ANTIOCHIA, Federico d'

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANTIOCHIA, Federico d'

Silvano Borsari

Figlio di Pietro, fu nel 1337, in ancor giovane età, creato dal re Federico III conte di Palizzi e di Mistretta e nominato gran cancelliere di Sicilia, carica già ricoperta dal padre.

Già in quest'epoca egli era implicato nei violenti contrasti esistenti tra Francesco di Ventimiglia e Giovanni di Chiaromonte, parteggiando per il primo di cui era congiunto. Quando, nel 1337, morì Federico III che era riuscito in certo qual modo a frenare questi contrasti, il nuovo re Pietro II sembrò propendere apertamente per il Chiaromonte, per cui Francesco di Ventimiglia e l'A., temendo per la propria salvezza, si ritirarono nei loro feudi senza più frequentare la corte del monarca, nonostante gli inviti di quest'ultimo. Il loro atteggiamento sospetto indusse Pietro II a sottoporre a tortura il segretario del Ventimiglia, Ribaldo Rosso, il quale confessò che il suo padrone e l'A. erano entrati in contatto col re Roberto d'Angiò, cui avevano prestato giuramento di fedeltà; accusa che trova conferma in un documento del 10 genn. 1337 della cancelleria di Roberto, in cui il re, annunciando la sua intenzione di ritentare l'impresa siciliana, dice apertamente che alcuni conti e baroni dell'isola, che non vengono nominati, si erano schierati dalla sua parte. Ad ogni modo i due nobili furono citati il 30 dic. 1337 da Pietro II a comparire alla sua presenza per scolparsi delle accuse mosse contro di lore, cosa che non fecero, dichiarandosi apertamente ribelli, per cui il 2 genn. 1338 furono condannati dalla curia regia. Essendo stato ucciso il Ventimiglia, l'A., che si era ritirato nel suo castello di Mistretta, non potendo più resistere, ottenne il 6 febbr. 1338 di allontanarsi dall'isola, per cui, partito con la moglie e i figli, si rifugiò alla corte di Roberto, che lo accolse con molta benevolenza.

Appena l'A. giunse alla corte angioina gU furono donate, prima dei 25 febbr. 1338, numerose pewcce, e si provvide al suo sostentamento, attribuendogli un reddito annuo di 300 once da riscuotersi sui redditi delle gabelle di Aversa e di Capua. Successivamente, gli furono concessi la città di Bisaccia, il casale di Usclate e il castello di Castiglione, con un reddito annuo complessivo di 116 once, diminuendo in proporzione la somma assegnatagli sulle dogane di Aversa e Capua. Inoltre fu nominato capitano di Aversa, carica che conservò, esercitandola mediante un luogotenente, anche quando il 30 nov. 1339 fu nominato maresciallo del Regno e giustiziere dell'isola di Sicilia. Più tardi fu nominato giustiziere di Abruzzo Ultra. Infine si provvide anche a sua moglie, attribuendole una pensione annua di 16 once e 20 tarì.

Naturalmente Roberto si servì dell'A., soprattutto, nei suoi ultimi tentativi contro la Sicilia. Nel 1338 egli partecipò alla spedizione guidata da Carlo d'Artois, che riuscì a conquistare temporaneamente Brucato, Gratteri, Collesano e Termini Imerese. L'anno seguente partì con la flotta inviata ad assediare Lipari, e fu uno dei capitani con cui gli assediati trattarono per la resa; ma il suo nome è legato specialmente all'impresa di Milazzo, da lui tenacemente voluta e consigliata a Roberto, poiché, conoscendo l'importanza militare della città, egli prevedeva che la sua conquista avrebbe avuto come conseguenza anche quella di Messina. Posto, quindi, alla testa delle forze angiome, sbarcò dinanzi a Milazzo nel giugno 1341, iniziando un assedio che doveva terminare solo il 15 sett. 1342, con la caduta della città. L'A., però, non vide quello che sarebbe stato il suo trionfo, essendo caduto in combattimento tra il maggio e il giugno 1342. Il suo nemico Pietro II lo fece seppellire in una chiesa posta in Santa Lucia, località nei pressi di Milazzo.

Fonti e Bibl.: Michaelis Platiensis Historia Sicula, parte I, cc. V-XXI, in R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, I, Panormi 1791, pp. 532-63; Anonymi Chronicon Siculum, ibid., II, Panormi 1792, pp. 241-62; Anonymi, Historia Sicula, ibid., pp. 273-78; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, II, Napoli 1860, pp. 434 s.; C. Minieri Riccio, Notizie storiche tratte da 62 registri angioini, Napoli 1877, pp. 123 s.; Id., Genealogia di Carlo II d'Angiò re di Napoli,. in Arch. stor. per le prov. napol., VIII (1883), pp. 205, 216 s.; N. Barone, La Ratio thesaurariorum della cancelleria angioina, ibid., XI(1886), pp. 587, 591; P. Ridola, Federico d'Antiochia e i suoi discendenti, ibid., XI (1886), pp. 265-76; G. B. Siragusa, Le imprese angioine in Sicilia negli anni 1338-1341, in Arch. stor. siciliano, n. s., XV (1890), pp. 283-321; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, II, Firenze 1930, pp. 242-44, 248 s.; V. Epifanio, Gli angioini e la Sicilia dall'inizio del regno di Giovanna I alla pace di Catania, Napoli 1936, pp. 55 s., 122; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, I, Dal regno al viceregno di Sicilia, Palermo 1953, pp. 23, 38.

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