BARBOLANI, Federigo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)

BARBOLANI, Federigo

Roberto Cantagalli

Figlio secondogenito di Antonio dei conti di Montauto e di Simona della Doccia, appartenente al patriziato aretino, militò da giovane nelle Bande Nere di Giovanni de' Medici, come il fratello maggiore Gianfrancesco, alle cui vicende quelle dei B. appaiono strettamente intrecciate; fu poi al servizio della Repubblica di Firenze e quindi, per il rimanente della sua vita, del duca Cosimo de' Medici. All'inizio della guerra di Siena il B. era comandante militare della guarnigione di Pisa.

La notte del 26 genn. 1554, quando Cosimo de' Medici ordinò l'improvvisa aggressione di Siena, gli fu affidato dal comandante in capo, marchese di Marignano, il compito di attaccare dalla Maremma con millecinquecento fanti il territorio della Repubblica nell'intento di tagliare la via ai rifornimenti francesi dal mare. A Grosseto si sperava di organizzare una sommossa di "marraioli", ossia di zappatori braccianti, sudditi di Cosimo temporaneamente immigrati in Maremma per lavori stagionali, per introdurre in città il Barbolani. Ma il tentativo fallì sia perché Piero Strozzi, che si trovava in città in quegli stessi giorni, aveva provveduto a rinforzarne il presidio con altri duecento fanti, sia perché i mercenari spagnoli che avrebbero dovuto congiungersi con il B. non poterono passare l'Ombrone; e d'altra parte la pioggia torrenziale di quella notte costrinse il B., che si era avviato a Grosseto con l'avanguardia di settecento uomini, a ripiegare essendo impossibile attraversare la pianura allagata da innumerevoli corsi d'acqua in piena.

Il B. partecipò a tutta la campagna, distinguendosi nella presa di Monastero (8 apr. 1554) e nella difesa del campo trincerato intorno a Siena (11-27 giugno 1554) durante la pericolosa scorreria che Piero Strozzi fece in territorio fiorentino per congiungersi alla spedizione di soccorso. In tale occasione il B. tenne con millecinquecento uomini i forti di Camollia e di Monastero e collaborò con altri capitani a impedire che in Siena - semilibera in quei giorni dall'assedio - entrassero rifornimenti. Contribuì più tardi alla presa di Sarteano e Cetona.

Il 19 luglio 1557, dopo che Filippo II ebbe concessa a Cosimo l'investitura dello Stato di Siena, mentre Agnolo Niccolini tornava a insediarsi, questa volta ufficialmente, come governatore civile della città e dei dominio, al B. fu affidato il comando della guarnigione. Più tardi, il 4 ag. 1559, egli si recò con il Niccolini e Juan de Guevara, rappresentante di Filippo II, a Montalcino per intervenire alla solenne cerimonia del giuramento di fedeltà a Filippo Il e al duca Cosimo da parte degli ultimi rappresentanti della Repubblica di Siena "ritirata a Montalcino". Nel 1564 fu in missione diplomatica a Roma presso Pio IV perché rimettesse all'arbitrato del collegio cardinalizio una questione di procedura insorta tra l'ambasciatore francese e quello spagnolo. Nel 1572 venne nominato governatore civile e militare dello Stato di Siena, e vi rimase per un decennio morendo in carica nell'aprile del 1582.

Le sue corrispondenze da governatore, nonostante i poteri piuttosto limitati che Cosimo e Francesco lasciavano ai loro funzíonari, rappresentano una fonte di notevole interesse per tracciare un quadro della vita senese nel primo ventennio della dominazione medicea. Sfrondate dalle interminabili querimonie e adulazioni, esse permettono comunque di rilevare i dati della produzione, del censimento ! i proventi delle tasse, notificano i rapporti sulle condizioni ambientali, climatiche, economiche igieniche, zootecniche ed edilizie, compilati paese per paese da elementi senesi per ordine del governo al fine di stabilire dove e in qual misura convenisse indirizzare l'immigrazione di forestieri progettata dal granduca Francesco I.

Di fronte al problema del banditismo organizzato che desolava le campagne sconfinando temporaneamente nel territorio della Chiesa e alle gravi questioni giurisdizionali che sorgevano rispetto al prepotere dei visitatori apostolici, il governo di Francesco I prese un atteggiamento intransigente sconfessando la politica dell'accomodante governatore. Risolute furono anche le direttive del granduca nei riguardi delle autorità ecclesiastiche che avrebbero preteso la persecuzione ai danni degli ebrei e la istituzione di una confraternita laica, detta dei "Crocesignati", capace di assistere l'inquisitore sottraendosi completamente al potere civile. Minor interesse mostrò il governo mediceo per lo Studio senese finanziato in modo irrisorio, e generale incertezza nel mantenere l'ordine nella città recentemente conquistata, donde le recriminazioni del B. perché gli erano "legate le mani da questi privilegiati * e il suo risentimento contro i vecchi e non sopiti rancori politici cittadini ("queste maledecte factioni de' Monti...").

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