VANONI, Ezio

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

VANONI, Ezio

Sergio STEVE

Studioso di finanza pubblica e uomo politico, nato a Morbegno il 3 agosto 1903, morto a Roma il 16 febbraio 1956. Si laureò in giurisprudenza (1925) all'università di Pavia e fu avviato agli studî finanziarî da B. Griziotti. Dopo un periodo di studî in Germania (1928-30) eon E. Becker, A. Hensel, J. Popitz, esercitò l'avvocatura e tenne per incarico l'insegnamento di scienza delle finanze e diritto finanziario nelle università di Cagliari, Roma e Padova; fu professore di ruolo della stessa materia nell'Istituto superiore di Venezia (Ca' Foscari) dal 1939 e, dal 1951, nell'università statale di Milano. Condirettore della Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze nelle due serie (1937-43 e dal 1949).

Nel volume Natura e interpretazione delle leggi tributarie (Padova 1932), V. critica la concezione delle leggi finanziarie come leggi eccezionali, che richiedono criterî interpretativi restrittivi, o comunque diversi dai normali, mostrando come i precetti tradizionali "in dubio pro fisco" o "contra fiscum" rispecchino condizioni storiche molto lontane dal moderno stato di diritto. In questo, il tributo non ha più il carattere servile che lo fece considerare incompatibile con la libertà naturale del cittadino romano, e l'attività finanziaria, anziché essere un limite dei diritti e della personalità del singolo ne è un necessario presupposto. Il dovere morale e giuridico di sopportare il tributo deriva dal fatto che questo attua la ripartizione tra i cittadini dei costi affrontati dallo stato per un'attività diretta a fini d'interesse generale. Quindi V., mentre esclude dalla nozione di tributo i prelievi che non servano a fini di utilità collettiva, afferma che le leggi tributarie sono elemento sostanziale della vita sociale e che ad esse si applicano quindi pienamente i criterî generali d'interpretazione.

Queste idee sul significato dell'attività finanziaria e sulla natura del diritto tributario saranno sviluppate in opere successive, tra le quali le monografie sulla Dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilità (in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1937), su Irregolarità fiscali e processo (ibidem, 1938) e su L'unità del diritto e il valore per il diritto tributario degli istituti degli altri campi (ibidem, 1941); il corso Elementi di diritto tributario (Padova 1937), sistemazione organica della parte generale delle norme tributarie, tale da mettere il V. in prima linea tra gli studiosi ai quali si deve in Italia la costruzione della scienza del diritto tributario. Tra gli studî di politica tributaria notevoli le monografie Il problema della codificazione tributaria (in Riv. dir. finanz. e sc. d. finanze, 1938) e Chiose alle nuove imposte sul patrimonio e sull'entrata (ibidem, 1940) e il volume Problemi dell'imposizione degli scambi (Padova 1939), che esamina storia, criterî distributivi, effetti economici delle imposte sugli scambî.

Alla politica attiva, dopo un'esperienza giovanile quale dirigente degli studenti socialisti a Pavia, V. tornò verso la fine del fascismo, partecipando alla costituzione della Democrazia cristiana e dando un notevole apporto ai lavori che condussero alla redazione del Codice di Camaldoli (1943-44) sulla dottrina sociale cristiana. Dopo il 25 luglio 1943 fu commissario della Confederazione nazionale lavoratori del commercio; partecipò alla Resistenza nei quadri della D.C. e, a partire dal primo congresso (Napoli, luglio 1944), fu membro del consiglio nazionale (e nel 1945-47 anche della direzione) della D.C. Fece parte della Consulta nazionale, dell'Assemblea costituente (per Como-Sondrio-Varese) e del Senato (eletto per Sondrio nel 1948 e nel 1953). Fu ministro per il Commercio estero (genn.-maggio 1947), per le Finanze (maggio 1948-genn. 1954, con interim del Tesoro dal luglio 1951 al 1° febbraio 1952), per il Bilancio (dal genn. 1954, con interim del Tesoro dal genn. 1956). Morì in Senato, dopo un appassionato discorso in difesa di una politica diretta allo sviluppo economico del paese e a rimediare le deficienze storiche dell'azione dello stato italiano verso le popolazioni più povere.

La maggiore opera politica di V. è legata alla sua permanenza ai ministeri delle Finanze e del Bilancio. Quale ministro delle Finanze si dedicò dapprima al riordinamento degli uffici curando la dotazione di strumenti moderni di lavoro e istituendo corsi di addestramento e aggiornamento per i funzionarî. In questo periodo V. ottenne l'approvazione della nuova tariffa doganale (1950) e promosse la difesa e lo sviluppo dell'attività statale nel campo degli idrocarburi.

Nell'ordinamento tributario V. introdusse tra l'altro: a) misure in materia d'imposta generale sull'entrata, dirette a ridurre le evasioni, con più severi controlli, ma anche limitandone la convenienza mediante diminuzioni di aliquote (ed in effetti si ebbero cospicui aumenti di gettito, pur con le aliquote ridotte); b) misure in materia di finanza locale (soprattutto con la l. 2 luglio 1952, n. 703, la quale, ripartendo tra i comuni, sulla base della popolazione, una parte del gettito dell'imposta sull'entrata, non solo aumenta le disponibilità dei comuni e quindi la loro autonomia finanziaria, ma introduce per la prima volta in Italia uno strumento sistematico di redistribuzione a favore dei comuni più poveri).

Inoltre V. predispose, secondo idee della scuola del Griziotti all'elaborazione scientifica delle quali aveva partecipato, un progetto d'imposta sulle società, tradotto in legge da R. Tremelloni, suo successore al ministero delle Finanze. Ma il suo nome è specialmente legato (oltre che al Piano V.) alla legge di perequazione tributaria (11 genn. 1951, n. 25) nota come "riforma V.", insieme di provvedimenti in materia d'imposte dirette, con l'intento comune di migliorare la distribuzione del carico tributario, perfezionando gli accertamenti e riducendo le evasioni, come effetto di una maggiore fiducia nei rapporti tra fisco e contribuenti. A questo scopo la legge di perequazione - oltre ad apportare sgravî di aliquote ed aumenti dei minimi imponibili - ha restaurato l'obbligo, caduto in desuetudine, della dichiarazione annuale dei redditi ed ha esteso e precisato l'applicazione di metodi analitici di accertamento e valutazione dei redditi, in luogo dei metodi sommarî già largamente diffusi.

Quale ministro del Bilancio, V. ideò e fece elaborare lo schema di sviluppo dell'occupazione e del reddito in Italia nel decennio 1955-64, diretto a determinare le condizioni necessarie perché il prevedibile aumento del reddito nazionale sia impiegato in modo che al termine del decennio risulti eliminata la disoccupaziope strutturale e siano decisamente ridotte le distanze tra le condizioni economiche delle regioni settentrionali e meridionali. Lo schema (noto come "Piano V.") ha avuto molta importanza nelle discussioni sulla politica economica italiana, sia per quanto riguarda la formulazione dei principî sia per quanto riguarda le tecniche di analisi, e, nonostante la morte del suo autore, ha avuto una funzione non trascurabile anche nelle decisioni di governo sugli indirizzi economici.

È in corso di stampa un'edizione delle Opere giuridiche di V.: il primo volume (Milano 1961) contiene Natura e interpretazione delle leggi tributarie e altri studî di diritto tributario; nel secondo volume saranno inclusi gli Elementi di diritto tributario. Sono stati raccolti in volume (Roma, Ist. Pol. dello Stato, 1956) i Discorsi sul programma di sviluppo economico.

Bibl.: Dati biografici, ricordi personali, esposizioni e valutazione dell'opera scientifica e politica, in M. Ferrari-Aggradi, Ezio Vanoni - Vita - Pensiero - Azione (Roma 1956) e nel volume Ezio Vanoni a cura di P. Malcovati, P. Saraceno, G. Spini (Torino 1958), che contiene anche un'ampia bibliografia ragionata. Carattere analogo, ma per la maggior parte dedicato all'analisi degli scritti scientifici, ha il numero (marzo 1956) dedicato a V. dalla Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze con contributi di varî autori.

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