CELLI, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CELLI, Filippo

Dario Della Porta

Nacque a Roma nel 1782. Iniziò dapprima con successo la carriera di cantante buffo, unendo a questa attività quella di operista; in questa veste esordì con la farsa in due atti Superbia e vanità, ossia La Donna vendicata, su libretto di G. D. Camagna, rappresentata al teatro S. Benedetto di Venezia, il 6 giugno 1812. Nello stesso teatro, l'anno successivo, fu rappresentato L'Ajo nell'imbarazzo, farsa in due atti di G. Gaspari (11 sett. 1813), ripresa poche settimane più tardi al teatro Nuovo di Padova (e al teatro Pera di Costantinopoli nella stagione 1843-44). Ancora a Venezia, il 24 nov. 1813,al teatro Giustiniani di S. Moisè, venne eseguita la sua terza opera Amore aguzza l'ingegno, ossia Don Timonella di Piacenza. In un successivo rifacimento dell'autore il lavoro fu dato il 1°ott. 1830 al teatro S. Benedetto, dove ottenne grande successo con il titolo IlTimonella (libretto di G. Foppa), poi eseguito al teatro S. Carlos di Lisbona con il titolo OSenhor Timonella. Sempre su libretto del Foppa, il C. faceva eseguire a Venezia il dramma giocoso in tre atti Diritto e rovescio, ovvero Una delle solite trasformazioni del mondo (teatro S. Benedetto, 19 marzo 1814). Nel 1821, nove anni dopo l'esordio come compositore, il C., che aveva intanto proseguito la carriera di cantante, fu chiamato a Parma per il Barbiere di Siviglia di Rossini. Nell'autunno dello stesso anno, al teatro Comunale di Bologna, fu rappresentato il melodramina eroicomico in due atti Emma di Resburgo, su libretto di G. Rossi, basato sullo stesso soggetto dell'omonima e coeva opera di D. Auber. Sempre nel 1821il C. si recava a Monaco di Baviera, al servizio di Massimiliano I. Tornato in Italia, verso il 1823apriva a Bologna una scuola di canto, dando così inizio a una fortunatissima carriera di insegnante: suoi allievi furono tra gli altri Giulia Grisi, Laura Fanò, Antonio Poggi ed Emma Albertazzi.

Proseguendo parallelamente a questa attività quella di operista, il C. il 14 sett. 1822, al teatro Argentina di Roma, otteneva un clamoroso successo con Amalia e Palmer, melodramma giocoso in due atti su libretto di I. Ferretti, senza dubbio da considerare la migliore delle sue opere. Sempre nel 1822, il 26 dicembre, veniva rappresentato al teatro Valle di Roma IlCorsaro, ovvero Un maestro di cappella al Marocco, melodramma giocoso in due atti su libretto di I. Ferretti. L'opera venne poi ripresa alla Pergola di Firenze nel carnevale del 1823 col titolo IlCorsaro, ovvero Un maestro di cappella inBarberia. Sempre nel carnevale del 1823 veniva eseguita al teatro Comunale di Rimini la farsa in due atti Ilpoeta al cimento, su libretto di anonimo, seguita da La Secchiarapita, dramma eroicomico in due atti (libretto da Tassoni di A. Anelli e G. Gasbarri), data a Firenze, teatro alla Pergola, ott. 1823.

La stessa opera fu rappresentata successivamente a Novara nel 1828, ma con esito sfavorevole. Ripresa ancora una volta dal basso A. Ranfagna a Varese il 2 ott. 1830, cadde alla prima recita. Con l'Ezio, su libretto di Metastasio e altri, il C. si cimentava per la prima volta nel genere serio. Rappresentata al teatro Argentina di Roma, l'opera venne poi ripresa alla Pergola di Firenze il 26 dic. 1829, a distanza di cinque anni dalla prima esecuzione romana (28 febbr. 1824). L'opera ebbe esito sfavorevole, nonostante fosse interpretata dai celeberrimi allievi dell'autore, come la Grisi, la Fanò e Ravaglia. Miglior esito non ebbe l'opera successiva: Le due duchesse, ossia La caccia ai lupi, dramma semiserio in due atti su libretto di Felice Romani, eseguito alla Pergola di Firenze l'8 sett. 1824. Dopo L'Amore muto, farsa in un atto di G. Foppa, data anch'essa alla Pergola nel 1828, la produzione del C. si interruppe. Nel 1834 il censore del conservatorio di Madrid, il Piermarini, chiamò l'operista in quella città, in qualità di insegnante di canto. Tornato in Italia nel 1838, si stabilì prima a Bologna, poi a Milano. Il Fétis parla di due opere del C., rappresentate in questo periodo rispettivamente a Roma (Medea, 1838) e a Napoli (Ricciarda, 1839). Non si hanno comunque ulteriori notizie circa queste due opere, che rappresenterebbero le ultime fatiche; teatrali del compositore. Avendo ripreso definitivamente la professione di insegnante di canto, in tale qualità il C. nel 1851 si trasferì a Londra, "oú je l'ai trouvé - scrive il Fétis - en 1851, devenu vieux et se livrant à l'enseignement du chant, mais peu satisfait de sa situation. Il me fit alors une visite et me demanda de l'admettre au Conservatoire de Bruxelles comme professeur de chant italien; mais il n'y avait point alors de place vacante dans cette école".

Il C. morì a Londra il 21 ag. 1856.

Tra i suoi lavori non teatrali il C. pubblicò, a Milano, una collezione di cinque ariette, quattro duetti e due, trii sotto il titolo Serenata romana, su parole del conte Carlo Pepoli; lasciò inoltre alcuni manoscritti, tra cui un Te Deum, solfeggi, arie staccate e diverse romanze. Un suo duetto, inoltre, dal titolo Nel rivederti, o caro, veniva inserito nella Donna del lago di Rossini per le serate d'onore del soprano. Nella sua carriera di operista il C. alternò grandi successi a clamorosi insuccessi. I contemporanei gli rimproverarono alcuni difetti, soprattutto nella strumentazione; come insegnante di canto ebbe meriti senza dubbio notevoli. In possesso di un eccezionale metodo di insegnamento (a Londra le sue lezioni erano ricercatissime), egli formò una generazione di cantanti, tra i più illustri dell'Ottocento italiano. Per i suoi meriti artistici fu creato cavaliere dello Speron d'oro.

Bibl.: U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, p. 222; M. Rinaldi, Felice Romani, Roma 1956, p. 172; A. Caselli, Diz. delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, pp. 98 ss.; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, I,Paris 1873, p. 235; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 319; Enc. dello Spett., III, col. 385; La Musica. Diz., I, p. 377.

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