Federalismo

Dizionario di Storia (2010)

federalismo


Teoria politico-istituzionale che sta alla base di una nuova forma di Stato; si distingue sia dallo Stato unitario (dove esiste un unico governo, a livello centrale) sia dalla confederazione (unione tramite trattati tra Stati indipendenti e sovrani). Nello Stato federale (➔ ) vi sono due livelli di governo (centrale e locale), dotati di competenze autonome e distinte. Primo esempio di Stato federale furono, a partire dal 1787, gli USA: in questo caso il f. fu usato per unire Stati in origine sovrani; ma può essere usato anche per dare autonomia a regioni originariamente facenti parte di uno Stato unitario. La crisi del sistema europeo degli Stati nazionali manifestatasi nel 20° sec., nel periodo tra le due guerre e poi nel secondo conflitto mondiale, diede nuovo impulso alle dottrine federaliste, sia come ricetta di organizzazione dello Stato sia soprattutto sul versante delle relazioni internazionali, sviluppandosi nella prospettiva della federazione europea e eventualmente di una futura federazione mondiale. Le attuali dottrine federaliste – pur contraddette dalla difficoltà del processo d'integrazione europea – hanno tratto ulteriore alimento dalla crisi dello Stato nazionale prodotta dai processi di mondializzazione. D’altra parte, nel lessico politico contemporaneo, il concetto di f., più che alludere a progetti di federazione mondiale o integrazione regionale o continentale, ha assunto sempre più il significato di un modello di democrazia fondato sulla prevalenza delle istanze di decentramento e autogoverno locale.

Le origini e i primi sviluppi del pensiero federalista

Esperienze di unioni più o meno stabili tra comunità politiche e statuali di vario tipo (le poleis greche, i comuni italiani) si possono riscontrare già in Età antica e medievale. Le dottrine più propriamente federaliste iniziarono tuttavia ad affermarsi soltanto nel corso dell’Età moderna e contemporanea. Di particolare rilievo il dibattito che si accese nella seconda metà degli anni Ottanta del Settecento intorno alla Costituzione degli Stati Uniti d’America. Fu allora infatti che A. Hamilton, J. Madison e J. Jay fissarono in The federalist (1787-88) i principi fondamentali della dottrina, affermando la necessità di trasformare la neonata «confederazione» delle ex colonie inglesi dell’America del Nord in una vera e propria «federazione» fondata su una complessa divisione dei poteri tra i singoli Stati e il governo federale. E fu la Costituzione degli Stati Uniti, redatta alla Convenzione di Filadelfia nel 1787 e approvata nel 1789, a dare sostanza a questo modello politico. Grosso modo negli stessi anni, il pensiero federalista fece un ulteriore salto di qualità in Europa con I. Kant. Nelle sue opere, infatti, il f. – inteso talora nei termini di una vera e propria federazione mondiale e talora invece in quelli di una confederazione di Stati – fu per la prima volta concepito dal punto di vista della teoria delle relazioni internazionali, vale a dire come uno strumento per realizzare una progressiva pacificazione dei rapporti tra gli Stati. Le dottrine federalistiche furono inoltre riprese dai girondini, in opposizione ai giacobini, durante la Rivoluzione francese.

Le dottrine federaliste tra Ottocento e Novecento

Il pensiero federalista fu rilanciato nell’Ottocento da Saint-Simon, che con A. Thierry scrisse un celebre opuscolo sulla Réorganisation de la société européenne (1814); successivamente sono da ricordare K. Frantz, che criticò aspramente la formazione dello Stato nazionale tedesco, e soprattutto P.-J. Proudhon, che elaborò una teoria ‘integrale’ del f., estendendone i principi autonomistici alla vita economica e sociale. Furono altresì importanti le correnti federaliste del pensiero politico del Risorgimento italiano: da un lato quella moderata di V. Gioberti e C. Balbo, dall’altro quelle repubblicane, democratiche e socialiste di G. Ferrari, C. Pisacane e soprattutto C. Cattaneo, che fu per molti aspetti un precursore del f. europeo del 20° secolo. Anche all'interno della tradizione socialista e marxista si ebbero riflessioni federaliste, soprattutto da parte di autori come K. Renner, O. Bauer e poi L.D. Trockij, favorevole al progetto di una federazione europea come effetto di una crisi sempre più evidente dello Stato nazionale e nella prospettiva della rivoluzione socialista.

Il federalismo nell’Italia contemporanea

L’unità nazionale aveva portato con sé l’esigenza dell’unità amministrativa e il f. aveva finito col tramontare, per risorgere talvolta solo come istanza decentratrice dell’ordinamento amministrativo. Tuttavia nel Novecento fu il liberale L. Einaudi a sviluppare una critica radicale del dogma della sovranità dello Stato in prospettiva federalista, denunciando da questo punto di vista i limiti strutturali della Società delle nazioni sorta all’indomani del primo conflitto mondiale. Nello schieramento antifascista, inoltre, il f. trovò importanti teorici, a partire da A. Spinelli ed E. Rossi, autori di quel Manifesto di Ventotene, redatto nel confino e pubblicato a cura di E. Colorni nel 1944, che delineava i caratteri di un’Europa federale e democratica. Accantonata ogni prospettiva di tipo federalista nel dibattito dell’Assemblea costituente, che pure diede largo spazio alle autonomie locali e al loro ruolo, la questione tornò al centro dell’attenzione, anche in corrispondenza del risorgere di diversi movimenti federalisti in varie zone d’Europa, alla fine del sec. 20°. In Italia il f. fu rilanciato negli anni Novanta dalla Lega Nord, che ne fece la sua parola d’ordine principale, per poi entrare a far parte dei programmi di varie forze politiche e dell’agenda delle riforme istituzionali. Due posizioni si sono distinte: quella della Lega (e di altri gruppi autonomistici), caratterizzata dalla tendenza a concepire il f. in chiave separatista, ma talvolta anche secessionista, con pochi ed essenziali organi federali in comune; e quella delle altre forze politiche, che interpretano il f. in termini di «regionalismo forte», attribuendo alle regioni poteri effettivi di autogoverno, ma salvaguardando l’unità dello Stato nazionale. Il tema del f. è entrato come tema importante anche nell’attività del Parlamento (lavori della Commissione interparlamentare sulle riforme istituzionali, 1992-94; progetti di legge succedutisi dal 1994 sul cosiddetto f. fiscale). Durante la tredicesima legislatura è stata approvata una legge di revisione costituzionale (marzo 2001), in particolare del titolo V relativo alle autonomie, sottoposta a referendum con esito favorevole; una successiva riforma in senso federale, varata dal governo di centrodestra, fu invece bocciata dal referendum consultivo del 2006. La revisione accolta, seppur significativa, non trasforma tuttavia lo Stato italiano in uno Stato federale; essa comporta una redistribuzione di competenze tra Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni, instaurando un sistema in cui sono indicate le materie nelle quali allo Stato è riservata la potestà legislativa esclusiva e quelle in cui vi è competenza concorrente dello Stato e delle regioni. Un altro passo sulla strada del f. si è compiuto il 29 apr. 2009, con l’approvazione da parte del Senato di un disegno di legge che dà delega al governo in materia di f. fiscale.

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