Fiaba

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Racconto di avventure in cui domina il meraviglioso, negli episodi come nei personaggi, anonimo e popolare, di fonte e tradizione orale (➔ favola). La f. ebbe sin dai tempi remoti vastissima diffusione nel mondo indoeuropeo, quale importante genere della narrativa orale d’intrattenimento. Dal punto di vista letterario, ebbe grande sviluppo in Oriente (Mille e una notte), mentre in Occidente fu in epoche diverse utilizzata a fini artistici da scrittori che ne fecero pretesto per elaborazioni raffinate nella loro apparente ingenuità e primitività, o, ispirandosi al modello popolare, ne composero di nuove, anche di genere teatrale: le cosiddette f. drammatiche (di cui sono un esempio nell’Inghilterra elisabettiana il Sogno di una notte di mezza estate e La tempesta di Shakespeare).

Il Romanticismo apprezzò la f. come espressione di una poesia ingenua: con Wilhelm Karl e Jabob Ludwig Karl Grimm iniziò la raccolta sistematica di f. popolari, presto diffusasi in tutta Europa. Le antologie diedero impulso agli studi sulla f., che nella ricorrenza dei motivi narrativi videro confermata l’antichità della f. stessa. Alla cosiddetta Scuola finnica di A. Aarne e S. Thompson si deve la redazione, nei primi decenni del 20° sec., di grandi indici internazionali di tipi e motivi. Per altro verso, sulla scorta delle teorie evoluzioniste, si credette che le f. recassero testimonianza di credenze, costumi e riti delle fasi storiche più arcaiche dei popoli che le narravano. In parziale sintonia con quest’ultimo approccio si pone l’opera del sovietico V. Propp, cui si deve il primo, fondamentale studio morfologico della fiaba. Gli studiosi di scuola psicanalitica (per es., B. Bettelheim), invece, individuano nei temi e nei personaggi della f. le stesse immagini simboliche che affiorano nel sogno.

In Italia, elaborazioni letterarie di materiale fiabesco si ebbero fin dal Rinascimento con G. Straparola (Le piacevoli notti, 1550-53), nell’età barocca con G. Basile (Lo cunto de li cunti, 1634-36) e negli ultimi decenni del 18° sec. con C. Gozzi, che oppose le sue f. teatrali all’asserito «tritume» realistico di C. Goldoni. Una raccolta sistematica di f. popolari iniziò alla fine del 19° sec., con netto ritardo sugli altri paesi europei, a opera di letterati e folcloristi come V. Imbriani, A. De Gubernatis, D. Comparetti, G. Pitré, J. Visentini e altri, con criteri e metodi tra loro alquanto diversi.

Rielaborazioni delle f. nel campo della letteratura per bambini si debbono a L. Capuana (C’era una volta ..., 1882), a G. Gozzano (La principessa si sposa. Fiabe, 1917) e a I. Calvino, che tradusse dai dialetti 200 tra le f. più rappresentative del folclore italiano, pubblicandole in una raccolta (Fiabe italiane, 1956).

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