MOJA, Federico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MOJA, Federico

Francesco Franco

– Nacque a Milano il 20 ott. 1802, da Giuseppe, pittore e decoratore (come gli altri due figli Angelo e Luigi), e da Maria Cajani.

Nel 1818 iniziò a frequentare l’Accademia di Brera, dove divenne uno dei migliori allievi di Giovanni Migliara ed entrò nel gruppo di pittori detti «migliaristi» insieme con Pompeo Calvi, Giovanni Renica e Luigi Bisi (Mensi, p. 12). In quella sede, sempre nel 1818, espose una Testa di capro con fogliame nell’ambito del corso di disegno dalla stampa, e nel 1824 presentò Interno di chiesa gotica, ripreso da un lavoro di Migliara. In quegli anni realizzò una serie di dipinti e di decorazioni per la parrocchiale di Romano Canavese (Ginex, p. 923; Pregnolato, p. 767).

Fin dagli esordi il M. si ispirò alla tradizione settecentesca delle vedute paesistiche e degli interni in prospettiva, sulla scia del suo maestro. Gli edifici sacri venivano scelti più in virtù della loro connotazione storica che per la valenza architettonica (Barone, p. 14).

Nel 1826 all’Esposizione di Brera presentò sei dipinti, iniziando un’attività espositiva che dagli anni Venti si mantenne sempre molto intensa.

I motivi della fama del M. derivavano principalmente dal consenso di pubblico ottenuto dalla veduta architettonica per tutto l’Ottocento, anche grazie alle richieste di acquisto dei viaggiatori nell’ambito del fenomeno del grand tour. Altro motivo del suo successo fu sicuramente l’adesione a una pittura atmosferica e a soggetti romantici, neogotici, quali le cripte delle chiese, i conventi e i luoghi di pellegrinaggio.

Fra il 1830 e il 1834 si recò a Parigi, dove arricchì il suo repertorio di vedute cittadine, dotandole talvolta di quell’«esprit de mélodrame» di cui parlavano i critici (Pilo, p. 52). Le città che compaiono più frequentemente nei suoi lavori, oltre Milano, sono Torino, Pavia e Venezia.

La critica paragonò le sue vedute alle opere migliori di Giuseppe Canella (Ginex, p. 923). Negli anni Trenta i contemporanei considerarono il M. un artista già abbastanza maturo, svincolatosi da poco dai modelli del suo maestro; meno fedele, quindi, alla minuzia dei particolari e dotato di una pennellata più decisa e personale (Cronaca, pp. 131 s.).

Dal 1841 il M. si stabilì per un trentennio a Venezia, dove ottenne la cattedra di prospettiva (1845-75) all’Accademia (Ginex, p. 923). Fra il 1840 e il 1842 collaborò, insieme con M. d’Azeglio e altri, all’edizione a dispense dei Promessi Sposi illustrata da F. Gonin, ricevendo l’approvazione di A. Manzoni (pp. 143, 197) per i disegni, realizzati in stretta collaborazione con lo scrittore. Nel 1842 espose a Brera Veduta dal Pont-Neuf a Parigi del 1841 e La chiesa della Salute a Venezia del 1842, entrambe conservate a Milano, nella Galleria d’arte moderna (ibid., p. 923).

Dal 1842 e fino al 1885 espose frequentemente alle mostre delle Promotrici di Torino e Genova, alle esposizioni annuali braidensi e dell’Accademia di Venezia, meno assiduamente alla Promotrice di Firenze, oltre che in altre città italiane.

Nel 1848 realizzò Paesaggio montuoso con cappella (donato dall’autore all’Accademia di belle arti di Venezia), un dipinto di genere che rivela buone doti nel trattare il paesaggio, i chiaroscuri, l’architettura e le figure (ripr. in Moschini-Marconi, p. 213, fig. 521). Nel 1851 partecipò all’Esposizione dell’Accademia di Venezia con Interno della chiesa di S. Zaccaria e Veduta della porta della Carta (Venezia, Fondazione Querini Stampalia).

Alla XII Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino presentò Veduta di piazza S. Marco con l’acqua alta (1853, collezione privata; ripr. in Barone, p. 16).

Il M. utilizzava spesso un taglio prospettico trasversale, per creare rappresentazioni di grande impatto visivo, dedicando una buona parte del quadro al cielo nuvoloso, dipinto in modo molto realistico.

Nel 1853 dipinse Veglia funebre nel monastero (Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio; ripr. in Guderzo, p. 112), un tema romantico in un suggestivo interno architettonico, descritto minuziosamente all’acquerello, con una buona valorizzazione chiaroscurale e luministica. Nel 1855 una commissione dell’Accademia di belle arti di Venezia propose il M. per la decorazione di alcune sale dell’appartamento dell’arciduca Ferdinando Massimiliano nel Palazzo reale. Nella stanza della Giustizia sono attribuite al M. alcune Vedute di città dell’Impero raffiguranti scorci di Venezia, Milano, Vienna e Praga (Pavanello, 1989).

I lavori di questo periodo mostrano una pittura tonale le cui lontane matrici sono individuabili nei veneti del Cinque-Seicento, oltre che nel Canaletto (G.A. Canal). Il M. è anche attento alle sfumature e ai forti contrasti di chiaroscuro, sulla scia di Migliara (Barone, p. 14). In Venezia, veduta dell’isola di S. Giorgio Maggiore (collezione privata; ripr. ibid., p. 15) egli dipinge episodi di vita quotidiana in primo piano, utilizzando le architetture cinque-seicentesche e palladiane come imponente sfondo di una rappresentazione focalizzata principalmente sulle navi e sulle imbarcazioni e meno sull’uomo, a differenza di quanto ritiene parte della critica (ibid., p. 16). Anche ne L’antica porta delle Grazie a Bassano (1862; Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio; ripr. in Guderzo, p. 113), il M. dà importanza alle architetture che si stagliano contro il cielo, mentre la scena di genere del passeggio quotidiano occupa uno spazio trascurabile nel complesso della rappresentazione.

Nel 1865 espose alla Promotrice di Torino Rotonda emiliana dell’isola di S. Michele presso Venezia (Torino, Civica Galleria d’arte moderna), presentata l’anno seguente alla Promotrice di Venezia (Pregnolato, p. 767). Nel 1874 dipinse Interno della certosa presso Pavia (Venezia, Gallerie dell’Accademia), opera di produzione tarda, senza alcuna intenzione di ricerca espressiva (Pavanello, 2002, p. 60). Dal 1875, abbandonato l’insegnamento, si ritirò a Dolo sul Brenta (Venezia), dove continuò a dipingere vedute di Milano, Venezia e Parigi. Si conserva nella Galleria d’arte moderna di Milano una veduta del Lago di Bourget del 1876.

Il M. morì a Dolo il 29 marzo 1885.

In seguito i suoi lavori furono esposti in varie manifestazioni, fra le quali la Permanente di Milano del 1900 (Lucini, p. 88). Come ricorda Scrosati, il M. fu anche un abile violinista e organizzava nella sua abitazione concerti di musica rossiniana.

Fonti e Bibl.: Cronaca. Regno Lombardo-Veneto. Milano. Esposizione degli oggetti di belle arti nell’I.R. Palazzo di Brera, in Biblioteca italiana, ossia Giornale di letteratura, scienze ed arti, LXXVI (1834), pp. 131 s.; L. Scrosati, Soppalco. Teatri e notizie diverse, in L’Italia musicale, 15 marzo 1851, p. 86; A. Manzoni, Lettere, VII, 2, a cura di C. Arieti, Milano 1970, pp. 143, 195, 197, 752 s. (lettere al M. del 9 giugno 1840 e del 29 giugno 1841; lettera a Luigi Sacchi del 21 giugno 1841); G.P. Lucini, La pittura lombarda del secolo XIX alla Permanente di Milano, in Emporium, XII (1900), 68, p. 88; Pittura dell’Ottocento a Bassano. Da Canova a Milesi (catal.), a cura di G.M. Pilo, Bassano del Grappa 1961, pp. 51 s.; A. Mensi, Giovanni Migliara, Bergamo 1965, p. 12; S. Moschini-Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. Opere d’arte dei secoli XVII, XVIII, XIX, III, Roma 1970, p. 213, figg. 521 s.; A. Casassa, Committenza privata e mercato di arte contemporanea in Piemonte all’epoca di Carlo Alberto, in Studi piemontesi, XVII (1988), 2, pp. 341 s., 357; G. Pavanello, La decorazione dei palazzi veneziani negli anni del dominio austriaco (1814-1866), in Il Veneto e l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete 1814-1866 (catal., Verona), a cura di S. Marinelli - G. Mazzariol - F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 269-271; M. Guderzo, Pittura dell’Ottocento e del Novecento, Vicenza 2000, pp. 112 s., figg. 104 s.; G. Pavanello, Venezia: dall’età neoclassica alla scuola del vero, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, Milano 2002, I, pp. 60, 67; G. Ginex, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 2003, p. 923 e ad ind.; T. Barone, F. M., in Dipinti antichi (catal., Milano), Firenze 2006, pp. 14-17; G.L. Marini, Il valore dei dipinti italiani dell’Ottocento e del primo Novecento. L’analisi critica storica ed economica, Torino 2008, p. 612;  M. Pregnolato, ibid., II, pp. 768 s. (con bibl.); E. Catra, in Ottocento veneziano (catal.), a cura di M. Zerbi, Torino 2010, p. 122 (con bibl.); A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori …, III, Milano 1972, p. 2062; Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori ..., VII, p. 418.

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