cessata, il periodo sensibile può protrarsi fino alla stagione successiva; 2) una fase sensoria di esercizio e imitazione che in alcune specie possono anche discostarsi di parecchio dal modello; 3) una fase sensorio-motoria, in cui appare cruciale per l'uccello essere in grado di ascoltare se stesso, che termina con la produzione del cosiddetto canto cristallizzato, tipico dell'adulto; durante questa fase e nella precedente vengono prodotti il cosiddetto sottocanto, una sequenza amorfa e grezzamente organizzata - ben lontana dal canto maturo - e il canto plastico, in cui si manifestano elementi del canto maturo, ma anche elementi in eccesso inventati o imitati che in seguito verranno scartati. Un fattore ultimo, apparentemente decisivo nello stabilire quali elementi di canto plastico conservare e quali scartare, è costituito dal successo maschile nell'ottenere per la prima volta un territorio, e quindi nell'eguagliare i canti dei più anziani rivali territoriali; in alternativa, sarebbe la risposta della femmina a influenzare le decisioni del maschio sui 'tagli' da effettuare. Dunque il processo di sviluppo e acquisizione del canto è regolato da un'interazione complessa tra una serie di predisposizioni neurali (sensoriali e motorie) 'innate' (iscritte nel patrimonio genetico) e l'esperienza, regolata da un meccanismo di retroazione: stimoli sociali agirebbero come vaglio selettivo di un modulo vocale (social feedback), modulando con meccanismi tuttora in corso d'indagine i processi di turnover neuronale, potenziale sorgente della plasticità cerebrale e comportamentale.

Gli studi sull'ippocampo, struttura cerebrale coinvolta in fenomeni di apprendimento spaziale che giocano ruoli centrali nell'ecologia del comportamento di un dato individuo, hanno costituito una parte rilevante degli studi neurocomportamentali degli anni Novanta. È questa struttura che media - con una vera e propria 'codificazione' (spatial map) localizzata in una popolazione di neuroni deputati a rispondere selettivamente a specifici stimoli spaziali - fenomeni come le migrazioni, la navigazione, l'orientamento e in ultima analisi la localizzazione e la memorizzazione nello spazio di risorse critiche per la sopravvivenza. Le differenze riscontrate tra le varie specie nell'anatomia, fisiologia e neurochimica dell'ippocampo riflettono evidentemente le differenze specifiche nell'ambito delle funzioni a esso correlate. Così si è osservato che in specie di uccelli che fanno provviste di cibo nascondendo i semi in centinaia di siti diversi all'interno del loro territorio (specie come la cincia bigia, Parus palustris, dette food storers) il volume relativo della regione ippocampale è maggiore rispetto a specie che non mostrano questo comportamento (per es. la cinciarella, Parus caeruleus), ma solo negli individui adulti; nell'ambito della stessa specie sono le esperienze di food storing, indipendentemente dall'età, a far sviluppare maggiormente la struttura ippocampale sia in termini volumetrici sia in termini di numero di cellule neurali (maggiore) e di quelle (minore) che vanno incontro a 'morte cellulare programmata', cioè al fenomeno detto apoptosi.

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