Fava

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fig

Erba annua (Vicia faba, o Faba vulgaris; v. fig.) delle Fabacee (➔ Fabali), con fusto eretto, alto 3-10 dm, foglie paripennate con 1-3 paia di foglioline subellittiche, 2-8 fiori in brevi racemi, bianchi o violacei, con le ali munite di una grande macchia nera, legume nero e fragile a maturità, con la parete interna rivestita d’una lanosità biancastra, con 3-8 semi reniformi, compressi, generalmente verdastri o brunicci. È originaria del Mediterraneo e coltivata sin dall’Età del Bronzo. Si conoscono numerose forme distinte per la lunghezza del frutto, l’aspetto, le dimensioni e il colore dei semi ecc. I semi maturi contengono: acqua 8-18%, protidi 18-32%, lipidi 1-3%, glicidi (amido, zucchero, sostanze pectiche) 41-60%, lignina 3-18%, ceneri 0,38%.

La f. è coltivata, negli orti e nei campi in tutta Italia, ma soprattutto nell’Italia meridionale. I maggiori paesi produttori sono l’Italia e l’Egitto. Le piante di f., ricche di tubercoli radicali in cui albergano batteri azotofissatori, vengono spesso impiegate per sovescio (➔).

Favismo Sindrome emolitica acuta provocata da ingestione di f. (Vicia fava) o, più raramente, da inalazione di polline della stessa pianta, osservabile in soggetti con deficit ereditario dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (il gene responsabile della carenza enzimatica è localizzato nel cromosoma X: quindi la malattia viene trasmessa secondo lo schema dell’eredità diaginica). La stessa enzimopatia è del pari responsabile delle sindromi emolitiche conseguenti ad assunzione di particolari farmaci in grado di indurre la formazione di radicali liberi che provocano la comparsa di metemoglobina e alterano la membrana cellulare degli eritrociti, provocandone la lisi. La carenza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi – che catalizza la prima tappa del ciclo ossidativo del glucosio, noto come ‘ciclo dei pentoso-fosfati’ – implica una marcata diminuzione delle concentrazioni eritrocitarie di nicotinadenindinucleotide fosfato ridotto (NADPH), il quale viene utilizzato come coenzima per mantenere allo stato ridotto sia il ferro emoglobinico sia il glutatione. In tal modo vengono preservati la capacità dell’emoglobina di legare l’ossigeno, il mantenimento allo stato ridotto dei gruppi sulfidrilici delle proteine, e la trasformazione di perossidi organici e inorganici in composti meno tossici. Dal ruolo svolto dal NADPH e dal glutatione allo stato ridotto si comprende perché le crisi di favismo siano caratterizzate da un aumento della metemoglobina (forma ossidata dell’emoglobina) e dello stato di ossidazione delle proteine, donde il danneggiamento dei globuli rossi, a livello della membrana cellulare e del citoplasma, con conseguente emolisi.

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