FERRO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

FERRO (XV, p. 65)

Carlo COLI

Forni elettrici per ghisa (p. 84). - Il problema della fabbricazione della ghisa al forno elettrico ha interessato da tempo i siderurgici in particolare di quei paesi nei quali vi è scarsitb di carbone e disponibilità di energia elettrica. Nei forni elettrici infatti il consumo di carbonio sta in confronto al consumo degli alti forni soffiati generalmente nella proporzione 1 : 2,2 ÷ 2,6.

I primi esperimenti furono eseguiti in Italia da Ernesto Stassano nel 1898 e a questi seguirono altri esperimenti di Héroult in Francia e altri ancora in Italia, utilizzando forni aperti già costruiti per la fabbricazione di ferroleghe.

Lo sviluppo definitivo e l'evoluzione di detti forni si deve però ai paesi nordici di Europa e in particolare alla Svezia e alla Norvegia. Ricordiamo il forno Electro-Metal (Grönwal-Lindblad Stalhane: v. XV, p. 84), che però non ha potuto avere l'estensione desiderata, poiché esso non si è dimostrato particolarmente adatto per la marcia con coke e pertanto ha pututo avere sviluppo solo nei paesi che disponevano di grande quantitativo di carbone di legna. Di circa 20 alti forni Electro-Metal che funzionavano in Svezia nel 1920, solo 6 funzionavano nel 1936. Due di questi alti forni che esistevano in Italia presso uno stabilimento siderurgico di Aosta furono definitivamente fermati nel 1924. Altri tentativi per la fabbricazione di ghisa agli alti forni elettrici con coke non ebbero migliore fortuna. Il forno Tynfos, che ha funzionato in Norvegia per qualche anno (1910-22), per la produzione di ghisa ad alto tenore di silicio, non ha rappresentato un progresso sensibile soprattutto perché non permetteva la costruzione di grandi unità.

Dopo la guerra mondiale il governo norvegese prese l'iniziativa per un esperimento d'un nuovo forno elettrico per ghisa, in cui si usava coke quale riducente, sulla base di esperimenti eseguiti da Giorgio Tysland. Avendo iniziato i primi esperimenti in un forno di 500 kW istallato a Fiscaa presso Kristiansand, nel 1925 si costruiva già un forno da 6000 kW, e oggi in Finlandia marcia da qualche mese un forno della potenza di 10.000 kW. La fig. i rappresenta lo schema di un forno elettrico di questo tipo dell'impianto "Imatra Jernwerk" della A.-S. Vuoksenniska, presso Imatra Jern.

Forni di questo tipo e della potenza di 5500 kW si trovano anche in Italia e sono impiantati in un'acciaieria lombarda. Le figg. 2 e 3 rappresentano particolari di detti forni.

Il forno Tysland è costruito per lavorare con coke, ma può funzionare anche con carbone di legna. Esso è chiuso e permette la captazione di gas a circa 2500 calorie, di cui si producono circa 700 mc. per tonnellata di ghisa prodotta. L'analisi media del gas può considerarsi la seguente: CO2 = 15%; CO = 78%; CH4 = 1%; H = 5%; N2 = 1%. Tale gas può essere utilizzato nei forni di riscaldo dei laminatoi e anche per sintesi organica. I gas vengono raccolti e, dopo depurazione, avviatì per la loro utilizzazione.

Negli ultimi anni anche la Siemens ha progettato un forno elettrico per la fabbricazione di ghisa. Un forno Siemens (fig. 5) della potenza di 12.000 kVA, è istallato ad Aosta presso l'acciaieria della Società anonima nazionale Cogne.

Il rendimento di tali forni si può considerare ottimo, avendo un cos ϕ non mai inferiore a 0,80, generalmente attorno a 0,88. Il consumo di energia varia, con marcia a coke, a seconda della qualità di ghisa che si fabbrica e per ghise che contengono il 4% di C, 1% di Mn, 1% di Si è fra 2400 e 2600 kWh. Per ghise da fonderia ad alto tenore di Si può salire a 3000 kWh. Il consumo degli elettrodi varia da 10 a 15 kg. per tonnellata di ghisa prodotta e il consumo di coke è attorno a 400 kg. per tonnellata.

Come appare dalle sezioni delle figure 1 e 5, detti forni, a differenza degli alti forni soffiati ed anche dei forni elettrici per ghisa precedentemente sperimentati (Electro-Metal, Tynfos), non hanno tino.

Essi sono costituiti esclusivamente da un grande crogiolo rivestito internamente di blocchi di carbone come refrattario, chiuso nella parte superiore da una volta raffreddata, la quale è provvista degli opportuni fori, per il passaggio delle tramogge attraverso cui è immessa nel crogiolo la miscela minerale carboni e fondenti, e per il passaggio degli elettrodi. Il crogiolo porta superiormente due o tre aperture per la presa del gas, il quale, come abbiamo detto, viene avviato agli apparecchi di lavaggio per la sua utilizzazione.

La regolazione di corrente viene fatta sia variando il voltaggio fra gli elettrodi (il trasformatore ha prese variabili di 5 in 5 volt da 90 a 160 volt), sia regolando l'amperaggio approfondendo più o meno l'elettrodo nella carica.

Agendo opportunamente su questi due fattori, si ottiene un cos ϕ sempre elevato anche quando il forno lavora a potenza ridotta.

Tali forni, a seconda del tipo, hanno una o due bocche di colata attraverso cui esce la ghisa mescolata alle scorie, le quali vengono, fuori del forno, opportunamente separate.

La fig. 3 mostra la bocca di colata con i canali di separazione della scoria dalla ghisa.

Attualmente in Italia esistono 7 impianti di forni elettrici del tipo sopra descritto, 6 da 5500 kW e 1 da 10.000 kW; in Norvegia 2 da 5000 e 7000 kW; in Finlandia 1 da 10.000 kW; in Svezia 2 da 5500 kW e da 10.000 kW.

Forni elettrici per acciaio (p. 98). - Dopo aver esperimentato i varî tipi di forni elettrici già descritti, l'industria siderurgica si può dire oggi totalmente orientata verso il tipo di forni cosiddetti ad arco indiretto di cui il tipo classico rimane il forno elettrico Héroult. Oggi le varie ditte costruttrici basano le caratteristiche del loro forno su perfezionamenti di ordine meccanico che diminuiscono il costo di esercizio, ma fermo rimane il principio di funzionamento, come forno nel quale l'arco è prodotto fra elettrodo e bagno attraverso la scoria che protegge il bagno stesso da fenomeni di sovrariscaldo provocati dall'arco, nonché da fenomeni di ossidazione dovuti a entrata d'aria nel forno.

I perfezionamenti portati negli ultimi tempi ai forni elettrici per acciaio hanno condotto a un migliore rendimento dei forni riducendo i tempi d'inattività e di fusione e ottenendo un migliore rendimento termico. I tempi d'inattività sono stati ridotti attrezzando i forni in modo che la carica venga immessa dall'alto e in pochissimi minuti (3 o 4), mediante un cestello, entro il quale è stata preventivamente disposta tutta la carica di rottame, dopo aver sollevato ed asportato la vòlta del forno (fig. 4) oppure asportato il crogiolo stesso del forno. In tal modo le molte ore che nei primi tempi del forno elettrico si dovevano spendere per quest'operazione vengono economizzate.

I tempi di fusione si sono migliorati usando potenze più elevate e applicando opportuni regolatori di corrente automatici (fig. 6) in luogo della regolazione manuale, ottenendo un diagramma di utilizzazione di corrente con ordinata regolarissima.

Oggi si costruiscono forni elettrici dei tipi sopraindicati fino a 30 e anche 50 tonn.

Il rivestimento del crogiolo è generalmente basico, costituito da una pigiata di dolomite calcinata e macinata.

Nella fabbricazione dell'acciaio ha molta importanza la natura del rivestimento poiché da esso dipende la natura delle scorie che costituiscono la base fondamentale per l'elaborazione dell'acciaio; sono cioè il mezzo con cui avvengono tutte le reazioni di purificazione dell'acciaio.

Forni a induzione. - Mentre i forni a induzione con nucleo magnetico non hanno avuto larga diffusione per la loro applicazione limitata all'affinazione della carica liquida proveniente generalmente dai forni Martin, hanno negli ultimi anni avuto larga diffusione i forni a induzione ad alta frequenza denominati anche "forni a induzione senza nucleo".

Le figg. 7 e 8 dànno schemi d'impianto del forno a induzione.

Un convertitore produce corrente alternata a 500 periodi per forni superiori a 500 kg. di capacità, oppure a 1000 periodi o più, fino a 10.000, per forni a capacità più piccola, fino a 100 kg. Tale corrente è avviata in una bobina raffreddata ad acqua a numero di spire variabile a seconda della grandezza del forno. Contro questa bobina viene messo uno strato di 2 o 3 mm. di amianto e su di esso è pigiato il crogiolo, il quale tuttavia nei piccoli forni può essere fabbricato a parte, essiccato preventivamente, e messo in posto dopo ultimato.

Tale crogiolo è di silice, e perciò questo forno a induzione appartiene a quelli con rivestimento acido. Non mancano però forni con rivestimento basico di magnesite.

Il flusso elettromagnetico proveniente dalla bobina per effetto di correnti parassite riscalda la carica fino al punto di fusione.

Se il forno fosse costituito del solo generatore di corrente alternata e della bobina si avrebbe un rendimento pessimo a causa del fortissimo sfasamento della corrente, conseguenza dell'altissima autoinduzione della bobina di rame. In tale condizione il sistema non sarebbe economico. Si è ovviato completamente a questo inconveniente inserendo dei condensatori. Oggi si hanno impianti di forni ad alta frequenza aventi un cos ϕ = 1 circa.

In tali forni il flusso elettroinduttivo provoca nel bagno fuso un movimento più o meno forte a seconda della frequenza favorendone l'omogeneizzazione.

La potenza assorbita dal forno a induzione è

è un fattore dipendente dalle proporzioni geometriche della bobina d'induzione e del crogiolo, σ la resistenza specifica, f la frequenza e Z gli ampere-spire.

Il consumo di questi forni per la fusione della carica solida ammonta a 500/600 kWh per tonn. di materiale.

Tali forni tuttavia non permettono l'elaborazione della scoria come avviene nei forni Martin ed elettrici ad arco e pertanto le reazioni fra scoria e bagno sono più limitate.

Sono usati come succedanei dei forni a crogiolo e, per il vantaggio di non avere carbone nella loro struttura e nel loro mezzo di funzionamento, permettono di ottenere acciai a bassissimo tenore di carbonio che dapprima non era possibile ottenere con gli altri tipi di forno.

Il rendimento termico della corrente elettrica in detti forni si calcola sia dal 60 al 75%. Dal 3 al 5% si calcolano le perdite dovute ai condensatori, dal 25 al 30% quelle dovute all'acqua per il raffreddamento delle bobine, del convertitore e del trasformatore.

Tali rendimenti rispetto agli altri forni si debbono considerare eccellenti.

Da alcuni anni sono in corso esperienze per la costruzione di forni alimentati da convertitori statici di corrente trifase 50 per./sec. in monofase 1000 per./sec. e sembra si siano raggiunti risultati industriali interessanti per forni fino a 600 kg.

In Germania continuano pure esperimenti per l'esecusione di forni a induzione, alimentati direttamente con corrente a frequenza industriale di 50 periodi. Sono forni del tipo Siemens-Rhon nei quali il rivestimento è basico e nei quali è possibile un'elevata azione della scoria sul bagno per effetto del fortissimo movimento a cui è sottoposto il bagno stesso.

I risultati di tali ricerche non sono però definitivi e finora sembrano servire solo per l'affinazione.

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Ernesto stassano