MASSIMINI, Fausto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MASSIMINI, Fausto.

Gianluca Fruci

– Nacque a Brescia l’8 giugno 1859 da Luigi e da Giulia Barbera, appartenente a un casato patrizio bresciano già aggregato al Maggior Consiglio cittadino.

Il padre, originario di Lodi e appartenente a una famiglia di ricchi agricoltori, dopo gli studi giuridici nell’Università di Pavia, intraprese la carriera amministrativa che lo condusse a Brescia, ove aderì agli ideali nazional-patriottici, partecipando alla rivoluzione del 1848 e alle barricate durante le Dieci giornate del 1849. Durante gli eventi risorgimentali, all’interno del Comitato rivoluzionario e poi del Circolo nazionale, Luigi strinse una duratura amicizia personale e politica con G. Zanardelli, grazie al quale percorse una brillante carriera che culminò con la carica di prefetto a Rovigo e, dal 1877, di consigliere di prefettura a Brescia.

Il M., cresciuto nel culto delle memorie risorgimentali e del nuovo Stato unitario, frequentò il liceo negli anni dell’affermazione del potere del partito zanardelliano, una costellazione politica fatta di un originale intreccio di reti notabilari, associazioni, società operaie e giornali riuniti intorno alla leadership carismatica di Zanardelli e al suo progetto di monarchia liberale ispirato all’Inghilterra gladstoniana, che ebbe il suo epicentro nell’ex Lombardo-Veneto e negli ex Ducati padani prima di assumere un profilo nazionale nell’ultima decade dell’Ottocento.

A questo universo politico il M. si accostò sulle orme del padre, ma non prima di una fase repubblicaneggiante vissuta durante gli anni universitari trascorsi a Pisa, dove si laureò nel 1883 in giurisprudenza con una tesi in diritto costituzionale.

In questa il M. si rifaceva all’autorità di eminenti giuristi, fra i quali C. Balbo e lo stesso Zanardelli, per contestare ogni forma di potere costituente al di sopra o al di fuori del Parlamento e per proporre, in sintonia con il principio della rappresentatività di stampo anglosassone e in contrasto con la teoria della «rappresentanza assoluta» prevalente nella giuspubblicistica francese, un legame costante fra elettori ed eletti, definiti – secondo un’espressione classica del linguaggio democratico – «voce della Nazione» (Dell’onnipotenza parlamentare, Pisa 1883, p. 17).

Rientrato a Brescia, il M. si dedicò inizialmente all’insegnamento del diritto nell’istituto commerciale Peroni, ma poi decise di consacrarsi all’attività forense entrando, grazie alle relazioni paterne, in qualità di praticante nello studio Zanardelli.

A partire dal 1885 il M. fu, da un lato, un factotum preparato e minuzioso nella istruzione delle principali cause dello studio Zanardelli, subentrando progressivamente nelle mansioni di G. Pavoni, dall’altro un organizzatore indispensabile e un collaboratore brillante, seppure al di fuori di ogni incarico ufficiale, per La Provincia di Brescia, il principale organo della costellazione zanardelliana che dettava la linea politica a un più ampio circuito di «testate sorelle». Da queste due postazioni privilegiate, palestra di apprendistato insieme professionale e politico, il M. interpretò il ruolo di fiduciario del leader, monitorando costantemente sia l’attività dello studio sia le vicende politiche, amministrative ed elettorali della città e della provincia, riferite in dettagliate relazioni periodiche «sulle cose di Brescia». Il M. ragguagliava, altresì, Zanardelli sulle dinamiche della sua popolarità tanto nella stampa locale quanto in quella nazionale.

Dopo l’esperienza iniziata nel 1889 come membro della giunta provinciale amministrativa, il M. fece il suo ingresso nell’arena politica locale con l’elezione al Consiglio comunale di Brescia nel luglio 1892, mentre l’anno successivo entrava come rappresentante del mandamento di Montichiari nell’Assemblea provinciale, dove si concentrò sulle questioni della perequazione fondiaria e della viabilità. Nell’autunno del 1893 fu altresì chiamato all’incarico di assessore municipale alle Finanze. Si occupò di opere pie, di assistenza agli indigenti e del restauro della Loggia, distinguendosi per l’intransigenza laica nei confronti delle richieste avanzate dal mondo cattolico per l’apertura di nuove scuole confessionali nonché nella battaglia per conservare la «demanialità» dell’acquedotto alimentato dalla fonte di Mompiano. Nella primavera del 1895, insieme con tutto il partito zanardelliano, fu travolto dall’offensiva clerico-moderata appoggiata dal governo Crispi e rimase escluso (fino al 1899) sia dal Consiglio provinciale sia da quello comunale, dove si insediò una giunta a maggioranza clericale che mantenne il potere fino al 1902, quando l’alleanza con i partiti dell’estrema Sinistra, patrocinata con forza dallo stesso M., consentì agli zanardelliani di riprendere il controllo del Municipio e di ribadire un’egemonia che in città si perpetuò fino alla vigilia della prima guerra mondiale.

Dopo un biennio dedicato prevalentemente all’attività forense, in occasione del voto politico del marzo 1897 si aprirono per il M. le porte della Camera.

Designato nel collegio rurale di Leno, al cui interno era situato Visano, il comune di origine della madre, il M. poté disporre dell’appoggio delle reti di patronage di familiari e amici oltre che del sostegno dell’avvocato G. Donadoni, ex deputato progressista sconfitto nel 1895 e convinto a non ripresentarsi sia dalle pressioni di Zanardelli sia da una partecipata assemblea di elettori appositamente convocata per proclamare la candidatura del M. oramai considerato, tanto dagli amici quanto dagli avversari, come l’alter ego del leader liberale. Il M. impostò modernamente la campagna elettorale come un festoso tour attraverso i principali centri del collegio, costellandola di discorsi pubblici (annunciati o improvvisati) che gli consentirono di sfruttare le sue notevoli doti oratorie, che in quel frangente si concentrarono sul leitmotiv dell’avversione a qualsiasi ulteriore avventura coloniale, secondo un copione retorico che caratterizzò il discorso elettorale di tutto il variegato schieramento anticrispino dopo Adua. La vittoria fu conseguita al primo turno con il 55,5% dei voti nel contesto di una mobilitazione elettorale record (votò il 72,2% degli aventi diritto), mai più ripetuta nelle successive consultazioni che lo confermarono nel giugno 1900 e nel novembre 1904.

Eletto deputato, il M. mise da subito a disposizione del gruppo zanardelliano la sua esperienza, lavorando in numerose commissioni parlamentari, fra le quali la giunta per il progetto di legge sulle commesse governative, di cui fu segretario, e la commissione – fondamentale nella crisi di fine secolo – sui provvedimenti politici, dove Zanardelli pretese il suo inserimento dopo l’iniziale esclusione dei suoi amici politici. Successivamente fece parte della giunta delle elezioni nonché di commissioni di particolare rilievo politico come quella permanente del Bilancio e quella di inchiesta sulla R. Marina, istituita nel marzo 1904.

La meticolosa e appassionata attività parlamentare consacrò definitivamente il M. anche sul piano nazionale quale delfino di Zanardelli, al cui fianco, insieme con M. Bonardi, sedette significativamente nel corso del discorso pronunciato dal capo riconosciuto dell’antica Sinistra il 31 maggio 1900 nel mercato dei Grani di Iseo. E non a caso, nel febbraio 1901 fu del M., oltre che di N. Fulci, la firma sull’ordine del giorno che determinò la caduta del governo Saracco, aprendo la via alla soluzione liberale della crisi di fine secolo sancita dalla formazione del ministero Zanardelli-Giolitti. Invitato ad assumere il sottosegretariato al Bilancio, vi rinunciò in favore del deputato ligure P. De Nobili e allo stesso modo, nell’autunno del 1903, non accettò da G. Giolitti la carica di sottosegretario agli Interni per assistere a Maderno il suo vecchio capo costretto alle dimissioni dal male che lo portò alla morte.

L’ultimo segno della stima e dell’affetto da parte di Zanardelli fu la nomina, accanto ai più anziani Bonardi e G. Lana, all’incarico di suo esecutore testamentario, oltre che di destinatario di un legato che conteneva anche il venerato ritratto di W.E. Gladstone.

Nel dicembre 1904, il M. partecipò alla ricostituzione del gruppo parlamentare zanardelliano, che riuniva una sessantina di membri sotto la denominazione di Partito democratico costituzionale, schierandosi con l’ala filogiolittiana che appoggiò i due governi di transizione presieduti da A. Fortis. A questo, nel corso del 1905, il M. oppose un duplice rifiuto di fronte alle ripetute offerte dei portafogli delle Poste e delle Finanze. Avendo maturato la consapevolezza – confessata al più anziano parlamentare e amico C. Gorio in una lettera del 20 dic. 1905 – che «a furia di rifiutare si finisce coll’aver l’aria di fare il superuomo e si rischia di parere ridicoli» (Masetti Zannini, pp. 475 s.), il M. aderì infine, insieme con i compagni di gruppo F. Cocco-Ortu e N. Gallo, al cosiddetto «lungo ministero» costituito da Giolitti il 29 maggio 1906, al cui interno assunse il dicastero delle Finanze. Tuttavia l’impegno governativo, che il M. interpretò secondo i canoni della «finanza democratica» patrocinata in qualità di relatore della commissione Bilancio per il 1904-05 promuovendo e studiando riduzioni dei dazi gravanti su beni di consumo popolare come il petrolio e gli zuccheri, non poté prolungarsi a lungo. Nel marzo 1907, alla vigilia della discussione del bilancio del suo dicastero, il M. fu colpito da un’improvvisa e gravissima emiplegia, che lo costrinse alle dimissioni e al ritiro a vita privata, dapprima a Bogliaco sulle rive del lago di Garda, poi a Visano nella villa di famiglia, dove fu assistito dalla madre e dalla sorella Lida.

A Visano, di fronte al progressivo e inesorabile avanzamento della paralisi, il M. si tolse la vita il 2 luglio 1908.

Il M. dava corso, in tal modo, a una volontà manifestata già un anno prima in una lettera indirizzata riservatamente a Giolitti. La notizia della morte – quella del suicidio inizialmente fu celata – destò grande cordoglio nell’opinione pubblica anche perché rappresentò l’atto finale di una parabola tragica che aveva già investito la vita privata del Massimini. Infatti, nella notte fra il 12 e il 13 ag. 1900, il M. era rimasto coinvolto nel disastro ferroviario occorso nei pressi di Roma al direttissimo che trasportava numerose delegazioni straniere intervenute ai funerali di re Umberto I e che causò la morte di 15 persone e il ferimento di numerosi passeggeri, fra i quali il M. che, rimasto per ore sepolto sotto le macerie, contribuì, prima di essere tratto in salvo, alla rimozione di alcuni cadaveri facendo passare delle corde intorno ai loro corpi.

Sul piano locale, la scomparsa del M. segnò non solo metaforicamente l’inizio del declino per il partito zanardelliano, che, nelle elezioni del marzo 1909, fu travolto in tutta la sua area storica di radicamento dagli avversari clerico-moderati.

Scritti e discorsi: La questione delle acque potabili. Note ed osservazioni allo schema di nuovo Regolamento per le acque di Mompiano, Brescia 1895; La riunione elettorale di Leno. Il discorso dell’avv. F. M., in La Provincia di Brescia, 15 marzo 1897; Sulle Casse di risparmio postali. Discorso… pronunziato alla Camera dei deputati nella 1ª tornata del 14 giugno 1897, Roma 1897; Cronaca elettorale in provincia. Collegio di Leno. L’on. F. M. a Gottolengo ed a Leno, in La Provincia di Brescia, 28 maggio 1900; Sul bilancio delle Finanze 1904-1905. Discorso… pronunciato il 21 maggio 1904, Roma 1904; Il discorso dell’on. Massimini a Leno, in La Provincia di Brescia, 31 ott. 1904; Raccolta dei principali discorsi commemorativi di Giuseppe Zanardelli…, Brescia 1909, pp. 5-7.

Fonti e Bibl.: L’Archivio Massimini è andato distrutto. Alcuni carteggi del M. sono conservati nei seguenti fondi: Arch. di Stato di Brescia, Carte Zanardelli, bb. 76, 79, 82-83, 85-86, 88, 94, 101, 106, 110, 115, 122, 130, 136, 142, 148, 153; Ibid., Dono Bonardi, II Inventario, Autografi e documenti zanardelliani, f. B; Lonato, Fondazione Ugo da Como, Carte Ugo da Como (non inventariate), ad nomen; Milano, Museo del Risorgimento, Carte Giuseppe Marcora, cartella 54; Roma, Arch. centr. dello Stato, Fondo Giolitti-Cavour, scatola 7; Carte Giolitti, scatola 29. La tesi di laurea del M. è consultabile presso la Biblioteca dell’Università degli studi di Pisa. Indice generale degli Atti parlamentari. Storia dei collegi elettorali 1848-1897, Roma 1898, p. 342; Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, legislature XX-XXII (1897-1909), ad indices; Il disastro ferroviario di Castel Giubileo. I sovrani sul luogo del disastro, in L’Illustrazione italiana, 19 ag. 1900, pp. 134-136; Il disastro di Castel Giubileo. - S.M. il re soccorre i feriti: episodio del deputato M., ibid., p. 139; La morte di F. M., in La Provincia di Brescia, 3 luglio 1908; Il deputato F. M., in L’Illustrazione italiana, 12 luglio 1908, p. 40; Commentari dell’Ateneo di scienze, lettere ed arti in Brescia per l’anno 1908, Brescia 1909, pp. 218-221; A. Romanelli, Cenni storici sopra Massimo Bonardi, F. M., Tullio Bonizzardi, Brescia 1914, pp. 12-17; G. Giolitti, Memorie della mia vita, I, Milano 1922, pp. 235 s.; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, II, Roma 1961, p. 1456; Quarant’anni di politica italiana: dalle carte di Giovanni Giolitti, II, Dieci anni al potere (1901-1909), a cura di G. Carocci, Milano 1962, pp. 330, 430 s.; G.L. Masetti Zannini, Nell’Unità italiana, in Storia di Brescia, II, Brescia-Milano 1964, pp. 475 s.; M. Belardinelli, Un esperimento liberal-conservatore: i governi di Rudinì (1896-1898), Roma 1976, pp. 86, 136 s., 160, 188, 311, 389-393, 395, 398; R. Chiarini, Giuseppe Zanardelli e la lotta politica nella provincia italiana: il caso di Brescia, Milano 1976, pp. 194 s., 211, 216, 218 s., 222, 227, 237, 241 s., 249, 252-254, 260; H. Ullrich, Il declino del liberalismo lombardo nell’età giolittiana, in Arch. stor. lombardo, CI (1975), pp. 199-250; Id., La classe politica nella crisi di partecipazione dell’Italia giolittiana. Liberali e radicali alla Camera dei deputati, Roma 1979, I, pp. 130, 166, 448; III, p. 661; P.L. Ballini, La Destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, pp. 19, 265, 276, 285, 294, 476; G.L. Fruci, Alla ricerca della «monarchia amabile». La costellazione politica di Zanardelli nell’ex-Lombardo-Veneto e negli ex-Ducati padani (1876-1887), in Società e storia, XXV (2002), pp. 289-349; A. Scornajenghi, La Sinistra mancata. Dal gruppo zanardelliano al Partito democratico costituzionale italiano (1904-1913), Roma 2004, pp. 28, 30, 33, 36, 38, 45, 47-49, 51, 58 s., 70 s., 76, 80 s., 90, 97, 112, 135, 201, 366; E. Dezza, Carte private e disposizioni testamentarie di Giuseppe Zanardelli conservate presso il collegio Ghislieri di Pavia, in Zanardelli: una famiglia ghisleriana. Carte inedite di Giuseppe e Ferdinando Zanardelli donate al collegio Ghislieri. Atti della Giornata di studi, Pavia… 2003, Como 2005, pp. 62 s., 75-78; M. Comini, F. M. e il partito zanardelliano tra Brescia e Roma, in Civiltà bresciana, XV (2006), pp. 147-160; Giovanni Giolitti al governo, in Parlamento, nel carteggio, a cura di A.A. Mola - A.G. Ricci, Foggia 2007, I, I governi Giolitti (1892-1921), pp. 223-233, 235 s., 238-247, 249 s., 252-257, 260 s.; II, L’attività legislativa (1889-1921), pp. 487, 548; T. Sarti, Il Parlamento italiano nel cinquantenario dello statuto, Roma 1898, p. 252; Enc. storico-nobiliare italiana, I, p. 504; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 172.

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