FABRI, Annibale Pio, detto Balino o Ballino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)

FABRI (Fabbri), Annibale Pio, detto Balino o Ballino

Francesco M. Mancini

Nacque a Bologna, il 15 febbr. 1696 (Bologna, Archivio gener. arcivesc., Registro battesimale della cattedrale), da Antonio e Maddalena Cremaschi; suo padrino di battesimo fu il senatore della città Francesco Ghislieri. Allievo del palermitano F. Pistocchi, che aveva aperto una scuola di canto a Bologna, frequentata anche da Giovanni Battista Martini, il F. nel 1711, ancora adolescente, eseguì parti femminili in due opere di A. Caldara, rappresentate a Roma, in palazzo Ruspoli, in occasione del carnevale.

Debuttò come tenore in Alarico re dei Goti di G. B. Bassani al teatro Formagliari di Bologna, tra il 7 ed il 30 giugno 1716: "ma [l'opera] non ebbe grand'applauso" (Ricci, p. 415). Andò quindi a Venezia dove, in qualità di "virtuoso del Langravio d'Assia Darmstadt", cantò in cinque opere, fino al 1717: al teatro S. Angelo si esibì in due opere di A. Vivaldi, Arsilda regina di Ponto e L'incoronazione di Dario e in Penelope la casta di F. Chelleri; al teatro S. Giovanni Grisostomo, invece, in Foca Superbo di A. Lotti e in Germanico di A. Pollarolo.

Il 22 apr. 1717 sostenne l'esame per entrare nell'Accademia filarmonica della sua città, ove, il 20 maggio dello stesso anno, fu accettato "mediante il partito di 22 favorevoli e 2 contrari" (Martini, n. 465). Negli anni 1718-19 cantò a Roma, presso i Capranica, in occasione del carnevale: nella prima stagione in Berenice regina di Egitto overo Le gare di Amore e di Politica (Fabio) di D. Scarlatti e N. Porpora; nella stagione successiva in Astinome (Crise) di C. F. Pollarolo e in Marco Attilio Regolo (Santippo) di A. Scarlatti.

Accademico filarmonico nel novembre del 1719, passò nell'ordine dei compositori mediante la composizione "destinatale dal Principe di detto anno, trovata di tutta perfezione e fu una Salve Regina quale in cifra I. n° 4" (Martini, n. 465). La composizione, un Salve Regina a 4 voci con violini obbligati, è conservata in manoscritto autografo, presso la biblioteca dell'Accademia filarmonica di Bologna (I - Baf. Capsa II, n. 48).

Sempre nella città natale fece eseguire gli oratori Il martirio di s. Polieuto (stampato a Roma nel 1721 con dedica alla principessa Maria Livia Spinola Borghese), presso i padri filippini di Galliera, e, nel 1720, Ilmartirio di s. Lanno, presso l'oratorio della Madonna di Galliera. Tra il 1720 e il 1735 compose parti per la messa del 9 ottobre, giorno di s. Antonio da Padova, patrono dell'Accademia filarmonica e più precisamente: nel 1720 il Laudate pueri, nel 1724 il Mottetto all'offertorio, nel 1725 il Kyrie e il Gloria, nel 1728 il Credo, nel 1729 il Kyrie e il Gloria e nel 1735 il Confitebor e il Laudate pueri.

Nella stagione di carnevale 1719-1720, in qualità di cantante, tornò a Roma, all'Alibert, dove si esibì in due opere: Amore e maestà (Megabise) e Il Faramondo (Gernando), entrambe composte da F. Gasparini. Negli anni 1720-22 fu ancora a Venezia tra gli esecutori di Griselda di G. M. Orlandini, Plautilla di A. Pollarolo e di Giulio Flavio Crispo di G. M. Capelli; nel carnevale del 1721 fu nuovamente a Roma per eseguire la parte di Artaserse nell'omonima opera, attribuita a L. Leo.

Gli anni 1722-23, occupati dalla lunga stagione napoletana, lo videro impegnato in sette opere: in Bajazete imperador de' Turchi (Andronico) di L. Leo, rappresentata nel palazzo reale, Partenope (Armindo) di D. Sarro, nel teatro S. Bartolomeo (la parte della protagonista fu sostenuta dalla moglie Anna Bombaciari); sempre al teatro S. Bartolomeo si diedero altre quattro opere: Publio Cornelio Scipione (Indibile) di L. Vinci, Amare per regnare (Alcamene) di N. Porpora, Siface (Orcano) di F. Feo e Traiano (Cosroe) di F. Mancini; l'ultima opera eseguita fu Silla dittatore (Domizio) di L. Vinci, rappresentata nel palazzo reale.

Nel 1724 tornò a Bologna dove, nel mese di ottobre, cantò in Marco Attilio Regolo di A. Scarlatti, al teatro Formagliari. Nel 1725, sempre a Bologna, venne eletto "principe dell'Accademia filarmonica", carica che ricoprì anche negli anni 1729, 1743, 1747 e 1750.

Nel 1727, a Firenze, fu tra gli esecutori di Ipermestra (Danao) di Vivaldi, data al teatro della Pergola. Sempre nel '27-'28 si recò a Venezia, dove cantò in Arianna e Teseo di N. Porpora, ne L'incostanza schernita di T. Albinoni e in Ageno di L. Leo. Nell'estate del 1729 venne scritturato da Händel per la Royal Academy Londra, con un contratto di 500 sterline; anche sua moglie ebbe un contratto, 150 sterline, ma si limitò a svolgere solo piccole parti (era apprezzata soprattutto in parti da uomo). Il suo debutto inglese avvenne il 2 dic. 1729: come Berengario il F. partecipò alla prima di Lotario di Händel che fu rappresentata al King's Theatre. Al parziale insuccesso dell'opera si contrappose il successo personale del Fabri.

Fino al maggio del 1731 cantò in sette opere di Händel, rappresentate al King's Theatre e al Haymarket Theatre, ricoprendo anche il ruolo del protagonista in Publio Cornelio Scipione, data nel novembre 1730. Le altre opere furono: Partenope (Emilio), Tolomeo (Araspe), Adelaide (Atone), Poro re delle Indie (Alessandro), Rinaldo (Goffredo) e infine Rodelinda (Grimoaldo). Dopo le due stagioni londinesi tornò nuovamente a Bologna. Probabili contatti con Vienna sono attestati dal fatto che l'imperatore Carlo VI lo insignì del titolo di "musico" e poi di "virtuoso" e fu, nel 1733, padrino per procura di un suo figlio.

Nel 1735 cantò a Modena e a Venezia; nel 1737 a Genova e nel 1738-39 a Madrid, dove si esibì in sette opere, tre delle quali di J. A. Hasse, al palazzo reale e in teatri pubblici. Tra il 1744 e il 1746 fu prima a Firenze in Ezio di N. Porpora e poi a Napoli, presso il teatro S. Carlo, in Lucio Papirio dittatore, dove sostenne la parte del protagonista.

La sua carriera si concluse a Lisbona, in qualità di cantore della reale cappella, dopo il 1750. Morì, nella capitale portoghese, il 12 ag. 1760.

Oltre alle composizioni già menzionate il F. ha lasciato, manoscritti, Solfeggi per soprano (oggi custoditi nell'Archivio capitolare della cattedrale di Pistoia, B. 1992).

Ammirato per la bella voce tenorile e il talento scenico, il F. fu riconosciuto interprete efficace e versatile, come testimoniano i giudizi di critici e musicisti del tempo, fra cui G. B. Martini, che, accanto alle doti vocali, riconobbe le sue qualità di compositore per aver scritto "Mottetti e Salmi da chiesa come altresì Arie teatrali di sommo piacere e stupore a circostanti non tanto nelle città più cospicue d'Italia, che quegli di tutta Europa" (Martini, n. 465).

Bibl.: C. Ricci, I teatri di Bologna, Bologna 1888, pp. 415, 420 s., 426, 439, 465; S. Fassini, Ilmelodramma ital. a Londra, Torino 1914, pp. 86 ss.; O. E. Deutsch, Händel, London 1955, pp. 242 ss., 246-249, 253, 257, 262, 268, 273, 302, 419, 425; G. B. Martini, Catal. degli aggregati dell'Accademia filarmonica di Bologna, Bologna 1973, n. 465; F. Melisi, Catalogo dei libretti d'opera in musica dei secc. XVII e XVIII, Napoli 1985, pp. 13, 16, 32, 36, 40, 45, 103, 142, 150, 158, 179 s., 190, 211 s., 227; Encicl. d. spett., IV, coll. 1762 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, VI, p. 346; Diz. encicl. della musica e dei musicisti, Le biografie, II, p. 668.

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