Fatwā

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fatwā Risposta fornita a un giudice musulmano da un giurisperito (faqīh) su un quesito presentatogli per sapere se una certa fattispecie sia regolamentata dalla sharī‛a e quali siano le modalità per applicarne il disposto. In questo caso il faqīh viene detto muftī.

I tribunali sciaraitici, attualmente non più operanti, salvo ove sia stata reintrodotta la legislazione coranica, agivano in base alla sharī‛a, vale a dire in base a quanto contemplato dal Corano e dalla Sunna. La non sempre facile percorribilità delle due fonti costringeva spesso il giudice (che di regola non era mai un dotto, ‛ālim, pl. ‛ulamā’) a ricorrere alla consulenza di un muftī, e a esporgli il quesito applicando le garanzie della più assoluta astrattezza. Quest’ultimo rispondeva indicando quale fosse a suo parere la linea da perseguire, in campo civile o penale.

Essendo la f. un’opinione personale, per quanto autorevole, non ne discende automaticamente che il responso debba essere applicato, salvo che il muftī non appartenga alla medesima scuola giuridica del giudice che gli ha sottoposto ufficialmente il quesito: da qui la possibilità che i responsi siano del tutto diversi e, talvolta, contrapposti o contraddittori fra loro.

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