EVORA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1995)

EVORA

M.L. Real

ÉVORA (lat. Liberalitas Iulia, Ebora)

Città del Portogallo situata nella regione dell'Alentejo, É. ebbe fin dall'Antichità la funzione di nodo viario lungo una delle principali rotte che collegavano la tradizionale 'via dell'argento' alla fertile regione degli estuari del Sado e del Tago.Posta su un colle di modesta altitudine e situata in prossimità di una delle vie che univano Mérida al litorale atlantico, la città ebbe notevole sviluppo nell'epoca imperiale, come dimostra la presenza del c.d. tempio di Diana, e anche in periodo paleocristiano, a giudicare dalle numerose scoperte di resti. Nelle vicinanze di É. numerosi sono stati i ritrovamenti archeologici nelle località di Arraiolos, Montemor-o-Novo, São Manços, Vera Cruz de Marmelar, Monsaraz, Terena, São Miguel de Mota, Alandroal, Silveirona. É. era già sede di vescovado agli inizi del sec. 4°: negli atti del concilio di Elvira figura un suo vescovo di nome Quinziano.Sino alla fine della monarchia visigota, scarsi sono i ritrovamenti archeologici nella città: costituisce un'eccezione la lapide funeraria del 'servo di Dio' Paulo (m. nel 544) ritrovata nel sec. 16° da Andres de Resende.Agli inizi del sec. 8°, con il crollo del regno visigoto, la città fu presa d'assalto dagli Arabi durante le campagne di occupazione dell'antica Lusitania, portate a compimento da ῾Abd al-῾Azīz nel 714; É. era già a quel tempo un importante punto strategico e in quanto tale subì continui assalti e razzie tanto da parte dei cristiani, quanto a opera di fazioni rivali del campo opposto. Celebre è l'assalto, narrato da varie fonti, sia arabe sia cristiane, di Ordoño II nel 913, durante il quale la città fu rasa al suolo e gli abitanti messi in fuga. Subito dopo questo episodio, tra il 914 e il 915, si provvide al restauro delle mura, come attesta una lapide (Mus. de Évora).Al sec. 10°, al periodo più brillante di É. musulmana - successivamente la città si trovò coinvolta nelle guerre civili che lacerarono il califfato di Córdova - risale un capitello, reimpiegato in una finestra di palazzo Cadaval, che può costituire una buona testimonianza della cultura artistica di É.: si tratta di un manufatto di arte califfale, riccamente decorato, lavorato con il trapano.Questione ancora irrisolta è quella relativa al ruolo e all'influenza artistica esercitata su É. dalle comunità mozarabe dell'Alentejo e dell'Algarve. Alcuni gruppi cristiani vivevano più o meno isolati, come può essere avvenuto nella regione di Serra de Ossa, ma in altre zone i santuari continuarono a essere frequentati e i centri di pellegrinaggio tornarono all'antico prestigio. La relativa libertà di movimento concessa ai cristiani potrebbe essere in parte connessa al diffondersi nell'Andalus del sufismo, che difendeva anche le pratiche ascetiche e contemplative. Legata a questo movimento è considerata la rivolta dei murīdūn, che nel Sud-Est della penisola iberica sfidò il potere degli Almoravidi; tra i suoi capi figurava Ibn Wazīr, signore di É., il quale stabilì un accordo di tregua con il re del Portogallo Alfonso I Henriques (1142-1185) nel momento in cui quest'ultimo si apprestava alla conquista di Lisbona. Di Ibn Wazīr rimane un'iscrizione commemorativa (riportata sul verso della già citata lapide del Mus. de Évora) a proposito di una costruzione iniziata nel 540 a.E./1145-1146.Secondo la tradizione, registrata nel Libro degli anniversari, la fondazione della cattedrale è attribuita al vescovo Paio e fissata al 23 aprile 1186; si tratta però di una notizia poco chiara, che potrebbe invece essere messa in relazione con la consacrazione della moschea, nel momento in cui veniva adattata al culto cristiano. La cattedrale di É. fu in realtà edificata a partire dall'ultimo quarto del sec. 13°; i lavori, iniziati probabilmente sotto il vescovo Durando Pais (1267-1283) negli ultimi anni del suo mandato, si conclusero con il vescovo Pedro II (1322-1340). La costruzione del corpo centrale era già avanzata nel 1308, quando fu consacrato l'altare maggiore. Lo sviluppo del cantiere è stato diviso in varie fasi (Jorge, 1984): la prima (1280-1303 ca.) arrivò alla costruzione della seconda campata delle navate e al piano inferiore delle torri della facciata occidentale; successivamente il cantiere proseguì nel corpo della chiesa dal lato del chiostro, per quanto la costruzione del muro meridionale sia stata assai lenta (1280-1334 ca.). La terza fase (1303-1334 ca.) portò alla conclusione della parete nord e alla prosecuzione dei lavori nelle parti già avviate: in facciata, l'innalzamento interessò il corpo centrale e raggiunse la seconda fila delle finestre di ogni torre. La torre meridionale raggiunse l'altezza della navata centrale già nella seconda metà del sec. 14°, ma il compimento di entrambe le torri (a eccezione della guglia meridionale) avvenne soltanto alla fine del secolo seguente. Sono noti i nomi di almeno tre maestri attivi nel cantiere: Pedro Anes, Domingo Pires, attivo nel 1303, e Martin Domingues.La pianta della cattedrale di É. ricalca lo schema delle cattedrali di Coimbra e di Lisbona: terminazione triabsidata (oggi trasformata), transetto sporgente a una sola navata, corpo centrale a tre navate e, in questo caso, sette campate. Con la cattedrale di Lisbona i rapporti sono più stretti per la presenza delle torri sulla facciata occidentale, per il ricorso a una stretta galleria di transito nella parte alta del transetto e della navata centrale, per l'esistenza di una seconda galleria interna, più larga, sopra ciascuna delle navate laterali, e infine per la tipologia di copertura utilizzata, che include anche la cupola sovrastante il transetto.Nonostante le affinità architettoniche con molte chiese di origine romanica, la cattedrale di É., per l'avanzata cronologia della costruzione, nella decorazione plastica e architettonica - dai rosoni del transetto alle finestre del lato occidentale, fino alla scultura fitomorfa dei capitelli - è da considerarsi un esempio della transizione verso il Gotico.Il chiostro è opera stilisticamente più matura e costituisce una delle costruzioni più equilibrate nel suo genere; autore del progetto fu Martin Domingues. La costruzione - come risulta dall'epitaffio del fondatore, il vescovo Pedro II - si protrasse fino alla seconda metà del 14° secolo.Scarsi sono i resti dei conventi dei Mendicanti; del monastero di São Domingos rimane una parte del chiostro primitivo, mentre della chiesa di São Francisco - molto trasformata nel sec. 15° per volontà di Alfonso V, che vi fece costruire poco lontano i suoi nuovi palazzi - rimangono il portale settentrionale e una grande finestra sulla facciata ovest. Nelle vicinanze della città fu costruito il convento femminile di São Bento de Castris, la cui chiesa fu consacrata nel 1328. Nonostante le trasformazioni cinquecentesche, che ne alterarono notevolmente la fisionomia, questo convento di Bernardine conserva intatta l'entrata gotica della sala capitolare.Durante il regno di Alfonso IV (1325-1357) si provvide alla costruzione di una nuova cinta muraria, di oltre km. 3 di perimetro, dotata di quaranta torri, i cui lavori si protrassero fino al regno di Giovanni I (1385-1433).Del periodo medievale sono inoltre da segnalare varie torri di abitazione e case signorili. Del tipo più semplice sono, per es., quelle dell'antica rua de Selaria (od. rua Cinco de outubro) e della rua Nova. Celebri furono le residenze reali di É., che nel sec. 15° furono fissate prima al palazzo degli Estaús della praça Grande e poi ai nuovi palazzi (all'altezza di São Francisco). Fino ad allora la Corona disponeva soltanto degli alloggi dell'alcazar moresco, i quali dettero poi origine al solar dei conti di Basto. Assegnati ai Cavalieri dell'Ordine di Calatrava appena dopo la Reconquista, furono di nuovo reintegrati nel patrimonio della Corona a partire dal 1220 circa.Il portale principale della cattedrale, commissionato dal vescovo Pedro II, costituisce uno dei complessi più notevoli della scultura portoghese. Tra le statue degli apostoli, che decorano il portale, le figure dei Ss. Pietro e Paolo, collocate in primo piano, sono differenti dalle altre: il loro stile è più tradizionale e si rifà alle opere della bottega di maestro Péro. Per il maggior volume e la rigidità delle pieghe sono infatti da collegare con le statue degli evangelisti del chiostro e con quelle della cappella del fondatore (S. Pietro e la Vergine). Le altre figure di apostoli denunciano la presenza di un artista più raffinato, attivo oltre il 1340, anno di morte del committente.Tra le altre opere di scultura esistenti a É. sono da ricordare il bassorilievo con S. Martino e il povero nel chiostro della cattedrale e le prime tombe di vescovi, provenienti dalla cappella maggiore della chiesa (Mus. de Évora); tra di esse la tomba di Durando Pais, di fattura piuttosto ingenua e rigida, presenta un intenso uso di fregi geometrici e linee ornamentali.L'evoluzione della scultura può essere agevolmente seguita nell'arte funeraria. Di altri due sarcofagi di vescovi - forse identificabili con Fernando Martins (m. nel 1310) e Geraldo (m. nel 1321), entrambi al Mus. de Évora - il più antico è molto simile a quello del vescovo Durando Pais, mentre il secondo è opera del primo quarto del 14° secolo.Lo stesso stile di questa scultura appare nel fronte dell'altare dell'antica cappella dedicata a s. Antonino (od. Santo Antão) e nella lastra del chiostro della cattedrale che riproduce il blasone della città con Giraldo Sem Pavor a cavallo. Quest'opera consente di attribuire allo stesso scultore anche due opere fuori di É.: il Santiago Matamouros a Santiago de Cacém e la tomba di Ferñao Rodrigo Sanchez, proveniente dal monastero di São Domingos de Santarém (Lisbona, Mus. Arqueológico).Il monumento funebre del vescovo Pedro II, conservato nella cappella della cattedrale, presenta analogie con le opere di questo artista per il tipo di rilievo, ma le figure mostrano un modellato più vigoroso.Un'altra opera rilevante, anche per la sua rarità iconografica, è costituita dall'avorio proveniente dal convento di Nostra Signora del Paradiso, oggi nel Mus. de Arte Sacra della cattedrale, che rappresenta le c.d. Vergini tessitrici, soggetto di cui - nella penisola iberica - sono noti i casi di San Salvador de Toldaos (Triacastela-Lugo), Santa Clara de Allariz (Orense), Buiñondo (Vergara-Guipuzcoa) e Gaya (Bages-Barcellona). L'avorio di É., opera francese della fine del sec. 13° o del principio del 14°, è qualitativamente uno dei più notevoli: si tratta di un trittico illustrato con nove scene delle Vite di Maria e di Gesù (l'Annunciazione, la Visitazione, la Natività, l'Adorazione dei Magi, l'Ascensione, la Discesa dello Spirito Santo, la Morte della Vergine, l'Assunzione e l'Incoronazione).La pittura medievale di É. è attestata solo da un affresco all'interno del tribunale di Monsaraz: il Buon Giudice e il Cattivo Giudice vi sono rappresentati ai piedi del Giudice Supremo, che domina la composizione.

Bibl.: M. de Oliveira, Epigrafia cristã em Portugal, Lisboa 1941; M. Tavares Chicó, A catedral de Évora na Idade Média, Évora 1946; T. Espanca, Inventário artístico de Portugal, VII, O concelho de Évora, Lisboa 1966; J. Alcântara Guerreiro, Galeria dos prelados de Évora, Évora 1971; M. Terron Albarrán, El solar de los Aftásidas, Badajoz 1971; J.C. Baptista, A catedral de Évora. Estudo histórico, Évora 1974; J. Alcântara Guerreiro, A catedral de Évora. Arte e historia, Évora 19752; T. Espanca, Évora. Arte e história, Évora 1980; J.M.F. Caton, San Mancio. Culto, leyenda y reliquias, León 1983; V. Jorge, Der Dom von Évora (tesi), Freiburg im Brsg. 1984; J.F. Mendeiros, Guia do Museu de Arte Sacra da catedral de Évora, Évora 1985; P. Dias, História da arte em Portugal, IV, O gótico, Lisboa 1986; V.H. Correia, As termas romanas de Évora. Notícia da sua identificação, Humanitas 39-40, 1988, pp. 312-317; T. Hauschild, Untersuchungen am römischen Tempel von Évora. Vorbericht 1986/1987, MDAIMad 29, 1988, pp. 208-220; J. Maciel, Da arte romana à arte paleocristã. O sarcófago romano de Évora, Lisboa 1988; J.F. Mendeiros, O Convento e a Virgem do Paraíso, Évora 19882; J.C. Vieira da Sila, O tardo-gótico em Portugal. Arquitectura do Alentejo, Lisboa 1989; C. Torres, O Garb-al-Andaluz, in História de Portugal, a cura di J. Mattoso, I, Lisboa 1993, pp. 361-437.M.L. Real

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