Feudalesimo

Dizionario di Storia (2010)

feudalesimo


Forma di aggregazione politica della aristocrazia affermatasi originariamente nella società franca nell’alto Medioevo. Il concetto di f., definitosi originariamente nell’ambito del diritto, si è poi evoluto e modificato sulla base di usi contingenti per lo più estranei all’indagine storiografica. Ecco perché, pur non rinunciando a impiegare un termine carico di implicazioni che le sono estranee, la storiografia tende a ricondurlo a limitati ambiti cronologici e geografici, negando comunque ormai che esso possa essere correttamente impiegato per definire un determinato periodo storico, come «etichetta» onnicomprensiva di una società (quella dell’età carolingia, o quella dei secoli centrali del Medioevo) e, magari, del suo modo di produzione (quello agrario: il mito del legame tra feudo e curtis). Le componenti fondamentali del «problema f.» sono rappresentate dal e dal vassallaggio (➔ ). Da quest’ultimo punto di vista, elementi per solito definiti «prefeudali» si possono cogliere durante il Basso impero romano nel costituirsi, di fronte alla progressiva impotenza dello Stato, di veri e propri patronati nei latifondi che disponevano perfino di milizie private; e così può dirsi prefeudale l’uso nel mondo germanico di farsi «compagni» d’un capo valoroso e anziano, legandosi a lui con giuramento di fedeltà. Ma fu specialmente nella Gallia merovingia della seconda metà del 7° sec., quando l’aristocrazia regionale andò sempre più inserendosi nei conflitti che si aprivano a ogni successione, che le clientele armate assunsero un grande rilievo a ogni livello della gerarchia dei poteri. Spesso allora si sopperì alla necessità di ripagare una continuativa fedeltà militare fondata sulla figura del combattente a cavallo con donazioni fondiarie o con la concessione in «beneficio» (cioè senza la contropartita della corresponsione di un canone in natura o in denaro) di un possesso fondiario. È però con i carolingi che il mutuo rapporto di fedeltà e protezione tra il signore e il vassallo, il rapporto di vassallaggio, viene associato in maniera sempre più sistematica con la pratica della concessione vitalizia di un beneficio (o feudo) da parte del signore che, senza alienare le sue proprietà, poteva così assicurare il mantenimento del vassallo e compensarne la fedeltà militare. Quel compenso non comprendeva tuttavia il diritto di amministrare la giustizia sulla terra ricevuta, e il rapporto vassallatico-beneficiario si configura perciò al suo sorgere nel mondo franco non tanto come elemento base di un organico sistema politico, quello evocato dall’immagine della «piramide feudale» da riservarsi a casi più tardi e particolari come quello dell’Inghilterra normanna, ma come strumento di raccordo e coordinamento politico delle aristocrazie. Una funzione che manterrà anche dopo la crisi dell’età postcarolingia, nel quadro del frazionamento politico che mise in luce l’affermarsi di un potere basato sulla signoria fondiaria (➔ ). Quella feudale è soltanto una delle componenti di questo processo che vede il serrarsi delle maglie della signoria fondiaria, la sua territorializzazione, l’incastellamento dei centri signorili, l’acquisizione dei poteri di banno (di coercizione e comando), fino al godimento di fatto di quelle immunità (nate in ambito ecclesiastico) che permettono alla signoria fondiaria di incorporare poteri di origine pubblica, di difesa militare e di esercizio giurisdizionale (➔ ). Fu poi proprio per il tramite degli istituti feudali, ormai molto modificati rispetto a quelli carolingi (divenuti ereditari e inalienabili: nell’877, con il Capitolare di Quierzy, per quel che riguarda i feudi maggiori, e nel 1037, con le leggi di Corrado II, per i feudi minori; con il che il feudo entra a far parte del patrimonio familiare e del suo asse ereditario), che, tra 11° e 13° sec., si affermò la tendenza al costituirsi di organizzazioni politiche più ampie, gli Stati feudali, o, più propriamente, di orientamento feudale, dato che Stati completamente feudalizzati non ve ne furono mai. Ancora una volta, l’applicazione dei rapporti feudo-vassallatici ebbe il ruolo di legittimazione a posteriori, di raccordo tra i poteri signorili sviluppatisi nei secoli precedenti e ora inseriti in una gerarchia di poteri facenti capo a quello regio o imperiale. Non a caso questi raccordi vassallatici tornarono a essere numerosi e perfino sollecitati a partire dal 12° secolo. Con la formazione dello Stato moderno il termine «f.» venne impiegato estensivamente per designare il regime caratterizzato dalla signoria rurale. I feudi diventavano spesso delle forme di assegni sulle entrate dello Stato con cui i sovrani compensavano cortigiani e funzionari, o cercavano di provvedere ai loro bisogni straordinari, procurandosi, con l’investire finanziatori, introiti forti e immediati. Onde la diffusa irritazione, nei soggetti, per le richieste delle antiche prestazioni personali dei tributi da corrispondersi al feudatario, pesanti per la differenza vistosa con le franchigie di cui invece godevano le borghesie cittadine, e per l’ormai avvenuta assunzione da parte dello Stato di funzioni di protezione e di difesa. Fu la Rivoluzione francese a spazzare via questa sovrastruttura feudale: ma già prima l’assolutismo illuminato aveva avviato l’eversione dei feudi, incompatibili, per il loro carattere privatistico, con la concezione moderna dello Stato, quale si andava realizzando.

Si veda anche I feudalesimi

CATEGORIE