EUROPA. - 1

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

EUROPA (Εὐρώπη, Εὐρώπεια, Eurüpa, Eurüpe)

R. Pincelli

1°. - Mitica eroina greca.

Il mito di E., di cui si trovano elementi nelle saghe e nelle tradizioni culturali di varie regioni della Grecia, dell'Egeo insulare e microasiatico e della Fenicia, collegato con le numerose varianti della leggenda, noto già ad Omero (Il., xiv, 321), ha una tradizione letteraria assai ricca di possibilità interpretative per ciò che riguarda la sua origine e il suo significato, e ampiamente variata nei particolari accessori di genealogia, localizzazione, svolgimento.

Molto più limitata nelle varianti e ridotta alla riproduzione dei tre momenti più caratteristici è invece la pur ricca tradizione figurativa ispirataa a questo mito.

Narra in sostanza la leggenda, nella versione più comune, che E., figlia di Fenice, re della Fenicia, fu rapita da Zeus, avvicinatosi a lei trasformato in toro, mentre raccoglieva fiori con le compagne sulle spiagge di Sidone o di Tiro. La fanciulla, rassicurata dall'aspetto mansueto del toro, osò montargli sulla groppa e tosto l'animale si gettò sulle onde del mare trasportandola a Creta, ove si unì a lei. Secondo una variante, il connubio avvenne presso un platano che, in seguito, ebbe il privilegio di non perdere più le foglie; una ulteriore trasformazione del dio in aquila prima di unirsi ad E. si può supporre solo da alcune monete di Creta. Il successivo matrimonio di E. con il re cretese Asterios - in cui forse va riconosciuta una nuova trasformazione di Zeus, - che adottò Radamanto, Minosse e Sarpedonte, nati dal connubio divino, non interessa che indirettamente lo studio della documentazione figurativa del mito, perché dal simbolismo solare derivato dall'identificazione Zeus-Asterios, nasce l'altra E.-Astarte, il cui culto è documentato - oltre che dalle fonti letterarie (Lucian., Syr. Dea, 4) - dalle monete di Sidone recanti l'effigie di E.-Astarte (Forrer, The Weber Collection, vol. iii, P. ii, p. 773-74; nn. 8028-29); la trasformazione in toro, che come simbolo di Zeus è peculiare del culto cretese, pone l'isola al centro della saga.

Le arti figurative si sono ispirate fin da età molto antiche al mito di E., e in modo particolare al suo episodio più caratteristico: E. sul toro, che appare riprodotto nelle varie tecniche dall'arcaismo a tutta l'età ellenistica. In quest'ultimo periodo si diffonde una nuova figurazione relativa all'episodio di E. con le compagne che festeggiano il bell'animale sulle spiagge fenicie, mentre una terza serie di raffigurazioni, relative a un momento specificamente cretese della saga, alluderebbe, secondo la maggior parte degli esegeti, al connubio presso il platano.

Sull'origine della tradizione figurativa di questo, come di altri miti, esiste una discussione sulla base di una pasta vitrea, però di troppo incerta lettura, se sia possibile che la prima espressione affondi le radici nell'arte del periodo miceneo. Non va comunque dimenticato che il tipo iconografico della divinità, maschile o femminile, in piedi o seduta in trono sul dorso di animali, è attestato in Anatolia fin dal II millennio a. C., e che di là esso si diffuse largamente in Siria, in Fenicia e in Mesopotamia. Mentre discussa è l'esegesi della figurazione di un frammento di pìthos beotico, della prima metà del sec. VI, ove una figura femminile acefala è seduta sul dorso di un animale, le cui forme non appaiono sicuramente taurine, una iconografia ormai definitiva compare su una metopa di Selinunte. Quivi appare il toro in cammino sul mare, indicato simbolicamente da due delfini, che reca sulla groppa E. interamente coperta dagli abiti, seduta in posizione eretta, con la mano posata su un corno dell'animale.

La figura di E. è trattata con maggiore modulazione in una metopa del Tesoro dei Sicioni a Delfi. Qui infatti la fanciulla si sostiene addirittura al corno del toro inclinando il torso, con uno schema che diverrà comune in raffigurazioni più tarde, sempre più pateticamente accentuato. E. continua invece ad essere rappresentata rigidamente seduta e interamente vestita nella ceramica a figure nere, in cui il mare resta sempre simboleggiato da pesci (lèkythos a figure nere da Cuma, Napoli). A volte la scena è arricchita di figure accessorie, come la Nike con corone che sta dietro E. in una hydrìa ceretana (già Collezione Castellani; v. tavola a colori). Appare l'elemento paesistico, pur restando il mare simboleggiato da un delfino, in una hydrìa ceretana del Louvre nella forma di una collinetta alberata su cui si arrampica un grosso coniglio, ad indicare la spiaggia di Creta. Il gruppo di una figura femminile vestita di chitone e himàtion, seduta eretta sul toro stante, è ripetuto sui due lati di un'anfora a figure nere di Würzburg con le iscrizioni: Εὐρώπεια ταῦρος ἀνιάδης. Ευρώπεια ταῦρος ϕορβάς, che sole in sostanza permettono di riconoscervi il mito di E., in quanto il gruppo, già in queste fasi arcaiche, ha perduto in parte la sua peculiarità dando luogo a scene di genere esibenti menadi sedute erette e gesticolanti sul dorso di un toro.

In un tondo di piatto a figure nere su fondo bianco del Museo Naz. di Atene E. appoggia la destra sulla testa e la sinistra sulla schiena del toro, in uno schema che ritorna identico sulle più antiche monete di Festo esibenti il gruppo, datate al 480-430 a. C.; il mare vi è espresso con linee ondulate.

Con la ceramica a figure rosse il gruppo acquista maggiore movimento (kölix di Monaco) e anche nuovi elementi, come in un'anfora di stile arcaizzante dell'Ermitage ove il toro - in questo caso emissario di Zeus - su cui siede E. reggente un vaso, avanza sul mare, espresso da linee ondulate fra cui guizzano pesci, verso Zeus che, sull'altro lato del vaso, tende la destra verso di loro e impugna lo scettro.

Alla metà del sec. V a. C. si data la scultura in bronzo eseguita per Taranto da Pythagoras di Reggio, raffigurante E. sul toro, di cui ci è tramandata notizia da alcune fonti e di cui alcuni vollero vedere un'eco nel gruppo marmoreo del British Museum proveniente da Gortina che riproduce lo schema arcaico del toro quasi stante con E seduta eretta sul dorso.

L'arte greca dei periodi successivi, e in particolare la ceramica di stile fiorito e di Kerč, arricchisce la scena con figure secondarie umane e divine, mentre movimenta il gruppo centrale animando con più vivace moto la figura del toro e, di conseguenza, quella di Europa. Così il toro quasi si impenna nella raffigurazione di una hydrìa dell'Ermitage costringendo E. a reggersi al suo collo, mentre tre efebi e due Eroti li circondano. In una anfora di Taman E. è addirittura ritta, sospesa al collo del toro con il braccio destro; il gruppo è completato da Hermes, Posidone e due Eroti. Nella stessa posizione è E. in un piatto dell'Ermitage ove muove verso Zeus in trono, seguita da un vero corteggio di divinità e animali marini, e in una pasta vitrea di età augustea del British Museum. L'abito di E. è divenuto un chitone di velo, che nelle rappresentazioni scultoree, pittoriche, su gemme e su monete dell'età ellenistica acquisterà sempre più movimento, costringendo E. a frenarlo con la mano, così come il velo che le si gonfia a vela sul capo, mentre spesso ella appare parzialmente denudata. E. seduta, sdraiata sul dorso del toro o ad esso sospesa, finisce col confondersi, in questa serie di raffigurazioni, con le figure di Nereidi aggrappate a ippocampi o sdraiate sulle loro groppe o altri mostri in scene marine di identica tipologia.

Agli elementi pittorici derivati dagli sfondi di drappi e dal contrasto fra questi e i nudi, si aggiungono elementi paesistici nel nuovo episodio del mito che viene trattato nell'ellenismo: il ratto di E. dalla spiaggia nei due momenti successivi dell'adescamento da parte del toro mansueto e della sua fuga con Europa. Il primo momento - cui può considerarsi un precedente la raffigurazione su una moneta di Festo, datata al 430-400, con E. seduta su di una roccia che accoglie con gesto di benvenuto il toro - è rappresentato in un dipinto pompeiano famoso (Napoli, Museo Nazionale; v. tavola a colori) e nel mosaico di Uthina; le compagne di E. si stringono attorno al toro, su cui E. già siede, accarezzandolo; lo sfondo è dato da alberi e da elementi architettonici. Il secondo momento presenta il toro che già si è slanciato sul mare con la preda, fra i segni di stupore delle compagne di E. e di altri personaggi testimoni del ratto dalla spiaggia alberata (pittura della Domus Aurea), con architetture (Tomba dei Nasoni), oppure variamente accidentata (mosaico da Palestrina).

Resta da considerare la serie di raffigurazioni, esclusivamente monetali, in cui si è voluto riconoscere una scena allusiva al connubio di E. con Zeus presso il sacro platano di Creta. Nelle serie monetali di Creta appare, in esemplari che vanno dal V al III sec. a. C., una figura femminile seduta fra i rami frondosi o spogli di un albero, in atteggiamento pensoso con il gomito sul ginocchio e il mento sulla mano nelle monete più antiche; oppure in atto di trattenere il velo sul capo, in esemplari più recenti. Talvolta, oltre a una testa di toro, appare un'aquila posata in grembo alla donna o fra i rami dell'albero. Le figure taurine o il gruppo solito di E. sul toro, generalmente abbinati a queste rappresentazioni, non sono di per sé determinanti, data la loro frequenza in varie serie monetali, per le esegesi di questa scena come E. a Creta, che tuttavia è per lo più accettata.

Monumenti considerati. - Pasta vitrea: R. Hampe, Frühgriechische Sagenbilder, Atene 1936, p. 67 s., fig. 29. Pìthos beotico: F. Courby, Vases à reliefs, Parigi 1922, p. 71, fig. 16 F; C. V. A., France, 10, Parigi: Bibi. Nat., 2, tav. 94, 2; R. Hampe, op. cit., loc. cit. Metopa di Selinunte: H. Kähler, Das griechische Metopenbild, Monaco 1949, tav. 22. Metopa del Tesoro dei Sicioni: H. Kähler, op. cit., tav. 39. Lèkythos a fig. nere da Cuma: S. Reinach, Rép. Vas., i, p. 487, 13. Hydria di Cerveteri: S. Reinach, Rép. Vas., i, p. 55, 3. Hydrìa ceretana: C. V. A., France, 14; Louvre 9, iii Fa, tav. i, 2, e tav. 2. Anfora di Würzburg: E. Langlotz, Griechische Vasen in Würzburg, Monaco 1932, n. 193, tavola 58: E. M. W. Tillyard, The Hope Vases, 1923, p. 32, n. 9; Robinson, Cat. Greek Vas. in Toronto, 1930, tav. xli, p. 129, n. 306. Piatto del Museo Naz. di Atene: Collignon-Couve, Vas. Peints du M. Nat. d'Athènes, Parigi 1902, tav. xxxv, 853. Monete di Festo: L. Forrer, The Weber Collection, Londra 1924, vol. ii, p. 540, n. 4543-45, tav. 165. Kölix di Monaco: Roscher, ii, fig. a col. 1415. Anfora dell'Ermitage: S. Reinach, Rép. Vases, i, p. 24, 3, 4. Scultura bronzea di Pythagoras di Reggio: Tatianus, C. Graec., 53, p. 116 (ed. Worth); Varro, De ling. Lat., v, 31; Cic., In Verrem, iv, 6o, 135. Gruppo marmoreo del British Museum: O. Jahn, Entführung d. E., 14; M. A. Murray, Greek Sculpt., i, 248, fig. 53; S. Reinach, Rép. Stat., ii, p. 417, 2. Hydrìa dell'Ermitage: K. Schefold, Kertcher Vasen, 1934, tav. 12, n. 154. Anfora di Taman: S. Reinach, Rép. Vas., i, pp. 35-36, i. Piatto dell'Ermitage: K. Schefold, op. cit., fig. 2. Pasta vitrea del British Museum: A. Furtwängler, Gemmen, xxxvii, 5. Per altri esempi di sculture si veda: Babelon-Blanchet, Cat. bronzes ant. Bibl. Nat., 1895, 32. Per i rilievi: S. Reinach, Rép. Reliefs, iii, p. 280, 4; p. 489, i. Per le pitture: S. Reinach, Rép. Peint., pp. 13-14. Per le gemme incise: P. Fossing, Cat. of the Anc. Engr. Gems a. Cameos, p. 260, n. 1916; S. Reinach, Rép. Reliefs, ii, p. 235, 4. Per le monete (Creta): L. Forrer, The Weber Collection, 1924, ii, tav. 16o, nn. 4426, 4427; tav. 163, nn. 4479, 4482. Moneta di Festo (430-400 a. C.): L. Forrer, The Weber Coll., ii, tav. 165, n. 4546. Pittura pompeiana del Museo Naz. di Napoli: L. Curtius, Wandmalereien Pompejis, Lipsia 1929, tav. iv. Mosaico di Uthina: Mon. Piot, ii, 190. Pitture della Domus Aurea: S. Reinach, Rép. Peint., p. 13, 4. Tomba dei Nasoni: S. Reinach, Rép. Peint., p. 12, 3. Mosaico da Palestrina: S. Reinach, Rép. Peint., p. 12, i. Monete più antiche di Creta: L. Forrer, op. cit., ii, p. 526, n. 4465, tav. 162; B. V. Head, Historia numorum, 1911, p. 466, f. 248. Monete più recenti di Creta: L. Forrer, op. cit., ii, p. 528, tav. 162, n. 4476. Monete con E. e un'aquila: L. Forrer, op. cit., ii, p. 526, tav. 162, n. 4467 e 4472.

Bibl.: L. Stephani, Comptes Rendus, 1866, p. 79 ss.; 1870-71, p. 181 ss.; O. Jahn, Entführung der Europa, in Denkschrift der Wiener Akad. d. Wissenschaften, IX, 1870, p. i ss.; J. Overbeck, Griechische Kunstmythologie, 1871-89, II, i, p. 420 ss.; L. Preller, Griechische Mythologie, Lipsia 1875, II, p. 116 ss.; L. Helbig, in Roscher, I, 1884-86, col. 1409 ss., s. v. Europe; Escher, in Pauly-Wissowa, VI, 1909, col. 1287 ss.; s. v. Europe; Escher, in Pauly-Wissowa, VI, 199, col. 1287 ss., s. v. Europe; C. Robert, Griechische Heldensage, 1920, p. 352 ss.; A. Taccone, in Enc. It., XIV, 1932, p. 581 s. Per le fonti, le varianti, le diverse congetture, ecc.: K. Kerényi, La mitologia dei Greci, 1951, p. 110 e ss.