FIABA

Enciclopedia Italiana (1932)

FIABA (da un *flaba, continuatore di fabula "favola")

Vittorio Santoli

J. G. Herder vide nelle fiabe "in certa misura resti della fede del popolo, della sua intuizione sensibile, delle sue forze e istinti, dove si sogna perché non si sa, si crede perché non si vede". Queste idee furono svolte nel senso della primitività storica dai Grimm, i quali credettero che le fiabe fossero nate presso il popolo dai residui lasciati dalle primitive credenze mitiche ed eroiche degli Arî. Più tardi, lasciando da parte Max Müller, che interpretò le fiabe come simboli naturistici del succedersi del giorno e della notte, dell'alternarsi delle stagioni, dei movimenti dei corpi celesti e dei varî fenomeni meteorologici, si tornò in certo modo all'idea dei Grimm, ma non più ristretta al mondo indoeuropeo, con E. B. Tylor e A. Lang, i quali videro nelle fiabe testimonianze delle credenze e dell'animo dei popoli nelle loro fasi più antiche. E siccome presso tutti i primitivi incontriamo rappresentazioni religiose simili, senza che si possa pensare a influenze reciproche, così la poligenesi delle fiabe parve dimostrata. Il risultato forse migliore di questi studî fu quello di aver riconosciuto che nella fiaba primitiva si possono trovare tracce di credenze antichissime in forze proprie di uomini, animali e oggetti del mondo circostante, in operazioni e atti magici, nell'esistenza di spiriti, nella varia sopravvivenza delle anime dopo morte, in demonî, in esseri mostruosi, ecc.

La comparazione, i cui primi inizî si trovano nei Grimm, ha portato a riscontrare nelle fiabe dei popoli più diversi press'a poco gli stessi motivi; ma non bisogna però dimenticare che nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte appunto a motivi, non a fiabe; e che sarebbe dunque errore voler dedurre senza altro dall'affinità o dall'identità dei primi un rapporto di relazione delle seconde, perché la fiaba, anche nelle forme più semplici e popolari, è un'opera d'arte, forma e organismo. Converrà dunque considerare di volta in volta ogni fiaba a sé, e valutare criticamente se sia il caso di parlare di derivazione effettiva di una versione da una altra o non, invece, quello di constatare che la somiglianza si dissolve in una generica affinità di contenuto. Questo vale soprattutto per le fiabe popolari e originarie, delle quali, quando siano distinte dalle favole, non molte avanzano. Motivi fiabeschi si possono trovare frammischiati ad altri, in moltissime opere letterarie, per es., nell'epos babilonese di Gilgamesh, nella Bibbia, nelle grandi raccolte di narrazioni indiane come il Panciatantra, più ancora nelle Mile e una Notte, nelle Metamorfosi di Ovidio, in Apuleio, nell'Odissea, nei romanzi del ciclo bretone, nel Boccaccio, nello Shakespeare. Ma anche qui ci troviamo di fronte a motivi fiabeschi consapevolmente elaborati, mescolati ad altri o diversi, come (per tacere di quelli concettuali e insegnativi) i novellistici.

La fiaba si distingue dalla favola (v.), inquantoché in essa non solo non può esistere assolutamente un fine morale, ma neppure gli animali compaiono necessariamente e con caratteri precisi e ben determinati; dalla saga, in quanto non è legata ad avvenimenti, a luoghi e a tempi determinati; e dalla novella, inquantoché da essa esula ogni intenzione realistica. "Nulla contrasta più con lo spirito della fiaba che un fato morale, una relazione necessaria" (Novalis). La fiaba è, sì, come la novella, un racconto, ma un racconto condotto su un tono di primitività e d'ingenua purezza, costruito con personaggi e con un tocco estremamente stilizzati, e appartiene quindi, in quanto viene elaborata artisticamente, a epoche di grande raffinatezza, come si vede dal suo fiorire nell'ellenismo, nella Francia della fine del Seicento, nella quale il conte de fée ebbe tanta voga, e poi, ancora, nel movimento romantico e decadente, in un Andersen e in un Wilde. Racconti nei quali siano visibili motivi satirici, ironici e cerebrali, oppure decisamente costruttivi (per es., le cosiddette fiabe di Carlo Gozzi, i racconti di E. T. A. Hoffmann e di E. A. Poe) non sono fiabe: per l'assenza di questi motivi, per l'esclusivo dominio di una pura fantasia dai modi ingenui e di sogno, fiabesca è invece molta della miglior parte della letteratura per l'infanzia.

Dai Grimm (v. ora le Anmerkungen zu den Kinder- und Hausmärchen der Brüder Grimm, rielaborate da J. Bolte e G. Polivka, I-V, Berlino 1913-1930), venne l'impulso a raccogliere fiabe dalla tradizione orale e sul loro esempio sono state messe insieme, si può dire per ogni paese, con eriterî più o meno sicuri, raccolte più o meno vaste. L'edizione del Panciatantra di T. Benfey, Lipsia 1859, richiamò l'attenzione sulla favola e la fiaba indiana e costituì il qunto di partenza della cosiddetta tendenza orientalistica (R. Köhler, E. Cosquin, ecc.) che crede derivare dall'India tutto o quasi il patrimonio favolistico e fiabesco; più di recente, applicato soprattutto alle fiabe di carattere e di tradizione popolareggianti, è sorto il metodo storico-geografico (K. Krohn, A. Olrik, A. Aarne, ecc.). Una grande collezione di Märchen der Weltliteratur si viene pubblicando sotto la direzione di F. v. der Leyen e P. Zaunert, Jena 1912 segg.; per l'Italia, v. G. Pitrè, Bibliografia delle trad. pop. d'Italia, Torino-Palermo 1894, L. Sorrento, Folclore e dialetti d'Italia (1925-27), in Aevum, I (1927), pp. 635-782.

Bibl.: J. Bolte, Name und Merkmale des Märchens, Helsinki 1920; E. Bethe, Märchen, Sage und Mythus, Lipsia 1922; F. v. der Leyen, Das Märchen, 3ª ed., Lipsia 1925; A. Lang, Myth, Ritual and Religion, Londra 1887; A. Aarne, Verzeichnis der Märchentypen, 1910; id., Finnische Märchenvarianten, 1911; id., Leitfaden der vergleichenden Märchenforschung, 1913 (importante per il metodo e con bibl.); id., Übersicht der Märchenliteratur, 1914 (in Folklore Fellows Communications); id., Vergleichende Märchenforschung, in Mémoires de la Société Finne-Ougrienne, XXV, Helsingfors 1908; A. Olrik, Nogle Grundsætninger for Sagnforskning, Copenaghen 1921. Sulla fiaba come opera d'arte e sulla sua elaborazione artistica, contro il pregiudizio romantico del suo carattere popolare, v. B. Croce, G. B. Basile e l'elaborazione artistica delle fiabe popolari, premesso alla sua trad. ital. del Pentamerone, Bari 1925. Sulla fiaba letteraria, v. andersen; perrault; ecc.

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