EVIZIONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

EVIZIONE (XIV, p. 662)

Ugo NATOLI

La disciplina dell'evizione, dell'ipotesi, cioè, per la quale la persona cui sia stato trasferito un diritto reale lo perda in tutto o in parte in forza del diritto preesistente di un terzo, non ha subìto con il cod. civ. del 1942, modificazioni sostanziali. Essa continua ad essere sistemata nel capo che contiene la regolamentazione del contratto di compravendita (art. 1483 segg.), ma trova applicazione anche quando la legge addossa all'alienante un generico obbligo a garantire i diritti trasferiti, come ad es. nella costituzione di dote (art. 180) e di patrimonio familiare (art. 168) e nel conferimento di beni in società (art. 2254). In altri casi, invece, regolando singoli contratti, la legge detta norme particolari che derogano in parte alla disciplina generale dettata in sede di compravendita, e con riferimento sia alle condizioni necessarie perché sussista la garanzia che l'alienante deve prestare in previsione della eventuale evizione, sia alle conseguenze dell'avvenuta evizione.

Tra le ipotesi in cui, dall'uno o dall'altro punto di vista, può notarsi qualche divergenza dalla regolamentazione generale si ricordano: divisione ereditaria (articoli 758, 759); donazione (art. 797); permuta (art. 1553); vendita forzata (articoli 2921, 2927).

Prescindendo da questi casi, la regola generale è che, nell'evizione totale, l'alienante è tenuto a risarcire l'acquirente del danno (art. 1483) oltre che a rimborsagli il prezzo e le spese, nonché il valore dei frutti che l'acquirente sia tenuto a restituire a colui dal quale sia evitto (articoli 1479-1483). Qualora invece si tratti di evizione parziale, che non importi cioè la perdita totale del diritto acquistato ma una limitazione di questo, sia perché il diritto prevalente del terzo riguardi solo parte della cosa, sia perché esso consista in un diritto di godimento che limita quello di proprietà dell'acquirente (articoli 1484-1489), questi può chiedere la risoluzione del contratto, se risulti che non lo avrebbe concluso se avesse conosciuto la vera condizione della cosa acquistata, altrimenti può ottenere una riduzione del prezzo oltre al risarcimento del danno (articoli 1480-1484). La buona fede dell'alienante non vale ad escludere queste conseguenze e può solo influire sulla misura del risarcimento.

Tuttavia tali conseguenze possono essere modificate: a) contrattualmente, in quanto la misura della garanzia sia determinata diversamente dalle parti, o addirittura esclusa (art. 1487); ovvero l'acquirente si sia addossato tutti i rischi (art. 1488); b) in conseguenza del comportamento dell'acquirente, il quale non abbia chiamato in causa l'alienante, o abbia riconosciuto il diritto del terzo. In entrambi i casi occorre però che tale comportamento appaia ingiustificato, il che avviene tutte le volte che si possa dimostrare che la domanda del terzo avrebbe potuto essere respinta (art. 1485). Quando ciò sia, l'acquirente perde ogni diritto nei confronti dell'alienante. Mentre se abbia evitato l'evizione, pagando una somma al terzo, l'alienante è tenuto solo al rimborso di tale somma, degli interessi e delle spese (art. 1486).

Ogni modificazione contrattuale non vale, però, a scigionare l'alienante quando l'evizione derivi da un fatto suo proprio (articoli 1487, 797), quando cioè egli abbia dato causa o abbia contribuito alla costituzione del diritto prevalente del terzo.

Una delle novità più salienti apportate dal nuovo codice in materia di evizione è contenuta nell'art. 2921 a proposito della vendita forzata, per cui i vecchi codici nulla disponevano. Il diritto dell'acquirente evitto (aggiudicatario) si fa valere, in tal caso, sul prezzo e contro i creditori precedenti, salvo che questi non siano privilegiati o ipotecarî, ai quali l'evizione non sarebbe stata opponibile.

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