CURIEL, Eugenio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CURIEL, Eugenio

Nando Briamonte

Nacque a Trieste l'11 dic. 1912, da Giulio e da Lucia Limentani, ebrei triestini. Molto probabilmente influenzato dal padre, ingegnere, il C. si avviò agli studi scientifici. Frequentò prima l'istituto tecnico Leonardo da Vinci, poi il liceo scientifico Guglielmo Oberdan. Fin dalla giovane età dimostrò un vivissimo e persino. ansioso desiderio di conoscenza che lo portò ben presto ad interessarsi di molti argomenti al di là dei normali programmi scolastici: di filosofia, di storia, di letteratura classica e modern a, di pittura, di teatro, di musica.

All'età di sedici anni, risale la prima testimonianza del suo antifascismo. Il C. terminò gli studi liceali nel 1929, e nello stesso anno si trasferì a Firenze per frequentare il biennio universitario di inge.gneria. Fu ospite dello zio materno Ludovico Limentani, il noto filosofo positivista, firmatario nel 1925 del contromanifesto degli intellettuali redatto da B. Croce. Superato il biennio, sul finire del '31 C. si trasferì al politecnico di Milano. Continuavano i suoi studi incessanti, le sue letture urgenti e, confuse. Due fatti nuovi pero intervenivano a segnare una svolta nella sua vita. Gli effetti della grande crisi del '29 travolgevano l'attività commerciale patema e sospingevano la sua agiata famiglia sull'orlo della povertà... Alla fatica ed alla solitudine dei suoi studi, si sommavano così gravi problemi economici, una condizione che lo portò presto alle soglie di un forte logoramento psichico: Inoltre, proprio in quel periodo, il C., alla ricerca di un. orientamento sicuro e profondamente deluso da quanto lo circondava, si avvicinava, molto probabilmente attraverso il gruppo triestino "Verità e Scienza", al movimento antroposofico, alle teorie di Rudolf Steiner. Tornato nei prifni mesi del '32 a Firenze, dove poteva contare ancora sull'aiuto della famiglia Limentani, cambiò indirizzo di studi. Si iscrissealla facoltà di fisica dove prese a seguire il professor Bruno Rossi, giovane studioso d'avanguardia dei raggi cosmici.

Le conseguenze della scelta antroposofica furono importanti e rimisero in discussione anche i rapporti con la famiglia, il lavoro, la scienza. Nel febbraio del '33 il C. si trasferì all'università di Padova seguendo il suo maestro, ma nella stessa primavera rifiutò di partecipare ad una importante spedizione scientifica cui era stato invitato.

Ad interessarlo era piuttosto la prospettiva dell'insegnamento elementare, comune a tutti i membri del circolo antroposofico, ed infatti nel dicembre del '32 a Firenze aveva preso l'abilitazione all'insegnamento. Continuava intanto con fervore lo studio dei testi antroposofici, accompagnato da esercizi di autocontrollo, da meditazioni da un rigido regime alimentare e sessuale. Pensava di trasferirsi presto in Svizzera, a Dornach, centro internazionale del movimento antroposofico.

Pur immerso in questa prospettiva, il C. sollecitato dai familiari e dagli amici portò a termine gli studi universitari. Si laureò a pieni voti nel luglio del '31 con una tesi sulle Disintegrazioni nucleari per mezzo della radiazione penetrante, e a lui si schiuse la possibilità di una brillante carriera universitaria.

Ma tutto questo sembrava non interessargli più: "non più nostalgie scientifiche, non più desideri di gloria", scrive in un diario. Sul finire del '33 ottiene una breve supplenza al ginnasio di Montepulciano. Nel dicembre dello stesso anno scrive però al suo professore che la "malattia nervosa" che lo affliggeva è superata, che ha necessità di lavorare, che sarebbe contento di ritornare ai suoi studi, orientati preminentemente verso la filosofia della scienza. E nel febbraio del '34 torna a Padova, dove il Rossi è riuscito a fargli assegnare l'incarico di assistente presso la cattedra di meccanica razionale del professore E. Laura.

Si apre così un capitolo nuovo nella vita del C., contrassegnato da una viva ricerca intellettuale, nel quale matura l'impegno politico antifascista. A Padova ritrova A. Braun, già suo compagno d'infanzia, ora comunista, e si lega di profonda amicizia con R. Mieli. Ad essi si uniscono G. Goldschmied, il giovane pittore T. Zancanaro, E. Luccini. U. Fiorentino. In un primo tempo gli interessi del C. sono prevalentemente filosofici, e si snodano intorno ai grandi temi della filosofia idealistica, con particolare attenzione all'attualismo gentiliano. Ma presto cresce in lui l'interesse, per un impegno più decisamente politico. Negli anni 1934-35 le sue simpatie erano orientate verso Giustizia e Libertà, ed insieme con Mieli il C. tentò un approccio verso quel gruppo, che rimase però senza esiti dato l'atteggiamento rinunciatario di Giustizia e Libertà in quel momento di grave sconfitta politica per l'antifascismo e di dura repressione poliziesca. Dopo quel tentativo il C. prese contatti con la rivista milanese I Problemi del lavoro di R. Rigola sulla quale, nell'ottobre del 1935, fece apparire un articolo di carattere sociopedagogico.

Probabilmente attraverso quella rivista si avvicinò alle tematiche del sindacalismo rivoluzionario, del sindacalismo nazionale corridoniano, al pensiero di G. Sorel, a quello di Antonio Labriola, che riconobbe poi tra gli ispiratori della sua attività "legale" e del suo avvicinamento al partito comunista.

Con A. Braun il C. lesse e discusse Marx, Engels, Lenin; accettò quindi di aderire al Partito comunista italiano. Un'adesione non tanto ideologica quanto d'azione, che riconosceva nel partito comunista il partito più rigoroso e conseguente nella lotta antifascista, con i legami di massa più. solidi, impegnato nel paese in una lotta cruenta che dava la speranza a migliaia di uomini. Erano i mesi in cui il fascismo proclamava l'impero e raggiungeva il massimo dei consensi, ma anche del Fronte popolare francese e di quello spagnolo. Nel '36 il C. aveva anche ripreso i contatti con E. Colorni, che aveva conosciuto a Milano, e fra i due era nata un'anucizia. profonda che si sostanziava di molteplici interessi comuni, scientifici, filosofici, politici. Colorni militava nel Centro socialista interno, nato nel '34 dall'iniziativa di R. Morandi, L. Basso, L. Luzzatto, e ad esso collaborò per qualche tempo anche il C. prima di stabilire, nel marzo del '37, il contatto con la direzione estera comunista. Il C. nel frattempo continuava il suo lavoro di docente universitario, e dal '35 aveva assunto anche l'incarico di piaternatica complementare. Non abbandonerà mai l'interesse per le scienze, ma dal '37 fu l'impegno politico ad assorbire le sue maggiori energie.

Dai colloqui con i dirigenti comunisti a Parigi scaturì l'indicazione di avviare un lavoro "legale" all'interno delle organizzazioni di massa fasciste, e il C. insieme con Braun, Mieli, Luccini e Goldschmied, iniziò a Padova un'importante esperienza: riuscì a farsi nominare redattore capo de Il Bò, il giornale dei Gruppi fascisti universitari, e da quelle pagine, sfruttando con grande abilità ogni possibilità che la retorica e la demagogia fascista consentiva, portò all'interno della gioventù un messaggio di classe e di riscossa. Negli oltre cinquanta pezzi che pubblicò dall'agosto del '37 all'agosto del '38, il C. articolò il suo discorso essenzialmente intorno a due temi: il problema dei giovani e il ruolo del sindacato.

Nei suoi articoli, è presente una forte caratterizzazione classista. Il C. infatti rifiuta di considerare la gioventù come una classe a sé, sottolinea la diversità delle condizioni e dei problemi fra i giovani, studenti, operai, contadini, rilevandone la natura di classe, invita i giovani intellettuali a studiare e conoscere a fondo il popolo, le masse operaie e contadine, le loro condizioni reali, le loro lotte e la loro volontà di riscatto, e li esorta a fare il proprio tirocinio alla vita nelle associazioni sindacali, alla scuola del lavoro, lì dove è più concreta l'aderenza ai problemi nazionali, dal cui seno dovrà essere espressa la futura classe dirigente. Il C. attribuisce una grande importanza tattica al sindacato fascista. Individua infatti in esso una funzione rivoluzionaria in quanto, in quella situazione data, unico organismo basato su una distinzione claisista, terreno sul quale ancora il proletariato industriale si organizza e lotta contro la politica antioperaia dei regime. E sui problemi sindacali tornerà spesso su Il Bò con una ricchezza e profondità d'analisi tali che quel giornale universitario riuscì ad avere una certa diffusione anche in ambienti operai.

Anche durante il lavoro legale il C. continuò a mantenere contatti con Colorni e tramite lui conobbe a Milano L. Basso, impegnato allora a riorganizzare il Centro socialista interno dopo gli arresti di Morandi e Luzzatto. Fece inoltre un secondo viaggio a Parigi dove incontrò ancora i massimi dirigenti comunisti. In quell'occasione prese contatti anche con esponenti della direzione estera del Partito socialista italiano. Il C. infatti era impegnato in quel periodo a sensibilizzare il dibattito politico delle diverse forze dell'antifascismo su quei temi che aveva sviluppato nel corso dell'esperienza legale, per sconfiggere la sterile posizione della condanna morale della gioventù e del sindacato fascisti, e sollecitare un'analisi di classe delle contraddizioni che, pur lentamente, si andavano acuendo all'interno del regime.

Il pensiero politico del C., che si andava precisando proprio in quegli anni, presenta rilevanti aspetti di novità nei confronti della linea della "riconciliazione del popolo italiano" seguita dal partito comunista, da cui pure prende le mosse, e porta chiaro il segno di una riflessione autonoma ed originale. Una ricerca che nasceva, oltre la tradizione, la sconfitta e le divisioni del vecchio antifascismo, nel nuovo che nella realtà italiana il movimento di classe andava maturando, per un approdo unitario. Una ricerca che aveva notevoli punti di contatto con le posizioni del Centro socialista interno.

Il 20 ag. 1938, in seguito alle leggi antiebraiche, il C. fu costretto a cessare la collaborazione a Il Bò, e a lasciare la cattedra universitaria; nell'ottobre si recò a Parigi. La situazione nel centro estero comunista era nel frattempo profondamente cambiata. In pieno clima stafiniano la vecchia direzione era stata messa sotto accusa, un pesante clima di sospetto si abbatteva su molti quadri. Lo stesso C. ne fu vittima dati i suoi molteplici rapporti clandestini, e si trovò di fronte alla scelta: o accettare la proposta comunista di andare in Egitto a dirigere una pubblicazione antifascista, o accettare quella fattagli da alcuni dirigenti socialisti di ritornare in Italia per curare la riorganizzazione della rete clandestina, e sospendere quindi i rapporti con i comunisti. Il C. optò per la seconda soluzione che gli consentiva di svolgere un lavoro più di punta e con un largo margine di autonomia. Durante quel soggiorno in Francia scrisse alcuni articoli su Lo Statooperaio e su Giustizia e Libertà; nel febbraio del '39 lasciò Parigi per Milano. Riprese quindi i contatti con Basso, e divenne di fatto il successore di Colorni, arrestato qualche mese prima, alla direzione del Centro socialista interno. Sono di questo periodo alcuni rapporti inviati alla direzione del partito socialista, incontri con P. Nenni e con altri esponenti della Sinistra socialista, due articoli apparsi sulla rivista Corrente. Dopouno sfortunato tentativo di passare la frontiera tra la Svizzera e la Francia, il 24 giugno 1939 il C. fu arrestato a Trieste e subito tradotto nelle carceri di Milano. Il 13 genn. 1940 fu condannato a cinque anni di confino di polizia e inviato a Ventotene. Qui il C. si collegò subito con il collettivo dei confinati comunisti, del quale facevano parte alcune delle figure più prestigiose dei partito, e iniziò un periodo di intenso studio e riflessione teorica.

Parallelamente all'approfondimento dei testi classici dei marxismo portò avanti la riflessione sul rapporto fra scienza e filosofia, storia e filosofia, positivismo, idealismo e marxismo, in un saggio critico sul "manuale" di N. I. Bucharin. Scrisse alcune interessanti notazioni sul Risorgimento, sulla storia del Veneto, sul movimento nazionale sloveno, sul nesso fra idealismo e sindacalismo rivoluzionario. Approfondì la riflessione sui temi dell'autogoverno, del ruolo dei partito, della peculiarità della prospettiva rivoluzionaria italiana rispetto alla rivoluzione sovietica.

Il C. lasciò Ventotene il 21 ag. 1943. Fu quindi a Trieste, a Venezia, a Padova, cercando di ristabilire contatti con gli ambienti antifascisti; cercò la sua famiglia sfollata a Gardone, e nel novembre arrivò a Milano dove si collegò subito con la direzione comunista del Nord.

Il ruolo svolto dal C. durante la lotta di liberazione nazionale, all'interno del movimento partigiano e nel dibattito teorico apertosi nel partito comunista e più in generale fra le forze dell'antifascismo, fu di importanza , considerevole Direttore delle pubblicazioni comuniste La nostra lotta e L'Unità, "responsabile dell'organizzazione culturale" del partito comunista, massimo dirigente del. Fronte della gioventù, il C. portò avanti una delle claborazioni teoriche più ricche e stimolanti sui nodi di fondo della transizione ad una società democratica e socialista. Una elaborazione cresciuta all'interno della riflessione collettiva dei gruppo dirigente comuffista, alla quale il C.: diede un impronta del tutto originale, già maturata nel corso delle sue precedenti esperienze.

I dati di novità da cui muoveva la sua analisi erano, nel 1941, l'affermarsi e l'estendersi nella lotta contro il nazifascismo di organizzazioni di massa clandestine, l'incrinarsi del blocco borghese per le profonde contraddizioni interne e l'offensiva del movimento operaio. Gli organismi nati nella lotta popolare, espressione diretta di quella lotta ma anche luogo di maturazione della capacità di egemonia del proletariato, in quanto organi di autogovemo rappresentavano per il C., di fronte alli profonda crisi della vecchia democrazia prefascista, la base più sicura della futura democrazia, che non solo doveva disstruggere ogni residuo del fascismo, ma affermare una nuova forma statale che fosse superamento anche del vecchio Stato e della tradizione democratico-borghese. Questa estesa rete di organismi di massa che aderiscono al Comitatò di liberazione nazionale, nella quale si è organizzata la lotta della classe operaia, dei temici, dei contadini, dei partigiani, dei giovani, delle donne, che nel suo sviluppo mobilita strati sociali sempre più vasti e correnti politiche diverse, in cui la' classe operaia matura quale classe di governo, è essa che dovrà prendere possesso della macchina statale e presidiare la nuova democrazia. Il Comitato di liberazione nazionale, secondo il C., non è da intendersi quindi come coalizione di partiti, ma come massimo organismo politico nazionale di massa. La funzione dei partiti e dell'avanguardia non può che essere pensata all'interno dei movimento, come sostegno, unificazione e amplificazione di esso, suo strumento. Ancora una volta per il C. la forza motrice, il soggetto rivoluzionario è la massa, la classe operaia, che si esprime attraverso i suoi organismi di democrazia diretta forgiati nella lotta. Ed ecco quindi emergere il suo disegno di "democrazia progressiva", che non è ordinamento elargito dall'alto ma autogoverno di massa; non "tappa", ma "metodo" per la soluzione dei problemi politici e sociali, "formulazione politica dei processo sociale della rivoluzione permanente", processo aperto a tutte le conquiste, verso il socialismo.

Alla costruzione di questa ipotesi politica, il C. lavorò in quei mesi con infaticabile impegno, nel movimento, nel suo partito, cercando di coinvolgere le altre componenti dell'antifascismo classista, collegandosi con i settori più avanzati del mondo cattolico. Si impegnò anche per un contestuale rinnovamento culturale e intellettuale. Una grande amicizia lo legò al filosofo A. Banfi e ad E. Vittorini, e insieme a loro lavorò all'idea del Fronte della cultura e della rivista Il Politecnico.

A pochi giorni dalla liberazione, il 24 febbr. 1945, a Milano, la raffica di mitraglia di una pattuglia fascista lo uccise. Il 24 apr. 1946 fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

La raccolta e la pubblicazione dell'opera del C., frammentata in vari articoli, relazioni e brevi saggi, è iniziata nel 1955, con Classi e generazioni nel secondo Risorgimento, con, introd. di E. Modica, Roma 1955, e si è arricchita negli anni successivi con l'avanzare di studi e ricerche che hanno permesso di ricostruire con sempre maggiore esattezza quella complessa vicenda clandestina. Nel 1970 fu pubblicato, a cura di M. Quaranta-E. Franzin, E. Curiel, Dall'antifascismo alla democrazia progressiva, Padova 1970, e infine, con prefazione di G. Amendola, R. Curiel, Scritti 1935-1945, a cura di F. Frassati, Roing 1973.

Fonti e Bibl.: S. Merli, La ricostruz. dei mov. socialistain Italia e la lotta contro il fascismo dal 1934 alla seconda guerramondiale. Milano 1962, passim; E. Garin, E. C. nella storiadell'antifascismo, in Studi storici, VI (1965), pp. 3-24; E., Modica, C. e la prospettiva unitaria dei "partito nuovo" in Criticamarxista, VII (1969), 6, pp. 159-180; P. Spriano, Storia delPartito comunista ital., III, Torino 1970, pp. 274-292 e passim; V, ibid. 1975, ad Ind.; P. De Lazzari, Storia del Fronte della gioventù, Roma 1972, passim; S. Merli, Il problema C., in Quaderni piacentini, XIII (1974), 52, pp. 105, 135; G. Amendola, Storia del Partito comunista italiano 1921-1943, Roma 1978, pp. 360-366e passim; N. Briamonte, La vita e il pensiero di E. C., Milano 1979.

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