TORELLI, Felice

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TORELLI, Felice

Daniele Pascale Guidotti Magnani

TORELLI, Felice. – Figlio di Stefano e di Boninsegna Anna Boninsegni, nacque a Verona il 9 settembre 1667 nella parrocchia di S. Cecilia (Graziani, 2005, p. 15).

La famiglia Torelli era documentata da alcuni secoli nella città scaligera; il padre, definito rodigino nei documenti battesimali, era funzionario di sanità della dogana di Isolo. Ultimo di nove figli, Felice era fratello minore di Giuseppe (v. la voce in questo Dizionario), celebre violinista e compositore (Brenzoni, 1936, pp. 24 s.). Il loro rapporto privilegiato e gli albori di Felice si colgono nello schizzo biografico scritto da Giampietro Zanotti quando Felice era all’apice del successo: «Dopo le prime scuole [Felice] fu posto a studiare rettorica per poscia passare alle scienze, avendo i suoi genitori in pensiere di farlo dottore. Intanto che lettere studiava, s’invogliò di sonare il violino, e questo non gli fu difficile d’apparare, avendo il fratello maggiore, Giuseppe, che già il sonava molto egregiamente. Dipignea Giuseppe ancora alcun poco per suo diletto, e Felice anch’egli invogliò del disegno e della pittura, [...] e le lettere affatto abbandonò. Giuseppe intanto nel mestier del violino, e nel compor musiche, era divenuto famoso, e per questo cominciava ad essere da molte parti chiamato. [...] Vid’egli che in Bologna erano gran maestri di pittura, ed egli, che molto quest’arte amava, e desiderava che il fratello in essa divenisse eccellente, il fece a sé venire. [...] [Felice] seguitava ancora in quel tempo a sonare, e tanto era in ciò bravo, che suo fratello, ove andasse, potendo, seco il pigliava, e più di un carnevale fu a Vinegia a sonare, con larga mercede, in quei teatri, in occasione del rappresentarvi drammi musicali» (Zanotti, 1739, p. 76; anche Orlandi, 1704; Crespi, 1769, p. 243; M. Oretti, Notizie de’ professori..., ms. B131, p. 52). Prima di dedicarsi esclusivamente alla pittura, Felice fu dunque valente violinista e violista, impegnato sia nella Serenissima sia in importanti accademie bolognesi insieme con i migliori musicisti cittadini (van der Linden, 2016, p. 7); inoltre, fu egli a dare alle stampe la celebre e postuma ultima opera del fratello, i Concerti grossi, con ciò dimostrando il possesso della materia.

Per quanto riguarda la pittura, scarse sono le notizie circa la prima formazione di Felice. Ricevuti i primi rudimenti di pittura da Santo Prunato a Verona, ben presto si spostò a Bologna: lì aveva studiato il suo maestro, con Carlo Cignani, e lì, almeno dal 1684, si era trasferito il fratello Giuseppe. In un primo tempo, si diede a studiare l’opera dei Carracci e dei loro scolari (affreschi dei palazzi Fava, Magnani, Sampieri e del chiostro ottagono di S. Michele in Bosco; Zanotti, 1739). Proseguì la sua formazione nella bottega di Giovan Gioseffo Dal Sole (Miller, 1964, p. 54), la cui sorella studiava musica con Giuseppe (Crespi, 1769, p. 243); forse coeva è la prima opera della quale si ha notizia, una Sofonisba e Massinissa ancora acerba e imbevuta dei modi di Prunato (Verona, collezione privata; Marinelli, 1996, p. 360; Graziani, 2005, pp. 18, 181). Allo scoccare del Settecento risalirebbe invece la prima opera matura, una Cattura di Cristo (Bologna, Pinacoteca nazionale), eseguita per il celebre cantante e compositore Francesco Antonio Pistocchi, amico intimo del fratello (Graziani, 2005, pp. 19, 182).

La brillante carriera internazionale di Giuseppe favorì importanti occasioni di lavoro anche per Felice: forse al 1700 si data la commissione, da parte dell’elettore Giovanni Guglielmo II del Palatinato-Neuburg, della Transverberazione di s. Teresa (Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen; Roli, 1977; Graziani, 2005, pp. 21, 183). Al 1701, ultimo anno dell’apprendistato dalsoliano, dovrebbe risalire la Pentecoste (ora a Ravenna, Istituto S. Vincenzo de’ Paoli) che ornava il presbiterio della chiesa dello Spirito Santo a Cesena, insieme ad altre due tele oggi perdute (Crespi, 1769, p. 243; Graziani, 2005, pp. 22 s., 184 s.).

Il 1701 è anche l’anno del matrimonio di Felice con Lucia Casalini, pittrice e allieva anch’ella di Dal Sole: i coniugi decisero di aprire insieme una bottega (Graziani, 2005, p. 23).

Tra i sette figli nati dall’unione si distinse soprattutto Stefano Antonio (nato il 24 ottobre 1704, Bologna, Archivio generale arcivescovile, Battistero della chiesa cattedrale metropolitana di S. Pietro, Registri battesimali, 157), poi pittore apprezzato nelle corti di Dresda e Pietroburgo (M. Oretti, cit., ms. B131, pp. 71-73; Graziani, 2005, pp. 113-180, 261-319, e 2013b, pp. 457, 460; Solacini, 2013). Anche la figlia Anna Teresa Boninsegna (nata il 26 luglio 1703, Bologna, Archivio generale arcivescovile, Battistero della chiesa cattedrale metropolitana di S. Pietro, Registri battesimali, 156), sposata a Mauro Torri, figlio del noto architetto Giuseppe Antonio, si dedicò alla pittura, alla miniatura e al ricamo, ma senza uscire dall’anonimato (M. Oretti, cit., ms. B135, p. 240). Si ha notizia di un nipote (di genitori incerti), Giovanni Giorgi, detto il Torellino, piuttosto dotato per la pittura, ma morto in giovane età, nel 1717, dopo un soggiorno romano (ms. B131, p. 74).

Felice lavorò alacremente per numerose case nobili e borghesi di Bologna (Crespi, 1769, p. 244; M. Oretti, cit., ms. B131, pp. 56-58): dei molti dipinti documentati nelle collezioni felsinee del Settecento restano però ben poche tracce (Graziani, 2005, pp. 225 s.). Egli non abbandonò tuttavia le commissioni esterne: ancora Giuseppe funse da intermediario per una tela oggi dispersa, Pirro che uccide Polissena, da inviare a Lucca (p. 35), e molti altri quadri sono ricordati dalle fonti fuori di Bologna (M. Oretti, cit., ms. B131, pp. 60-63).

Il prestigio di Torelli nel contesto cittadino crebbe rapidamente: nel 1706 fu tra i firmatari del memoriale, stilato nella sala di palazzo Fava, che documentava l’impegno a promuovere l’attività pittorica al rango di arte liberale e non più meccanica, e a costituire un’accademia di belle arti modellata su quelle di Parigi e Roma. L’impegno prese corpo nel 1710, quando fu fondata l’Accademia Clementina (Graziani, 2005, pp. 42-49); in seno a essa Torelli fu sempre assai attivo: tenne la cattedra di direttore di figura nel 1712, 1717, 1719, 1720, 1723, 1724, 1726, 1727, 1729, 1735, 1740, 1742, 1745, 1748, la carica di viceprincipe nel 1728 e nel 1733, e quella di principe nel 1734 (Farneti, 1988, pp. 107-116).

Nel 1710 i coniugi Torelli si recarono a Verona (Roli, 1978, p. 209): forse in quest’occasione Felice dipinse un’Immacolata Concezione per la chiesa di S. Orsola dei Mendicanti (oggi a Verona, Museo di Castelvecchio; Graziani, 2005, pp. 37 s., 185). Il successo del dipinto diede adito a copie autografe: due tra esse sono oggi a Castenaso, chiesa di S. Giovanni Battista, e a Bologna, santuario del Corpus Domini (Roli, 1989, p. 274; Chiodini, 2002; Graziani, 2005, pp. 185 s.). La composizione dell’Immacolata Concezione con s. Domenico (1729, Senigallia, già nella chiesa di S. Maria del Ponte al Porto, ora nella chiesa di S. Pio X) è più complessa, ma sempre dipendente da quella veronese (Curzi, 1989).

Il 1712 fu uno snodo fondamentale nella carriera dei coniugi pittori: in occasione della canonizzazione del pontefice domenicano Pio V, nella chiesa di S. Domenico in Bologna fu celebrato un solenne ottavario (Pascale Guidotti Magnani, 2018); a Felice fu richiesto di realizzare lo stendardo votivo, decorato su entrambi i lati: la faccia anteriore recava una Gloria di Pio V, mentre quella posteriore mostrava Pio V e il Crocifisso (Graziani, 2005, pp. 38-41, 189-191). Entrambe le opere sono tuttora ivi conservate, ma la prima fu riadattata nel 1737, mutando il volto del santo con quello dell’altro papa domenicano Benedetto XI, beatificato l’anno precedente (Crespi, 1769, p. 244; Chiodini, 1999). Per i coniugi questa commissione aprì la strada a numerose altre da parte dell’Ordine dei predicatori: tra queste, per la chiesa bolognese, Lucia dipinse il S. Domenico (1717) per la lunetta del portale e la pala raffigurante il Beato Ceslao che libera Breslavia dall’assedio dei Tartari (ante 1732; Graziani, 2005, pp. 233 s., 243 s.), mentre Felice dipinse pale per le chiese domenicane di Verona (Martirio di s. Pietro Martire, ante 1733, chiesa di S. Anastasia; pp. 201 s.), Faenza (S. Vincenzo Ferrer esorcizza gli indemoniati, 1741, chiesa di S. Domenico; p. 212), Imola (Pio V riceve dall’angelo l’annuncio della vittoria sui Turchi, 1746, chiesa dei Ss. Nicolò e Domenico; pp. 91, 216). Precedente era invece la Madonna del Rosario per Fano (1703-08, già chiesa di S. Domenico, ora Museo diocesano; Battistelli, 1979, e Graziani, 2005, p. 217).

Assai favoriti dalla committenza ecclesiastica, i Torelli continuarono non di meno a coltivare rapporti con l’aristocrazia: al 1712-13 risale la serie di quattro (in origine cinque) monumentali ritratti a figura intera per la famiglia Malvezzi (Dozza, Rocca Malvezzi Campeggi; pp. 69-71, 186-188); al 1724 la nutrita serie di ritratti della famiglia Augusti di Senigallia realizzati da Lucia (Senigallia, Pinacoteca diocesana), e un’Aurora del figlio Stefano (oggi dispersa), sempre per gli Augusti (Montevecchi, 1986; Graziani, 2005, pp. 74-82, 236-240, 246). Forti del successo della loro bottega e del prestigio raggiunto, i coniugi Torelli inviarono nel 1718 i propri autoritratti al granduca Cosimo III de’ Medici per il suo gabinetto dei ritratti (ora Firenze, Uffizi), accompagnati da lettere di presentazione (Graziani, 2005, pp. 48, 51, 197, 234, 327 s.).

La legazione bolognese del cardinale Tommaso Ruffo (1721-27) fu l’occasione per stringere contatti con uno dei prelati più in vista dell’amministrazione pontificia; questi fu anche aggregato all’Accademia Clementina (1724) e commissionò a Lucia Casalini un ritratto a figura intera, oggi disperso (p. 96). Tali contatti furono sfruttati anche quando Ruffo divenne arcivescovo di Ferrara: per il rinnovato palazzo episcopale, Felice dipinse un Ratto di Cefalo (1730-35; oggi Clamart, Hôtel de Ville), e soprattutto, per la cattedrale, il Martirio di s. Maurelio, pendant del Martirio di s. Giorgio dell’altro bolognese Ercole Graziani (pp. 93 s., 204 s., 209 s.).

Ancora una canonizzazione, questa volta di Luigi Gonzaga e di Stanislao Kostka, permise ai Torelli di consolidare i rapporti con l’Ordine dei due santi, la Compagnia di Gesù. Nel 1727 i gesuiti bolognesi commissionarono a Felice uno stendardo con l’effigie dei canonizzati; in origine collocato nella chiesa di S. Lucia, dopo la soppressione dell’Ordine (1773) fu dislocato a Forlì, nella chiesa del Corpus Domini (pp. 56 s., 199 s.). Altre pale per i gesuiti furono dipinte dalla moglie, mentre Felice realizzò due quadri per i gesuiti di Verona (oggi perduti) e il Gesù Bambino adorato dai ss. Francesco Saverio e Francesco Borgia per quelli di Bagnacavallo (chiesa del Suffragio; pp. 62, 194 s.). Per la chiesa del noviziato gesuitico di Bologna, S. Ignazio, Felice dipinse tra il 1730 e il 1732 il S. Ignazio bastonato, tuttora in loco, mentre il S. Ignazio e l’indemoniata (Fontanellato, cappella della Rocca Sanvitale; Graziani, 2013a, p. 12), del figlio Stefano, fu rifiutato poiché le figure femminili furono ritenute troppo discinte (Graziani, 2005, pp. 65, 206).

Ultima opera bolognese di Torelli fu il S. Camillo de Lellis in adorazione del Crocifisso (1743, Bologna, Ss. Gregorio e Siro; pp. 96 s., 214 s.). Degli ultimi anni di vita si ricorda anche un autoritratto (1743, Verona, Museo di Castelvecchio; pp. 99, 215).

Il 10 giugno 1748 Felice dettò le sue ultime volontà al parroco di S. Tommaso di Strada Maggiore e lasciò eredi universali i figli maschi superstiti: Stefano, che si trovava alla corte di Dresda, e Ignazio, che viveva a Colonia; morì il giorno seguente, «per accidente apoplettico» (Crespi, 1769, p. 245), e fu tumulato nella stessa chiesa (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Parrocchia di S. Tommaso di Strada Maggiore, Morti, reg. VI (1718-1764): Graziani, 2005, pp. 99, 108, 335 s.).

Abitava dal 1741 (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Parrocchia di S. Tommaso di Strada Maggiore, Stati delle anime, libro III, reg. XI, 1741) in un appartamento in affitto al terzo piano della casa della famiglia Cavazza (il cosiddetto palazzo del re Erode, piazza Aldrovandi, 8; Guidicini, 1872), ove fino al 1759 la vedova continuò a dimorare con la sorella Teresa (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Parrocchia di S. Tommaso di Strada Maggiore, Stati delle anime, l. III, regg. XVI-XVII, 1746-60).

Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, Battistero della chiesa cattedrale metropolitana di S. Pietro, Registri battesimali, 156 (1703), c. 123r, 157 (1704), c. 206v; Parrocchia di S. Tommaso di Strada Maggiore, Morti, reg. VI (1718-64), c. 70v; Stati delle anime, libro III, regg. XI-XVII (1741-60); Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, M. Oretti, Notizie de’ professori del dissegno, ms. B131, pp. 52-69, 71-74, ms. B135, p. 240.

P.A. Orlandi, L’Abecedario pittorico..., Bologna 1704, p. 149; G.P. Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina, II, Bologna 1739, p. 76; L. Crespi, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, III, Roma 1769, pp. 243-245; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, IV, Bologna 1872, p. 355; R. Brenzoni, Giuseppe Torelli musicista veronese, in Note d’archivio per la storia musicale, XIII (1936), 1-2, pp. 22-37; D.C. Miller, F. T., pittore bolognese, in Bollettino d’arte, s. 4, XLIX (1964), pp. 54-66; R. Roli, Pittura bolognese, 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, p. 113; Id., F. T., in La pittura a Verona tra Sei e Settecento (catal.), a cura di L. Magagnato, Verona 1978, pp. 208-211; F. Battistelli, Note su un dipinto e un disegno di F. T., in Notizie da Palazzo Albani, VIII (1979), 1, pp. 89-92; B. Montevecchi, Su Lucia Casalini Torelli ritrattista bolognese, ibid., XV (1986), 2, pp. 73-86; F. Farneti, I maestri dell’Accademia Clementina (1710-1803), in Accademia Clementina. Atti e memorie, XXIII (1988), pp. 103-131; V. Curzi, Un inedito di F. T. a Senigallia, in Notizie da Palazzo Albani, XVIII (1989), 2, pp. 75-78; R. Roli, La pittura in Emilia Romagna nella prima metà del Settecento, in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di G. Briganti, I, Milano 1989, pp. 252-275; S. Marinelli, La pittura veneta nel Ducato estense dall’età barocca alla Restaurazione, in La pittura veneta negli Stati estensi, a cura di J. Bentini - S. Marinelli - A. Mazza, Modena 1996, pp. 343-391; F. Chiodini, Intorno a due pale del T. in S. Domenico a Bologna, in Arte cristiana, LXXXVII (1999), pp. 351-355; Id., L’Immacolata Concezione in due pale della provincia bolognese: F. T. e Giuseppe Varotti, ibid., XC (2002), pp. 347-350; I. Graziani, La bottega dei Torelli. Da Bologna alla Russia di Caterina la Grande, Bologna 2005 (con bibliografia); Ead., Sognare l’Arcadia. Stefano Torelli, “peintre enchanteur” nelle grandi corti del Nord Europa, Bologna 2013a; Ead., Nuove considerazioni sull’attività di Stefano Torelli alle corti di Dresda e San Pietroburgo, in Crocevia e capitale della migrazione artistica, a cura di S. Frommel, Bologna 2013b, pp. 457-470; C. Solacini, Stefano Torelli alla corte di Caterina II, in Ricerche di Storia dell’arte, 2013, nn. 110-111, pp. 161-168; H. van der Linden, Benedetto Pamphilj in Bologna (1690-3): documents on his patronage of music, in Royal Musical Association Research Chronicle, XLVII (2016), pp. 1-58; D. Pascale Guidotti Magnani, Spazi plurali per la musica sacra. Architettura, scenografia, apparati e musica a Bologna tra Sei e Settecento, in Felsina cantatrice. La musica a Bologna e in Accademia tra il 1666 e il 1716. Atti del Convegno, ... 2016, a cura di P. Mioli, Bologna 2018, pp. 105-111.

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