BARBIERI, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)

BARBIERI, Filippo (Barberi Filippo, Philippus de Barberis, Philippus Siculus)

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Nato a Siracusa intorno al 1426, ancor giovane il B. entrò a far parte dell'Ordine dei domenicani, presso il locale convento dei predicatori. Si addottorò forse a Catania, dove sicuramente risiedette per parecchio tempo, perché il 12 dic. 1461, in occasione del conferimento di una laurea presso l'università di Catania, il B. sostituì il vescovo Guglielmo Bellomo. Prova della considerazione in cui egli era tenuto si ebbe quando, il 4 maggio 1481 (come risulta da un documento studiato dal Sabbadini), i giurati di Catania gli affidarono un memoriale, che non avrebbero altrimenti potuto inoltrare a Palermo per l'impossibilità finanziaria di inviarvi un ambasciatore.

Insegnante, forse, di teologia nella scuola aperta a Palermo nel 1450 Sotto gli auspici di Pietro Ransano, il B. divenne presto famoso sia come filosofo sia come oratore. Due volte in Ungheria presso la corte di Mattia Corvino in un periodo anteriore al 1474, fu molto apprezzato, tanto che, alla fine della sua permanenza, il re volle assegnargli un vitalizio. Nel 1474 fu destinato per l'esercizio della predicazione prima al convento fiorentino di S. Maria Novella e quindi, poco dopo, alla corte aragonese di Napoli. Il 25 luglio 1474 egli si trasferiva a Siviglia per svolgere una missione, della quale peraltro non siamo chiaramente informati; durante questo suo soggiorno spagnolo seppe cattivarsi le simpatie dei sovrani e della corte. Ritornato in Italia, il 20 febbraio dell'anno successivo venne chiamato a succedere a Salvo Cassetta (nominato maestro del Sacro Palazzo a Roma) nella carica di inquisitore generale della Sicilia, Sardegna e Malta.

Secondo V. M. Fontana e R. Pirro, il B. avrebbe ricoperto fin dal 1462 la carica di inquisitore del S. Offizio; in proposito si ricorda un episodio, secondo il quale egli sarebbe intervenuto contro alcune "streghe" provenienti dalla Calabria. Di tale episodio, tuttavia, non è possibile trovare documentazione.

Nel 1475 il B. si recò nuovamente in Spagna per sollecitare la conferma di un privilegio rilasciato in favore dell'Inquisizione da Federico II nel 1233; in esso l'imperatore stabiliva che i beni confiscati agli eretici dovevano esser divisi in parti eguali tra l'Inquisizione, la Sede apostolica e il fisco regio. Tale privilegio era stato probabilmente già confermato da Alfonso il Magnanimo nel 1451; il B., comunque, riuscì a farlo confermare anche dalla regina Isabella a Siviglia il 2 ott. 1477, dal reggente Ferdinando il 18 ottobre e dallo stesso vecchio re Giovanni il 10 dicembre di quello stesso anno. In tutte le conferme del privilegio federiciano i sovrani accennano al B. con parole di stima e di benevolenza.

Il 4 ed il 24 luglio 1479 ed ancora il 22 febbr. 1480 furono concesse al B. delle "esecutorie" intese a facilitargli un viaggio in Spagna e ad ottenergli l'appoggio delle autorità locali nella lotta contro i "falsi cristiani".

Sulla base di questi documenti si è pensato che il B. avesse avuto parte nell'indurre i sovrani di Spagna a intraprendere con nuovo vigore la persecuzione degli ebrei, implicitamente autorizzata da Sisto IV, il quale con la bolla del 10 nov. 1478 aveva concesso a Isabella e a Ferdinando il potere di nominare due o tre inquisitori per "procedere contro i Giudei recidivi" (v. Pastor, p. 593), i quali, dopo aver abbracciato la fede cristiana per sfuggire alle persecuzioni, erano rimasti legati o erano ritornati al giudaismo. La particolare durezza della per59cuzione condotta dagli inquisitori domenicani Miguel Morillo e Juan de San Martin, cui si aggiunse il sacerdote secolare Juan Ruiz de Medina, destò violente proteste presso la Curia romana; ma gli interventi successivi di Sisto IV, intesi a mitigare le durezze della persecuzione o comunque a non lasciare la direzione dell'Inquisizione completamente in mano a Ferdinando, non ottennero grandi risultati: il 2 ag. 1483 venne nominato inquisitore generale il priore dei domenicani di Santa Cruz, Tomás de Torquemada. Una partecipazione diretta del B. a queste vicende e, tanto meno, una sua opposizione alle.direttive di Sisto IV non appaiono documentate.

Il 20 sett. 1479 il B. venne nominato vicario del convento di Messina; il 27 giugno 1481, però, accusato di aver composto un libello diffamatorio nei confronti di alcuni famosi personaggi del tempo, quali Paolo II e Sisto IV, venne esonerato da tutte le cariche che ricopriva, e Solo il 25 gennaio dell'anno successivo, "propter humilitatem et poenitentiam factam", otteneva il condono della punizione e veniva reintegrato nelle cariche precedentemente avute (Coniglione).

Dopo tale reintegrazione il B. dovette rientrare in Sicilia e, probabilmente il 30 giugno 1485, un frate del convento di S. Domenico di Palermo, tale Pietro Fichera, veniva nominato vicario generale dell'Inquisizione di Sicilia subordinatamente al consenso di "magister Philippus Inquisitor", come si rileva dai Registra (Magistrorum ac procuratorum generalium O. P. registra litterarum minora [1469-1523], a cura di G. Meersseman e D. Planzer, in Monumenta Ord. Praed. Historica, XXI, Romae 1947, pp. 50 S.)A Palermo il B. rimase fino alla morte, avvenuta quando stava per partire per Roma, anteriormente quindi al 13 giugno 1487, data in cui il generale dell'Ordine dichiara che i "Bona Magistri Philippi de Barberis nuper defuncti declarantur pertinere ad Provinciam". Gli furono resi solenni onori funebri e le sue spoglie furono seppellite nella chiesa di S. Domenico.

Teologo, storico e filosofo, lodato dai biografi per la sua dottrina, il B. fu considerato erroneamente dal Narbone discepolo del cardinale Tommaso de Vio, generale dell'Ordine dei predicatori, il quale invece cominciò a insegnare nel 1491, cioè dopo la morte del Barbieri. Le opere di quest'ultimo, pubblicate quasi tutte nella seconda metà del Quattrocento, non portano sempre il suo nome: mancano infatti di frontespizio e, a volte, anche delle note tipografiche. Il B. è autore di una cronaca di papi e imperatori (dal 1316 al 1469), pubblicata anonima per la prima volta a Roma nel 1474. Attribuita erroneamente all'editore messinese Giovanni Filippo de Lignamine, il Muratori la pubblicò nei Rerum italicarum scriptores, IX, Mediolani 1726, C011. 263-276, sulla base del testo del 1474, con il seguente titolo: Philippi de Lignamine Continuatio chronici Ricobaldini ab anno MCCCXVI ad an. MCCCCLXIX. Anche l'Eccard ed il Fabricius fecero dell'editore Giovanni Filippo de Lignanime e dell'autore della cronaca una stessa persona; mentre il Mansi, nell'edizione da lui curata della Bibliotheca latina del Fabricius, distinse lo stampatore dall'autore, cui attribuì il cognome de Lignamine e il nome Filippo e che probabilmente (il contesto non è molto chiaro) identificò con il Barbieri. Il Tiraboschi, riportando ed accettando la precisazione del Mansi, pose in dubbio tuttavia la legittimità del cognome de Lignamine attribuito al B., che egli considerava certo autore della cronaca: tale cognome sarebbe stato, sempre secondo il Tiraboschi, dedotto con probabilità da quanto l'editore messinese scrisse nella prefazione agli Opuscula (1481), alludendo al B.: "magister Philippus conterraneus et affinis meus". Altri, infine, parlarono d'un domenicano Giovanni Filippo de Lignamine nipote dell'editore, peraltro sconosciuto. Secondo l'Evola non è da escludersi che lo stesso Giovanni Filippo de Lignamine, uomo intraprendente, che seppe accattivarsi le simpatie di Sisto IV dedicandogli, fra l'altro, due scritti, abbia volutamente favorito l'equivoco sull'identità dell'autore della cronaca proprio con la frase citata.

Dal punto di vista del contenuto, la cronaca si differenzia da quella di Ricobaldo, che risulta scheletrica e divisa in più parti: essa presenta infatti un'unica disposizione cronologica, ha un carattere informativo e termina col pontificato di Sisto IV e col regno di Ferdinando di Aragona. Altra opera di carattere storico è la Virorum illustrium cronica, ultimata il 4 genn. 1475 e pubblicata forse nello stesso anno. Tale opera - la cui materia, disposta in ordine cronologico, va dalla creazione del mondo al 1469 - fu scritta dal B. o per soddisfare un desiderio dei reali spagnoli o per acquistarsi dei meriti presso di loro: la serie dei sovrani si chiude con Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia, per i quali il biografò tesse i più grandi elogi; e quella dei papi con Sisto IV, parimenti elogiato. Nel testo, povero nella forma, ma scritto con purezza di linguaggio, si fa cenno anche a Niccolò Tedeschi, a Giovanni Marrasio, al Panormita, ad Andrea Barbazza, ad Antonio Cassarino, al Valla, al Filelfo, a Guarino Veronese ed a Leonardo Bruni. Sono citati altresìs. Tommaso, Egidio Romano, Pietro Lombardo, s. Agostino, Boezio. Prima dell'explicit si trovano elencate altre opere del B.: De immortalitate animarum libri tres; De divina providentia et hominum praedestinatione libri duo; De inventoribus scientiarum et artium mechanicarum libri tres; Sermonum quadragesimarum.Mentre delle ultime due opere non si ha altra notizia, le prime due furono pubblicate a Napoli in un opuscolo anepigrafo e senza note tipografiche, con i seguenti titoli: Libellus de animorum immortalitate con incipit ed explicit separati, dedicato a Onorato Caetani, conte di Fondi e protonotaro del Regno di Napoli; Libellus de diva providentia, mundi gubernatione, hominum praedestinatione atque reprobatione, anch'esso con incipit ed explicit separati, dedicato a Girolamo Sanseverino, principe di Bisignano e duca di San Marco.

In queste due opere il B. difende la dottrina tomistica sulla predestinazione "ante praevisa merita" e sull'efficacia della grazia preveniente; nella stessa edizione è contenuto un'altro suo lavoro, un Opusculum de his in quibus Augustinus et Hieronymus dissentire videntur in divinis litteris: ristampa di un'introvabile edizione romana, è dedicato al cardinale Oliviero Carafa, arcivescovo di Napoli e protettore dell'Ordine dei predicatori, ed è - secondo lo stesso B. - la sua più importante produzione di carattere scientifico. In questo studio egli difende, quasi polemicamente, la scuola tomistica, secondo la quale nel pensiero di s. Tommaso sono contenute la scienza e la verità. Non tutti gli incunabulisti sono d'accordo sulla data di pubblicazione dell'opuscolo napoletano e sul nome dell'editore: Mattia Moravo, 1479, secondo alcuni; secondo altri, invece, l'opera fu stampata per i tipi di Francesco Dal Tuppo nel 1490.

L'Opusculum de his in quibus Augustinus et Hieronymus dissentire videntur in divinis litteris fu riedito in una raccolta di scritti detta Opuscula (pubblicata perla prima volta nel 1481; il titolo è ricavato dalla prefazione), con il titolo di Discordantiae sanctorum doctorum Hieronymi et Augustini (unico opuscolo della raccolta che sia opera del B.): il contenuto degli altri scritti degli Opuscula (i vaticini delle sibille, i carmi della poetessa Falconia, il simbolo anastasiano, l'orazione domenicale, la salutazione angelica, ecc.) induce a pensare che questa raccolta fosse destinata a uso scolastico; essa, comunque, ebbe una certa fortuna e varie edizioni, alcune delle quali successive alla morte del Barbieri. Iù stata avanzata dal Di Giovanni l'ipotesi che il B. fosse anche l'autore di un'opera intitolata De vita et moribus philosophorum (Codice 3. Q.q. A. III, cc, 65 della Biblioteca comunale di Palermo): centoventotto biografie di filosofi, poeti e scrittori, seguite, per meglio porne in evidenza il pensiero, da brani delle opere dei biografati. Poiché il manoscritto proviene dal convento domenicano di Palermo e fu copiato in Sicilia, poiché il B., sino al Quattrocento, fu l'unico a interessarsi di storia delle scienze, il Di Giovanni gli attribui questo lavoro, seppure con riserva. Questa conclusione tuttavia non può che rimanere allo stato di ipotesi; né si può ritenere che tale lavoro sia da identificarsi con il De inventoribus,noto soltanto attraverso la citazione della Viroruni illustrium cronica dello stesso Barbieri.

In conclusione, gli studi del domenicano di Siracusa, onorato della stima di alte personalità del mondo laico ed ecclesiastico, oltre a dare notorietà al suo autore, rappresentano un notevole contributo ai dibattiti filosofici e teologici del tempo e, in particolare, alla diffusione del pensiero tomistico, in ossequio alle direttive dell'Ordine domenicano.

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