MANFREDI, Federico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANFREDI, Federico

Isabella Lazzarini

Figlio di Astorgio (II), signore di Faenza, e di Giovanna Vestri di Ludovico conte di Cunio, nacque probabilmente tra il 1441 e il 1443 (secondo Messeri, che lo ritiene ventiduenne nel 1463, nel 1441). Fu fratello di Carlo (II), Galeotto, Lancillotto, Elisabetta e Barbara.

Fu avviato alla carriera ecclesiastica: già canonico della cattedrale di Faenza, secondo Litta fu nominato protonotario apostolico da papa Niccolò V nel 1453.

Una data così precoce non convince Messeri, che, basandosi sulla documentazione faentina, nota come sino al giugno 1462 negli atti notarili il M. era indicato solo come canonico: la prima menzione documentaria del M. in veste di protonotario risale al 20 febbr. 1463.

Alla morte del vescovo faentino Alessandro Stampetti, nel febbraio 1463, il capitolo della cattedrale nominò il M. alla sede episcopale, ma la nomina non fu però ratificata da papa Pio II a causa della giovane età del Manfredi. Al suo posto, e con il consenso di Astorgio (II), fu nominato Bartolomeo Gandolfi, canonico faentino. Alla morte del Gandolfi il M. fu nuovamente eletto vescovo di Faenza, e questa volta la nomina fu approvata. Di questa nomina è incerta la data, che secondo la Hierarchia catholica risale al 4 sett. 1472 e secondo Messeri, sulla scorta della documentazione locale (peraltro quasi tutta tradita in copie anche molto posteriori), al 1470 - anno di morte di Gandolfi - o al più tardi all'autunno 1471.

Il dominio dei Manfredi su Faenza e sul suo territorio dipendeva da due forme di legittimazione: il controllo della città era esercitato grazie alla concessione periodica del vicariato apostolico; il dominio su gran parte del territorio faentino, la Val di Lamone, era tenuto a titolo comitale ed ereditario. Il testamento di Astorgio (II), nel tentativo di porre rimedio alla fragilità indotta nella signoria dalla prassi successoria more longobardo, che prevedeva la collegialità della gestione del potere tra fratelli, conferì a Carlo, il maggiore, il governo sulla città e sul territorio. A Carlo sarebbero dovuti succedere i fratelli in ordine decrescente d'età, a parte il M., destinato alla vita ecclesiastica. Di fatto però la posizione di vescovo di Faenza poneva il M. nella condizione di esercitare una concreta autorità accanto a Carlo (II).

Sin dai primi anni Settanta i due fratelli collaborarono innanzitutto nel riassetto urbanistico della città, danneggiata da un forte terremoto nel luglio 1470. Ampliate le mura, ridefiniti e liberati gli assi delle antiche vie romane, i Manfredi si concentrarono sulla riconfigurazione della piazza centrale, su cui si sarebbe affacciata la nuova cattedrale, progettata da Giuliano da Maiano e iniziata nel 1474. I lavori riqualificarono il centro della città, ma catalizzarono lo scontento dei Faentini per le modifiche dell'assetto tradizionale, provocarono un picco di spese che ricadde in modo arbitrario sulla collettività (o così venne visto dai cittadini) e alimentarono il risentimento verso la dinastia.

Il M. in particolare è descritto dalle fonti come avido e intento unicamente al suo interesse. In quegli anni la gestione autoritaria del potere signorile fra Carlo (II) e il M. provocò anche dissapori tra i fratelli: nel 1476 Galeotto e Lancillotto si rifugiarono prima a Ravenna, poi a Forlì, dal cognato Pino Ordelaffi. Carlo e il M. provvidero a fortificare il contado. Quando, nel 1477, Carlo (II) cadde malato, la reggenza passò nelle mani del M., che fu nominato luogotenente generale dello Stato.

I signori di Faenza dovevano però anche tenere conto, nelle loro dispute interne, della sempre più difficile situazione politica generale. Il conte Girolamo Riario infatti, nel 1473 nominato dallo zio Sisto IV signore di Imola al posto di Taddeo Manfredi, tesseva in quegli anni un piano di egemonia sulla Romagna che da Imola si estendeva potenzialmente a Forlì e alla stessa Faenza.

Il M., visto il fratello vicino alla morte, ottenne che fosse riconosciuto per investitura papale il diritto di successione nella contea e nel vicariato di Ottaviano, figlio ancora bambino di Carlo (II), che il vescovo contava di manovrare nella sua veste di tutore naturale. La designazione era stata ottenuta grazie anche alla promessa, da parte del M., di lasciare a Riario alcuni castelli (Riolo e Monte Battaglia) da sempre contesi fra Imola e Faenza. Il 2 ott. 1477 i Faentini giurarono fedeltà a Ottaviano Manfredi, erede designato dell'infermo Carlo (II). Lo sviluppo della situazione ledeva i diritti di Galeotto, collegato di Venezia. Nella contesa, ormai di livello sovralocale, fra i potenziali eredi di Astorgio (II), Lorenzo il Magnifico intervenne scegliendo di appoggiare apertamente Galeotto, che entrò in Faenza il 16 novembre in seguito a un tumulto popolare contrario a Carlo (II) e soprattutto al M., innescato dall'aumento del prezzo del grano deliberato da Carlo (II) e dal M. il 12 novembre. In un primo momento il M. si rifugiò nella rocca con il fratello, il piccolo Ottaviano e Costanza da Varano, moglie di Carlo (II); poco dopo, travestito, riuscì a fuggire dalla rocca, secondo la tradizione faentina, carico d'oro. Si rifugiò in territorio estense, prima a Lugo, da cui nella primavera e nell'estate del 1478 faceva pratiche turbative contro lo "stato" di Galeotto, come il fratello scriveva a Ercole d'Este il 13 marzo (Messeri, p. 92), poi a Ferrara, infine a Rimini. Nel frattempo i Faentini lo dichiararono deposto dal vescovato, sostituendolo con il camaldolese Rodolfo Missiroli, priore di S. Giovanni Battista in Faenza.

Secondo Messeri, il M. morì prima del 30 sett. 1478 (Zama sostiene la notte del 27): a questa data risale l'atto di nomina di Missiroli, in cui si parla esplicitamente della morte del Manfredi.

Secondo il testamento rogato il 19 sett. 1478 in Rimini, il M. lasciò dei figli naturali (Carlo, Astorgio canonico faentino e Marcantonio, nati da una madre non nominata ma definita nobile, e Girolamo); risulta anche che avesse una figlia, Lucia, monaca vallombrosana. Il M. raccolse su di sé buona parte del biasimo e dello scontento accumulati a Faenza durante la signoria di Carlo (II), autoritario ma meno viziato, secondo le fonti, da difetti caratteriali particolarmente odiosi. Il suo nome resta legato alla nuova cattedrale faentina, che egli volle ma di cui non vide il compimento.

Fonti e Bibl.: Faenza, Biblioteca comunale Manfrediana, Mss., 62: G.M. Valgimigli, Memorie istoriche di Faenza, s.v.; B. Azzurrini, Cronica breviora, a cura di A. Messeri, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXVIII, 3, pp. 55-59, 242-246; Statuta civitatis Faventiae, a cura di G. Ballardini, ibid., 5, pp. L s.; G.C. Tonduzzi, Historie di Faenza, Faenza 1675, s.v.; G.B. Mittarelli, Ad scriptores rerum Italicarum accessiones, Venetiis 1771, Index septimus, s.v.; Lorenzo de' Medici, Lettere, II, a cura di R. Fubini, Firenze 1977, pp. 264, 411 s., 414, 416, 438-440, 448; VIII, a cura di H. Butters, ibid. 2001, p. 171; A. Messeri, Galeotto Manfredi, signore di Faenza, Faenza 1904, pp. 1-8; A. Messeri - A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, s.v.; P. Zama, I Manfredi signori di Faenza, Faenza 1954, ad ind.; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l'origine delle signorie, Bologna 1972, p. 282; A. Medri, Il duplice assassinio di Galeotto Manfredi, Faenza 1972, pp. 30 s.; F. Bertoni, La cattedrale nel programma urbanistico dei Manfredi, in Faenza. La basilica cattedrale, a cura di A. Savioli, Napoli 1988, pp. 30 s.; G. Cattani, Politica e religione, in Faenza nell'età dei Manfredi, Faenza 1990, pp. 28-30; M. Pellegrini, Congiure di Romagna. Lorenzo de' Medici e il duplice tirannicidio a Forlì e a Faenza nel 1488, Firenze 1999, p. 92; Hierarchia catholica, II, p. 152; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Manfredi di Faenza, tav. VI.

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