GONZAGA, Evangelista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GONZAGA, Evangelista

Isabella Lazzarini

Figlio naturale di Carlo, figlio di Gianfrancesco, marchese di Mantova; non è noto il nome della madre (una Dionisia, sostiene l'Amadei), né l'anno di nascita. Il fatto che il G. seguisse il padre Carlo alla fine degli anni Quaranta del XV secolo a fianco di Francesco Sforza contro la Repubblica ambrosiana, e da questo venisse creato cavaliere nel 1450, lascia supporre che fosse nato tra la metà e la fine degli anni Trenta (l'Amadei lo dice nato nel 1440).

Alla morte di Carlo, avvenuta nel dicembre del 1456, i figli, naturali e legittimi, non poterono vantare alcuna pretesa sulle terre mantovane che avevano costituito, secondo il testamento di Gianfrancesco Gonzaga, l'appannaggio del padre (si trattava di Gonzaga, Reggiolo, Suzzara, Luzzara): erano infatti state confiscate dal marchese Ludovico III allorché Carlo, nel giugno del 1451, era fuggito dalla Lomellina ove lo aveva confinato Francesco Sforza, rompendo in tal modo anche la parola data al fratello Ludovico che si era fatto garante della sua permanenza in Lombardia dietro la cauzione di 80.000 ducati al duca di Milano. Il marchese di Mantova non abbandonò peraltro la cognata e i nipoti, ospitandoli a più riprese in città e allevandoli per lunghi periodi in corte.

Così accadde a Paola, di cui il cronista mantovano Andrea da Schivenoglia narra che era talmente legata alla cugina Barbara di Ludovico da morire per un improvviso malessere il giorno della partenza di questa per il Württemberg, terra del marito Eberardo, nel 1474. Così accadde anche a Ugolotto, figlio di Carlo e della seconda moglie Rengarda Manfredi, e allo stesso G., dei quali si sa che nell'agosto del 1471 cacciavano con il cugino Rodolfo nel Serraglio di Mantova. La storiografia mantovana tramanda che il giovane spiccava fra i cugini per l'avvenenza, ma che alla fine degli anni Sessanta cadde vittima della malformazione della spina dorsale caratteristica di tanti fra i Gonzaga in questi decenni.

Non si hanno altre notizie del G. sino ai primi mesi del 1478: di quell'anno è rimasto, infatti, un fascio di lettere scritte da Venezia fra gennaio e febbraio in cui il G. ragguagliava il marchese Ludovico III Gonzaga e la marchesa Barbara delle sempre più gravi condizioni di salute di Gentile Gonzaga: si tratta probabilmente di una sorella (la "Centilia" di cui Rengarda era in attesa quando morì Carlo Gonzaga, come testimonia Andrea da Schivenoglia), della cui malattia scriveva a Ludovico anche Ugolotto già nel 1473.

Dopo la successione di Federico al padre Ludovico (14 giugno 1478), il G. militò agli ordini del nuovo marchese di Mantova in Toscana, nel corso della guerra fiorentina degli anni 1478-80, scoppiata in seguito alla congiura dei Pazzi (aprile 1478) fra la Repubblica fiorentina e le potenze con essa alleate, fra le quali Mantova, contro il pontefice Sisto IV. Egli ricoprì in quell'occasione una posizione di rilievo che denotava da parte di Federico confidenza e fiducia nel cugino: quando infatti Federico rientrò precipitosamente a Mantova per la malattia della moglie Margherita, nell'ottobre del 1479, lasciò al G. il comando della sua compagnia. Le fonti documentarie illuminano sulla continua, anche se poco appariscente, presenza del G. come capitano delle truppe gonzaghesche agli ordini del marchese di Mantova, mentre non sono documentati suoi rapporti con i fratelli di Federico, Gianfrancesco e Rodolfo, capitani di compagnie indipendenti dalle truppe del maggiore anche se talora schierati fianco a fianco.

Il G. riappare sulla scena politica gonzaghesca dopo la morte di Federico, giocando un ruolo che rimane poco chiaro: nel 1487, infatti, venne scoperta una presunta congiura ordita dagli zii del marchese Francesco II, succeduto al padre Federico nel 1484, che vide coinvolto in primo piano anche il Gonzaga. Il ferrarese Paolo Erba, appartenente al seguito di Ludovico Gonzaga, vescovo di Mantova e tutore per breve tempo del giovane marchese, confessò infatti che Gianfrancesco, Rodolfo e lo stesso Ludovico avevano ordito una trama per eliminare il giovane nipote e il suo potente luogotenente, Francesco Secco (quest'ultimo a sua volta loro parente per aver sposato Caterina, figlia naturale del marchese Ludovico). L'esecutore materiale della congiura sarebbe stato proprio il Gonzaga.

Si tratta di una storia rimasta piuttosto oscura, in cui la scarsità della documentazione non permette una parola conclusiva: in seguito alla confessione dell'Erba, il G. fu incarcerato, mentre gli zii del marchese si ritirarono nelle loro terre. Una recente ricerca sull'attività di Beltramino Cusatri da Crema, giurisperito già vicepodestà di Mantova al tempo del marchese Ludovico e al servizio anche del figlio Federico, getta ulteriore luce sui complessi equilibri di potere fra i più influenti dignitari gonzagheschi durante il breve marchesato di Federico e nei primi anni della signoria di Francesco: alcuni personaggi di origine non mantovana (Francesco Secco, Eusebio Malatesta, il Cusatri) avevano ingrandito e rafforzato la propria influenza negli anni 1478-84 e vennero scontrandosi fra loro e con i più stretti parenti di Francesco durante i primi anni del suo marchesato in una lotta serrata. Le accuse e l'allontanamento del Cusatri (che scriveva come sia Gianfrancesco Gonzaga, sia il G. gli fossero contrari) nel 1484 e la congiura del 1487 si possono leggere come altrettanti episodi di questo duro conflitto per la preminenza a Mantova, che ebbe un epilogo clamoroso nel 1491, allorché lo stesso Francesco Secco venne costretto a fuggire dalla città dietro l'accusa di tradimento mentre l'Erba fu nuovamente incarcerato e, sottoposto a tortura, rivelò di avere accusato nel 1487 i Gonzaga su ordine del Secco, che intendeva liberarsene. In seguito a questo ulteriore processo, Francesco Secco venne condannato in contumacia alla pena capitale e alla confisca dei beni.

Nonostante le suppliche di una figlia, già risalenti al giugno del 1491, il G. venne scarcerato soltanto il 15 novembre di quell'anno. Paolo Erba, condotto al patibolo il 18, ritrattava però ogni cosa prima di morire. In dicembre, anche gli zii di Francesco ottenevano il permesso di tornare in città. Nel marzo dell'anno successivo il G. scriveva al marchese di Mantova per supplicarne l'aiuto, giacché non aveva più di che sostentare se stesso e sua figlia.

Una lettera di Francesco alla marchesa Isabella d'Este in data 1° giugno 1492 registra la morte del G. con apparente cordoglio.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1101 (Firenze); 1432 (Venezia); 2100 bis, 2101, 2104, 2105 bis, 2108 (Lettere originali dei Gonzaga); 3453 (Tribunale); Andrea da Schivenoglia, Cronaca di Mantova dal 1445 al 1484, a cura di C. D'Arco, in Raccolta di cronisti e documenti lombardi inediti, a cura di G. Müller, II, Milano 1857, p. 131; L.C. Volta, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova dalla sua fondazione sino ai nostri tempi, II, Mantova 1827, pp. 195, 236 s.; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, II, Mantova 1955, pp. 84, 239 s., 285, 287; F. Secco d'Aragona, Francesco Secco, i Gonzaga e Paolo Erba. Un capitolo inedito di storia mantovana, in Arch. stor. lombardo, LXXXIII (1956), pp. 216, 230, 244; L. Mazzoldi, Mantova. La storia, II, Mantova 1961, pp. 42, 84-90, 123, 125; M. Marocchi, I Gonzaga di Castiglione delle Stiviere. Vicende pubbliche e private del casato di s. Luigi, Castiglione delle Stiviere 1990, pp. 86-91; D.S. Chambers - T. Dean, Clean hands and rough justice. An investigating magistrate in Renaissance Italy, Ann Arbor, MI, 1997, pp. 143, 253; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gonzaga, tav. III.

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